Brevetti essenziali, abuso e condizioni frand

24 Gennaio 2018

L'abuso del diritto, inteso come impiego anormale od esuberante di una norma giuridica piegata allo scopo di conseguire finalità diverse dalla sua ratio, è fenomeno che investe tutti i settori del diritto, sostanziale e processuale.Le condotte abusive restano per lo più prese in considerazione o attraverso inquadramenti normativi specifici (si pensi alla registrazione in mala fede del marchio ex art. 19.2 cpi, alla brevettazione del non avente diritto ex artt. 118 e 119 cpi, all'abuso processuale fonte di responsabilità aggravata ex art. 96. 1 c.p.c.) o con richiamo ai principi generali in tema di affidamento e buona fede che debbono ispirare il comportamento negoziale delle parti (art.1175 cc). Una clausola generale antiabusiva si rinviene solo nel sistema fiscale nazionale, grazie all'inserimento ad opera del D. Lgs n. 128/2015 di apposita disposizione nello Statuto dei diritti del contribuente,
L'abuso del diritto come principio generale dell'ordinamento

L'abuso del diritto, inteso come impiego anormale od esuberante di una norma giuridica piegata allo scopo di conseguire finalità diverse dalla sua ratio, è fenomeno che investe tutti i settori del diritto, sostanziale e processuale.

In Italia sin dagli anni ‘30 si riteneva che l'abuso - più che una nozione giuridica - fosse una nozione etica, quindi chi abusava era meritevole di biasimo ma non di sanzione.

Ragioni di certezza giuridica, sin dai lavori preparatori del Codice civile del 1942, avevano perciò escluso l'inserimento di una norma generale antiabuso, quale quella prevista nel progetto del Codice secondo cui “nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo è stato riconosciuto”.

Le condotte abusive restano, per lo più, prese in considerazione o attraverso inquadramenti normativi specifici (si pensi alla registrazione in mala fede del marchio ex art. 19.2 c.p.i., alla brevettazione del non avente diritto ex artt. 118 e 119 c.p.i., all'abuso processuale fonte di responsabilità aggravata ex art. 96, comma 1, c.p.c.) o con richiamo ai principi generali in tema di affidamento e buona fede che debbono ispirare il comportamento negoziale delle parti (art. 1175 c.c.).

Una clausola generale antiabusiva si rinviene solo nel sistema fiscale nazionale grazie all'inserimento, ad opera del D. Lgs n. 128/2015, di apposita disposizione nello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000) che - recependo le soluzioni sul punto elaborate in sede europea (Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione, del 6 dicembre 2012, sulla pianificazione fiscale aggressiva) - considera abusive le operazioni prive di economic substance e rivolte a conseguire vantaggi fiscali indebiti.

Il patent misuse

La figura dell'abuso rimane, comunque, una condotta sempre “riprovevole” che la giurisprudenza ha esteso ad ogni comparto del diritto.

La Suprema Corte (Cass., n. 2010/2009) ne ha individuato gli elementi costitutivi richiamando la circostanza in cui l'esercizio concreto del diritto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili sul piano giuridico od extragiuridico.

Nel campo brevettuale, tecniche abusive “innominate” sono state, ad esempio, riscontrate (e pesantemente sanzionate sia dalla Commissione UE sia dall'Autorità Garante: nel caso Astrazeneca la Commissione ha inflitto una ammenda di € 60 milioni, 46+14, ridotta di misura dal Tribunale UE, e nel caso Pfizer l'Autorità Garante ha inflitto una sanzione di € 10,6 milioni) nel settore farmaceutico dove le aziende originators sovente utilizzano una varietà di strumenti per ampliare la vita commerciale dei loro prodotti adottando “strategie” di aggiramento della normativa specifica per estendere la portata e la durata della protezione brevettuale (garantita dai certificati complementari di protezione) al fine di ostacolare e/o ritardare l'ingresso sul mercato dei genericisti (si pensi alle pratiche “divisionali” impiegate a scopi anticompetitivi o con adozione di “ragnatele brevettuali” per accrescere l'ambito dell'esclusiva).

Queste condotte si inquadrano nell'uso improprio del diritto e trovano collocazione generale nel patent misuse secondo la definizione data dalla dottrina USA :“it is largerly coextensive with antitrust rine and it is not only about monopolistic abuse but it also serve as an internal constraint on efforts to expand the patent system beyond its bounds”.

Abuso di posizione dominante e sfruttamento di privative industriali

Nel diritto della concorrenza (nazionale ed europeo), l'abuso del diritto è “tipizzato” nella previsione dell'art. 3 della legge nazionale antitrust (L. n. 287/1990) e nell'equivalente art. 102 TFUE in correlazione con la posizione “dominante” detenuta da una impresa sul mercato che è lecita fino a quando tale posizione di privilegio non venga impiegata per ostacolare il libero gioco della concorrenza già indebolito da quella presenza (CGUE n. 85/76, Hoffmann La Roche/Com. EU C-1979/36).

L'elemento che caratterizza la dominanza è la posizione di predominio (cioè indipendente e non condizionata da altre forze di mercato) che è consentita dall'ordinamento purché mantenuta entro percorsi “normali” con usuali mezzi di competizione e non “abusata” con comportamenti “esuberanti e sproporzionati” finalizzati ad impedire lo sviluppo della concorrenza.

Questa tipologia di abuso (quella cioè che presuppone una situazione “dominante”) è particolarmente congeniale al settore delle privative industriali ove entrano in gioco diritti assoluti interferenti naturalmente con le regole a tutela del libero mercato essendovi tendenziale “attrito” tra lo “ius excludendi alios”, quale diritto di rendersi monopolistarispetto al proprio trovato ed i principi informatori delle leggi antitrust che sono sostanzialmente rivolti proprio ad impedire lo sfruttamento di privilegi monopolistici.

Ora l'esercizio normale ed unilaterale del diritto di privativa nelle sue prerogative tipiche e nella durata riconosciutagli dalla legge non costituisce violazione alla normativa antitrust ,nonostante la restrizione della concorrenza che deriva dal suo esercizio perché comunque utile allo sviluppo ed alla evoluzione del mercato (i brevetti per invenzione tendono a promuovere gli investimenti nella ricerca garantendo al titolare — tramite l'esclusiva — il ritorno dei propri investimenti).

Il diritto di esclusiva è, infatti, l'essenza stessa del diritto di p.i. per cui , pur provenendo da una impresa in posizione dominante, di regola non costituisce forma di abuso .

Ove, però, tale diritto venga a utilizzato nelle pratiche commerciali in maniera «anomala» e dunque abusata con effetto eccedente la sua portata può entrare in conflitto con la disciplina della concorrenza.

Circostanze eccezionali e scrutinio antiabuso

Occorre a questo punto chiedersi quando il rifiuto a contrattare (o a concedere licenza) del titolare appaia “obbiettivamente giustificabile”, sì da rendere prevalente l'esigenza di salvaguardia della proprietà intellettuale rispetto alla libera circolazione delle merci (giustificando il ricorso ai mezzi di tutela previsti dalla legge)ovvero quali siano-al contrario- le “circostanze eccezionali” (“exceptional circumstances”) che fanno sottostare l'esercizio dei diritti di privativa ad uno scrutinio antiabuso ed in presenza delle quali il titolare può essere spogliato del potere escludente rispetto ai terzi(e dei mezzi di difesa che gli riconosce la legge).

Di regola una impresa in posizione dominante (quale è quella della titolare di una privativa industriale) non può rifiutarsi, in assenza di valide giustificazioni, di rendere accessibili a terzi risorse che sono “essenziali” per poter accedere al mercato dominato, cioè per consentire di competere (CGUE, 26 novembre 1998, C-7/1997, Oscar Bronner).

In questo caso il rifiuto a negoziare può assumere i connotati di un abuso “escludente”, ricadente nel divieto di cui all'art. 102 del Trattato (o dell'art. 3 della L. n. 287/90).

Il refusal to deal si specifica poi nel refusal to licence.

Benché tra le prerogative del titolare di un diritto di proprietà intellettuale rientri anche il diniego che - ancorché proveniente da una impresa in posizione dominante - non costituisce di per se' un abuso perché l'esclusiva si estrinseca proprio nel potere di escludere i terzi dallo sfruttare quei diritti senza il consenso del titolare, è altresì vero che il rifiuto si considera un abuso quando il richiedente la licenza non intende duplicare quelle merci o servizi offerti sul mercato dal titolare della privativa, ma intende produrre nuovi prodotti e servizi non offerti da quest'ultimo e per i quali vi sia una potenziale domanda da parte del consumatore (c.d. test del prodotto nuovo).

Gli “exclusionary abuses” si basano su due fondamentali precedenti della Corte di Giustizia che anticipano la dottrina (importata dall'ordinamento statunitense) delle essential facilities: il caso Magill ed il caso IMS Health, entrambi riguardanti la tutela dell'opera dell'ingegno ma le cui conclusioni possono valere anche nel settore della creazione tecnologica ed industriale viste le funzioni para-brevettuali ormai assunte dai diritti di autore.

Nel caso Magill (CGUE, 6 aprile 1995, C 241/91, P + C242/91P Magill) tre emittenti televisive rifiutavano – in forza del copyright che detenevano sui programmi - di comunicare ad una casa editrice i propri palinsesti per consentire la pubblicazione di una guida settimanale generale , impedendo l'emergere di un prodotto nuovo che esse non fornivano e che il consumatore richiedeva e così riservandosi un potenziale mercato derivato (quello delle guide televisive) con esclusione – stante il diniego di accesso all'informazione - di qualsiasi tipo di concorrenza.

La dominanza sul mercato “a monte” (input market) veniva qui a ricadere con effetto escludente sul mercato “a valle”, dove non operava la privativa, e di conseguenza negato al consumatore gli ulteriori benefici portati dall'innovazione.

Nel caso IMS (CGUE, 29 aprile 2004, C-418/01 ImsHealth )la leader mondiale nella fornitura di servizi di marketing e ricerche di mercato per l'industria farmaceutica, in forza del copyright vantato su una struttura ad aree di mercato funzionali alle rilevazioni da compiere, rifiutava di concedere licenza all'uso di tale banca dati (considerata vero e proprio “standard di fatto”) indispensabile per competere.

Qui l'abuso veniva ravvisato – non sul mercato “derivato” - ma nello stesso mercato dove il terzo intendeva fornire prodotti o servizi nuovi che il titolare del diritto di proprietà intellettuale non offriva.

La dottrina delle essential facilities

La dottrina delle essential facilities(infrastrutture essenziali) ha razionalizzato il refusal to deal stabilendo l'obbligo, al proprietario di una qualsiasi risorsa, di concederne l'utilizzo alle seguenti condizioni:

  1. controllo della infrastruttura essenziale da parte di un monopolista;
  2. impossibilità del concorrente di accedere ad una ragionevole e praticamente realizzabile alternativa;
  3. diniego irragionevole del monopolista all'accesso alla “essential facility”;
  4. accesso tecnicamente possibile del concorrente.

In altre parole :

  1. la risorsa deve essere indispensabile per lo svolgimento di un'attività da parte del soggetto richiedente
  2. la risorsa deve essere insostituibile e materialmente accessibile da parte del richiedente
  3. non devono sussistere obiettive ragioni che giustifichino un rifiuto da parte del soggetto titolare della risorsa.

La ragion d'essere dell'istituto consiste nel favorire lo sviluppo dei mercati: laddove la nascita di un nuovo prodotto o di un nuovo operatore all'interno di un mercato sia subordinata all'accesso ad una risorsa, il legislatore favorisce il soggetto richiedente obbligando il titolare a concederne l'accesso (il leading case in USA è MCI Corporation v. AT&T (1983), ma la nascita della teoria risale al caso U.S. v.Terminal Rail Road Association (1912) in cui la Corte Suprema aveva imposto alle compagnie di trasporto proprietarie di un importante nodo ferroviario di concedere l'accesso a tale infrastruttura alle imprese concorrenti interessate a transitare da quel nodo).

La dottrina delle essential facilities è stata applicata in un giudizio di contraffazione trattato dalla Sezione Specializzata del Tribunale di Genova (ex multis: Trib. Genova, 7 maggio 2004 e 14 ottobre 2004, in SPI, 2004, II-III, 219 e 223) avanti al quale era stata presentata domanda di svincolo dal sequestro di ingenti quantitativi di CD di produzione cinese oggetto di fermo doganale, sul rilievo della natura della tecnologia riprodotta che – quale “infrastruttura essenziale” - doveva essere messa a disposizione di chiunque.

Va premesso che le specifiche tecniche necessarie per la realizzazione dei CD di c.d. seconda generazione (rispetto ai CD Rom di sola lettura) e cioè i CDR (scrivibili)e RW (riscrivibili) sono contenute nel c.d Orange Book di Sony e Philips, costituente standard su “pool” di brevetti di cui è giocoforza avvalersi – tramite licenza concessa a livello globale secondo schemi contrattuali approvati dalla Commissione Europea - per produrre CD in grado di essere letti da qualsiasi apparecchio esistente sul mercato.

Ebbene, il Tribunale chiamato a pronunziarsi sul pool di brevetti incorporati nel c.d. Orange book escludeva che l'azione cautelare di contraffazione svolta dal titolare contro il produttore di CD che tale tecnologia utilizzava costituisse abuso di posizione dominante come da questi eccepito per giustificare la sua condotta, non avendo quegli mai preventivamente richiesto licenza alcuna.

Nell'occasione veniva precisato che una cosa era la “proprietà” del titolo brevettuale, altra cosa la “proprietà” del mercato che lo standard si trovava a definire o delimitare .

In tale circostanza sussisteva un obbligo del titolare a contrattare per non incorrere in una violazione per abuso di posizione dominante .

Nella fattispecie veniva, peraltro, escluso un obbligo del genere (come pure sussistenza di un “rifiuto ingiustificato” da parte del titolare) in mancanza di una preventiva richiesta di licenza a condizioni eque e non discriminatorie da parte del presunto contraffattore.

Non era infatti possibile pretendere “a posteriori” una licenza “volontaria” da parte di chi del prodotto da licenziare era già contraffattore .

Standard essential patents e condizioni FRAND

Gli Standard Essential Patents (SEPs/BEN) sono brevetti la cui tecnologia è indispensabile per realizzare dispositivi (come smartphone o tablet) che devono essere conformi a norme tecniche condivise.

Gli standard si possono consolidare naturalmente in base alle caratteristiche stesse del settore tecnologico e alla prassi delle imprese (standard di fatto), oppure essere elaborati da appositi organismi di normalizzazione (standard de jure).

Il titolare di un SEP è in grado di controllare l'accesso ad un intero mercato per cui, al fine di evitare che i brevetti essenziali vengano impiegati in maniera abusiva, una soluzione rinvenuta a livello europeo è stata individuata nell'impegno irrevocabile, assunto dai titolari nei confronti degli organismi di normalizzazione, a concederli in licenza a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, ossia in regime FRAND (fair, reasonable, not discriminatory terms).

Ad esempio, in base alle regole dell'ETSI (European Telecommunications Standards Institute), organismo europeo di normalizzazione nel settore delle telecomunicazioni, le imprese che partecipano al processo di definizione degli standard sono tenute a notificare tempestivamente all'organismo stesso i loro brevetti essenziali e ad impegnarsi ad offrirli in licenza a condizioni FRAND.

Il bilanciamento pro-concorrenziale degli interessi in gioco richiede dunque che il diritto dei titolari (innovators) abbia una remunerazione adeguata ed il diritto dei licenziatari (implementers) ottenga condizioni di accesso che consentano effettiva competitività.

Nella c.d. smartphone war analoga questione veniva portata avanti al Tribunale di Milano (ord. 5 gennaio 2012, Samsung-Apple) con riferimento alla tecnologia di trasmissione 3G sulla base della quale la Samsung aveva chiesto inibitoria cautelare contro Apple che facendo ricorso alla Frand defence denunziava l'abuso di posizione dominante della prima.

Nella controversia (poi transatta) non venivano assunti provvedimenti d'urgenza poiché' erano in corso tra le parti seri tentativi di negoziazione per la concessione di una licenza e nel bilanciamento dei rispettivi interessi si prospettava come più grave l'accoglimento della misura interdittale piuttosto che il suo diniego.

Venivano peraltro affermati i seguenti principi :

  • non può disporsi una inibitoria sulla base di un brevetto standard essential qualora il destinatario del provvedimento abbia seriamente manifestato volontà di ottenere licenza su quel brevetto
  • non può invocarsi la misuse defence (abuso del diritto)contro il richiedente l'inibitoria quando non risulti che il titolare del brevetto abbia intenzionalmente ostacolato l'attività dell'aspirante licenziatario per addivenire all'impegno contrattuale.
La dottrina Huawei e gli sviluppi di Planet

Su questa scia, la dottrina Huawei (2015), seguita da Planet (2017), definisce nuovi rapporti tra diritto della concorrenza e privative industriali creando una maggiore “complementarietà” tra i due comparti, a superamento dell'assolutezza dei diritti di esclusiva.

La Corte di Giustizia – intervenendo in supplenza di una regolazione mancante – ha cercato di disciplinare più compiutamente il fenomeno pur non intervenendo in dettaglio sul funzionamento della clausola FRAND.

Questa la vicenda (CGUE, 16 luglio 2015, C-170/13, Huawei).

La Huawei Technologies soc., di dimensioni mondiali nel settore delle telecomunicazioni e titolare di brevetto europeo BEN, lo notificava all'ETSI con impegno a concedere a terzi licenza a condizioni FRAND, comunicando altresì l'importo ritenuto ragionevole.

La concorrente ZTE Corp., che commercializzava prodotti basati su quel brevetto, proponeva invece una concessione reciproca di licenze ma l'accordo non si perfezionava per cui Huawei agiva con azione di contraffazione

La Corte di Giustizia, esaminando la posizione del titolare di questo brevetto “essenziale” ai fini dell'applicazione di una norma tecnica (brevetto la cui tecnologia era indispensabile per ogni concorrente che intendesse fabbricare prodotti conformi a quella norma) stabiliva che il titolare se non vuol abusare della sua posizione attivando i l'inibitoria deve adempier ad una serie di prescrizioni:

  • preavvertire il presunto contraffattore della violazione addebitatagli (infringement alert);
  • trasmettergli i una proposta di licenza concreta e scritta nel rispetto dell'impegno assunto nei confronti dell'organismo di normalizzazione;
  • specificare corrispettivo e criteri di calcolo.

Solo ove il presunto contraffattore non dia seguito a tale proposta (expression of willingness) o non faccia una controproposta (o ancora le parti di comune accordo non chiedano la determinazione del quantum ad un terzo arbitratore), utilizzando tattiche dilatorie e continuando a sfruttare l'oggetto dell'altrui privativa ,il titolare del brevetto essenziale resterà legittimato ad esercitare l'azione di contraffazione .

Naturalmente non è impedito al presunto contraffattore contestare-in parallelo alla negoziazione-la validità degli altrui brevetti e/od il loro carattere essenziale.

Occorrerà solo stabilire l'ordine di decisione delle questioni(in parallelo o con priorità).

La Corte prefigura dunque la massima responsabilizzazione del titolare di SEP pur con i temperamenti indotti dall'obbligo dell'utilizzatore di rispettare certi obblighi e coltivare in buona fede la prosecuzione della trattativa.

L'approccio resta, dunque, favorevole al willing licensee, come già aveva ritenuto la Commissione nei casi Motorola e Samsung stabilendo che l'azione cautelare del titolare di SEP è abusiva nella misura in cui il potenziale contraffattore si impegni a negoziare entro 12 mesi una licenza FRAND ed in caso di disaccordo si impegni a definire le condizioni davanti al giudice o ad un arbitro.

Più patent owner frend si presenta invece la giurisprudenza tedesca (caso Orange Book) che prevede soluzioni più stringenti per addebitare l'abuso:

  1. L'utilizzatore deve dare prova rigorosa di essere un willing licensee effettuando un'offerta incondizionata al titolare di SEP per la conclusione del contratto di licenza.
  2. Se sta attuando il brevetto deve adempiere in anticipo alle proprie obbligazioni derivanti dal futuro accordo di licenza, iniziando a versare le royalties su un conto di garanzia.

La sentenza Unwired Planet dell'High Court of Justice (UK - 5 aprile 2017) contiene ulteriori ragguagli utili alla risoluzione di queste complesse questioni fornendo risposta anche sui metodi di valutazione delle royalties sui brevetti SEP soggetti a FRAND.

La Planet – Npe USA (la ‘non practicing entity', NPE, è di regola società che si avvale di brevetti acquistati, senza intenzione di farne uso, contro asseriti contraffattori al solo scopo di estorcere vantaggi economici -licenze o transazioni - con minaccia od esercizio di azioni legali; tale pratica costituisce patent trolling) citava Google, Samsung e Huawei per violazione di 6 brevetti britannici di cui 5 erano essenziali per lo sviluppo di tecnologie standard nelle telecomunicazioni wireless in linea con le specifiche ETSI.

Google e Samsung raggiungevano un settlement nel corso dei technical trials per verificare validità ed essenzialità dei brevetti, lasciando in causa solo Huawei (parte nel successivo non technical trial).

Il giudice Birss nella sua pronunzia statuiva:

1. La licenza FRAND deve fondarsi su una singola e precisa royalty rate per ogni set di SEPS e prodotti

2. La licenza FRAND deve essere necessariamente globale (world wide) e non limitata a singole giurisdizioni (country by country) perché interessa di regola multinazionali ed investe molteplici paesi (nella specie 50)

3. Il SEP holder deve inizialmente fare un offerta di licenza al di sopra della FRAND rate perché la finale negoziazione si possa adeguare al FRAND

4. Non vi è abuso di posizione dominante se la royalty non è coincidente con la precisa FRAND rate, purché il divario non sia eccessivo e non ci si allontani troppo da quella base. Il test non deve essere “rigido” (hard-edged) ma “soft”

5. Il comportamento del potenziale licenziatario nelle negoziazioni assume rilevanza per valutare se il titolare di SEP abusi o meno della sua posizione dominante: così se il primo pone in atto deliberate tattiche dilatorie per evitare di concordare licenza e pagare royalties (omesso rispetto del principio di buona fede nei rapporti economici)

6. La FREND royalty rate (single) deve essere commisurata sul valore dei brevetti da licenziare e non sul tipo ed altre caratteristiche del licenziatario per rispettare il principio di non discriminazione

7. Il metodo di calcolo delle royalties non transita da quello della reasonable royalty per i patent damages e neppure riflette il valore ex ante della tecnologia brevettata ma si basa sulla comparazione con altri accordi di licenza o meglio su una ”aggregate royalty” calcolata su uno standard di tutti i SEP pertinenti poi riportato sul SEP in conflitto.

La sentenza accertava, quindi, la contraffazione (non risultando rispettati i requisiti preindicati) e veniva emessa una ingiunzione FRAND, destinata a cessare negli effetti solo quando fosse concordata la licenza in termini FRAND.

La nuova giurisdizione europea ed il diritto della concorrenza

Ove queste problematiche entrino in gioco nella conflittualità di mercato coinvolgente privative europee, la tutela contro l'abuso potrà esser assicurata anche da giurisdizione sovranazionalefacente capo alla Unified patent Court istituita dall'Agreement firmato a Bruxelles il 19 febbraio 2013.

Com'è noto, l'Europa si sta apprestando a dotarsi di un nuovo assetto brevettuale incentrato sulla creazione di un titolo unitario (c.d. brevetto europeo ad effetti unitari) e di una protezione uniforme a valere per tutto il territorio dell'Unione (dispensata da un Tribunale “unificato”) anche per quanto concerne il brevetto europeo “classico”.

Si tratta di un complesso impianto di integrazione giudiziaria su scala “universale” destinato a superare gli stessi confini europei per la modifica operata sul Reg. Bruxelles 1-bis con introduzione di un foro addizionale per i convenuti di paesi terzi (long arm juridiction) che abbiano commesso violazioni e provocato danni all'interno come all'esterno dell'UE purché in collegamento con il territorio europeo (c.d. vicinanza della prova).

La tutela giudiziaria, anziché dispensata dagli apparati giudiziari dei singoli Stati, sarà uniformata e accentrata presso questa Corte sovranazionale (con divisione centrale in l grado dislocata tra Parigi, Londra e Monaco a seconda del settore tecnico coinvolto, in II grado in Lussemburgo e con divisioni locali e/o regionali ubicate presso i paesi o gruppi di paesi richiedenti) composta da giudici specialisti della materia provenienti dagli Stati membri selezionati e nominati da appositi Comitati (consultivo e amministrativo), funzionante in base a regole di procedura comuni, chiamata decidere-con adozione di provvedimenti efficaci su tutto il territorio europeo- sulle questioni di validità e contraffazione dei titoli brevettuali(brevetto europeo ad effetto unitario e brevetto europeo “classico”).

Non necessariamente la materia del contendere è peraltro destinata a rimanere circoscritta alle azioni tipicamente “brevettuali” perché tramite eccezioni (o riconvenzionali) potranno essere introdotte avanti al TUB anche questioni di regola riservate alla competenza degli organi giurisdizionali nazionali, quali quelle di natura “concorrenziale” utilizzabili in funzione di reazione alle altrui domande.

E' lo stesso Regolamento istitutivo della tutela brevettuale unitaria (Reg. (UE) 1257/1 a precisare, all'art. 15, che non può essere pregiudicato il diritto della concorrenza e le norme relative alla concorrenza sleale che potranno dunque entrare sempre in gioco nella litigation gestita dal TUB.

Anche l'Accordo istitutivo – tra l'altro - prevede (art. 42) che le procedure vengano impiegate in maniera non distorsiva della concorrenza.

Nei giudizi di contraffazione promossi avanti alle divisioni del TUB le misure correttive e risarcitorie richieste dal titolare della privativa potranno così (al di là di eventuali azioni riconvenzionali di invalida) essere validamente contrapposte da eccezioni difensive basate sull'abuso degli altrui diritti brevettuali e delle posizioni dominanti imputate all'impresa che quelle misure abbia azionato contro il presunto contraffattore, trovando in tal modo ingresso in quella sede unitaria “il sindacato antitrust” su correlate questioni anche di natura negoziale afferenti brevetti e certificati protettivi complementari .

La FRAND defence potrà dunque servire ad ampliare la sfera di cognizione del TUB chiamato a decidere sulle opposte domande di contraffazione,

L'art. 32 dell'Agreement assegna infatti alla competenza del Tribunale ,oltre alle azioni di violazione di tali titoli, controricorsi e domande riconvenzionali proprio relative a “licenze” .

Attraverso questi giudizi di portata internazionale potrà essere in conclusione elargitauna risposta europea globale a superamento di interpretazioni nazionali non allineate.

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