Società agricola: oggetto sociale e fallimento

29 Gennaio 2018

Ai fini dell'esenzione dal fallimento di un'impresa agricola, è irrilevante l'organizzazione della stessa in forma societaria, come pure le previsioni statutarie in ordine al suo oggetto sociale...
Massima

Ai fini dell'esenzione dal fallimento di un'impresa agricola, è irrilevante l'organizzazione della stessa in forma societaria, come pure le previsioni statutarie in ordine al suo oggetto sociale, poiché, ai sensi dell'art. 1 D. Lgs. n. 99/2004, anche le società di capitali possono esercitare l'impresa agricola, sicché, per essere dichiarate fallite, è sempre necessaria un'indagine volta a provare la natura commerciale dell'attività in concreto svolta.

Il caso

Una società agricola aveva impugnato la sentenza della Corte d'appello di Napoli con la quale era stato respinto il suo reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, dichiarativa del proprio fallimento, in virtù della presenza nell'oggetto sociale di attività, come l'acquisto, la vendita e la permuta di terreni ed immobili rurali, ritenute non connesse alle attività proprie dell'impresa agricola.

La Corte d'appello aveva stabilito che la configurazione di un oggetto complesso, comprensivo di attività sicuramente commerciali perché estranee alla nozione di impresa agricola, fondava il diniego dell'esenzione dal fallimento, non essendo sufficiente la mera previsione statutaria, atteso che la nozione di connessione doveva assumere i tratti della non prevalenza e ribadendo un legame funzionale tra l'attività agricola principale e quella secondaria.

La società agricola ha censurato la motivazione sotto il profilo della violazione degli artt. 2135 e 2082 c.c. avendo la Corte d'appello erroneamente ricavato la commercialità della società dalla sola lettera dell'oggetto sociale, non dando adeguato rilievo all'allevamento del bestiame e allo sfruttamento della terra e ai dati sulla produzione, tutta ricavata dall'attività agricola svolta, essendo le altre attività di commercializzazione degli immobili mai poste in essere in concreto.

La questione

Il caso riguarda una società agricola costituita sotto forma di società a responsabilità limitata, esercente l'attività di allevamento di animali, che prevedeva nell'oggetto sociale anche l'attività di compravendita mobiliare e immobiliare.

I Giudici di merito hanno posto la loro attenzione su questo aspetto, che costituiva un'attività commerciale ed hanno statuito la fallibilità della società, in forza del principio secondo il quale le società per essere considerate agricole, non possono esercitare attività principali e/o attività connesse diverse da quelle indicate nell'art. 2135 c.c.

Va rilevato preliminarmente che il legislatore, al fine di “creare le condizioni per promuovere […] il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell'agricoltura” (art. 7, commi 1 e 3, Legge Delega n. 57/2001), ha emanato il D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, che ha ampliato notevolmente le attività agricole, avendo introdotto mediante il richiamo alle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, anche attività che non richiedono una connessione necessaria tra utilizzazione e produzione del fondo, essendo sufficiente a tale scopo il semplice collegamento potenziale o strumentale con il terreno invece che reale come richiesto nella precedente formulazione dell'art. 2135 c.c.

Successivamente, in forza della Legge Delega n. 38/2003, è stato emanato il D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (poi modificato dal D. Lgs. 27 maggio 2005, n. 101) con il quale i soggetti professionali che operano in agricoltura sono stati classificati in “imprenditore agricolo professionale” (IAP) e “società agricola”, ferma restando la preesistente figura del coltivatore diretto.

La successiva legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1, comma 1094), nella prospettiva di incentivare ulteriormente lo sviluppo delle società in agricoltura, considera imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli che esercitano esclusivamente le attività connesse dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli ceduti ai soci.

In particolare il D. Lgs. n. 99/2004, riprendendo il D. Lgs. n. 228/2001, ha ampliato la gamma delle figure imprenditoriali agricole ricomprendendovi anche le società.

Infatti l'art. 1 attribuisce la qualifica di imprenditore agricolo professionale alle società di persone, alle cooperative e alle società di capitali a condizione che abbiano quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'art. 2135 c.c., ed almeno un socio nelle società di persone o un amministratore nelle società di capitali, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

L'art. 2 del predetto decreto afferma che: “la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno per oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'art. 2135 c.c. deve contenere l'indicazione di società agricola”.

La società agricola viene quindi equiparata a tutti gli effetti all'imprenditore persona fisica e in forza dell'oggetto sociale, che è lo svolgimento esclusivo dell'attività agricola così come delineata dal nuovo art. 2135 c.c., diventa titolare di tutte le situazioni giuridiche attive e passive che fanno capo al soggetto responsabile d'impresa (E. Rook Basile, Profili soggettivi dell'impresa agricola, integrità aziendale e semplificazione nel settore agrario, in Nuove Leggi Civ. Com., 2004, 873).

Autorevole dottrina ha precisato che “il riferimento normativo al fatto che la dizione società agricola deve comparire nella ragione sociale o nella denominazione sociale sottolinea l'irrilevanza, ai fini della qualificazione della società, dell'essere la società ad oggetto agricolo una società di persone o una società di capitali. E' dunque l'oggetto, cioè l'attività esercitata e non la forma societaria l'elemento di qualificazione della società.” (Carmignani, Oggetto sociale e qualificazione della società, in Dir. Giur. Agr. Alim. e dell'Ambiente 2008, 133 e Albisinni, Dal cantiere agricolo alle società agricole, in Dir. Giur. Agr. Alim. e dell'Ambiente, 2005, 455, che sottolinea come “la novità non è nel riconoscimento della possibile qualifica agricola delle società a prescindere dalla forma sociale assunta quanto piuttosto nell'esplicita formulazione di tale riconoscimento in un testo legislativo, accompagnata dall'individuazione di un preciso canone di esclusività dell'oggetto che ne rimarca la specialità”; cfr. anche Germanò, Nuovo orientamento agricolo: la società agricola, in Dir. Giur. Agr. e dell'Ambiente, 2004, 276, che precisa “Se l'oggetto della società agricola è esclusivamente quello dell'impresa agricola come definito dal nuovo art. 2135 c.c., si ha che una società può aspirare a chiamarsi agricola solo se svolge attività di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”).

Conseguentemente, è indifferente che i soci optino per la società semplice e per un'altra società di persone o per una società di capitali, essendo la società in agricoltura qualificata con riferimento all'oggetto sociale indipendentemente dalla forma giuridica assunta.

Si abbia presente che l'adozione della forma societaria “commerciale” non trasforma l'impresa da agricola in commerciale perché il carattere commerciale o agricolo non è dato dalla veste tradizionalmente commerciale del soggetto imprenditore, ma dalla sostanza dell'attività esercitata (cfr. D'Addezio, Società Agraria, in Dizionari del Diritto Privato – Diritto Agrario a cura di Natalino Irti, 1983, 803).

La società acquista identità nel momento in cui si costituisce ed è impresa commerciale per il solo fatto che abbia oggetto commerciale, tant'è vero che la sua sottoposizione alla procedura fallimentare trova “adeguata giustificazione nella presunzione di speculazione e di profitto che ne ha determinato la costituzione” (Corte Cost., 6 febbraio 1991, n. 54).

Le società costituite nelle forme previste dal codice civile ed aventi ad oggetto un'attività commerciale, sono assoggettabili al fallimento indipendentemente dall'effettivo esercizio dell'attività, in quanto esse acquistano la qualità di imprenditore commerciale dal momento della loro costituzione e non dall'inizio dell'attività d'impresa (cfr. Cass. 16 dicembre 2013, n. 28015; in senso conforme anche Cass. 6 dicembre 2012, n. 21991).

La società avente per oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura, di allevamento di animali e attività ad esse connesse, così come indicate dall'art. 2135 c.c., acquista per ciò solo la qualifica di agricola ed è sottratta al fallimento (art. 1 l.fall.) in quanto l'agrarietà è legata all'oggetto sociale.

Negli ultimi anni, in forza anche del D.lgs. n. 228/2001 che ha riformulato l'art. 2135 c.c., si è assistito ad un costante e progressivo avvicinamento della figura dell'imprenditore agricolo a quella dell'imprenditore commerciale che ha comportato l'elisione della originaria differenza.

Ciononostante è stato precisato che, anche se la maggiore ampiezza delle attività esercitabili ora dall'imprenditore agricolo a seguito della riforma dell'art. 2135 c.c., in quanto riconducibile a criteri diversi da quelli rispetto ai quali era stata riconosciuta la specialità dell'impresa agricola, può legittimare riserve in ordine all'assoggettabilità al fallimento del solo imprenditore commerciale “…i recenti interventi del legislatore aventi ad oggetto la disciplina delle procedure concorsuali (l. 80 del 2005, l. 5 del 2006, l. 169 del 2007) non hanno operato sul punto alcuna modifica…” (cfr. Cass. 10 dicembre 2010, n. 24995 in Riv. Dir. Agr. 2011, II, 6 con nota di P. Magno, Parametri qualificativi dell'impresa agricola, e in Riv. Dir. Comm. 2011, 667 con nota di F. Cassese, Procedure concorsuali e imprenditore agricolo).

Osservazioni

Se questa è la cornice normativa di riferimento allora deve concludersi che solo l'indagine dell'attività effettivamente svolta dall'impresa agricola ne può manifestare la natura agricola e di conseguenza l'assoggettabilità o meno al procedimento per la dichiarazione di fallimento.

Nel caso di specie, la società agricola risultava iscritta nel registro delle imprese come impresa agricola ed aveva come oggetto sociale: “l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c., l'allevamento di animali in genere, la produzione, la trasformazione ed il commercio di prodotti agrozootecnici in generale e in particolare la produzione di latte fresco e suoi derivati”.

La giurisprudenza di legittimità ritiene che qualora l'impresa agricola svolga contemporaneamente anche un'attività commerciale, è applicabile l'art. 1 l.fall., benché l'impresa agricola sia sottratta al fallimento (Cass 17 luglio 2012, n. 12215; cfr. in dottrina: Germanò, L'imprenditore e il fallimento, in Dir. Giur. Agr. Alim. e dell'Ambiente, 2011, 720) e che la sola qualifica formale non legittima l'esclusione dal fallimento, essendo necessario che l'impresa non eserciti in modo esclusivo o prevalente un'attività commerciale e che un'attività non possa dirsi connessa a sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c. se non derivi in via prevalente dall'esercizio dell'attività agricola (cfr. Cass. 24 marzo 2011, n. 6853).

Ancora, recentemente la S.C. ha confermato tale principio affermando come “ai fini dell'esenzione dal fallimento di una cooperativa avente ad oggetto attività agricole, è dovere del giudice, oltre che verificarne le clausole statutarie ed il loro tenore, esaminare anche in concreto … le attività economiche dalla stessa effettivamente svolte, alla luce della disciplina introdotta dall'art. 1 del d.lgs. n.228 del 2001”, al fine di verificarne “i presupposti di legge, previsti dall'art. 2135 c.c. per il riconoscimento (o l'esclusione) della qualità di impresa agricola esentata dal fallimento” (cfr. Cass. 12 maggio 2016, n. 9788).

La S.C. con l'ordinanza in commento ha modo di precisare come non sia fallibile la società agricola che solo virtualmente prevede l'esercizio di attività squisitamente commerciali, ma che nei fatti non le eserciti, ponendo l'accento sull'attività che viene svolta in concreto e non sulla potenziale attività indicata sul piano meramente lessicale.

Infatti solamente l'indagine dell'attività effettivamente svolta dall'imprenditore può rilevarne l'eventuale natura agricola e di conseguenza l'assoggettabilità o meno al fallimento, indipendentemente dalle indicazioni formali dell'oggetto sociale.

L'ordinanza pertanto è da ritenersi condivisibile, anche se già lo statuto sociale prevedeva che l'attività immobiliare era strettamente strumentale all'attività agricola principale, in quanto l'oggetto sociale consentiva alla società di compiere “…tutte le operazioni commerciali, industriali, finanziarie ( quest'ultime in maniera non prevalente e non nei confronti del pubblico e comunque con espressa esclusione delle locazioni finanziarie attive), mobiliari od immobiliari collegate allo svolgimento delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c.”.

Questo elemento poteva escludere in radice la fallibilità della società atteso che anche dalla lettura dell'oggetto sociale vi era la possibilità di conoscere che le attività c.d. imprenditoriali erano state indicate come strumentali, in maniera non prevalente e non nei confronti del pubblico, rientrando in tal modo nel concetto delle attività connesse non idonee a snaturare la natura agricola della società perché volte a consentire la promozione dell'attività agraria.

In tal senso va ricordata la giurisprudenza di merito che ha espressamente ritenuto che “nessun rilievo ai fini dell'accertamento della natura agricola o commerciale dell'attività appare avere la presenza sociale di una clausola attinente allo svolgimento delle attività finanziarie strumentali al perseguimento dell'oggetto sociale…proprio perché tale attività è strumentale al raggiungimento del fine per cui è stata costituita la società” (cfr. da ultimo Trib. Udine, 21 settembre 2012, in Dir. Giur. Agr. Alim. e dell'Ambiente, 2013, 476).

Conclusioni

Correttamente i giudici hanno precisato che non costituisce attività commerciale, se esercitata da parte di società agricole, la compravendita immobiliare di terreni, a condizione, ovviamente, che la stessa sia strumentale e funzionale per un'operazione incrementativa dell'attività agraria.

Diversamente si andrebbe a limitare la libertà imprenditoriale e la capacità contrattuale dell'impresa stessa.

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