La condanna a pena pecuniaria per la mancata partecipazione in mediazione
30 Gennaio 2018
Massima
La mancata comparizione dell'opponente dinanzi al mediatore, a seguito di iniziativa assunta dall'opposto, non può comportare l'improcedibilità del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, atteso che le conseguenze della mancata comparizione dinanzi al mediatore della parte costituita sono previste dall'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28/10 e che non appare possibile differenziare gli effetti della mancata comparizione a seconda che la stessa riguardi l'opposto o l'opponente, tenuto conto del fatto che, ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/10, il giudice deve assegnare il termine per attivare il procedimento di mediazione a tutte le parti e non solo a quella che, in concreto, abbia interesse alla procedibilità della domanda. Il caso
Il giudice unico del tribunale di Mantova, sciogliendo la riserva assunta, ha pronunziato sull'eccezione di improcedibilità avanzata da parte opposta. Quest'ultima assumeva l'improcedibilità del giudizio oppositorio, non avendo l'opponente partecipato al procedimento compositivo. L'eccezione è stata rigettata argomentando dalla circostanza secondo cui l'improcedibilità è sanzione nella specie inapplicabile, essendo al più ipotizzabile la condanna a sanzione pecuniaria prevista dall'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28/2010; tale sanzione può attingere la parte costituita che senza giustificato motivo non partecipi alla mediazione. L'ordinanza endoprocedimentale resa dal Tribunale si conclude pertanto coll'irrogazione a carico dell'opponente della sanzione del pagamento a favore dell'Erario di un importo corrispondente al contributo unificato già versato in giudizio. La questione
L'ordinanza sollecita nell'interprete una riflessione con riguardo all'irrogabilità della sanzione prevista in ipotesi di mancata partecipazione della parte costituita in mediazione, come pure con riguardo alla fase processuale nella quale il giudice è tenuto a provvedere. Le soluzioni giuridiche
La risposta al quesito fornita dal tribunale di Mantova giustifica una più ampia disamina con riguardo alla sanctio iuris prevista dalla norma speciale, che recita: «dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, comma 2, del c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio» (art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/10); in modo particolare, nel quadro delle sanzioni previste a carico della parte renitente alla partecipazione alla procedura compositiva. Osservazioni
Va anzitutto ricomposto il quadro delle sanzioni irrogabili a carico di chi non partecipi all'incontro di mediazione, sanzioni esulanti dal tema della procedibilità. Dalla diserzione delle parti dall'incontro di mediazione possono scaturire sanzioni di diversa tipologia ed entità; da una canto, il giudice, in sede decisoria, può trarre argomento di prova a norma dell'art. 116 c.p.c. e, dall'altro, la parte costituita in giudizio e renitente alla mediazione può essere condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria. La manovra finanziaria estiva del 2011 ha rafforzato le sanzioni irrogabili a carico di chi diserti ingiustificatamente la procedura mediativa, prevedendo la condanna al versamento a favore dell'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto in giudizio. Gli interpreti hanno sottolineato che la “multa” sia irrogabile a fronte di diserzione da ogni tipologia di mediazione prevista dall'art. 5 del decreto n. 28, salvo nei casi di mancata partecipazione facoltativa avviata spontaneamente dalle parti, a norma dell'art. 2 d.lgs. cit.. Proprio con riguardo alla sanzione pecuniaria in oggetto, l'interpretazione giurisprudenziale ha fornito significativi spunti di riflessione. La multa prevista a carico della parte non collaborativa in mediazione è irrogabile da parte del giudice procedente, il quale può provvedere ex officio in presenza dei presupposti normativamente dati, individuabili nella diserzione ingiustificata da (ogni tipologia di) mediazione ex art. 5 d.lgs. cit.. La condanna attinge unicamente la parte costituita in giudizio, non quella contumace, sempre che la stessa abbia disertato il procedimento compositivo “ingiustificatamente”. Il giudice, in presenza di tali presupposti, non gode di discrezionalità nell'irrogazione della sanzione (testualmente “il giudice condanna”), dovendo provvedere d'ufficio. La sanzione va versata, non a controparte, ma all'entrata del bilancio dello Stato in misura corrispondente e predeterminata all'importo del contributo unificato previsto per il giudizio. Al recupero dell'importo provvede la cancelleria. Le opinioni divergono con riguardo all'individuazione del momento (o stato) processuale nel quale il giudice può procedere ad irrogare la condanna. Talune pronunzie opinano che la sanzione sia irrogabile «anche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronunzia del provvedimento definitorio del giudizio» (Trib. Termini Imerese, 28 maggio 2012, in mondoadr.it). In tal senso si era espresso un altro provvedimento del medesimo ufficio, seppur redatto da diverso estensore (Trib. Mantova, 14 giugno 2016, in 101 mediatori), cui la pronunzia in rassegna si uniforma. Ulteriore provvedimento giurisdizionale ha chiarito che, agli effetti della dimostrazione del “giustificato motivo” di diserzione dalla mediazione, per la condanna si deve attendere un momento successivo alla «scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine dell'istruttoria, quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testi o con documenti» (Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, 13 giugno 2012, in mondo adr.it). In senso opposto si è espressa la dottrina, la quale ritiene che la condanna sia pronunziabile «al momento della decisione, come capo accessorio della sentenza finale». Quest'ultima impostazione è condivisibile, in quanto meglio supportata argomentativamente. Si motiva, anzitutto, a contrario dalla mancata conversione in legge di quella parte dell'art. 12 del d.l. 22 dicembre 2011, n. 212, che disponeva che la sanzione venisse comminata «con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1». Da ciò discende logicamente ed a contrario che la multa sarebbe irrogabile solo al termine del processo e non nel corso di esso, con provvedimento endoprocessuale. Ancora, vale un'ovvia considerazione di ordine sistematico; riguardante l'individuazione del momento, nel dipanarsi processuale, in cui l'ordinamento abilita il giudice a pronunziare il provvedimento condannatorio. Ebbene, questo momento, more solito, è individuabile nella pronunzia della sentenza, quale atto conclusivo del processo (art. 279 c.p.c.). Con essa il giudice statuisce sul carico delle spese processuali (art. 91 c.p.c.), eventualmente applicando la condanna per responsabilità aggravata (art. 96 c.p.c.). In quest'ottica deve ritenersi che, con la sentenza, sia irrogabile la condanna al versamento del contributo unificato, a norma dell'art. 8, comma 4-bis, seconda parte, d.lgs. n. 28. D'altro canto, unicamente le condanne a pene pecuniarie “previste dal c.p.c.” sono irrogate con ordinanza dal g.i. nel corso del giudizio (e non con sentenza finale), a norma dell'art. 179 c.p.c., quali forme di esercizio del potere disciplinare del giudice procedente e sempre che la legge non disponga diversamente (v. artt. 220, 226 e 408 c.p.c.). Viceversa, la condanna sanzionatoria in discorso è testualmente prevista da una legge speciale contenuta in un testo normativo extra codice, cosicchè essa pare sottrarsi al regime dettato dalla speciale previsione affidata all'art. 179 c.p.c..
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