La querela di falso e le regole della prova

Redazione scientifica
30 Gennaio 2018

Il rischio del mancato raggiungimento della prova del fatto deve essere addossato a chi il fatto allega e non nei confronti di chi il fatto contesta.

Il caso. Nel corso di un giudizio di opposizione ad una sanzione irrogata per violazioni al codice della strada, il conducente proponeva querela di falso contro i verbali di contestazione delle infrazioni (consistenti nello specifico nel passaggio con semaforo rosso, utilizzo del telefono cellulare e mancato uso della cintura di sicurezza). La causa veniva riassunta dal tribunale che rigettava la querela. La Corte d'appello di Brescia accoglieva il gravame proposto dal querelante.

Presunzioni. L'agente di polizia municipale ricorre in Cassazione contro tale decisione, dolendosi del fatto che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere provata la falsità del verbale di accertamento a fronte di elementi probatori cui può al più essere riconosciuto il valore di presunzioni semplici, non idonee a superare il valore di prova legale dell'atto pubblico in quanto sprovviste delle caratteristiche prescritte dall'art. 2729 c.c..

Sul mancato utilizzo delle cinture di sicurezza. Il motivo è fondato in relazione al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza. Infatti, il giudice d'appello ha ritenuto di aver raggiunto il proprio convincimento circa la falsità delle attestazioni solo in merito al passaggio con semaforo rosso e all'utilizzo del cellulare, mentre con riguardo al mancato utilizzo delle cinture la Corte ha affermato che «al riguardo nessun teste ha potuto riferire alcunché, mentre lo stesso agente ha dichiarato di averne riscontrato la mancanza mentre affiancava la vettura sulla sinistra, all'altezza dei sedili posteriori», posizione che non consente di verificare la situazione delle cinture del conducente o che può dar luogo a «facili errori di percezione della realtà», così che «può ritenersi provata la non veridicità dell'attestazione».

Le regole della prova. Così facendo, a parere del Collegio, la Corte territoriale avrebbe attribuito le conseguenze della mancanza di elementi probatori sufficienti all'agente di polizia e non al querelante. In questo modo ha applicato in maniera errata le regole della prova. Infatti, il rischio del mancato raggiungimento della prova del fatto, nel caso di specie, la falsità dell'attestazione del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, deve essere addossato a chi il fatto allega, quindi colui che ha proposto la querela di falso, e non nei confronti di chi il fatto contesta.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso in relazione a tale motivo, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.

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