È da rimuovere il dehors che stravolge l'armonia architettonica dell'edificio

Redazione scientifica
31 Gennaio 2018

Affinché un manufatto alteri il decoro architettonico dell'immobile sui cui insiste, è sufficiente che vengano alterate in modo visibile e significativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una specifica identità.

Dehors da rimuovere. Una società ricorreva per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, la quale aveva disposto la rimozione di una piattaforma, delimitata da ringhiere e coperta di ombrelloni, realizzata all'esterno, in adiacenza al portone d'ingresso dell'edificio condominiale.

La Corte d'appello ha ritenuto che tale dehors, ancorato alla parete condominiale, modificasse la simmetria del fabbricato e fosse dunque lesivo del decoro architettonico dell'edificio ex art. 1120 c.c. Contrariamente il ricorrente riteneva che l'opera non incidesse sull'ingresso condominiale, né oscurasse il numero civico, né diminuisse il valore economico del palazzo.

Decoro architettonico compromesso. La Suprema Corte accoglie l'interpretazione dei giudici di merito secondo cui, in materia di “danno estetico” non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dal manufatto, abbia un particolare pregio artistico e né che tale decoro sia tato compromesso da precedenti opere, ma è sufficiente che sia alterata la particolare struttura e armonia che conferisce al fabbricato una propria autonomia.

Inoltre la Corte ribadisce che per gli effetti degli artt. 1102 e 1120 c.c. il decoro architettonico attiene a tutto ciò che nell'edificio è visibile e apprezzabile dall'estero, cosicché il proprietario non può senza autorizzazione del condominio modificare le parti esterne dell'edificio, ciò indipendentemente da ogni considerazione sulla proprietà del suolo su cui venga realizzata l'innovazione.

Limiti alle modificazioni. In conclusione, ai fini del giudizio sull'alterazione della facciata è risultato privo di decisività il fatto che il manufatto si innesti nel muro comune o coesista con esso rimanendo autonomo e che non impedisca l'accesso allo stabile o la visibilità del numero civico, poiché secondo le citate norme i limiti per la legittimità della modificazione di uno stabile condominiale sono individuati dalla stabilità e sicurezza dello stabile, dal decoro architettonico, nonché dall'uso o dal godimento delle parti comuni ad opera dei singoli condomini, limiti che operano in via alternativa e non necessariamente concorrente.

Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

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