La Corte Costituzionale estende la responsabilità solidale negli appalti alla subfornitura

Ilario Alvino
31 Gennaio 2018

La Corte dichiara non fondata, ai sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dalla Corte di Appello di Venezia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Massima

La Corte Costituzionale dichiara non fondata, ai sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dalla Corte di Appello di Venezia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Il caso

La questione di legittimità costituzionale sottoposta alla Corte trae origine dalla controversia avente ad oggetto la pretesa dei lavoratori dipendenti di un subfornitore di chiedere la corresponsione dei trattamenti retributivi, non pagati dal proprio datore di lavoro, al committente del contratto di subfornitura (L. n. 192/1998). Pretesa fondata sull'asserita applicabilità anche al contratto di subfornitura del regime della responsabilità solidale istituito fra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori dall'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 per i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti in relazione alla prestazione svolta dai lavoratori impiegati nell'esecuzione di un contratto di appalto o di subappalto.

La pretesa viene ritenuta fondata dal Tribunale pronunciatosi in primo grado.

La società committente propone gravame dinanzi alla Corte di appello di Venezia, la quale ha sollevato, premessane la rilevanza, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 29 d.lgs. n. 276/2003.

In particolare, la Corte di Appello di Venezia argomenta che la disposizione censurata «non è suscettibile di essere applicata oltre i casi espressamente previsti (appalto e subappalto), né la natura della disposizione e la diversità di fattispecie contrattuale tra subappalto e subfornitura, consente un'interpretazione costituzionalmente orientata della stessa».

Tale conclusione, però, a detta del giudice remittente, farebbe sospettare il contrasto tra la norma censurata e l'art. 3 della Costituzione poiché non sarebbe ragionevole che, nel fenomeno diffuso della esternalizzazione e della parcellizzazione del processo produttivo, i dipendenti del subfornitore siano privati di una garanzia legale di cui, per contro, possono godere i dipendenti di un appaltatore e subappaltatore”.

L'esclusione della subfornitura dalla responsabilità solidale realizzerebbe inoltre, sempre a detta del giudice remittente, una lesione del requisito dell'adeguatezza della retribuzione protetto dall'art. 36 Cost., nonché dall'art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

La questione

La decisione del Giudice delle Leggi è di importanza centrale, non solo per l'immediato effetto pratico che dalla stessa deriva (l'inclusione della subfornitura nell'area di applicazione dell'art. 29 d.lgs. n. 276/2003), ma anche perché il ragionamento seguito dalla Corte è destinato a riverberare i propri effetti oltre i confini della specifica questione sottoposta al giudizio di legittimità costituzionale.

Ed infatti, dalle ragioni che inducono la Corte costituzionale ad ammettere l'applicazione della disposizione censurata anche alla subfornitura, può ragionevolmente inferirsi che la solidarietà per i crediti del lavoratore vada applicata a tutti quei casi nei quali i lavoratori siano impiegati nell'ambito dell'esecuzione di contratti di diritto commerciale che possono essere considerati “omogenei in termini di lavoro indiretto, ai rapporti di subfornitura”.

Inoltre, ci si deve domandare se la possibilità di estendere il regime della solidarietà oltre l'area dell'appalto, a cui la legge lo limiterebbe, interessi anche l'art. 1676 c.c., il quale, com'è noto, riconosce ai dipendenti dell'appaltatore – che abbiano reso la propria prestazione per eseguire l'opera o per prestare il servizio oggetto dell'appalto – la possibilità di proporre “un'azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”.

Procedendo con ordine, va subito messo in evidenza che quello della possibilità di estendere il regime della solidarietà negli appalti a tipologie contrattuali diverse da quest'ultima, è da lungo tempo dibattuta in dottrina.

In particolare, sul tema si fronteggia, da un versante, l'opinione di chi argomenta che quello della responsabilità solidale costituisca l'espressione di un principio generale di fondo per la regolamentazione dei processi di esternalizzazione a protezione dell'interesse dei lavoratori coinvolti, cosicché l'applicazione della solidarietà andrebbe estesa a quelle tipologie contrattuali che, pur formalmente distinte dall'appalto, realizzerebbero un'ipotesi di esternalizzazione.

Dall'altro versante, troviamo l'opinione, maggioritaria e condivisa anche dalla Corte remittente, che l'art. 29 sia una norma di carattere speciale, costruita per il, e dunque applicabile esclusivamente al contratto di appalto. Attesa la sua natura speciale, la regola della solidarietà dovrebbe rimanere confinata alle fattispecie alle quali la legge ne riserva l'applicazione e non sarebbe comunque mai suscettibile di applicazione analogica a fattispecie diverse, al pari di tutte le norme speciali.

Questa seconda opinione è quella assolutamente prevalente anche presso la giurisprudenza di merito, rivelandosi isolata la posizione assunta dal giudice di prime cure nella controversia dai cui trae origine il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale deciso con la sentenza in commento.

La questione appena indicata si interseca, nel caso sottoposto all'attenzione della Corte costituzionale, con la questione riguardante la natura giuridica del contratto di subfornitura per la quale pure, questa volta anche in giurisprudenza, si registrano opinioni discordanti.

Anche in questa ipotesi, le diverse opinioni sono catalogabili nella seguente alternativa:

  • o si ritiene che la disciplina della subfornitura non presupponga una specifica tipologia contrattuale, delineando piuttosto una operazione economica realizzabile in concreto attraverso l'impiego di strumenti negoziali differenti;
  • o si ritiene che la Legge n. 192/1998 identifichi una specifica tipologia contrattuale dotata di requisiti che la renderebbero giuridicamente autonoma e quindi oggetto di una propria specifca regolazione.

Laddove si optasse per la prima soluzione, ai rapporti fra committente e subfornitore dovrebbe trovare applicazione la disciplina dettata dall'ordinamento per lo specifico schema negoziale di volta in volta costruito dalle parti.

Viceversa, laddove si aderisca alla seconda soluzione, la disciplina applicabile ai rapporti di subfornitura sarebbe esclusivamente quella dettata dalla legge per tale tipologia contrattuale, salva la possibilità di invocare l'applicazione di regole diverse, ricorrendo i presupposti per il ricorso alla tecnica interpretativa dell'analogia.

A ben vedere, laddove la Corte costituzionale avesse optato per la prima delle due soluzioni appena indicate, la stessa avrebbe potuto rigettare la questione di legittimità costituzionale osservando che i lavoratori dipendenti del subfornitore avrebbero comunque potuto invocare la solidarietà del committente laddove l'accordo fra quest'ultimo e il datore di lavoro fosse riconducibile allo schema negoziale dell'appalto.

Il Giudice delle leggi ha ritenuto, però, di non dover prendere posizione sul dilemma della natura giuridica della subfornitura, poiché, aderendo all'una come all'altra alternativa interpretativa, la soluzione del quesito relativo all'applicabilità della solidarietà alla subfornitura sarebbe comunque stata positiva.

Le soluzioni giuridiche

La Corte costituzionale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 offrendo della medesima disposizione un'interpretazione costituzionalmente orientata, la quale consente di scongiurarne i profili di illegittimità della quale la stessa sarebbe altrimenti affetta in violazione dell'art. 3 Cost.

Venendo alla sostanza dell'argomentazione della Corte costituzionale, si può osservare come la stessa muova dal presupposto che la responsabilità solidale del committente non costituirebbe un principio di carattere speciale (e come tale applicabile solo ai contratti di appalto), laddove si consideri l'ambito dei rapporti di subfornitura.

Rapporti, questi, il cui elemento distintivo, che al contempo costituirebbe il fondamento del regime della solidarietà, sarebbe da identificare nell'impiego di lavoro indiretto.

Argomenta infatti la Corte che tale conclusione sarebbe imposta dal fatto che “la ratio dell'introduzione della responsabilità solidale del committente – che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale – non giustifica un'esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell'art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento. In tal senso venendo anche in rilievo – lo sottolinea la difesa di parte attrice nel giudizio a quo – la considerazione che le esigenze di tutela dei dipendenti dell'impresa subfornitrice, in ragione della strutturale debolezza del loro datore di lavoro, sarebbero da considerare ancora più intense e imprescindibili che non nel caso di un “normale” appalto”.

Osservazioni

Come anticipato, la sentenza in commento ha un rilevantissimo impatto pratico, anche se indubbiamente non eccelle sotto il profilo del rigore tecnico del percorso argomentativo che porta la Corte costituzionale a concludere per l'estensione del regime della responsabilità solidale al contratto di subfornitura.

La conclusione che la Corte costituzionale fa propria, invero, non comporta solo la necessità che d'ora in poi si debba considerare vigente l'obbligo della responsabilità solidale in capo al committente anche nei confronti dei subfornitori. Piuttosto quella medesima conclusione è suscettibile di essere estesa a quell'ambito di rapporti accomunati, per usare le parole della Corte, dall'impiego di “lavoro indiretto”.

Inoltre, come anticipato, ci si deve chiedere se il ragionamento seguito dal Giudice delle leggi sia esportabile anche nell'applicazione dell'art. 1676 c.c.

Se la soluzione sposata dalla Corte costituzionale appare condivisibile negli esiti, poiché opportunamente riconosce ai lavoratori che si trovino in posizione sostanzialmente assimilabile le medesime tutele, gli argomenti che conducono a tale conclusione appaiono tutt'altro che impeccabili sul piano tecnico, oltre ad essere chiaramente contrari a quella che è la ratio delle regole in materia di responsabilità solidale.

Ma procediamo seguendo l'ordine logico delle argomentazioni utilizzate dalla Corte costituzionale.

La prima tappa del ragionamento seguito dal Giudice delle Leggi attiene alla ricostruzione nella natura giuridica del contratto di subfornitura, rispetto alla quale la conclusione è quella della irrilevanza della questione ai fini del decidere.

Ed infatti, accantonata l'eventualità della sostanziale riconducibilità della subfornitura all'appalto (alternativa che evidentemente non avrebbe posto problemi di applicabilità dell'art. 29 d.lgs. n. 276/2003), la Corte costituzionale ritiene che la solidarietà debba trovare applicazione alla subfornitura anche laddove si voglia qualificare la stessa come autonoma tipologia negoziale. A tale conclusione si deve pervenire, nel ragionamento della Corte, applicando alla disciplina della subfornitura la regola ermeneutica dell'analogia (art. 12, secondo comma, delle preleggi).

Non v'è bisogno di spendere molte parole per argomentare la criticabilità di questa conclusione, che si scontra in maniera evidente con la natura speciale della disposizione dettata dall'art. 29 d.lgs. n. 276/2003. Come precisa infatti l'art. 14 delle preleggi, l'analogia non è applicabile alle disposizioni che fanno eccezione a regole speciali, le quali possono evidentemente trovare applicazione esclusivamente ai casi considerati.

La Corte costituzionale, consapevole dell'obiezione, eccepisce che la regola di solidarietà dettata dall'art. 29 deve essere considerata speciale rispetto alla ordinaria disciplina della responsabilità civile, ma non lo sarebbe “più se riferita all'ambito, ove pur distinto, ma comunque omogeneo in termini di lavoro indiretto, dei rapporti di subfornitura”.

Sembrerebbe potersi dunque desumere da tale affermazione che nell'ambito dei rapporti fra imprese che darebbero luogo al “lavoro indiretto” sarebbe desumibile dall'ordinamento un principio generale che impone la solidarietà dell'imprenditore che “utilizzi indirettamente” il lavoro dei dipendenti di un altro imprenditore.

Anche questa affermazione è fortemente criticabile per almeno tre ragioni.

La prima è che la Corte costituzionale parte dalla regola dell'analogia per desumere un principio generale. Ma delle due l'una: o la materia è coperta da una regola speciale e la lacuna non può allora essere colmata, ricorrendo all'analogia, applicando la regola dettata per casi simili o per materie analoghe; ovvero la regola è espressione di un principio generale e non v'è alcun bisogno di far ricorso all'analogia perché la regola si applicherà per forza propria.

La seconda ragione di critica è che dall'esame delle regole poste dall'ordinamento a protezione dei lavoratori nei fenomeni di frammentazione dell'organizzazione imprenditoriale non pare affatto evincibile l'asserito principio generale della solidarietà individuato dalla Corte. È infatti sufficiente considerare la disciplina in materia di appalto (art. 29 d.lgs. n. 276/2003), quella dettata per l'ipotesi in cui committente dell'appalto sia una pubblica amministrazione (artt. 105 d.lgs. n. 50/2016 e 9 D.L. n. 76/2013, conv. in L. n. 99/2013), le regole in materia di trasporto (art. 6-ter, d. lgs. n. 286/2005), le regole in materia di contratto di rete (artt. 30, co. 4-ter, e 31, co. 3-quinquies, d.lgs. n. 276/2003) e infine le regole in materia di somministrazione di lavoro (art. 35 d.lgs. n. 81/2015), per avvedersi agevolmente che la regola della solidarietà ha carattere eccezionale. Una regola, cioè, che trova applicazione solo per le fattispecie espressamente previste dalla legge ed entro i limiti, non a caso diversi da materia a materia, previsti dalle disposizioni che la istituiscono.

Vi è infine una terza ragione di critica che riguarda il criterio che, a detta della Corte costituzionale, dovrebbe essere utilizzato per delimitare l'area delle fattispecie alle quali dovrebbe trovare applicazione l'asserito principio generale della solidarietà. Il criterio di delimitazione individuato dalla Corte è quello “della prestazione di lavoro indiretto”: la responsabilità solidale, detto con altri termini, dovrebbe vincolare tutte quelle imprese che traggono un vantaggio indiretto dalla prestazione resa da lavoratori dipendenti da imprese terze.

Anche sotto questo profilo, non è necessario però spendere troppe parole per accorgersi che quella del lavoro indiretto è un'espressione che può avere un'utilità sul piano descrittivo e didattico per rappresentare le ragioni alla base della istituzione della regola della solidarietà in alcune tipologie contrattuali come l'appalto e il trasporto. Ma non può costituire a sua volta criterio di selezione delle fattispecie, poiché un vantaggio indiretto può desumersi in qualunque rapporto fra imprese.

Per fare un esempio abbastanza chiaro, si potrebbe dire che qualunque impresa si avvantaggia indirettamente della prestazione lavorativa resa dai dipendenti della società elettrica che vende l'elettricità che la stessa impresa impiega per svolgere la propria attività produttiva. Se fosse vero quanto affermato dalla Corte costituzionale, si dovrebbe allora concludere che i dipendenti della società elettrica che non ricevessero la retribuzione potrebbero rivolgersi per ottenerne il pagamento a tutti i soggetti che abbiano acquistato l'elettricità dal loro datore di lavoro.

È sufficiente questo esempio per rendersi conto che quella del lavoro indiretto è una formula priva di qualunque capacità denotativa e, dunque, inevitabilmente fuorviante se la stessa viene caricata di un significato normativo che non le è proprio, perché l'ordinamento non glielo riconosce.

In ciò sta il problema della regola enunciata dalla Corte costituzionale: poiché per il futuro non è di fatto agevolmente prevedibile quali siano le tipologie contrattuali nelle quali i lavoratori potranno invocare la responsabilità di un imprenditore terzo che abbia tratto indirettamente vantaggio dalla prestazione resa dal lavoratore interessato.

Resta da esaminare l'ulteriore quesito aperto dalla sentenza della Corte costituzionale: l'ampliamento dell'area di applicazione della responsabilità solidale alla subfornitura e ai contratti commerciali che realizzano un'utilizzazione indiretta del lavoro può essere argomentata anche per l'art. 1676 c.c.?

Si può dare una risposta negativa a tale domanda, laddove si consideri che l'art. 1676 c.c. (anche questa norma speciale) non istituisce un regime di responsabilità solidale fra committente e appaltatore, bensì si limita a riconoscere ai dipendenti di quest'ultimo un'azione diretta nei confronti del committente. Azione peraltro limitata alla misura del corrispettivo dell'appalto non ancora pagato dal committente all'appaltatore al momento della proposizione della domanda del lavoratore.

Si tratta, dunque, di una disposizione speciale per la quale non sembra possibile estendere gli argomenti impiegati dalla Corte per giustificare l'estensione della responsabilità solidale alla subfornitura.

Guida all'approfondimento
  • M. Aimo, D. Izzi (a cura di), Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, Torino, 2014;
  • I. Alvino, La tutela del lavoro nell'appalto, in G. Amoroso, V. Di Cerbo, A. Maresca (a cura di), Diritto del lavoro. La Costituzione, il Codice civile e le leggi speciali, Vol. I, Milano, Giuffrè, 2017, 1756;
  • M.T. Carinci, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo, Torino, 2013;
  • D. Izzi, La promozione della regolarità negli appalti attraverso la responsabilità solidale per i crediti da lavoro: sperimentazioni concluse e in corso, in Arg. dir. lav., 2016, n. 4/5, 810;
  • M. Marinelli, La subfornitura, M. Persiani, F. Carinci (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, Vol. VI, Il mercato del lavoro, Padova, 2012, 1645;
  • I. Alvino, L'appalto e i suoi confini, in M. Aimo – D. Izzi (a cura di), Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, Torino, 2014, 5, qui 42 ss.;
  • I. Alvino, La tutela del lavoro nell'appalto, in G. Amoroso, V. Di Cerbo, A. Maresca (a cura di), Diritto del lavoro. La Costituzione, il Codice civile e le leggi speciali, Vol. I, Milano, Giuffrè, 2017, 1756);
  • G. Alpa, A. Clarizia (a cura di), La subfornitura - Commento alla l. 18 giugno 1998 n. 192, Milano, Giuffrè, 1999;
  • C. Berti, Subcontratto, subfornitura e decentramento produttivo tra imprese, Milano, Giuffrè, 2000;
  • V. Franceschelli, Un nuovo contratto commerciale: la subfornitura, in Dir. e pratica società, 1998, fasc. 1, 9.

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