L'identificazione dei condomini presenti alla riunione e la comunicazione del verbale agli assenti

Alberto Celeste
01 Febbraio 2018

La redazione puntuale del verbale - che costituisce il mezzo (molto rigoroso) volto ad esprimere e riprodurre la volontà dell'assemblea - si rivela molto importante, per un verso...
Il quadro normativo

La circostanziata verbalizzazione di tutto ciò che accade durante la riunione condominiale permette di individuare i condomini presenti che hanno partecipato all'assemblea e di evincere, a contrario, coloro ai quali va comunicato il relativo verbale.

Sotto il primo profilo, l'art. 1136 c.c. non dice espressamente in nessuna parte che, ai fini della validità delle deliberazioni adottate, devono individuarsi, riproducendoli nel predetto verbale, i nomi dei singoli partecipanti alla votazione, assenzienti e dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote millesimali.

Sotto il secondo profilo, l'art. 1137, al comma 2, prescrive che «contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti».

La puntuale individuazione dei partecipanti all'assemblea

Va registrato che, spesso, per ragioni di opportunità, ossia per evitare operazioni macchinose e verbali troppo dettagliati, e sul presupposto che non esistono norme che esplicitamente impongono l'individuazione nominativa dei votanti e la relativa trascrizione a verbale, si suole omettere l'indicazione, per ogni votazione, del nome dei condomini dissenzienti, assenzienti e astenuti.

Secondo un orientamento del Supremo Collegio, l'individuazione di tali partecipanti è, invece, certamente essenziale, suggerendo, quindi, l'opportunità di una verifica accurata ed una compilazione fedele di quanto effettivamente è avvenuto durante la riunione condominiale

Ripercorriamo l'iter argomentativo seguito dai magistrati di Piazza Cavour (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810): l'art. 1136 c.c. dispone, ai commi 2, 3, 4 e 5, che le deliberazioni delle assemblee devono approvarsi con un numero di voti che rappresenti la maggioranza, semplice o qualificata, dei partecipanti al condominio intervenuti alla riunione e del valore dell'edificio, e che delle dette deliberazioni deve redigersi il verbale; nelle maggioranze richieste per la validità dell'approvazione delle deliberazioni - come per la validità della costituzione stessa dell'assemblea - convergono l'elemento personale (i partecipanti al condominio) e quello reale (la quota proporzionale dell'edificio espresso in millesimi che può variare in relazione al valore delle singole unità immobiliari), ed il potere di impugnazione è riservato ai condomini dissenzienti (art. 1137 c.c.); sotto il primo profilo, è indispensabile individuare nominatim i condomini assenzienti e dissenzienti al fine della verifica dell'esistenza della maggioranza prescritta con riferimento all'elemento reale; la verifica dell'esistenza o meno del quorum prescritto con riferimento al valore dell'edificio postula, dunque, l'indicazione nominativa dei condomini che hanno approvato la deliberazione; quanto all'altro profilo, il voto produce effetti rilevanti oltre la deliberazione, essendone consentita l'impugnazione ai condomini dissenzienti - ed agli assenti, che peraltro già risultano individuati all'esito delle operazioni preliminari dirette alla verifica della regolare costituzione dell'assemblea - così che occorre, fin dal momento dell'espressione del voto, indicare i partecipanti al condominio legittimati ad impugnare la deliberazione.

Si è aggiunto, poi, che non mancano altre ragioni per le quali si rende necessaria l'identificazione dei condomini assenzienti e dissenzienti: segnatamente in considerazione dell'innegabile interesse dei partecipanti a valutare l'esistenza di un eventuale conflitto di interessi, possibile solo con l'individuazione della manifestazione del voto, atteso che, mancando questa, non è dato conoscere se i voti, favorevoli o contrari, provengano da differenti valutazioni dell'interesse comune o da uno proprio dei singoli con quello configgente (in quest'ottica, Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10329, ha annullato la deliberazione il cui verbale dava atto del risultato della votazione in base al numero dei votanti, senza indicare analiticamente i nomi dei partecipanti ed il valore della loro proprietà in millesimi; dal canto suo, Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2000, n. 697, ha puntualizzato che non può essere attribuita efficacia sanante alla mancata constatazione, immediatamente, in sede di assemblea, dell'inesistenza di tale quorum da parte del condomino dissenziente, a carico del quale non è stabilito, al riguardo, alcun onere a pena di decadenza; tra le pronunce di merito, si segnala Trib. Genova 29 giugno 1999, che ha considerato colpite dal vizio di annullabilità le deliberazioni il cui verbale contenesse solo i nominativi dei partecipanti, senza le relative quote millesimali ed una specie di indice delle deliberazioni prese, indicate con i termini «si approva o non si approva»).

Infatti, se non si identificano nominativamente i condomini assenzienti e dissenzienti, non è dato conoscere se i relativi voti, favorevoli o contrari, provengano non da differenti valutazioni dell'interesse comune, ma da un interesse proprio dei singoli in contrasto con quello della collettività; in altri termini, non si è in grado di verificare se alcuni dei partecipanti abbiano votato in funzione di interessi estranei al condominio, ad esempio, per favorire esclusivamente le proprietà esclusive poste al di fuori dell'edificio condominiale.

Di recente, la giurisprudenza si è assestata su posizioni meno rigide (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2009, n. 24132): ad esempio, si è ritenuta comunque valida la deliberazione il cui verbale, ancorché non riportava l'indicazione nominativa dei condomini che avevano votato a favore, conteneva, però, l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo recava l'indicazione, nominativa, dei condomini che avevano votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gli uni e gli altri erano portatori, perché tali dati consentivano di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole ed il valore dell'edificio da essi rappresentato, nonché di verificare che la deliberazione stessa avesse in effetti superato il quorum richiesto dall'art. 1136 c.c. (Cass. civ., sez. II, 10 agosto 2009, n. 18192; tra le pronunce di merito, si segnalano: Trib. Ariano Irpino 15 novembre 2005; Trib. Verona 22 giugno 2004: nella specie, da un'analisi complessiva della stessa e dei suoi allegati - di cui, uno, recante l'elenco dei presenti e degli assenti con l'indicazione dei millesimi di pertinenza e, l'altro, l'elenco delle deleghe - risultava comunque possibile desumere il raggiungimento della maggioranza richiesta, mediante una semplice sottrazione aritmetica dei millesimi facenti capo ai condomini dissenzienti analiticamente indicati, ed in assenza di astenuti; ad avviso di App. Roma 15 ottobre 2003, qualora nel verbale dell'assemblea condominiale siano indicati i nominativi dei condomini presenti, di persona o per delega, con le rispettive quote millesimali, non occorre che risulti anche la specifica indicazione dei condomini favorevoli ad una determinata deliberazione, ove questa sia stata approvata con il voto favorevole di tutti i partecipanti all'assemblea con la sola eccezione di un condomino, presente per delega, del quale sia stato specificato il nominativo).

Il termine perentorio per impugnare

Il legislatore ha sempre a cuore le fondamentali esigenze di certezza delle situazioni giuridiche nascenti dagli atti di gestione del condominio, per cui, decorso il termine perentorio ivi previsto, la validità della deliberazione - di regola, salva l'ipotesi eccezionale della nullità - non potrebbe essere più messa in discussione, con le immaginabili conseguenze in ordine all'affidamento su di essa da parte dei condomini e dei terzi.

Il predetto termine conserva, comunque, la natura «sostanziale a rilevanza processuale», sicché, ai fini del computo, non si considera il periodo feriale di cui all'art. 1 della l. n. 742/1969 (come statuito da Corte Cost. 2 febbraio 1990, n. 49), mentre se il trentesimo giorno cade in giorno festivo opera la proroga al giorno feriale successivo (argomentando ex art. 2963, comma 3, c.c.); al contempo, la relativa decadenza configura un'eccezione in senso proprio, per cui deve essere sollevata tempestivamente dalla parte interessata, nella comparsa di costituzione ex art. 167 c.p.c., e non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, restando nelle facoltà del condominio, nonostante la tardività dell'impugnazione, di accettare il contraddittorio sul merito dell'opposizione proposta dal condomino (ex plurimis, Cass.civ., sez. II, 28 novembre 2001, n. 15131; da ultimo, Cass. civ., sez. II, 2 agosto 2016, n. 16081, ha avuto modo di precisare che la produzione delle delibere assembleari a corredo di una domanda monitoria avverso un condomino non è idonea a soddisfare l'onere di comunicazione agli assenti ex art. 1137 c.c., né comporta il sorgere della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., che postula il recapito all'indirizzo del condomino del verbale contenente le decisioni dell'assemblea, né, comunque, obbliga quest'ultimo ad attivarsi per acquisire e conoscere il testo delle deliberazioni stesse, la cui conoscibilità, pertanto, non è ancorata alla data di notificazione del decreto ingiuntivo).

L'assenza di formalità nella comunicazione del verbale

Si conferma, dunque, che il termine decorre dalla data di «deliberazione» per i dissenzienti e per gli astenuti, e dalla data di «comunicazione» per gli assenti alla riunione: riguardo a questi ultimi, si è mantenuta la terminologia usata dal vecchio testo dell'art. 1137 c.c., non prescrivendo, quindi, alcuna forma particolare.

Pertanto, del verbale assembleare va fatta comunicazione ai condomini assenti, cioè a coloro che non hanno partecipato - ovviamente, neanche per delega - alla riunione condominiale, anche se comunemente si ritiene opportuno e consigliabile che si faccia pervenire copia del verbale stesso a “tutti” i condomini (specie ai dissenzienti, ossia potenzialmente a coloro che sarebbero maggiormente interessati ad impugnare la deliberazione, al fine di far decorrere quanto prima il termine per l'impugnazione).

L'obbligo della comunicazione deve correlarsi alla necessità di conoscenza di un atto vincolante per tutti i partecipanti al condominio, che ne restano impegnati, e che devono avere, soprattutto qualora non presenti alla riunione nella quale è stata adottata una determinata decisione (pregiudizievole ai loro interessi), la possibilità di contestarlo.

L'art. 1137, comma 2, c.c. riconosce la legittimazione ad impugnare, oltre che ai condomini che hanno partecipato all'assemblea ma hanno espresso voto contrario alla deliberazione - situazione estesa dalla Riforma del 2013 agli astenuti - anche a quelli assenti, cioè a quelli che non hanno partecipato alla riunione in cui si è adottata la deliberazione medesima.

Tale comunicazione va effettuata pure se l'assenza sia solo parziale, qualora il condomino si sia allontanato per parte della riunione, poiché, in relazione a tale parte, il suddetto condomino va considerato “assente”; invero, deve essere ritenuto tale chi, pur presente alla riunione, anche se abbia presenziato alla discussione, se ne sia allontanato (temporaneamente o definitivamente) prima dell'adozione della deliberazione.

Con particolare riferimento agli assenti, si evidenzia che il summenzionato comma 2 dell'art. 1137 c.c. tuttora non prescrive alcuna forma particolare per la comunicazione idonea a far decorrere il predetto termine per l'impugnazione - in proposito, v., di recente, Corte Cost. 21 marzo 2014, n. 52, la quale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1137, 1334 e 1335 c.c., in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono che la comunicazione della deliberazione assembleare che, nei confronti dei condomini assenti alla relativa seduta, determina il decorso iniziale del termine di trenta giorni per impugnare, sia presidiata dalle medesime garanzie di conoscibilità dell'atto previste per la notificazione degli atti processuali - anche se la prassi, sul punto, ha individuato sostanzialmente tre forme di comunicazione: consegna a mano con sottoscrizione di ricevuta, invio per raccomandata - con o senza ricevuta di ritorno - e notifica tramite ufficiale giudiziario.

Di solito, si ha riguardo alla copia fotostatica del verbale, il cui originale viene conservato nel registro tenuto dall'amministratore ai sensi del novellato art. 1130, n. 7), c.c., ma nulla esclude che l'amministratore possa anche trascriverne il contenuto in altri fogli ed inviare quest'ultimo documento ai condomini, possibilmente sottoscrivendolo al fine di attestarne l'autenticità della provenienza e della conformità.

Il verbale da comunicare ai condomini potrebbe anche essere composto da più fogli, secondo la durata della riunione e la complessità degli argomenti trattati, e parimenti potrebbe registrare l'allegazione di documenti vari (ad esempio, il parere di un legale, il bilancio preventivo, il capitolato dei lavori, la bozza di una transazione).

Qualora la trasmissione del verbale avvenga mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, tale forma di comunicazione offre garanzie di certezza in ordine al recapito dello stesso, producendo in giudizio, se la circostanza è contestata, la relativa cartolina; con ciò non si esclude la possibilità della circolazione presso ogni unità immobiliare di un foglio da parte del portiere, sul quale ciascun condomino possa apporre la propria firma, mentre non basta un avviso affisso in portineria, che potrebbe anche non essere notato e letto da tutti gli interessati (ad esempio, perché accedono alle loro abitazioni, usando l'ascensore direttamente dal garage sito nel piano interrato, senza transitare nell'androne ove è sita la guardiola del portiere).

In questa prospettiva, se, da un lato, stante il tenore della suddetta norma, non appare corretto opinare che il termine di decadenza in esame possa decorrere anche a prescindere dalla predetta comunicazione, per effetto di una conoscenza avuta aliunde, dall'altro lato, non dovrebbe ritenersi per forza obbligatoria la trasmissione di copia del verbale dell'assemblea che ha adottato la deliberazione da impugnare.

La conoscibilità da parte del condomino destinatario

In proposito, si è rilevato che l'esigenza della comunicazione, pur non implicando l'obbligo di dare al condomino assente notizie sui requisiti formali della deliberazione, deve reputarsi soddisfatta solo quando la deliberazione stessa sia comunicata in modo tale che il destinatario, anche non avendo partecipato all'assemblea, «possa avere compiuta conoscenza ed apprezzarne il contenuto in maniera adeguata alla tutela delle sue ragioni» (così la remota Cass. civ., sez. II, 27 maggio 1966, n. 1375; cui adde Cass. civ., sez. II, 5 marzo 1969, n. 701).

D'altronde, una mera conoscenza di fatto non potrebbe sostituire la conoscenza che la legge reputa rilevante solo se ricollegabile ad una comunicazione ad hoc (Cass. civ., sez. II, 5 maggio 1975, n. 1716, che ha ritenuto correttamente avvenuta tale comunicazione quando il condomino assente l'avesse esplicitamente ammessa).

A tali fini, non è necessario che la comunicazione avvenga mediante lettera raccomandata, essendo sufficiente la lettera semplice, tenendo conto, però, che l'esercizio non tempestivo dell'impugnazione integra una vicenda estintiva del relativo diritto, che deve essere provata da chi l'eccepisce (art. 2697, comma 2, c.c.), sicché, qualora la comunicazione sia avvenuta con la seconda modalità, il condominio potrebbe avere difficoltà a far valere la decadenza di cui all'art. 1137, comma 2, c.c.

Si reputa opportuno che la comunicazione sia il più tempestiva possibile, e ciò al fine di far decorrere sùbito il termine di trenta giorni per l'impugnazione della deliberazione ex art. 1137 c.c.; in realtà, non esiste un termine obbligatorio per tale comunicazione, che, pertanto, può essere fatta in ogni tempo, anche se, senza comunicazione agli assenti, la deliberazione potrà sempre essere impugnata da questi ultimi (sulla diligenza in capo ai condomini assenti, v. le puntualizzazioni di Cass. civ., sez. II, 28 dicembre 2011, n. 29386; tra le pronunce di merito, Trib. Roma 19 novembre 1985, secondo cui l'obbligo di trasmissione al condomino del verbale dell'assemblea e di ogni sua parte integrante è strumentale all'esercizio della facoltà di impugnazione).

L'organo deputato a tale comunicazione è l'amministratore, che, infatti, non solo deve dare esecuzione alla volontà assembleare espressa attraverso le deliberazioni - tanto che ciascun condomino può, ai sensi dell'art. 1105, ultimo comma, c.c., ricorrere al giudice in caso di omessa esecuzione - ma deve anche comunicarla agli assenti.

Resta inteso che la mancanza o l'irregolarità della comunicazione all'assente non sono suscettibili di inficiare in alcun modo la validità della deliberazione, ma rilevano soltanto in relazione al decorso del termine per la relativa impugnazione; al procedimento formativo della volontà collegiale è, infatti, del tutto estranea la comunicazione della deliberazione assembleare, che è un atto preordinato soltanto a dare notizia agli assenti del contenuto della deliberazione stessa ai fini della decorrenza del termine per impugnarla (Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1974, n. 1507; nella giurisprudenza di merito, App. Milano 22 luglio 1997).

Il riparto dell'onere della prova

In ordine alla prova - come quanto affermato in tema di invio dell'avviso di convocazione dell'assemblea - l'onere di dimostrare che la comunicazione del verbale assembleare sia stata tempestivamente trasmessa e la comunicazione abbia avuto “buon fine” spetta al condominio.

Tale prova può essere raggiunta con ogni mezzo, anche per presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 2728 c.c. (v. Cass. civ., sez. II, 27 settembre 2013, n. 22240); di regola, si ritiene che, con la prova dell'avvenuto recapito, all'indirizzo del condomino assente, della lettera raccomandata contenente il verbale dell'assemblea condominiale, sorge in capo al destinatario la presunzione, iuris tantum, di conoscenza posta dall'art. 1335 c.c. e, conseguentemente, scatta il dies a quo per l'impugnazione della deliberazione stessa, ai sensi dell'art. 1137 c.c.; in pratica, si tende ad applicare, alla comunicazione del verbale assembleare al condomino assente, la disciplina contemplata per gli atti unilaterali recettizi di cui al citato art. 1335 (a tenore del quale « … ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia»).

Nulla esclude che il regolamento di condominio prescriva determinate forme per la comunicazione del verbale assembleare, al fine di rafforzare la garanzia che la comunicazione sia effettuata preventivamente a tutti i condomini: in questo caso, le disposizioni specifiche devono essere rispettate nei confronti di ciascun condomino, con la conseguenza, in caso di violazione, dell'annullabilità delle deliberazioni così viziate.

In conclusione

Comunque, alla luce della perenne conflittualità condominiale e stanti le sempre più numerose impugnazioni “strumentali”, sembra preferibile che la comunicazione sia “scritta”, ossia rivesta la stessa forma dell'atto (verbale) il cui contenuto viene portato a conoscenza del destinatario, e, in proposito, potrebbero mutuarsi le prescrizioni contenute nel novellato art. 66, comma 3, disp. att. c.c. il quale, sia pure riguardo all'avviso di convocazione per l'assemblea condominiale, prevede che lo stesso sia comunicato soltanto «a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano».

Nulla esclude che, in un futuro, anche il sito internet di cui al nuovo art. 71-ter disp. att. c.c. - attivato su richiesta dell'assemblea, con le maggioranze contemplate nell'art. 1136, comma 2, c.c. - possa consentire agli amministratori di pubblicare i dati condominiali, rendendoli così immediatamente disponibili online e consultabili in tempo reale ai propri condomini, con un notevole risparmio di tempo e denaro.

In particolare, una sezione ad hoc potrebbe interessare le riunioni dell'assemblea con i relativi verbali che, una volta scannerizzato il cartaceo e messo in rete in formato pdf, potrebbero risultare agevolmente scaricabili (anche dagli assenti) con un'operazione di download; ma il problema è sempre lo stesso, ossia la prova dell'avvenuta ricezione, nel senso che, essendoci incertezza in ordine a quest'ultima, non si saprebbe quando decorrono i termini per l'impugnazione della relativa deliberazione ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c.

Guida all'approfondimento

Pacetti, Convocazione e verbale: medesimi obblighi?, in Dossier condominio, 2013, fasc. 136, 33;

Salciarini, Requisiti “minimi” del verbale e indicazione “per differenza”, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 10, 22;

De Paola, La delibera condominiale è annullabile se non riporta i nomi e le quote millesimali: i nuovi requisiti del verbale di assemblea rischiano di far lievitare il contenzioso, in Guida al diritto, 1998, fasc. 42, 36;

Salis, Modifica di regolamento contrattuale e conseguenze della mancata verbalizzazione di deliberazione di assemblea, in Riv. giur. edil., 1970, I, 825.

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