In mancanza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato
01 Febbraio 2018
Massima
Il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda.
Il caso
Il giudice di pace di Milano aveva emesso decreto ingiuntivo nei confronti di G.G. per il pagamento dei premi relativi al periodo luglio 2005-luglio 2007 in favore della compagina assicuratrice C.C. s.p.a.. Il decreto non era stato opposto. Il tribunale di Milano aveva emesso altro decreto ingiuntivo nei confronti di G.G. per il pagamento in favore della compagnia assicuratrice C.C. s.p.a. di altre annualità del premio concernente il medesimo rapporto assicurativo. Avverso detto decreto G.G. aveva proposto opposizione, disconoscendo la propria firma apposta in calce all'appendice di polizza. Il tribunale di Milano aveva dichiarato inammissibile, stante la preclusione determinata dal precedente giudicato, l'opposizione, proposta da G.G.. La Corte d'appello di Milano confermava la sentenza di primo grado. La sentenza di appello è stata impugnata con ricorso per cassazione da parte di G.G.. La questione
La Suprema Corte giunge alla conclusione affermativa, statuendo che l'autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico; essa trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda. A tale conclusione i Giudici di legittimità pervengono dopo un lungo excursus sui diversi orientamenti formatisi sulla questione. Secondo una prima tesi, argomentando dalla specialità della disciplina normativa del procedimento d'ingiunzione, ed in particolare dall'art. 640, comma 3, c.p.c., art. 647, comma 2, c.p.c., e art. 650 c.p.c., nonchè dall'assenza di un'analoga norma o di un espresso richiamo all'art. 2909 c.c., l'incontestabilità che nasce dal provvedimento non opposto e "dichiarato esecutivo" ha un contenuto ridotto (definito come preclusione "pro judicato" per distinguerlo dall'effetto di accertamento pieno ob rem judicatam previsto dall'art. 2909 c.c.), riferendosi, in sostanza, esclusivamente al petitum (e, dunque, debba ritenersi limitata al solo accertamento della esistenza e del quantum dell'intero credito o della frazione di credito azionato, senza, tuttavia, estendersi alle altre questioni che costituiscono il necessario presupposto-logico della pronuncia: in tal senso la definitività dell'accertamento coprirebbe soltanto il "dedotto" ma non anche il "deducibile". Secondo altro orientamento, dalla stessa disciplina normativa speciale del procedimento d'ingiunzione, ed in particolare dagli artt. 647, 650 e 656 c.p.c., oltre che dalla assenza di altre norme dell'ordinamento processuale ostative, si traggono argomenti a sostegno della piena equiparazione dell'efficacia di giudicato ex art. 2909 c.c., dell'accertamento definitivo del diritto compiuto tanto in esito al procedimento monitorio, quanto in esito al processo ordinario o sommario di cognizione. La prevalente giurisprudenza di legittimità, dopo un periodo iniziale nel quale sono coesistiti indirizzi contrastanti, che ripetevano le due principali tesi dottrinarie (per la tesi restrittiva: Cass. civ., sez. I, sent., 8 agosto 1997, n. 7400; Cass. civ., sez. III, sent., 9 luglio 2008, n. 18205; Cass. civ., sez. L, sent., 25 novembre 2010, n. 23918 che condiziona però la inefficacia del giudicato alla «mancanza (nel provvedimento monitorio) di esplicita motivazione sulle questioni di diritto»; Cass. civ., sez. L, sent., 20 marzo 2014, n. 6543; per la tesi della piena equiparazione: Cass. civ., Sez. Un., sent., 16 novembre 1998, n. 11549; Cass. civ., sez. I, sent., 24 novembre 2000, n. 15178; Cass. civ., Sez. Un., sent., 1 marzo 2006, n. 4510; Cass. civ., sez. III, sent., 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. civ., sez. I, sent., 6 settembre 2007, n. 18725; Cass. civ., sez. III, sent., 28 agosto 2009, n. 18791; Cass. civ., sez. III, sent., 11 maggio 2010, n. 11360), si è orientata - e così anche la maggior parte della dottrina - verso la tesi della piena efficacia di giudicato sostanziale del decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo per mancata opposizione proposta nel termine perentorio di legge. Alla tendenza indicata hanno contribuito sia gli argomenti sviluppati a confutazione della tesi cd. restrittiva, sia l'evoluzione della teoria del giudicato implicito (Cass. civ., Sez. Un., sent., 9 ottobre 2008, n. 24883 e Cass. civ., Sez. Un., sent., 30 ottobre 2008, n. 26019, con specifico riferimento all'accertamento implicito della questione pregiudiziale di giurisdizione; Cass. civ., Sez. Un., sent., 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26243) e della efficacia espansiva del giudicato in relazione a distinti diritti che trovano titolo in rapporti di durata o connotati da un'esecuzione periodica delle prestazioni od ancora caratterizzati da taluni elementi costitutivi (che integrano presupposti legali o qualificazioni giuridiche invarianti che vengono a completare altre fattispecie) tendenzialmente permanenti (Cass. civ., Sez. Un., sent., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass. civ., sez. V, sent., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass. civ., sez. V, sent., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass. civ., sez. L, sent., 23 luglio 2015, n. 15493), sia da ultimo la elaborazione della figura dell'“abuso del diritto” con specifico riferimento all'abuso del (diritto di azione nel) processo (su cui, da ultimo, Cass. civ., Sez. Un., sent., 16 febbraio 2017, n. 4090).
Osservazioni
Osservazioni Dall'accoglimento dell'una (preclusione “pro judicato”) o dell'altra tesi (piena equiparazione dell'efficacia di giudicato) discendono evidenti ricadute pratiche. Nel primo caso l'oggetto del giudizio e conseguentemente la preclusione che opera nei giudizi successivi, attiene esclusivamente al bene della vita indicato nel ricorso monitorio, con la conseguenza che, nel successivo giudizio ordinario od anche nel successivo procedimento d'ingiunzione, il creditore istante potrà azionare un diverso credito od anche una diversa frazione del medesimo credito (che non era stata richiesta e concessa con il precedente decreto monitorio, divenuto definitivo) derivante dal medesimo rapporto, non operando pertanto la preclusione "pro judicato" essendo diversi i "petita" (con riferimento all'elemento cronologico, come nel caso di distinte rate o di pagamenti dovuti in forma periodica; ovvero in relazione alla natura del credito, dipendente da quello principale: credito accessorio per interessi, credito risarcitorio per danno da ritardo); mentre il debitore che non si era opposto nel precedente procedimento, costituendosi nel giudizio ordinario di cognizione o proponendo opposizione al nuovo decreto monitorio, non incontrerà alcuna preclusione alla proposizione, per la prima volta, di eccezioni di merito attinenti la esistenza, validità ed efficacia del rapporto ossia del medesimo titolo posto a fondamento del credito o della parte di credito oggetto del precedente provvedimento ingiuntivo divenuto incontestabile. Al contrario, il riconoscimento della piena equiparazione della efficacia di giudicato al decreto monitorio non opposto, ai sensi dell'art. 2909 c.c. – tesi quest'ultima condivisa dalla sentenza in rassegna, viene ad estendere la efficacia preclusiva dell'accertamento, nei successivi giudizi proposti tra le stesse parti, anche alle questioni presupposte che sono state oggetto di accertamento implicito nel precedente procedimento d'ingiunzione, non essendo più consentito al debitore-convenuto ovvero opponente nel successivo giudizio avente ad oggetto l'accertamento del diverso credito, porre in discussione la validità ed efficacia del medesimo rapporto in cui aveva trovato titolo il credito non opposto.
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