Non sempre l'«origine convenzionale» delle tabelle millesimali impedisce di ottenerne la revisione

Massimiliano Summa
02 Febbraio 2018

In tema di revisione e modificazione delle tabelle millesimali, qualora i condomini, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli art. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all'art. 1123, comma 1, ultima parte, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., che attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 1848/18, depositata il 25 gennaio. La Corte ha precisato inoltre che, ove, invece, tramite l'approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell'unico originario proprietario e l'accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l'accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi) non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l'errore il quale, in forza dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l'errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l'appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito.

Il caso. Un condomino ha impugnato avanti alla Corte di Cassazione la sentenza con cui la Corte d'Appello di Firenze aveva confermato il rigetto della domanda di revisione delle tabelle millesimali del proprio condominio da parte del Tribunale della medesima località.
Il Tribunale di Firenze, infatti, all'esito della CTU a suo tempo disposta, aveva statuito che le quote in uso nel condominio nel quale viveva l'attore e quelle indicate dal Consulente Tecnico non erano connotate dall'esistenza di un vero e proprio errore, derivando la differenza accertata “da un margine di fisiologica opinabilità”.

C'è convenzione e convenzione. Accogliendo il ricorso del condomino, la Corte di Cassazione ha in primo luogo rilevato come la Corte d'Appello di Firenze, nel decidere la vertenza, non si sia adeguata alla costante giurisprudenza di legittimità in tema di tabelle millesimali.
Secondo gli Ermellini, il diritto spettante al singolo condomino di chiedere la revisione delle tabelle millesimali, di cui all'art. 69 disp. att. c.c. è subordinato all'esistenza di un errore o di un'alterazione del rapporto originario tra i valori delle singole unità immobiliari.
L'errore determinante la revisione delle tabelle è costituito dall'obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto.
Il Giudice, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l'altezza di piano, la luminosità, l'esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati.
A tal riguardo, non rileva il mero dato che le tabelle non abbiano origine deliberativa, ma convenzionale.
Infatti, qualora i condomini, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli art. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all'art. 1123, comma 1, ultima parte, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., che attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
Ove, invece, tramite l'approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell'unico originario proprietario e l'accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l'accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendano (come, del resto, avviene nella normalità dei casi) non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima), la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l'errore il quale, in forza dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l'errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 e ss. c.c., ma consiste, per l'appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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