Tutela contro le molestie sessuali: le modifiche della Legge di Bilancio al Codice delle Pari Opportunità
06 Febbraio 2018
Introduzione
La disposizione normativa in commento, art. 1, co. 208, L. n. 205/2017, va a bonificare un'area grigia, laddove le possibili ritorsioni da parte datoriale in ragione della denuncia della molestia da parte del lavoratore costituivano un ostacolo alla corretta applicazione delle tutele previste dal Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
Il Legislatore, attraverso la Legge di Bilancio, è, quindi, intervenuto andando a modificare l'art. 26 del Codice (D.Lgs. n. 198/2006), rubricato “Molestie e molestie sessuali”. Il Codice delle pari opportunità, all'art. 55-bis, co. 4, si occupa di fornire una puntuale definizione di “discriminazioni”, riconducendole a quelle condotte consistenti in molestie, o comunque comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Nell'ambito delle discriminazioni vengono altresì ricomprese le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Il D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5 ha poi disposto (con l'art. 1, comma 1, lettera q) l'introduzione del comma 2-bis all'art. 26, che ha introdotto la nullità dei trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui sopra o di esservisi sottomessi. Il Codice delle Pari Opportunità, ha altresì disposto, inoltre, che gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti sopra declinati siano nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Le modifiche della Legge di Bilancio 2018
La Legge di Bilancio per il 2018, introducendo un comma 3-bis, nel tentativo di ampliare ulteriormente le tutele nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori che dovessero agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o per molestia sessuale così come sopra definite, introduce altresì il divieto di sanzionare, demansionare, licenziare, trasferire o sottoporre ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, in ragione della denuncia stessa.
La Legge introduce ancora, in favore del soggetto che denuncia la molestia, la pena della nullità del licenziamento qualora questo gli venga intimato per motivi discriminatori o ritorsivi, nonché del mutamento di mansioni ai sensi dell'art. 2103 c.c., e di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.
Forse nella consapevolezza che l'introduzione della pena della nullità, al ricorrere delle ipotesi sopra esposte, potrebbe costituire fonte di ispirazione di una disdicevole deriva comportamentale del lavoratore in odore di licenziamento per motivi non connessi all'ipotesi in commento, il legislatore introduce l'inapplicabilità (rectius non è garantita) della nullità delle disposizioni datoriali sopra esposte qualora sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l'infondatezza della denuncia. In pratica il legislatore riconosce l'inapplicabilità della nullità del licenziamento in quelle ipotesi in cui il lavoratore non sia stato effettivamente vittima di molestie sessuali ma persegua la strada al fine di ottenere il massimo della tutela prevista per le ipotesi di licenziamento illegittimo.
Con l'introduzione del co. 3-ter all'art. 26 del Codice delle Pari opportunità, il legislatore introduce altresì la previsione per cui “I datori di lavoro sono tenuti, ai sensi dell'art. 2087 c.c., ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l'integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza”. Quest'ultima previsione si inserisce pertanto nell'alveo delle disposizioni volte alla tutela delle condizioni di lavoro riconoscendo pertanto, non solo le giuste tutele ai lavoratori, ma anche uno strumento di dialettica sindacale volto al contenimento ed alla deflazione delle molestie sessuali.
Il Legislatore parla di un generico coinvolgimento delle “Organizzazioni sindacali” non precisando pertanto se le iniziative di natura informativa e formativa di cui parla debbano riferirsi al livello nazionale, territoriale od aziendale. Si ritiene che tutti i livelli possano essere ritenuti sede idonea di trattazione per quanto evidentemente la sede aziendale, in quanto più prossima alla realtà aziendale ed alle sue dinamiche interne, dovrebbe essere contesto designato a meglio rispondere all'esigenza. In conclusione
Come spesso avviene nella legislazione di recente emanazione, non ci troviamo di fronte ad una novità: la previsione della nullità del licenziamento intimato per motivi discriminatori o ritorsivi non ha nulla di nuovo, nuova è la tipizzazione dell'ipotesi come nulla, iuris et de iure.
È evidente che la valenza della norma è proprio quella di rendere immediatamente riconoscibile come illegittimo un comportamento per quanto questo venisse già delineato come tale a livello giurisprudenziale. Questo in quanto, già prima della introduzione esplicita, non eravamo di fronte ad un vuoto di tutela in quanto poteva sempre applicarsi la cd. nullità̀ di diritto comune, pur non potendosi applicare la nullità statutaria. |