Effettive e urgenti le ragioni dell’assenza ingiustificata: sproporzionato il licenziamento
07 Febbraio 2018
Il caso. Dopo aver ricevuto due sanzioni disciplinari per assenza ingiustificata sul posto di lavoro, una lavoratrice veniva licenziata perché, senza richiedere la fruizione di congedi per gravi motivi familiari, si era assenta dal lavoro per venti giorni consecutivi per assistere la figlia affetta da grave depressione post partum. La dipendente, considerandolo illegittimo, impugnava il licenziamento. La Corte di appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda della lavoratrice, cosi la stessa ricorreva per Cassazione lamentando "lo scostamento dai criteri legali di valutazione della sussistenza della giusta causa sotto il profilo della proporzionalità tra la mancanza addebitata e la sanzione irrogata".
Valutazione consistenza oggettiva e qualificazione soggettiva. Secondo la Cassazione la Corte territoriale, nel motivare il proprio convincimento sulla sussistenza di una giusta causa di licenziamento, ha considerato esclusivamente la mancata osservanza da parte della ricorrente delle modalità previste per ottenere l'autorizzazione al congedo per gravi motivi familiari. In sede d'Appello, sottolinea la suprema Corte è mancata dunque la valutazione delle circostanze effettive ed urgenti che hanno portato la lavoratrice ad assentarsi. Nel caso specifico, la figlia della dipendente soffriva di una grave depressione post partum e necessitava dunque di assistenza.
Proporzionalità tra condotta tenuta e sanzione irrogata. La Suprema Corte ha fornito cosi chiarimenti in merito al peso che deve assumere la gravità della situazione che determina l'assenza dal lavoro, in sede di valutazione della consistenza oggettiva e della qualificazione soggettiva della condotta inadempiente. Nella formulazione del giudizio di proporzionalità tra condotta inadempiente e sanzione, il criterio fondamentale è quello della comparazione con i motivi effettivi ed urgenti che hanno spinto il lavoratore a mancare dal posto di lavoro. La Cassazione, per questo motivo, ha accolto il punto di dolenza sollevato dalla ricorrente, e ha rinviato alla Corte d'Appello di L'Aquila. |