Rumori

Paolo Scalettaris
07 Febbraio 2018

Le immissioni di rumori nel condominio sono soggette alle regole fissate dall'art. 844 c.c.: secondo cui sono vietate le immissioni acustiche che superino la normale tollerabilità e nel valutarle dovrà tenersi conto del diritto alla salute, costituzionalmente tutelato. Questioni specifiche si pongono nel caso in cui il regolamento di condominio contenga disposizioni in tema di immissioni acustiche nonché ulteriori problematiche anche di stampo prettamente operativo.
Inquadramento

La disciplina dei rumori nell'ambito del condominio ha il suo primo e fondamentale riferimento normativo nell'art. 844 c.c.in tema di immissioni.

Secondo la norma: «il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino» se non superano «la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi». Nell'applicare la norma il giudice «deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà» e può considerare la «priorità di un determinato uso».

Anche nel caso del condominio, dunque, vale la regola per cui il proprietario di un'unità immobiliare non può impedire le immissioni di rumori che non superino la soglia della «normale tollerabilità»: la valutazione terrà conto anche della «condizione dei luoghi», il che ha un significato particolare nel caso del condominio, caratterizzato dalla contiguità delle unità immobiliari che ne fanno parte e dalla presenza di parti di proprietà individuale e di parti in comproprietà.

I principi in materia di immissioni

Per inquadrare correttamente il tema vanno considerati innanzitutto i principi che trovano applicazione in materia di immissioni ed in particolare di immissioni acustiche.

In primo luogo, va segnalato il principio della relatività del limite della «normale tollerabilità», limite che deve essere individuatocon riguardo al caso concreto considerando le condizioni naturali e sociali dei luoghi e le abitudini della popolazione (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2015, n. 21172; Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735).

Quanto alle immissioni acustiche, il giudizio sulla tollerabilità va formulato in base sia alla situazione ambientale – variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti – sia al dato specifico costituito dalla rumorosità di fondo, cioè il complesso dei suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, cui si aggiungono i rumori costituenti immissioni (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2015, n. 9660). Quanto a quest'ultimo elemento, è principio consolidato che l'immissione acustica supera il limite della normale tollerabilità se ecceda di almeno 3 decibel il livello del rumore di fondo (Trib. Mantova, 7 dicembre 2004) quanto meno nei casi in cui il disturbo abbia una significativa continuità (Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2015, n. 22105).

Peraltro la continuità e la non sporadicità del rumore hanno rilievo fondamentale nella prospettiva che qui si considera.

Altro profilo è quello della comparazione e del bilanciamento degli interessi delle parti. In via generale l'art. 844, comma 2, c.c. impone il giudizio di comparazione nel caso di immissioni ai limiti della normale tollerabilità: se ciò sia funzionale alle esigenze della produzione può porsi infatti a carico del proprietario l'obbligo di sopportare le immissioni eventualmente con corresponsione di indennizzo. Si tratta di un tipico giudizio di bilanciamento affidato al giudice del caso concreto in presenza di una situazione in cui né l'una né l'altra delle contrapposte esigenze prevalga sull'altra(Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2014, n. 8094).

Ciò vale però solo ove non si superi la soglia della normale tollerabilità delle immissioni: nel caso di superamento di tale soglia invece si versa in una situazione di illiceità che esclude il ricorso al giudizio di bilanciamento e introduce il diverso tema dell'inibitoria delle immissioni e dell'eventuale risarcimento del danno (Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2014, n. 8094). Quando è superato tale limite si è in colpa anche se si faccia uso normale della cosa fonte delle immissioni e resta escluso ogni contemperamento di interessi contrastanti (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23283).

Ulteriore profilo che rileva è quello della tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito (art. 32 cost.).

Ricordato che la ripetuta esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione dell'equilibrio psico-fisico (che può provarsi anche mediante presunzioni: Cass. civ., sez. un., 1 febbraio 2017, n. 2611; Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2016, n. 13208), una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 844 impone al giudice di considerare - nel raffronto tra le esigenze – sempre prevalente la tutela della qualità della vita e della salute (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8420).

Il comma 2 dell'art. 844, nella parte in cui prevede il contemperamento e la considerazione della priorità dell'uso, va letto appunto tenendo conto che il limite della tutela della salute è ormai intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato e che il mantenimento di una normale qualità della vita deve prevalere in ogni caso sulle esigenze della produzione (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564).

Un'ultima questione di carattere generale è quella che concerne i limiti fissati dalle norme di natura pubblicistica.

Nel passato si riteneva che la normativa pubblicistica a tutela dell'ambiente e della salute - incentrata, quanto alle immissioni acustiche, sul D.P.C.M. 1 marzo 1991 e sulla legge n. 447 del 1995 (legge quadro in tema di inquinamento acustico) - non potesse essere utilizzata per definire le questioni tra privati circa la tollerabilità delle immissioni (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23283; Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2001, n. 4963) essendo l'art. 844 c.c. posto a presidio del diritto di proprietà e perseguendo invece le leggi e i regolamenti che disciplinano le attività produttive e fissano le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità in materia di immissioni rumorose finalità di interesse pubblico (Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2001, n. 10735).

Esclusa la piena e diretta applicazione dei limiti anzidetti nel campo dei rapporti tra privati, si era fatta strada l'idea che essi potessero utilizzarsi in tale campo comunque quale elemento di orientamento e che dunque i criteri previsti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 potessero costituire un parametro di riferimento per stabilire l'intensità e di riflesso la soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati pur considerati come limite minimo e non massimo (essendo i suddetti parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ex art. 844 c.c.), con la conseguenza che, in difetto di altri elementi, il loro superamento fosse idoneo a determinare la violazione di tale norma (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2013, n. 25019).

Il quadro è stato modificato dall'art. 6-ter della legge 27 febbraio 2009 n. 13 che (sotto la rubrica «Normale tollerabilità delle immissioni acustiche») ha disposto che nel valutare tali immissioni ex art. 844 c.c.«sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso». Rispetto alle «immissioni acustiche» le norme pubblicistiche hanno così acquisito diretta applicazione anche nei rapporti tra privati.

I riflessi sul piano della realtà condominiale

I principi esaminati presentano riflessi specifici nel caso del condominio.

Innanzitutto ciò vale per il principio dell'utilità sociale e del contemperamento delle esigenze dei soggetti interessati.

Con riguardo alle condizioni di vita nel condominio – ancorché il criterio dell'utilità sociale di cui all'art. 844 preveda la graduazione delle esigenze di tutela in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini - devono comunque sempre privilegiarsi le esigenze personali di vita connesse all'abitazione (e cioè il diritto – costituzionalmente tutelato - al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiana (Cass. civ., sez. un., 1 febbraio 2017, n. 2611) rispetto alle utilità meramente economiche inerenti le attività commerciali (Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2001, n. 4963).

Nell'applicare la norma deve aversi riguardo, per desumere il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari: ove il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione e ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 c.c., impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando alla luce dei principi costituzionali (art. 14, 31, 47 cost.) le esigenze personali di vita connesse alla abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali (App. Napoli, 5 marzo 2001 n. 577).

Con riguardo poi a quanto sottolineato in precedenza circa il livello e la continuità del rumore ai fini della valutazione del superamento della soglia della tollerabilità, proprio nel caso del condominio si è escluso che i rumori derivanti da un uso meramente occasionale (nella specie: uso di un locale condominiale per riunioni per poche volte nel corso di un anno e per non più di qualche ora in orario diurno o in prima serata) costituissero immissioni eccedenti la normale tollerabilità in danno dei proprietari delle unità adiacenti (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2017, n. 661).

CASISTICA

La rilevanza della personalità del singolo condomino

Il condominio è tenuto a insonorizzare l'appartamento condominiale dato in uso al portiere, ma non a indennizzare i vicini per il danno alla salute dovuto alle immissioni sonore, se questi hanno una personalità "ipervigilante" e una certa difficoltà nella gestione dei conflitti degli affetti e delle emozioni. Così la Cassazione ha dato torto ai condomini confinanti con l'appartamento del custode ritenendoli addirittura, sulla base dello studio della personalità delle "vittime, "paranoici" e "mal disposti verso il prossimo". (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2017, n. 661)

Immissioni provenienti dai garages

Le immissioni di rumori e di gas provocati dall'uso del garage da parte dei condomini e che derivano dalla sosta dei veicoli in caso di incrocio e dall'utilizzo in salita della rampa non possono ritenersi tali da risultare intollerabili, attesa la non frequenza della prima ipotesi e la velocità comunque moderata dei veicoli imposta dallo stato dei luoghi. (Nella specie, respinta la domanda di ripristino dello stato dei luoghi avanzata da un condomino che lamentava un aggravamento apprezzabile delle condizioni abitative in seguito ai lavori effettuati dal condominio per regolarizzare l'accesso ai box). (Cass. civ., sez. VI, 5 giugno 2012, n. 9094)

Immissioni dall'autoclave e dal bruciatore

Il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto ma é relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti; spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte di merito che aveva ritenuto non tollerabili le immissioni acustiche prodotte dal funzionamento di un'autoclave e di un bruciatore, tenuto conto degli elevati livelli dei valori sonori, accertati strumentalmente, della situazione dei luoghi, trattandosi di edificio ubicato in comune montano, del funzionamento dei detti impianti per molti mesi dell'anno ed anche in ore notturne, della collocazione degli stessi in un locale a stretto contatto con la camera da letto degli attori e della necessità di questi, data la loro avanzata età, di godere di tranquillità e riposo ed aveva, altresì, disposto l'adozione degli accorgimenti suggeriti dal c.t.u.). (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2010, n. 3438)

Immissioni dal condizionatore

Devono considerarsi intollerabili le immissioni superiori di tre decibel al rumore di fondo provenienti da un condizionatore di aria installato al servizio dell'immobile sito nel condominio, per cui ne deve essere ordinata la rimozione. Non può essere riconosciuto il danno morale sul rilievo che le immissioni in questione concretizzino la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 674 c.p., perché gli intervenuti (nel giudizio) non avevano mai dedotto che la condotta tenuta dalla convenuta integrasse l'ipotesi di reato configurato dai giudici di appello. (Cass. civ. sez. II, 10 novembre 2009, n. 23807)

Immissioni acustiche e regolamento di condominio

Un aspetto specifico della materia è quello dei rapporti tra le immissioni di rumori nel condominio e le prescrizioni in argomento da parte del regolamento di condominio.

A tale proposito devono essere considerati differentemente il regolamento di natura contrattuale e quello di natura assembleare.

In evidenza

Solo il regolamento contrattuale può fissare in materia di immissioni acustiche nell'ambito del condominio regole più rigorose di quella generale legata al criterio della normale tollerabilità fissato dalla legge.

Il regolamento contrattuale di condominio, accettato dagli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari e trascritto nei pubblici registri, vincola anche i successivi acquirenti (e i conduttori delle unità) non solo per le clausole che disciplinino l'uso dei servizi e delle parti comuni ma anche per quelle che limitino i poteri dei condomini sulle loro proprietà esclusive venendo a costituire su queste ultime delle servitù reciproche (Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2001, n. 4963) e potendo il regolamento contrattuale porre limiti al godimento della proprietà esclusiva anche diversi e più stretti rispetto a quelli stabiliti dall'art. 844 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2001, n. 4963) sì che in tal caso la liceità delle immissioni va valutata non in base al principio generale fissato dall'art. 844 ma al criterio di valutazione stabilito nel regolamento di condominio.

Il tema della disciplina dei rumori nel condominio da parte del regolamento si incrocia spesso con quello della limitazione degli usi e delle destinazioni delle unità immobiliari nell'ambito del condominio stesso.

Al riguardo è stato precisato che quando l'attività posta in essere da uno dei condomini sia idonea a determinare il turbamento del bene della tranquillità degli altri partecipi, tutelato espressamente da disposizioni contrattuali del regolamento condominiale, non occorre accertare, per ritenere l'attività illegittima, se questa costituisca o meno immissione vietata ex art. 844 c.c. in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono imporre limiti al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelli fissati dalla norma generale predetta: se si invochi il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli condomini sulle unità in proprietà esclusiva, la legittimità o meno della immissione va valutata non sotto la lente dell'art. 844 c.c. ma in base alle previsioni negoziali del regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù (Cass. civ., sez. VI, 18 gennaio 2011 n. 1064).

Ove poi il regolamento vieti di adibire i locali di proprietà all'esercizio di attività tali da comportare un'alterazione nella condizione di “tranquillità” dei partecipanti al condominio, la valutazione da operarsi non sarà limitata al rilievo dell'entità delle immissioni acustiche - anch'esse comunque da apprezzarsi secondo parametri più rigorosi rispetto a quello codicistico della normale tollerabilità - ma dovrà estendersi anche a tutti i possibili elementi di disturbo che l'attività comporti incidendo sul bene oggetto di tutela (Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2001, n. 4963).

Peraltro i divieti e le limitazioni di destinazione e uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini posti con il regolamento contrattuale devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o desumibile in modo non equivoco dall'atto stesso: non è sufficiente a tal fine la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità medesime (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1995, n. 1560).

I divieti e i limiti possono essere indicati sia con l'elencazione delle attività vietate sia con il riferimento al pregiudizio che si intende evitare (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2009, n. 20237): nel primo caso, per stabilire se una destinazione sia vietata o limitata, basta verificare se essa sia inclusa nell'elenco, dovendosi ritenere che già nel redigere il regolamento ne siano stati valutati gli effetti come necessariamente dannosi; nel secondo caso, difettando la valutazione in astratto della dannosità, deve verificarsi l'effettiva capacità a produrre gli inconvenienti che si vogliono evitare (Cass. civ., Sez. II, 23 dicembre 1994, n. 11126).

Le azioni proponibili

Le azioni che possono proporsi nel caso di immissioni intollerabili sono più d'una ed hanno natura diversa.

Con riguardo al profilo relativo alla natura dell'azione devono distinguersi:

- l'azione di natura reale che sia promossa per l'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e l'eliminazione mediante modifiche strutturali delle cause originanti le stesse, azione questa che va proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui le immissioni provengono (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2016 n. 23245);

- l'azione per responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. diretta al risarcimento del danno di natura personale cagionato dalle immissioni (Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2013 n. 4848); azione che potrà essere proposta nei confronti anche di soggetto diverso dal proprietario del fondo.

Non è escluso peraltro che entrambe le azioni siano proposte contemporaneamente e cumulativamente.

Va detto però che in relazione alle immissioni acustiche nell'ambito del condominio possono ipotizzarsi anche azioni ulteriori; per esempio – nel caso in cui il regolamento fissi una disciplina specifica per le immissioni – l'azione potrà essere proposta anche quale azione diretta a fare valere la violazione del regolamento di condominio.

Dal luogo – all'interno dell'edificio condominiale – in cui le immissioni acustiche sono prodotte e dal luogo in cui le stesse vengono percepite derivano – con riguardo alle diverse azioni che si sono prospettate - conseguenze sul piano dei soggetti e sul piano della legittimazione all'azione.

In evidenza

Innanzitutto va fatta distinzione – con riguardo al luogo di produzione del rumore ed a quello di percezione dello stesso - tra le parti comuni dell'edificio e le parti di proprietà esclusiva.

Consideriamo le diverse ipotesi che possono prospettarsi.

Quanto alla legittimazione passiva. Nel caso in cui i rumori eccedenti la normale tollerabilità siano prodotti nei locali di proprietà comune o comunque provengano da impianti condominiali, il soggetto legittimato passivo rispetto all'azione per le immissioni (tanto all'azione di natura reale quanto anche a quella di natura risarcitoria) sarà il condominio in persona del suo amministratore. In questo caso – stante la regola generale della legittimazione passiva dell'amministratore del condominio – ex art. 1131, comma 2, c.c. - quale rappresentante del condominio con riguardo alle parti comuni (Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2015, n. 471) – non sarà necessaria una delibera dell'assemblea perché l'amministratore rappresenti il condominio nel giudizio.

Ove invece le immissioni eccedenti la normale tollerabilità fossero prodotte – nell'ambito dell'edificio – nei locali oggetto di proprietà esclusiva, l'azione per le immissioni potrà essere proposta nei confronti del proprietario del locale in cui i rumori siano prodotti e quindi legittimato passivo sarà pertanto solamente il singolo condomino.

Dal punto di vista della legittimazione attiva, nel caso in cui le immissioni fossero subite (ed i disagi conseguenti si verificassero) nelle parti comuni dell'edificio condominiale, il soggetto legittimato a promuovere l'azione sarà il condominio in persona del suo amministratore. Vi è da chiedersi se per la promozione dell'azione l'amministratore debba essere autorizzato dall'assemblea: al riguardo dovrà farsi distinzione tra l'azione cautelare (per la cui promozione da parte dell'amministratore non sarà necessaria la delibera) e il giudizio in via ordinaria (per la cui promozione sembra invece che una delibera dell'assemblea sia necessaria, non rientrando la fattispecie nella previsione dell'art. 1131, comma 1, c.c.). Ove poi l'azione avesse alla sua base la violazione del regolamento del condominio l'amministratore potrà agire senza necessità della delibera dell'assemblea perché tra i suoi compiti vi è quello di «curare l'osservanza del regolamento di condominio» (art. 1130, n. 1, c.c.).

Da sottolineare poi che, oltre alla legittimazione dell'amministratore, nei casi ora indicati potrà riconoscersi anche il potere dei singoli condomini di promuovere il giudizio in relazione alle immissioni. Sul punto è stato precisato che configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2013, n. 2840).

Ove invece le immissioni intollerabili fossero subite in locali costituenti parte di proprietà esclusiva nell'edificio condominiale il soggetto che potrà promuovere l'azione sarà solamente il condomino che subirà le immissioni, restando esclusa la legittimazione dell'amministratore.

Le questioni in tema di responsabilità e di legittimazione presentano profili particolari nel caso in cui l'unità interessata dalle immissioni (quale luogo di produzione delle immissioni o quale luogo che subisca le immissioni) sia occupata non dal condomino proprietario ma da un conduttore.

Anche a questo riguardo è necessario distinguere. Infatti:

- l'azione diretta a fare valere il divieto di immissioni che superino la normale tollerabilità ex art. 844 c.c. è esperita nei confronti dell'autore materiale delle immissioni anche se non sia proprietario dell'unità da cui derivano - e quindi anche nei confronti del conduttore - quando a questi debba essere imposto un facere o un non facere suscettibile di esecuzione forzata in caso di diniego o quando l'attore chieda solo la cessazione delle immissioni (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735);

- di contro l'azione va proposta nei confronti del condomino proprietario se mira a conseguire un effetto reale, come quando è volta a fare accertare l'illegittimità delle immissioni o a ottenere modifiche strutturali del bene necessarie per farle cessare (Cass. civ., Sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735).

La questione delle immissioni che siano prodotte dal conduttore dell'unità immobiliare in danno degli altri condomini è peraltro discussa anche sotto il profilo della responsabilità del condomino locatore. Sulla questione la giurisprudenza di merito è divisa.

RESPONSABILITA' DEL CONDOMINO/LOCATORE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Il condomino/locatore deve chiedere la risoluzione del contratto di locazione

Il condomino locatore è responsabile nei confronti degli altri condomini dell'attività svolta dal suo inquilino che violi le disposizioni del regolamento di condominio che vietino la produzione di immissioni se non chiede la risoluzione del contratto di locazione a fronte dei comportamenti illeciti del conduttore. (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735).

Il conduttore è responsabile per le immissioni prodotte dalla sua abitazione

In materia di immissioni intollerabili, se queste originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni da esse derivati può essere affermata nei confronti del proprietario locatore solo se questi abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non invece nel caso in cui si sia limitato a non rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari a evitare pregiudizi per i terzi. (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2016, n. 23245).

Guida all'approfondimento

Palagano, La legittimazione passiva del proprietario e del conduttore nella richiesta di risarcimento per danni da immissioni rumorose, in Il Foro nap., Nuova serie, 2016, fasc. 3, pag. 850

Ferrero, Normale tollerabilità e bilanciamento di interessi in tema di immissioni, in Giur. it., 2015, parte I, pag. 306

Pardolesi, La matrice degli strumenti rimediali da immissioni intollerabili, in Foro it. 2015, parte I, pag. 2109

Castro – Canaccini, La rumorosità dei lavori all'interno del condominio non fa scattare il danno per perdita della serenità. Escluso il risarcimento non patrimoniale per un semplice calo di qualità della vita, in Guida dir., 2011, fasc. 38, pag. 74

Maugeri, Immissioni acustiche, normale tollerabilità e normative di settore: la nuova disciplina, in Nuova giur. civ. comm., 2010, parte II, pag. 204

De Santis, Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? Sul concetto di normale tollerabilità delle immissioni acustiche alla luce della legge n. 13 del 2009, in Giur. mer., 2009, pag. 2670

Busca, Il diritto di detenere animali domestici in un condominio e il suo contemperamento con le esigenze di quiete della collettività condominiale, in Giud. pace, 2009, fasc. 1, pag. 43

Spagnuolo, Il limite delle immissioni sonore previsto dal regolamento di condominio, in Imm. & dir., 2006, n. 9, pag. 27

Landolfi, Tranquillità nel condominio: attività vietate, in Imm. & propr., 2005, pag. 201

Santarsiere, Immissioni sonore contrarie alla quiete domestica e difesa del condominio, in Arch. Loc. cond., 2002, fasc. 4, pag. 424

Salciarini, Immissioni e “normale tollerabilità condominiale”, in Arch. loc. cond., 2001, pag. 397

Triola, Osservazioni in tema di immissioni e potere del giudice, in Giust. civ., 2000, I, pag. 339

Zerauschek, Il divieto di svolgere attività che disturbano la quiete nel condominio, in Imm. & propr., 2001, pag. 376

De Paola, Immissioni rumorose in ambito condominiale, in Giust. civ., 2009, I, pag. 1995

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