La nuova disciplina nel trattamento degli accessori dei crediti professionali

Diana Burroni
08 Febbraio 2018

La Legge di Bilancio 2018, entrata in vigore a far data dal 1° gennaio 2018, ha introdotto un'importante novità legislativa incidendo sul tema del riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2 c.c. oltre che al credito professionale in senso stretto, anche al contributo per la cassa di previdenza a carico del cliente e all'IVA.
Premessa

La Legge n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018), entrata in vigore a far data dal 1° gennaio 2018, ha introdotto un'importante novità legislativa incidendo sul tema del riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2 c.c. oltre che al credito professionale in senso stretto, anche al contributo per la cassa di previdenza a carico del cliente e all'IVA.

La modifica legislativa ha interessato, per l'appunto, l'art. 2751-bis, n. 2 c.c., che nella formulazione attuale testualmente così recita: “hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti (omissis) 2) le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione”.

La novità introdotta è certamente da salutare con favore e risponde ad istanze delle categorie interessate piuttosto risalenti.

La modifica legislativa, tuttavia, non accompagnata da previsioni di diritto transitorio, ha lasciato aperti alcuni dubbi ed incertezze, primo tra tutti quello della esatta individuazione dei crediti per i quali possa ritenersi operante la nuova disciplina di maggior favore.

La disciplina ante riforma dell'art. 2751-bis, n. 2 c.c.

Ai fini di completezza di indagine e per meglio apprezzare il significato delle novità introdotte, può essere utile ricordare in estrema sintesi quali fossero gli orientamenti formatisi nella vigenza della norma qui in esame, nella precedente formulazione.

Come noto, fino ad oggi la giurisprudenza è sempre stata orientata nel ritenere che il privilegio generale contemplato dall'art. 2751-bis, n. 2 c.c. non fosse previsto per qualsiasi somma dovuta in forza di contratto di prestazione intellettuale, ma soltanto per il corrispettivo che, per essere riconducibile ad una attività di carattere personale del prestatore d'opera intellettuale, assumeva i connotati della retribuzione.

Alla luce di ciò e con un'interpretazione restrittiva della norma, le spese documentate anticipate dal professionista per conto del cliente, il contributo integrativo per la cassa di previdenza e il credito di rivalsa per IVA sono sempre stati considerati crediti chirografari.

Trattamento parzialmente differente era riservato solo ai commercialisti ed agli esperti contabili, in quanto il Decreto Legislativo 28 giugno 2005 n. 139 prevedeva espressamente (e solo per tali categorie di soggetti) che il contributo integrativo fosse assistito da privilegio di pari grado a quello del reddito per prestazioni professionali.

Il riconoscimento al privilegio dell'IVA di rivalsa poteva intervenire unicamente attraverso l'applicazione dell'art. 2758 c.c., che contempla un privilegio speciale sui beni oggetto della prestazione a favore di tutti i fornitori di beni e di servizi: posto che quasi mai, nel caso di prestazione di attività professionale, è individuabile un bene fisico su cui possa essere esercitato il privilegio speciale, questa norma conduceva alla sistematica degradazione del credito da IVA di rivalsa al chirografo (con la necessità, in caso di concordato, ai fini della possibilità di degrado, di acquisizione della speciale attestazione ex art. 160, comma 2, l.fall. che certificasse l'assenza dei detti beni nel patrimonio della debitrice).

La novità introdotta

Come accennato in premessa, l'art. 2751-bis, n. 2 c.c. afferma oggi con chiarezza che il privilegio professionale si estende anche al contributo per la cassa di previdenza posto a carico del cliente ed all'IVA di rivalsa: con il che è pacifico che, dal 1° gennaio 2018, tutti i professionisti che matureranno un credito professionale da soddisfarsi in sede di esecuzione coattiva (individuale o concorsuale) potranno sicuramente beneficiare della normativa di maggior favore.

Residuano da approfondire talune questioni lasciate aperte, in considerazione della peculiare formulazione della norma e del fatto che la modifica legislativa non è stata accompagnata da una disciplina transitoria.

Nuove questioni interpretative: ambito di applicabilità della nuova disciplina sotto il profilo temporale

Ed infatti, esaurito l'entusiasmo per la novità legislativa (che sicuramente regolamenterà il trattamento di tutti i crediti maturati in epoca successiva alla entrata in vigore della legge), i soggetti operanti in ambito concorsuale si sono immediatamente domandati quale fosse la sorte dei crediti maturati prima della entrata in vigore dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c. novellato, potendosi in astratto prospettare le seguenti differenti fattispecie:

  • crediti professionali maturati prima del 1° gennaio 2018, già oggetto di accertamento in sede di verifica del passivo, con provvedimento inoppugnabile;
  • crediti professionali maturati prima del 1° gennaio 2018, non ancora oggetto di accertamento in sede di verifica del passivo (ovvero accertati, ma con provvedimento non ancora inoppugnabile);
  • crediti professionali maturati prima del 1° gennaio 2018, trattati in procedure concorsuali minori, prive di un procedimento di verifica dei crediti (ad esempio il concordato preventivo).

Con riguardo alla prima ipotesi, è convincimento unanime che nessuno spazio residui per far valere un diritto al riconoscimento del privilegio sugli accessori del credito professionale, poiché su quei crediti si è formato il c.d. giudicato endoconcorsuale.

Con riguardo alle ulteriori due fattispecie, invece, già in sede di prima lettura della norma novellata, sono stati registrati orientamenti difformi.

In particolare vi è stato chi, valorizzando il momento di accertamento del credito, ha concluso nel senso che la nuova disciplina potrebbe trovare applicazione per tutti i crediti non ancora insinuati alla data del 1° gennaio 2018 (situazione parificabile a quella dei crediti oggetto di accertamento con provvedimento non ancora inoppugnabile) e, in ogni caso, in tutte le procedure concorsuali prive di un procedimento di accertamento in senso stretto, come ad esempio nel concordato (Pollio, in Italia Oggi, 4 gennaio 2018).

Questa impostazione pare sposare la tesi secondo cui la norma che introduce un privilegio ha natura processuale (giacché l'esistenza del privilegio assume rilevanza solo in procedimento di esecuzione, individuale o concorsuale, ove debba essere disciplinato il trattamento di una pluralità di creditori): tematica che è già stata oggetto di approfondimento in passato, in occasione della introduzione di differenti forme di privilegio.

A sostegno di questa posizione, in effetti, possono essere richiamati alcuni precedenti della Corte Costituzionale (Corte Cost. 1° luglio 2013, n. 170; Corte Cost. 24 giugno 2015, n. 13090; Corte Cost. 13 luglio 2017, n. 176) secondo cui “per principio generale regolatore delle procedure concorsuali (fallimentari ed espropriative in generale), il privilegio introdotto ex novo dal legislatore è destinato a ricevere immediata applicazione da parte del giudice procedente, anche con riguardo a crediti che - ancorché sorti anteriormente alla legge istitutiva di quel privilegio - vengano, comunque, fatti valere, in concorso con altri, in un momento successivo”.

Se dunque la norma che introduce il privilegio ha natura processuale, essa troverà immediata applicazione, anche per i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore (con l'unico vincolo, a parere di chi scrive, di un giudicato formatosi sull'accertamento del credito).

A questa tesi si oppone quella che attribuisce alla norma che introduce un privilegio natura sostanziale.

Muovendo da simile presupposto, in primo luogo non si può prescindere dall'art. 11 delle preleggi. La irretroattività della legge sostanziale, cioè l'assoggettamento della disciplina di ciascun fatto alla normativa del tempo in cui si verifica, costituisce un principio generale dell'ordinamento al quale è possibile derogare solo laddove la retroattività sia espressamente affermata oppure risulti in modo non equivoco dalla nuova legge, per esempio a causa della incompatibilità del significato delle sue disposizione con la loro normale efficacia solo per l'avvenire. Nel caso in esame non vi sono elementi che facciano emergere tale intenzione da parte del Legislatore.

Vi sono poi da considerare gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, formatisi con riguardo a diverse forme di privilegio introdotte in passato. Limitando l'indagine alle pronunce più recenti:

  • Cass. S.U. 20 marzo 2015, con riferimento alle modificazioni introdotte con riguardo al c.d. privilegio artigiano, ha affermato il seguente principio di diritto: "in tema di privilegio generale sui mobili, l'art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, art. 36 convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, laddove accorda il privilegio ai crediti dell'impresa artigiana <<definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti>>, non ha natura interpretativa e valore retroattivo, facendo difetto sia l'espressa previsione nel senso dell'interpretazione autentica, sia i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l'adozione, sicché, riguardo al periodo anteriore all'entrata in vigore della novella, resta fermo che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane L. 8 agosto 1985, n. 443, ex art. 5 non spiega alcuna influenza sul riconoscimento del privilegio, dovendosi ricavare la nozione di <<impresa artigiana>> dai criteri generali di cui all'art. 2083 c.c.";
  • Cass. 1 giugno 2017, n. 13887, trattando il tema della applicazione dell'art. 2751-bis, n. 5, c.c., nel testo riformato dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, art. 36, conv. dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, ha chiaramente ribadito il proprio orientamento secondo cui in caso di successione di norme che introducano nuove forme di privilegio occorre “fare riferimento al momento in cui il credito sorge, non a quello in cui esso viene fatto valere”, specialmente in difetto di espressa previsione legislativa che affermi (e giustifichi), in contrasto con il principio generale, la retroattività della norma.

Proprio sulla scorta dei principi appena richiamati e valorizzando ulteriormente il fatto che “la soluzione c.d. processualistica, che contempla la possibilità di riconoscere l'applicabilità di tale disposizione a qualsiasi procedimento di accertamento del passivo non ancora del tutto concluso (verifiche ancora aperte e tardive ancora possibili), crea una possibile discrasia all'interno dello stesso fallimento, producendo una situazione di disparità di trattamento immediatamente percepibile e di rilievo costituzionale”, il Plenum della sezione fallimentare di Milano, con circolare in data 23 gennaio 2018 ha segnalato che l'orientamento del Trib. Milano è nel senso di riconoscerela operatività del privilegio generale per IVA di rivalsa e Cassa previdenza relativi solo a crediti professionali maturati successivamente alla entrata in vigore della legge di bilancio 2018”. A chi scrive risulta che già anche altri Tribunali si siano uniformati a questo orientamento (cfr. ad esempio Tribunale di Arezzo, comunicato del dott. A. Picardi del 30 gennaio 2018; Trib. Genova, circolare della dott.ssa A. Lucca, 2 febbraio 2018).

In questo senso si sono espressi anche i primi commentatori della norma (Lamanna, La legge di Bilancio 2018 e il nuovo privilegio generale dei professionisti per I.V.A. e contributi, in questo portale, Focus del 24 gennaio 2018; Rasile-Zanotti, L'applicazione del nuovo art. 2751-bis c.c. modificato dalla Legge di Bilancio 2018, in questo portale, Blog del 24 gennaio 2018).

Segue: individuazione del momento di insorgenza del credito

L'affermazione del principio sopra richiamato potrebbe non essere sufficiente ad individuare con chiarezza una linea operativa univoca.

Il momento di insorgenza del credito professionale, inteso come remunerazione, evidentemente è riconducibile al momento in cui la prestazione da cui esso origina è stata resa: in questo senso potranno essere proficuamente utilizzati tutti i principi già affermatisi a proposito della individuazione del biennio limitatamente al quale il privilegio è riconosciuto.

Meno evidente è il momento di insorgenza del credito riferibile al “rimborso” degli accessori del credito professionale di cui si discute. È stato infatti osservato che il credito di rivalsa IVA, al pari del credito per contributo alla cassa a carico del cliente, fiscalmente sorge solo al momento della emissione della fattura: con il che, in difetto di emissione di fattura in epoca antecedente al 1° gennaio 2018, si potrebbe sostenere che il credito per gli accessori viene ad esistenza nel vigore dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c. novellato.

In senso contrario a tale opinione sembrano però militare diversi argomenti:

  • per i prestatori di servizi, anche professionali, l'emissione della fattura all'atto della recezione del compenso è una facoltà alternativa all'immediata fatturazione, con registrazione della relativa IVA;
  • l'evento generatore del credito IVA di rivalsa, dal punto di vista civilistico, è la prestazione professionale, a prescindere dal momento in cui viene emessa la fattura, essendo del tutto irrilevante – per l'appunto sul piano civilistico – il fatto che ai sensi dell'art. 6 del DPR n. 633/1972 le prestazioni di servizio “si considerano effettuate” al momento dell'incasso del corrispettivo (principio anche recentemente ribadito da Cass., 17 gennaio 2017, n. 1034; sull'argomento cfr. anche Lamanna, op. cit.);
  • come osservato dalla Suprema Corte (Cass., 12 giugno 2008, n. 15690), l'opinione contraria “non solo risulta priva di razionale giustificazione laddove intende sottrarre alla regola del concorso un credito di rivalsa che si riferisce pur sempre ad un'obbligazione anteriore al fallimento, ma addirittura contiene, essa stessa, germi di illegittimità costituzionale col creare una disparità di trattamento tra situazioni giuridiche identiche, rispettivamente soggette alle regole del concorso o alla prededucibilità in dipendenza di una circostanza rimessa alla stessa scelta del creditore, di fatturare il corrispettivo prima o dopo la sentenza di fallimento”.

In ultima analisi, dunque, ciò che assume rilievo ai fini della applicazione della nuova normativa è il momento di esecuzione della prestazione professionale, momento genetico, ai fini civilistici, anche dei crediti per contributi e rivalsa IVA che, dal 1° gennaio 2018, possono beneficiare della disciplina di maggior favore essendo a loro esteso il privilegio generale prima contemplato solo per le componenti di credito aventi natura strettamente retributiva.

Le anticipazioni e le spese generali

Attesa la formulazione letterale e l'impossibilità di una applicazione analogica della disciplina che riconosce un privilegio, la novità legislativa non sembra incidere sul trattamento delle spese anticipate in nome e per conto del proprio assistito e sul rimborso delle spese generali normalmente riconosciute delle singole leggi professionali.

Il credito da rimborso di dette spese, dunque, dovrebbe continuare a mantenere natura chirografaria (Cass., 8 gennaio 1999, n. 92; Cass., 24 marzo 2011, n. 6849).

Dubbi di incostituzionalità

Autorevole dottrina (Lamanna, op. cit.) ha evidenziato infine che, per come formulata, la nuova disciplina presta il fianco a censure di incostituzionalità, sotto distinti profili:

  • l'inciso che estende il privilegio in discussione anche al “contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza” è inserito dopo la menzione del trattamento dei professionisti, ma prima del richiamo al trattamento di “ogni altro prestatore d'opera intellettuale”: il che legittima il dubbio circa la esistenza di un differente (ingiustificato) trattamento tra i professionisti e gli altri prestatori d'opera in punto accessori del credito. Questo rischio parrebbe scongiurabile con una interpretazione costituzionalmente orientata della norma che, obliterando la non felice formulazione letterale della stessa, equipari comunque il trattamento delle diverse categorie di soggetti;
  • vi sono poi difetti di coordinamento con l'art. 2758 c.c. che, come noto, riconosce per tutte le categorie di creditori un privilegio speciale sull'IVA di rivalsa: il medesimo tributo (IVA), infatti, godrebbe di un differente trattamento a seconda del soggetto che invoca la rivalsa, posto che all'IVA di rivalsa dei professionisti è riconosciuto un privilegio generale e negli altri casi è riconosciuto un privilegio speciale (concretamente esercitabile solo in presenza del bene su cui esercitarlo) e peraltro di grado inferiore.

Con una tecnica legislativa un po' meno frettolosa (stupisce in effetti anche la tempistica ed il contesto di introduzione della modificazione legislativa sollecitata da decenni) forse si sarebbero potuti prevenire contrasti ed incertezze applicative che prevedibilmente caratterizzeranno anche l'applicazione della nuova disciplina.

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