La posizione della società eterodiretta nel regime di responsabilità per i danni

13 Febbraio 2018

Il solo responsabile ex art. 2497 c.c. nei confronti dei soci e dei creditori di società sottoposte a direzione e coordinamento per i danni derivanti dalla violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale è la società o l'ente che abbia scorrettamente esercitato tale attività
Massima

Il solo responsabile ex art. 2497 c.c. nei confronti dei soci e dei creditori di società sottoposte a direzione e coordinamento per i danni derivanti dalla violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale è la società o l'ente che abbia scorrettamente esercitato tale attività; la pretesa risarcitoria dei soci e dei creditori della società eterodiretta, dunque, può essere rivolta esclusivamente nei confronti della società dominante, senza alcuna necessità né possibilità di agire preventivamente contro la società dominata, salva la facoltà di quest'ultima di soddisfare il credito risarcitorio che i propri soci e creditori vantano nei confronti della dominante medesima, liberando quest'ultima da responsabilità.

Il caso

La sentenza che ci si propone di commentare appare di grande interesse, non soltanto perché rappresenta, a quanto consta, soltanto la seconda decisione di legittimità pronunciata in merito alla innovativa disciplina del fenomeno dei gruppi introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 (la prima è la sentenza n. 12254 del 12 giugno 2015, con la quale la Cassazione ha ribadito quanto già emergeva chiaramente dal dato normativo, e cioè che la società dominante non assume una responsabilità sussidiaria per i debiti insoddisfatti dalla eterodiretta, bensì risponde a titolo risarcitorio per gli eventuali danni arrecati ai creditori di quest'ultima a causa della lesione alla sua integrità patrimoniale, sul modello già previsto dall'art. 2394 c.c.), ma anche e soprattutto perché in detta occasione la Suprema Corte esamina ex professo uno degli aspetti più controversi di tale disciplina.

La fattispecie concreta sottoposta all'esame dei giudici di legittimità è, per quanto qui interessa, semplice: alcuni soci di minoranza di una società a responsabilità limitata proponevano una domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 2497, comma 1, c.c., contro la società che, in qualità di socia di controllo della prima, aveva scorrettamente esercitato su di essa attività di direzione e coordinamento; tale domanda veniva tuttavia respinta, tanto in primo grado quanto in appello, sul presupposto che il terzo comma del citato art. 2497 c.c. prevedesse quale condizione di procedibilità dell'azione risarcitoria verso la dominante la preventiva escussione della società eterodiretta. A fronte del ricorso proposto dai soci, dunque, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla correttezza o meno di tale lettura dell'art. 2497, comma 3, c.c.

Le questioni giuridiche

La responsabilità della dominante verso i soci ed i creditori della società eterodiretta per i danni derivanti dallo scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento

Prendendo atto dell'inadeguatezza dei rimedi di diritto comune a soddisfare pienamente le esigenze di tutela emergenti nell'ambito dei gruppi di società, il legislatore della riforma del 2003 ha, come noto, dettato una innovativa disciplina di tale fenomeno. Il nucleo essenziale di tale disciplina è costituito dal regime di responsabilità della società esercente attività di direzione e coordinamento per i danni eventualmente arrecati ai soci ed ai creditori della società dominata per effetto dello scorretto esercizio di tale attività.

Più in particolare, il primo comma dell'art. 2497 c.c., stabilisce che “le società e gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società”.

Come osservato in dottrina [si veda, tra gli altri, U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010, 35-36], tale norma può essere letta secondo una duplice prospettiva: da un lato, essa presuppone (e dunque, seppure implicitamente, riconosce) la legittimità dell'attività di direzione e coordinamento; dall'altro, subordina la legittimità di tale attività al rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società eterodirette. Nella sua apparente linearità, la norma appena richiamata solleva tuttavia alcune rilevanti questioni [per un inquadramento generale della norma, si veda, la Bussola, E. Mugnai, Responsabilità da direzione e coordinamento, in questo portale], soprattutto in ordine alla “sfuggente” posizione assunta dalla società eterodiretta nell'ambito del regime di responsabilità ivi disciplinato.

Innanzitutto, pur facendo riferimento alla violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società soggette a direzione e coordinamento, la norma stabilisce che la dominante è “direttamente responsabile” non già nei confronti della medesima eterodiretta, bensì dei soci e dei creditori di quest'ultima. In altri termini, pur essendo posto a presidio dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale delle società sottoposte a direzione e coordinamento, a fronte della violazione dei suddetti principi il regime di responsabilità in discussione riconoscerebbe (almeno espressamente) ai soli soci e creditori di queste ultime la tutela risarcitoria.

D'altra parte, non v'è dubbio che tanto il pregiudizio “alla redditività ed al valore della partecipazione sociale” (di cui la dominante dovrebbe rispondere verso i soci della dominata) quanto quello derivante dalla “lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società” (per cui la medesima dominante è responsabile verso i creditori della eterodiretta) siano danni c.d. “riflessi”, cioè conseguenti al danno direttamente patito dalla società eterodiretta. In altri termini, le conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dalla violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta colpiscono in via immediata e diretta proprio quest'ultima società, e soltanto di riflesso i suoi soci ed i suoi creditori, incidendo rispettivamente sul valore e sulla redditività delle loro partecipazioni e sull'integrità del patrimonio posto a garanzia generica dei loro crediti.

Con riferimento ai creditori sociali, il principio della risarcibilità dei danni riflessi non costituisce invero una novità assoluta, ponendosi già alla base del regime di responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali prevista dall'art. 2394 c.c. (il parallelismo tra le due norme è stato rimarcato, come già anticipato, dalla S.C. nella precedente sentenza n. 12254/2015). Non così, invece, nei riguardi dei soci, i quali normalmente sono legittimati ad agire in via diretta verso gli amministratori soltanto per il risarcimento dei pregiudizi direttamente arrecati al loro patrimonio (in tal senso dispongono espressamente gli artt. 2395 e 2476, comma 6 c.c.). Sotto tale profilo, dunque, la norma di cui all'art. 2497, comma 1, c.c., costituirebbe un'eccezione al principio di non risarcibilità dei danni riflessi subiti dai soci in conseguenza di pregiudizi subiti dalla società cui partecipano.

In tale contesto, uno dei primi dubbi emersi in dottrina e nella prassi giurisprudenziale, e non ancora definitivamente risolto, riguarda la possibile legittimazione della società dominata ad agire contro la dominante per il risarcimento dei danni direttamente subiti in conseguenza dell'attività di direzione e coordinamento posta in essere dalla seconda. In altri termini, si è posto il problema di stabilire se l'espressa previsione della legittimazione dei soci e dei creditori della società eterodiretta ad agire direttamente contro la dominante valga ad escludere la eventuale legittimazione concorrente della dominata, come ritiene parte della dottrina [cfr., P. Dal Soglio, commento all'art. 2497 c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2004, vol. III, 2326; P. Abbadessa, La responsabilità della società capogruppo verso la società abusata: spunti di riflessione, in Banca, borsa, titoli di credito, 2008, I, 280 e ss.; U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, cit., 44; L. Benedetti, La responsabilità “aggiuntiva” ex art. 2497, 2° co., c.c., Milano, 2012, 37-38; M. Rossi, I molti problemi <<aperti>> della disciplina dei gruppi: considerazioni a margine di una recente ordinanza cautelare, in Soc., 2014, 578.; R. Pennisi, La legittimazione della società diretta all'azione di responsabilità per abuso di attività di direzione e coordinamento, in AA.VV., Società, banche e crisi d'impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, diretto da M. Campobasso, V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera, A. Sciarrone Alibrandi, Torino, 2014, 1642 e ss.], oppure se una concorrente legittimazione ad agire ex art. 2497 c.c. debba comunque riconoscersi anche alla società eterodiretta, trattandosi in definitiva del soggetto direttamente pregiudicato dalla scorretta gestione posta in essere dalla società capogruppo, come sino ad oggi ritenuto dalla giurisprudenza di merito prevalente [cfr. Trib. Palermo, 15 giugno 2011, in Giur. comm., 2013, II, 507, con commento di L. Benedetti, La responsabilità da eterodirezione abusiva della capogruppo. Natura contrattuale o aquiliana? Eventuale carattere sussidiario?; Trib. Milano, 20 dicembre 2013, in Soc., 2014, 560, con commento di M. Rossi, I molti problemi <<aperti>> della disciplina dei gruppi: considerazioni a margine di una recente ordinanza cautelare; Trib. Milano, 15 maggio 2014, le ultime due anche in Riv. dir. soc., 2016, 4 e ss., con commento di A. Valzer, Abuso di eterodirezione e regimi di responsabilità. La recente giurisprudenza del Tribunale di Milano] e dalla dottrina maggioritaria [cfr., tra gli altri, V. Cariello, commento all'art. 2497 c.c., in Società di capitali, commentario a cura di G. Niccolini, A. Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, 1874; G. Scognamiglio, Danno sociale e azioni individuale nella disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007, vol. III, 965-966; Id., commento all'art. 2497 c.c., in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, art. 2452-2510 c.c., a cura di D.U. Santosuosso, Torino, 2015, 1130-1131; S. Silvestrini, Gruppi di società: la legittimazione attiva e passiva nell'azione di responsabilità per scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento, in Soc., 2013, 941].

Osservazioni

Il dubbio significato del terzo comma dell'art. 2497 c.c.

Il quadro delineato nel paragrafo precedente diviene ancora più articolato prendendo in considerazione il già richiamato terzo comma del medesimo art. 2497 c.c., a mente del quale “il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento”. Proprio sul significato da attribuire a detta disposizione si pronuncia, con particolare approfondimento, la sentenza che qui si commenta.

Secondo un diffuso orientamento, la previsione per cui i soci ed i creditori della eterodiretta possono agire contro la dominante “solo se non sono stati soddisfatti” dalla medesima società eterodiretta, darebbe luogo ad un duplice rilevante effetto: da un lato, anche la società dominata sarebbe responsabile per risarcimento dei danni subiti dai propri soci o creditori, ed anzi obbligata in via principale a corrispondere detto risarcimento, a fronte della responsabilità soltanto sussidiaria della dominante; dall'altro lato, proprio in virtù del carattere sussidiario della responsabilità della dominante, i soci ed i creditori danneggiati potrebbero agire contro quest'ultima soltanto dopo aver infruttuosamente tentato di ricevere soddisfazione dalla società eterodiretta. Le posizioni assunte al riguardo, peraltro, si differenziano tra quanti considerano la preventiva escussione della dominata una condizione di procedibilità del giudizio di cognizione proposto contro la dominante [tale più rigorosa impostazione sembra quella seguita dai giudici di merito nel caso esaminato dalla pronuncia in commento; nello stesso senso, Trib. Messina, 7 maggio 2008, citata da V. Zanelli, Contratto di franchising ed abuso di direzione e coordinamento contrattuale, in Soc., 2010, 697; Trib. Palermo, 3 giugno 2010, in Foro It., 2011, I, 931 e ss.; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 20 marzo 2013; in dottrina, P. Dal Soglio, commento all'art. 2497 c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, cit., vol. III, 2325-2326], quanti ritengono che il beneficio di preventiva escussione in favore della dominante operi soltanto in sede esecutiva [in tal senso, Trib. Pescara, 2 febbraio 2009, in Soc., 2010, 683, con commento di G. Zanelli, Contratto di franchising ed abuso di direzione e coordinamento contrattuale; Trib. Palermo, 15 giugno 2011, già richiamata in precedenza; in dottrina, F. Galgano, Trattato di diritto civile, Padova, 2015, vol. IV, 849; F. Fimmanò, commento all'art. 2497, commi 3 e 4, c.c., in, Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Direzione e coordinamento di società, Artt. 2497 - 2497-septies c.c., a cura di G. Sbisà, Milano, 2012, 120] e quanti, infine, sostengono trattarsi di un mero beneficium ordinis accordato alla società dominante, che sarebbe soddisfatto dalla mera richiesta stragiudiziale avanzata nei confronti della eterodiretta [così, A. Gambino - D.U. Santosuosso, Società di capitali, Torino, 2007, 332; R. Rordorf, I gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Soc., 2004, 544].

In definitiva, secondo tali ricostruzioni, la società direttamente danneggiata dalla scorretta attività di direzione e coordinamento finirebbe per divenire obbligata principale al risarcimento dei danni riflessi subiti dai propri soci e creditori.

Le criticità di tale impostazione non hanno invero tardato ad emergere. In linea di principio, infatti, si dovrebbe quanto meno dubitare della ragionevolezza di una disciplina che, allo scopo di assicurare il rispetto dei principi di corretta gestione della società eterodiretta, ponesse in via principale a carico della stessa società direttamente danneggiata dalla violazione di tali principi l'onere di risarcire i danni riflessi subiti dai propri soci o creditori in conseguenza delle condotte illecite poste in essere dalla controllante. Tanto più che, stando al tenore letterale della disposizione, l'asserito beneficio di preventiva escussione (o di preventiva richiesta) previsto dal comma 3 in commento troverebbe applicazione soltanto in favore della società dominante, e non anche degli altri soggetti responsabili in solido con essa in virtù del secondo comma dell'art. 2497 c.c. (cioè chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio). In sostanza, il beneficio rappresentato dalla sussidiarietà dell'obbligazione risarcitoria verrebbe riconosciuto soltanto al soggetto che ha direttamente posto in essere la scorretta attività di direzione e coordinamento.

Inoltre, mentre con riguardo ai creditori sociali la precisazione contenuta nella norma si rivelerebbe sostanzialmente priva di significato, poiché per essi l'impossibilità di soddisfare il credito nei confronti della società eterodiretta rappresenta proprio il presupposto del realizzarsi del danno risarcibile (cosicché non sarebbe stato necessario precisare che la loro azione presuppone il mancato soddisfacimento da parte della dominata, né avrebbe alcun senso imporre loro di chiedere il risarcimento di detto danno alla stessa società già loro debitrice incapiente), nei confronti dei soci una simile previsione si rivelerebbe addirittura controproducente per gli stessi soggetti danneggiati, cui la norma intenderebbe riconoscere tutela. Gravare il patrimonio della società dominata dell'onere economico del risarcimento dei danni causati dalla dominante, infatti, comporterebbe una ulteriore diminuzione di detto patrimonio e, dunque, un aggravamento del danno sofferto tanto dal socio attore quanto dagli eventuali altri soci di minoranza rimasti inerti. Senza infine dimenticare che la possibilità (ed anzi l'onere) di agire in primo luogo contro la medesima società eterodiretta si porrebbe in contrasto con il principio generale di postergazione delle ragioni dei soci rispetto a quelle dei creditori, consentendo forme non controllate di restituzione dei conferimenti e dando luogo al rischio di operazioni collusive volte a svuotare il patrimonio della dominata.

Alla luce di tali considerazioni è stata proposta un'altra ipotesi ricostruttiva della regola posta dal terzo comma dell'art. 2497 c.c.. Secondo detto diverso orientamento, sarebbe in primo luogo necessario tenere distinte le posizioni del creditore e del socio danneggiati dalla violazione dei principi di corretta gestione della società eterodiretta. Quanto al creditore, come già detto, il danno risarcibile nei suoi confronti si verifica proprio a seguito dell'impossibilità di ottenere l'adempimento del proprio credito da parte della società eterodiretta, ed è quindi naturale che la responsabilità risarcitoria della capogruppo assuma carattere sussidiario rispetto alla responsabilità principale della controllata. In tal senso, dunque, la norma recata dall'art. 2497, comma 3, c.c. si porrebbe sulla stessa linea di quella sancita dall'art. 2394, comma 2, c.c.. Occorre tuttavia avere ben presente, secondo tale impostazione, che l'eventuale soddisfazione ottenuta dal creditore da parte della società eterodiretta avverrebbe sulla base dell'originario rapporto creditorio, e non già a titolo di risarcimento dei danni derivanti dallo scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento; conseguentemente, l'infruttuosa preventiva escussione della eterodiretta non dovrebbe costituire una condizione di procedibilità della domanda risarcitoria rivolta contro la dominante, bensì il presupposto sostanziale dal quale sorge la responsabilità risarcitoria a carico di quest'ultima società.

Quanto invece alla posizione del socio danneggiato, è stato prospettato che la regola dettata dal terzo comma dell'art. 2497 c.c. avrebbe un “significato organizzativo” [in tal senso, G. Scognamiglio, Danno sociale e azioni individuale nella disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, cit., vol. 3, 962; su analoghe posizioni, P. Montalenti, I gruppi di società, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, vol. IV, Le società per azioni, di N. Abriani, S. Ambrosini, O. Cagnasso, P. Montalenti, Padova, 2010, 1066; U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, cit., 50; nella precedente giurisprudenza di merito, Trib. Milano, 17 giugno 2011; Trib. Verona, 6 settembre 2011, entrambe in Giur. comm., 2013, II, 507 e ss., con il commento già precedentemente richiamato]. La norma, in sintesi, non attribuirebbe alla società eterodiretta alcun obbligo di risarcire i suoi soci (tantomeno in via principale rispetto alla dominante) né, specularmente, riconoscerebbe ai soci danneggiati alcuna legittimazione ad agire nei confronti della medesima eterodiretta; il senso della disposizione sarebbe piuttosto quello di consentire alla società eterodiretta di assolvere all'obbligo risarcitorio gravante sulla società dominante, legittimando i relativi trasferimenti finanziari provenienti dalla medesima capogruppo e preordinati al soddisfacimento delle pretese dei soci danneggiati.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione interpretativa indicata dalla Suprema Corte

Nella sentenza in commento, come anticipato, la Cassazione affronta proprio il tema del significato da attribuire al terzo comma dell'art. 2497 c.c., con particolare riferimento all'azione di risarcimento proposta dai soci esterni al gruppo.

In linea generale, la S.C. nega che la regola in questione valga a costituire la società eterodiretta come responsabile solidale nei confronti dei suoi soci danneggiati dalle condotte della capogruppo. A dimostrazione di tale assunto, oltre a richiamare tutte le criticità connesse ad una simile interpretazione e già messe in luce nel paragrafo precedente, i giudici di legittimità pongono l'attenzione sul tenore letterale della disposizione la quale, in effetti, prevede che l'azione risarcitoria non possa essere esercitata contro la dominante se la società eterodiretta ha provveduto alla soddisfazione delle pretese dei soci e dei creditori, ma non contempla affatto un obbligo della società eterodiretta a provvedere in tal senso, né, conseguentemente, riconosce ai soci il diritto di agire contro quest'ultima.

Dunque, ferma l'inesistenza di un obbligo della dominata di risarcire i propri soci (ed i propri creditori, verso i quali essa resta obbligata non già a titolo di responsabilità ex art. 2497 c.c. bensì in base all'originario titolo del credito) e di un correlato diritto dei soci ad agire per il risarcimento verso quest'ultima, la norma avrebbe la funzione di “impedire l'azione risarcitoria verso la capogruppo, pur quando non direttamente questa, ma la sua controllata abbia azzerato il danno”; in sostanza, la regola in esame contemplerebbe una fattispecie di estinzione del debito risarcitorio della capogruppo verso il socio danneggiato per adempimento di un terzo, secondo lo schema generale delineato dall'art. 1180 c.c., ed in particolare ad opera della società eterodiretta. Peraltro, la Cassazione non manca di individuare i profili di specialità tra la norma dettata dall'art. 2497, comma 3, c.c. e quella relativa al pagamento da parte del terzo di cui all'art. 1180 c.c.: la norma in tema di responsabilità da direzione e coordinamento sembra infatti escludere, sia pure implicitamente, che il socio danneggiato possa rifiutare il pagamento proveniente dal terzo, come invece consente in talune ipotesi la regola di diritto comune (se il creditore ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione oppure se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione).

In sostanza, secondo l'interpretazione fatta propria dalla Cassazione, l'art. 2497, comma 3, c.c. non prevede una condizione di procedibilità dell'azione risarcitoria (o della successiva azione esecutiva) dei soci e dei creditori della eterodiretta contro la dominante, né costituisce tra dominante e dominata un rapporto di solidarietà nel debito risarcitorio verso soci e creditori danneggiati; più semplicemente, contempla un'ipotesi alternativa di estinzione del debito risarcitorio della capogruppo, rappresentata dallo spontaneo pagamento di detto debito da parte della società dominata. In mancanza di tale spontaneo pagamento, tuttavia, nulla impone e nulla consente al socio (o al creditore) danneggiato di proporre la domanda risarcitoria contro la società di cui è socio (o creditore) e che è stata direttamente danneggiata dalle scorrette condotte della capogruppo.

La provenienza delle risorse destinate alla soddisfazione delle pretese dei soci danneggiati

Individuata la ratio dell'art. 2497, comma 3, c.c., secondo la posizione espressa dalla Cassazione (e già, in precedenza, da parte della dottrina e della giurisprudenza di merito), resta un dubbio che i giudici di legittimità avrebbero forse potuto dissipare con maggiore chiarezza, cioè quello riguardante la possibilità che il pagamento spontaneo effettuato in favore del socio danneggiato avvenga con risorse proprie della società eterodiretta.

Il problema, com'è intuibile, ha ragion d'essere soltanto con riferimento alla soddisfazione dei soci danneggiati. Provvedendo seppure tardivamente alla soddisfazione dei propri creditori, infatti, la società eterodiretta fa sì venir meno la responsabilità della società capogruppo (eliminando il danno risarcibile), ma lo fa adempiendo pur sempre ad un debito proprio. A nulla rileva, dunque, che tale eventuale pagamento tardivo venga effettuato in seguito al miglioramento delle condizioni patrimoniali della società eterodiretta o con fondi messi a disposizione dalla società capogruppo.

Nel caso in cui ad essere danneggiati sono stati i soci esterni al gruppo, invece, l'eventuale pagamento da parte della eterodiretta con risorse proprie comporterebbe un ulteriore depauperamento patrimoniale per la medesima società e, quindi, un aggravamento del danno alla redditività ed al valore della partecipazione dei soci di minoranza.

Anche alla luce di tale considerazione, la dottrina fautrice della funzione c.d. “organizzativa” della regola sancita dall'art. 2497, comma 3, c.c., aveva sostenuto che detta norma fosse finalizzata a legittimare eventuali trasferimenti di fondi dalla capogruppo alla controllata preordinati a soddisfare le pretese risarcitorie avanzate dai soci, sgombrando così il campo da ogni possibile dubbio sulla correttezza di simili operazioni. Si tratterebbe, insomma, di una implicita autorizzazione al compimento dei trasferimenti delle risorse finanziarie destinate ad essere utilizzate dalla controllata, in veste di adiectus solutionis causa, per tacitare la pretesa risarcitoria vantata dal socio contro la capogruppo [così, sempre, G. Scognamiglio, Danno sociale e azioni individuale nella disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, cit., vol. 3, 964; id., commento all'art. 2497 c.c., in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, art. 2452-2510 c.c., a cura di D.U. Santosuosso, cit., 1152].

Il dubbio al quale si è fatto riferimento in apertura del presente paragrafo riguarda proprio tale aspetto: ci si potrebbe domandare, in sintesi, se l'utilizzo da parte della società eterodiretta di risorse finanziarie messe a disposizione dalla capogruppo per tacitare le pretese dei soci danneggiati rappresenti una mera possibilità, pur sempre resa legittima dalla previsione dell'art. 2497, comma 3, c.c. (come sembra emergere dalla dottrina sopra richiamata [nello stesso senso, peraltro, U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, cit., 50; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di C. Angelici, G.B. Ferri, Torino, 2016, 502]), oppure se quella indicata non rappresenti l'unica modalità con cui il sistema di tacitazione delle pretese dei soci danneggiati delineato dalla norma in oggetto possa essere applicato.

In altri termini, si tratta di stabilire se la società eterodiretta possa offrirsi di adempiere all'obbligo risarcitorio facente capo alla sua dominante soltanto a condizione che tale pagamento avvenga con provvista finanziaria fornita dalla stessa dominante, oppure se le sia consentito provvedere anche con mezzi propri e se, in tale ultimo caso, il pagamento effettuato possa produrre l'effetto indicato dall'art. 2497, comma 3, c.c. (cioè il venir meno della responsabilità della dominante).

Sul punto la Suprema Corte non pronuncia parole risolutive, anche perché la questione non assumeva rilevanza ai fini della decisione della controversia dedotta dinanzi ad essa. La Corte si limita soltanto ad accennare incidentalmente al “meccanismo interno tra le due società che verosimilmente contemplerà il rimborso o la preventiva messa a disposizione del dovuto da parte della holding”. Resta perciò da stabilire se il meccanismo del rimborso o della preventiva messa a disposizione del dovuto da parte della controllante costituisca soltanto un'eventualità soltanto verosimile, come afferma la Cassazione, oppure indispensabile affinché la società eterodiretta possa soddisfare i propri soci liberando da responsabilità la controllante.

Conclusioni

Le osservazioni critiche esposte in precedenza in merito alle tesi volte ad affermare una responsabilità solidale della società eterodiretta nel debito risarcitorio della dominante inducono a ritenere che la soddisfazione di cui parla l'art. 2497, comma 3, c.c. non possa che avvenire sulla base della messa a disposizione, da parte della società dominante, delle risorse economiche necessarie a tale scopo [in tal senso, S. Silvestrini, Gruppi di società: la legittimazione attiva e passiva nell'azione di responsabilità per scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento, cit., 940; così sembrano orientati anche, V. Cariello, commento all'art. 2497 c.c., in Società di capitali, commentario a cura di G. Niccolini, A. Stagno d'Alcontres, cit., vol. III, 1875; R. Rordorf, I gruppi nella recente riforma del diritto societario, cit., 544].

Sotto tale aspetto, la funzione “organizzativa” dell'art. 2497, comma 3, c.c., di cui si è riferito in precedenza, sembra rivelare una chiara connessione con la norma dettata dal primo comma, secondo capoverso, del medesimo articolo, in forza del quale “non vi è responsabilità (della società dominante; n.d.a.) quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”. Sembra, infatti, che tra le “operazioni dirette ad eliminare integralmente il danno” in grado di far venir meno la responsabilità della società dominante verso i soci esterni della società eterodiretta, vi sia proprio la messa a disposizione di quest'ultima delle risorse economiche preordinate a tacitare le pretese dei soggetti danneggiati, secondo il meccanismo delineato dall'art. 2497, comma 3, c.c.; detto meccanismo, in definitiva, costituirebbe per la società dominante una “ulteriore via di fuga” [così, sempre, S. Silvestrini, Gruppi di società: la legittimazione attiva e passiva nell'azione di responsabilità per scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento, cit., 940], idonea a porla al riparo dalle eventuali azioni giudiziarie poste in essere dai soci della società eterodiretta danneggiati dalla sua condotta. Resta in ogni caso inteso che i soci non hanno alcun diritto, né hanno alcun onere, di agire in giudizio contro la società eterodiretta per chiedere a questa il risarcimento del danno loro (indirettamente) causato dallo scorretto esercizio dell'attività di direzione e coordinamento posto in essere dalla dominante, la quale resta l'unica obbligata a corrispondere tale risarcimento, eventualmente mediante le modalità consentite dal combinato disposto del primo e del terzo comma dell'art. 2497 c.c..

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.