Conto corrente del condominio

Paolo Gatto
13 Febbraio 2018

Per effettuare la gestione del condominio è necessario attivare, e poi anche utilizzare, un conto corrente bancario e/o postale, specificamente dedicato all'edificio. Tale modalità, introdotta espressamente dalla recente riforma di cui alla legge n. 220/2012, è finalizzata ad evitare la confusione del “patrimonio” comune con quello dell'amministratore o con quelli di altri edifici. La soluzione adottata dal legislatore, fa tuttavia sorgere numerose problematiche che vanno dall'ammissibilità dell'apertura di più conti correnti alla possibilità per l'assemblea di deliberare diversamente, dalle modalità di elevazione del protesto al diritto di accesso spettante al singolo condomino.
Inquadramento

Il conto corrente condominiale ha assunto, negli ultimi anni, sempre maggiore rilevanza, fino a costituire un obbligo giuridico ben determinato all'interno della l. n. 220/2012 (c.d. riforma del condominio); ciò appare comprensibile, visto che il conto corrente sta diventando il punto di riferimento principale in relazione alle normative dirette a contrastare l'evasione fiscale e il riciclaggio, in quanto gli istituti bancari costituiscono o, almeno dovrebbero costituire, il più affidabile intermediario finanziario.

Inizialmente non era avvertita la necessità di dotare il condominio di un conto corrente in quanto l'amministratore faceva le veci di tesoriere e di cassiere del condominio; la conseguenza, peraltro era che, dal punto di vista giuridico, l'amministratore, normalmente, gestiva con un'unica cassa (normalmente un conto corrente a lui intestato) tutte le situazioni economiche condominiali per cui, l'unico mezzo di controllo, era esperibile attraverso i registri di cassa “dare-avere” dei singoli condomini e poteva risultare oltremodo complesso, soprattutto in ipotesi di contabilità disordinata, riuscire a decifrare la situazione contabile in caso di contestazioni; tutta la documentazione probatoria, infatti, rimaneva nelle mani dell'amministratore per cui, di fatto, assolvere l'onere della prova su eventuali malversazione diventava, per lo più, impossibile.

Circa quindici anni fa alcuni giudici di merito, in primis, il Tribunale di Milano, iniziarono ad interessarsi del conto corrente condominiale, soprattutto in relazione al pericolo di commistione tra il patrimonio dell'amministratore ed i fondi condominiali; la condotta di non adottare un conto corrente condominiale veniva configurata quale «fondato sospetto di gravi irregolarità» nei giudizi per la revoca di amministratore di cui all'art. 1129 c.c., ma è solo con la citata l. n. 220/2012 che una norma espressamente pone l'obbligo, per l'amministratore, non solo di aprire un conto corrente condominiale ma, altresì, di far transitare tutte le somme impiegate attraverso il suddetto conto.

La finalità della nuova legge, pertanto, è proprio quella di fissare il conto corrente al centro della contabilità e, di conseguenza, evitare qualsiasi possibilità di confusione tra cassa dei condomini e patrimonio dell'amministratore.

Natura del conto corrente

È giurisprudenza ormai consolidata che il conto corrente non costituisca un «bene», bensì un rapporto obbligatorio; la banca assume l'onere di disporre operazioni diverse e di custodire il denaro che i condomini mettono a disposizione.

Il denaro depositato, pertanto, non rimane di proprietà del correntista, ma diviene proprietà del banchiere, il quale rimarrà obbligato nei confronti del correntista per le somme depositate, secondo la disciplina contrattuale del rapporto.

Tale situazione, peraltro, assume connotati specifici per quanto concerne il conto corrente condominiale e ciò ha avuto conseguenze in relazione, soprattutto, al pignoramento del conto. Il condominio, infatti, non è persona giuridica, per cui l'amministratore non assume la qualità di organo; il condominio è costituito da un insieme di persone rappresentata da un terzo esterno, persona fisica, il quale le rappresenta in forza di un mandato con rappresentanza collettivo.

Una volta, pertanto, che il denaro viene versato, ne diventa proprietario il banchiere, ma l'obbligo restitutorio non sorge a favore dei condomini che, una volta affidata la somma all'istituto di credito, non sono più legittimati a chiederne la restituzione in quanto l'unico a poter pretendere il pagamento dalla banca è l'amministratore.

Le somme custodite sul conto del condominio, pertanto, integrano un patrimonio destinato, in quanto i già proprietari delle somme non solo ne perdono la proprietà nel momento in cui versano, ma perdono altresì la possibilità di rientrarne in possesso in quanto il banchiere rimane obbligato solo nei confronti dell'amministratore; ciò è confermato dal fatto che la consuetudine, da parte di alcune Casse di Risparmio, di permettere i versamenti diretti dei condomini sul conto condominiale, con modalità al di fuori del circuito “Sepa”, è stata vietata in quanto solo l'amministratore è legittimato ad operare sul conto.

Lo schema attuale, pertanto, è il seguente:

- il condomino versa all'amministratore attraverso un bonifico “Sepa” sul conto condominiale;

- l'amministratore non ne assume la custodia in quanto, contestualmente, la banca diventa proprietaria della somma, con l'obbligazione di pagamento, a richiesta, del solo amministratore.

È da rilevare che l'amministratore è tenuto ad operare sul conto corrente sempre e solo «nella qualità di amministratore» e ciò emerge dal fatto che, in caso di emissione di assegno scoperto, il protesto viene elevato al condominio solo qualora l'amministratore evidenzi, sul titolo, la sua qualità, altrimenti il protesto viene eseguito nei confronti di lui personalmente (Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2013 n. 25371); costituisce, pertanto, sempre irregolarità ed atto non legittimo l'utilizzo, da parte dell'amministratore, delle somme depositate sul conto corrente condominiale per finalità non strettamente inerenti la gestione dell'edificio.

Conto corrente e rendiconto

Come anticipato, una volta che il condominio adotta un conto corrente, questo diventa il centro della contabilità in quanto, in caso di contestazione o di verifica, costituisce l'unica espressione contabile completamente affidabile; la conseguenza è che il rendiconto predisposto dall'amministratore, pur rimanendo un obbligo ineludibile, perde molto della sua rilevanza originaria.

Si può definire, pertanto, «rendiconto reale» il rendiconto bancario, in quanto evidenzia le somme nella disponibilità dei condomini e gli spostamenti finanziari, nonché «rendiconto virtuale» quello redatto dall'amministratore in quanto non necessariamente riporti la situazione contabile reale (in altri termini, quello che vi è, realmente, in cassa).

Il rendiconto dell'amministratore, pertanto, perde la sua rilevanza meramente contabile per rivestire, quasi esclusivamente, rilevanza “di merito” intendendosi, con ciò, il mezzo attraverso il quale apprezzare le scelte economiche dell'amministratore in ambito di spesa e permettere di valutarne l' ”accountability” al momento della conferma dell'incarico.

Sta di fatto che, al fine di procedere al controllo del rendiconto condominiale, sia necessario il suo riscontro con il conto corrente bancario e ciò non sempre è possibile. La ragione, infatti, sta nella tipologia di rendiconto, ovvero, se sia redatto per cassa ovvero per competenza.

Nel primo caso l'amministratore annota solo le spese effettivamente erogate, mentre nel secondo, annota anche le spese maturate nel periodo di gestione, ancorché non erogate, normalmente per carenza di fondi.

La redazione di un rendiconto per cassa rende il controllo dell'operato dell'amministratore trasparente, in quanto diventa semplice riscontrare la corrispondenza delle uscite sul conto corrente in relazione a quelle su rendiconto, mentre l'operazione diventa complessa nell'ipotesi in cui non vi sia rispondenza per diversa imputazione cronologica e non si possa, pertanto, verificare, tramite semplice equazione, il saldo; la rendicontazione per cassa, peraltro, presenta altri problemi; intanto, in caso di cessione di unità immobiliare l'acquirente si ritroverà a pagare per servizi usufruiti dal venditore, ma vi è un altra questione; in caso di morosità, da parte di uno o più condomini, che abbia comportato il mancato pagamento di un spesa, la mancata rendicontazione delle voci inevase impedisce di addossare ai morosi, a saldo di riparto consuntivo, la quota della spesa non erogata al terzo creditore, dal condominio per cui, la morosità ricade, spalmata tra tutti, nel preventivo successivo.

Un rimedio potrebbe essere la creazione di una colonna per competenza, che venga fatta confluire esclusivamente nel riparto, e non nel rendiconto, dove si utilizza una colonna per cassa, ma questo sistema non è esperibile con i software applicativi in commercio, per i quali è impossibile utilizzare sistemi diversi per rendiconto e riparto, essendo inevitabilmente corrispondenti.

La legge sul condominio ha cercato di porvi rimedio con la cd. «relazione sintetica» ove vengono evidenziati i crediti e i debiti, nonché la situazione finanziaria, ma anche questa non consente un immediato riscontro con il conto corrente bancario, come invece avviene, adottando il principio di cassa puro.

Accesso dei condomini al conto corrente

Il conto corrente condominiale, essendo previsto a tutela dei singoli condomini, deve poter essere visionabile dagli stessi, altrimenti ne verrebbe meno quella che è la sua principale funzione, ovvero, quella di garantire la trasparenza della gestione condominiale. Il Garante per la Tutela dei Dati personali, nella versione del 2013 del “vademecum” relativo al condominio e la privacy, ha stabilito che, ogni condomino, ha diritto di chiedere, per il tramite dell'amministratore, l'estratto conto bancario condominiale.

Tecnicamente, peraltro, il singolo condomino, non avendo la “firma” ad operare sul conto, autorizzazione che spetta all'amministratore, non può rivolgersi direttamente alla banca, ma deve passare attraverso l'amministratore il quale, nella qualità di custode della documentazione condominiale, è tenuto a rilasciarne copia, così come previsto dalla disposizioni della l. n. 220/2012 (cfr. “nuovo” art. 1129 c.c.).

Qualora, peraltro, l'amministratore non adempia, il singolo potrà (salva l'azione diretta nei confronti dell'amministratore personalmente, al fine di ottenere un provvedimento del tribunale in tal senso) anche rivolgersi direttamente alla banca, dimostrando di avere proceduto a formale richiesta ma di non aver ottenuto il dovuto dall'amministratore; è in questo senso che ha deciso il collegio dell'Arbitrato Bancario, con provvedimento n. 691 del 28/01/2015, riconoscendo il diritto del singolo alla richiesta diretta anche in mancanza di un provvedimento giudiziario. La pronuncia dell'Arbitro, pur non possedendo cogenza al di là del caso vagliato, di fatto offre una linea guida che dovrebbe essere seguita da tutti gli istituti di credito; tale Autorità, riconoscendo il difetto di personalità giuridica del condominio, ammette che, una volta inutilmente esperito il tentativo di venire in possesso della documentazione attraverso l'amministratore, come dispone la l. n. 220/2012, il condomino interessato possa rivolgersi direttamente alla banca, che è tenuta a rilasciare copia del rendiconto bancario.

LE PRONUNCE DELL'ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO SUL DIRITTO DI ACCESSO DIRETTO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La riforma del condominio non può comportare l'abrogazione (implicita) dell'art. 119 TUB

Una interpretazione sistematica porta ad escludere che «per il tramite dell'amministratore» possa significare «solo attraverso l'amministratore», posto che , in tal modo intesa, essa implicherebbe, fra l'altro, l'implicita abrogazione, per i condomini, del loro diritto di accesso, ex art. 119, comma 4, TUB, alla documentazione stessa, senza considerare che tale norma, ancorché anteriore alla riforma del condominio, ha carattere speciale ed è destinata a prevalere e ad essere applicata. (Arbitro Bancario Finanziario, decisione del Collegio di Roma del 16 settembre 2016, n. 7960)

Sussiste solo l'obbligo di preventiva richiesta all'amministratore

La nuova disciplina non prescrive un obbligo, in capo al condomino, di esclusiva richiesta all'amministratore, unico legittimato a richiedere la documentazione, quanto, piuttosto, di preventiva richiesta all'amministratore stesso. (Arbitro Bancario Finanziario, decisione del Collegio di Roma del 27 novembre 2015, n. 8817)

L'art. 1129 c.c. nega l'accesso diretto del singolo condomino

L'art. 1129 c.c., come novellato dalla riforma di cui alla l. n. 220/2012, ha espressamente riconosciuto il diritto di ogni singolo condomino a prendere visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica della banca, precisando tuttavia al contempo che detto diritto non può essere esercitato direttamente, bensì solo attraverso l'amministratore. (Arbitro Bancario Finanziario, decisione del Collegio di Milano del 22 gennaio 2014, n. 400)

Il pignoramento del conto corrente condominiale

A seguito della riforma del condominio ( l. n. 220/2012) si sono susseguite pronunzie di merito contrastanti sulla legittimità del pignoramento del conto corrente condominiale ad opera del terzo creditore del condominio.

I provvedimenti favorevoli (Trib. Pescara, 2 aprile 2014; Trib. Reggio Emilia, 16 maggio 2014; Trib. Catania, 26 maggio 2014; Trib. Milano, 27 maggio 2014) si fondano, per lo più, sul presupposto che il condominio, pur non rappresentando una persona giuridica possiede, in ogni caso, una sorta di separazione tra i patrimoni dei singoli condomini e il patrimonio destinato affidato all'amministratore per cui appare legittimo il pignoramento dei crediti contenuti sul conto condominiale; le pronunce che non ammettono la pignorabilità del conto corrente (Trib. Pescara, 18 dicembre 2013) si fondano sul presupposto che l'art. 63 disp. att. c.c., nella sua nuova formulazione, contempli l'obbligo, da parte del creditore, di escutere, in via preventiva, i condomini morosi mentre, nell'ipotesi di pignoramento del conto corrente condominiale verrebbero pignorate, invero, solo somme versate dai paganti, contravvenendo alle disposizioni della nuova norma.

Come già anticipato, una volta che i condomini versino sul conto condominiale, la banca non contrae un debito nei confronti degli stessi che hanno versato, bensì nei confronti dell'amministratore il quale, discrezionalmente, potrà disporre delle somme prelevandole al fine di utilizzarle per la gestione del caseggiato.

A questo punto ci troviamo nella situazione in cui l'amministratore, pur pressato da un titolo esecutivo e, pur disponendo di somme, discrezionalmente decide di non pagare il creditore che lo ha precettato, ma di destinare quanto c'è sul conto ad altro. Chiaramente, consentire una tale condotta appare illegittimo se non altro in quanto permette, senza alcun motivo, di privilegiare illecitamente il creditore che non possiede un titolo nei confronti di colui che lo possiede o, per lo meno, che lo ha fatto valere anteriormente.

Ammettere il pignoramento del conto corrente condominiale costituisce un'interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie; la Corte Cost., sent. 31 dicembre 1986, n. 303 aveva abrogato l'art. 2, l. n. 358/1976, che negava la liquidazione, in sede monitoria, delle spese legali al portatore di assegno o cambiale sul presupposto del trattamento deteriore di chi già possedesse un titolo nei confronti di chi non lo possedesse (che, invece, si vedeva liquidare a favore le spese accessorie al decreto).

Ritenere ammissibile il pignoramento del conto corrente condominiale non implica né il pignoramento di un patrimonio della comunione né la violazione dell'art. 63 disp. att. c.c., bensì la possibilità, per il creditore portatore di titolo esecutivo, di diventare assegnatario di quelle somme che i condomini hanno stanziato per la gestione dell'edificio ma che, per qualche motivo, non vengono legittimamente erogate.

In altri termini l'amministratore o i condomini non possono pretendere di destinare liberamente somme alla gestione dell'edificio se non hanno soddisfatto i creditori che hanno un titolo già oggetto di sindacato giudiziale, ancorché provvisorio o, comunque, un titolo esecutivo legittimamente acquisito.

Il pignoramento del conto corrente, pertanto, deve ritenersi sempre legittimo laddove l'amministrazione non adempia l'obbligazione neppure in parte, ovvero, nel momento in cui tutti i condomini debbano presumersi morosi per quella data obbligazione; deve ritenersi, al contrario, vietato, qualora ricorra il modello previsto dal nuovo art. 63 disp. att. c.c., ovvero, qualora l'amministratore abbia saldato, parzialmente, l'obbligazione ed abbia indicato, per il resto della stessa, i condomini morosi in ragione dei quali il saldo non è stato erogato; in questo caso il terzo non potrà pignorare il conto in quanto, sicuramente, i condomini paganti avranno assolto la loro obbligazione per cui, il debitore dovrà escutere, in via preventiva, i morosi.

Le pronunce che ritengono non esperibile il pignoramento del conto corrente, non prendono in considerazione la circostanza che con il termine “condomini morosi” debbano intendersi solo quelli i cui mancati versamenti si pongano in termini di causa-effetto sulla mancata estinzione dell'obbligazione nei confronti del terzo; qualora, pertanto, l'obbligazione sia stata parziariamente saldata, chiaramente il creditore dovrà trovare un ostacolo a pignorare il conto, ma qualora, al contrario, nulla sia stato pagato, non si può opporre al creditore di avere aggredito il patrimonio dei “paganti” anche e soprattutto, in quanto, riguardo alla sua posizione, tutti i condomini sono da considerarsi morosi, salvo azione di responsabilità, da parte dei paganti, nei confronti dell'amministratore, il quale abbia utilizzato le somme messe da questi a sua disposizione per supplire ad altre situazioni senza provvedere ad acquisire, immediatamente e nuovamente, i fondi necessari.

Profili penali

La presenza di un conto corrente condominiale porterebbe a ritenere risolto il problema relativo al reato di appropriazione indebita perpetrato dall'amministratore nei confronti dei condomini; ogni prelevamento dal conto condominiale, sia per a favore dell'amministratore personalmente, che “per distrazione” a favore di terzi o altri condominii, dovrebbe costituire condotta delittuosa, e ciò in quanto le somme versate dai condomini sul conto escano dalla loro disponibilità; in realtà la giurisprudenza non è orientata in tal senso. La Suprema Corte (Cass. pen., sez. II, 11 maggio 2016, n. 27363) ha stabilito che l'utilizzo delle somme durante il mandato non costituiscono, a danno dei condomini, interversione del possesso che si manifesta solo a seguito di cessazione del mandato, per cui il reato si manifesta e si consuma solo a fine mandato, quando le giacenze del conto vengono trasferite al nuovo amministratore; per i giudici ermellini, l'utilizzo uti dominus può ricorrere solo qualora l'amministratore rimosso e sostituito volontariamente trattenga denaro o documenti e non trasferisca tutte le somme al nuovo amministratore (Cass. pen., sez. II, 21 aprile 2017, n. 25444). Va anche ricordato che secondo un orientamento più restrittivo, il trasferimento di somme dal conto corrente condominiale a quello privato dell'amministratore, ancorché allo scopo di investimento al fine di ottenere maggiori interessi a favore dei condomini, costituisce appropriazione indebita. (Cass. pen., sez. II, 21 aprile 2017, n. 25444)

Di per sé, pertanto, la semplice «distrazione» dal conto condominiale può non rappresentare reato di appropriazione indebita in quanto questo ricorre solo allorché sia dimostrato che l'amministratore abbia inteso sottrarre la somma, in via definitiva, comportandosene da proprietario.

Casistica

CASISTICA

Protesto e rappresentanza

In tema di assegno bancario emesso dal rappresentante e tratto su di un conto corrente intestato al rappresentato, il protesto deve essere elevato nei confronti del soggetto che ha emesso il titolo, secondo quello che risulta dalla firma di emittenza o di traenza. Ne consegue che, ove si ravvisino esplicitamente nel titolo indici univocamente attestanti l'esistenza di un rapporto di rappresentanza, il protesto deve essere elevato nei confronti del rappresentato, mentre nell'ipotesi contraria la responsabilità esclusiva dell'emissione del titolo e della sua circolazione fuori delle condizioni previste dalla legge è a carico di chi lo abbia sottoscritto. (Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2013 n. 25371)

Pignorabilità del conto corrente condominiale

La pignorabilità del conto corrente condominiale non è esclusa dal disposto dell'art. 63 disp. att. c.c. laddove prevede l'obbligo del creditore di preventivamente escutere il patrimonio del condomino moroso, valendo il beneficio delle preventiva escussione solamente a favore dei condomini virtuosi e non del condominio. (Trib. Ascoli Piceno, 26 novembre 2015)

Finalità e obbligo del conto corrente condominiale

Si può sostenere che l'amministratore è tenuto a far affluire i versamenti di quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al condominio. E ciò per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale, oltre che per una esigenza di trasparenza e di informazione di tutti i condomini che intendano verificare la destinazione dei propri esborsi e la gestione condominiale. (Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2012, n. 7162)

Conto corrente condominiale e ordine del giorno

L'autorizzazione data dall'assemblea al nuovo amministratore di aprire un nuovo conto corrente, intestato al condominio, e di operare con uno sconfinamento, benché non espressamente indicata nell'ordine del giorno, rappresenta lo sviluppo contabile logicamente ed ordinariamente connesso agli argomenti da trattare, ove comprendano la nomina di un nuovo amministratore e l'approvazione del rendiconto della gestione degli anni immediatamente precedenti. (Cass. civ, sez. II, 19 ottobre 2010, n. 21449)

Delibera condominiale e modalità di pagamento

In tema di condominio negli edifici, è annullabile, ma non affetta da nullità, la delibera con la quale un numero insufficiente di condomini adotti una modifica delle modalità di pagamento delle spese condominiali, qualora detto provvedimento non modifichi nella sostanza il piano di riparto delle spese stesse ma si limiti a determinarne le modalità di pagamento su conto corrente. (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10816)

Guida all'approfondimento

Manassero, Conto corrente bancario condominiale: accesso del condomino alla rendicontazione periodica, in Imm. & prop., 2015, fasc. 7, pag. 429

P. Nasini, Nuovo art. 63 disp. att. c.c. e profili problematici, in Arch. loc. cond., 2015, fasc. 2, pag. 129

Rosselli, La contabilità condominiale e la revisione del rendiconto condominiale, in Arch. loc. cond., , 2015, fasc. 2, pag. 115

Scarpa, Il conto corrente del condominio, in Imm. & prop., 2014, fasc. 11, pag. 625

Salciarini, Conto corrente condominiale: sì ai pignoramenti, in Guida al diritto, 2014, fasc. 43, pag. 25

Salciarini, Primi ostacoli per la riforma del condominio: è scontro sulla pignorabilità dei conti correnti, in Guida al diritto, 2014, fasc. 31, pag. 30

Celeste, A. Scarpa, Le nuove norme in materia di assemblea e di amministratore nella riforma del condominio, in Giur. Mer., 2013, fasc. 6, pag. 1249

Salciarini, Le regole giuridiche del rendiconto condominiale, in Imm. & propr., 2011, fasc. 8, pag. 499

Izzo, Sull'obbligatorietà di un conto corrente intestato al condominio, in Gius. Civ., 1994, fasc. 10, parte 1, pag. 2637

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