Sequestro valido anche senza "indizi gravi"
14 Febbraio 2018
La comunicazione della notizia di reato da parte della Guardia di Finanza è sufficiente per il sequestro dei beni del manager, senza che ci siano “indizi gravi” a supporto. Lo conferma la Corte di Cassazione, con la sentenza del 13 febbraio 2018 n. 6942.
La legittimità del sequestro, già confermata dai giudici territoriali, è stata ribadita dai giudici di legittimità, i quali hanno preliminarmente premesso che «le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire, di per sé, fonte di prova della commissione del reato». In particolare, «il giudice può fare legittimamente ricorso agli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza o dall'ufficio finanziario, anche ai fini della determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, pur dovendo il proprio esame estendersi a valutare ogni altro eventuale indizio acquisito in quanto l'autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario non esclude che, ai fini della formazione del suo convincimento, il giudice penale possa avvalersi degli stessi elementi che determinano presunzioni secondo la disciplina tributaria, a condizione però che detti elementi siano assunti non con l'efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione ai fini probatori e, siccome dette presunzioni hanno il valore di un indizio, esse, per assurgere a dignità di prova, devono trovare oggettivo riscontro o in distinti elementi di prova ovvero in altre presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti».
Ciò premesso, è tuttavia vero che in materia di misure cautelari reali «ai fini dell'applicazione della misura, non occorre un compendio indiziario che si configuri come grave, essendo sufficiente l'esistenza del fumus del reato secondo la prospettazione della pubblica accusa sulla base della indicazione di dati fattuali che si configurino coerenti con l'ipotesi criminosa». |