La portata del giudicato implicito sulla giurisdizione

15 Febbraio 2018

La questione affrontata dalla pronuncia in commento riguarda la portata del giudicato implicito sulla giurisdizione, ossia l'interpretazione dell'art. 37 c.p.c. laddove stabilisce che il difetto di giurisdizione è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.
Massima

Il giudicato interno sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte in cui il giudice ha pronunciato nel merito, affermando così implicitamente la propria giurisdizione, e dunque con esclusione per le sole statuizioni che non la implicano, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando, dalla motivazione della sentenza, risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum.

Il caso

La competente Procura presso la Corte dei Conti per la Regione conveniva in giudizio il legale rappresentante di una società per sentirlo condannare al pagamento di una somma, a titolo di danno erariale subito dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in virtù dell'indebita percezione da parte della stessa di contributi comunitari.

La convenuta eccepiva la pendenza di altro giudizio, avente ad oggetto l'opposizione avverso il provvedimento di ingiunzione emesso dalla medesima Agenzia, volto alla restituzione dei contributi erogati e chiedeva, pertanto, che l'azione promossa dalla Procura contabile fosse dichiarata inammissibile per sopravvenuta insussistenza di interesse ad agire ovvero per carenza di giurisdizione del giudice contabile.

Sia la sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti in primo grado che la stessa Corte in sede di gravame disattendevano dette eccezioni pregiudiziali, anche in punto di giurisdizione, accogliendo la domanda della Procura.

La società proponeva ricorso per cassazione deducendo il difetto di giurisdizione del giudice contabile.

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile detto ricorso, sul rilievo che nel giudizio di appello non era stata impugnata la decisione resa sulla questione di giurisdizione dal giudice di primo grado, con conseguente formazione del giudicato implicito, preclusivo dell'eventuale rilievo del difetto di giurisdizione anche in sede di legittimità.

La questione

La questione affrontata dalla pronuncia in esame riguarda la portata del giudicato implicito sulla giurisdizione, ossia l'interpretazione dell'art. 37 c.p.c. laddove stabilisce che il difetto di giurisdizione è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte conferma l'orientamento, inaugurato dalle Sezioni Unite, con la nota pronuncia ottobre 2008, n. 24883, per il quale l'interpretazione dell'art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione «è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo», deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. Invero, all'esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l'ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

Deriva da tale impostazione, evidenzia la Suprema Corte nella decisione in rassegna, che se il giudice di primo grado si è pronunciato sul merito, decidendo così implicitamente sulla questione di giurisdizione, ove la parte non appelli la sentenza sul capo concernente detta questione, si forma giudicato implicito, con conseguente inammissibilità sia del motivo di ricorso per cassazione fondato sulla medesima questione di giurisdizione che del rilievo d'ufficio da parte della Corte dell'eventuale difetto di giurisdizione.

Osservazioni

Mediante la decisione in commento, le Sezioni Unite si pongono, apparentemente, nel solco della giurisprudenza successiva alla “svolta” in ordine all'interpretazione della portata dell'art. 37 c.p.c., realizzata dalle Sezioni Unite con la richiamata pronuncia n. 24883/2008.

In realtà, dall'esame della fattispecie processuale per come ricostruita dalla stessa Suprema Corte nella motivazione si può agevolmente evincere che la stessa esulava dalla predetta interpretazione cd. abrogativa dell'art. 37 c.p.c. correlata alle esigenze, costituzionalmente rilevanti, della tutela della ragionevole durata del processo, e volta ad attribuire minore rilevanza ai presupposti processuali, in quanto, nel caso specifico, il giudice contabile di primo grado aveva espressamente disatteso l'eccezione di carenza di giurisdizione.

Pertanto, venendo in rilievo una statuizione espressa sulla giurisdizione, in assenza di impugnazione in appello della parte si era formato, piuttosto che un giudicato implicito, un vero e proprio giudicato esplicito sulla questione di giurisdizione.

É infatti opportuno ricordare che, anche in accordo con la giurisprudenza più risalente della Corte di legittimità, costituiva jus receptum l'assunto in virtù del quale il principio, secondo cui il difetto di giurisdizione deve essere rilevato in ogni stato e grado del giudizio, opera solo nel caso in cui sia mancata un'esplicita statuizione sulla giurisdizione, in quanto esso deve essere armonizzato con il sistema delle preclusioni poste a salvaguardia dell'ordinato svolgimento del processo, sicché, qualora una delle parti abbia eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, ma non abbia poi ritualmente espresso le proprie doglianze contro la decisione giudiziale sfavorevole emessa sul punto, questa passa in giudicato e preclude ogni ulteriore contestazione (Cass. civ., Sez. Un., 4 gennaio 1995, n. 94).

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