È valido il contratto-quadro bancario e finanziario sottoscritto dal solo cliente

16 Febbraio 2018

I contratti finanziari e bancari rispettano la forma scritta ad essi imposti dall'art.23 T.U.F. e dall'art.117 T.U.B. con la sola sottoscrizione del cliente sul documento scritto senza che possa assumere rilevanza l'eventuale assenza della sottoscrizione della banca, il cui consenso si deve presumere con la predisposizione del contratto, la consegna al cliente del documento e da tutti quei comportamenti concludenti che la banca attua successivamente alla sottoscrizione da parte del cliente.
Massima

II requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, di cui all'art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, è rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario.

Il caso

Con sentenza del 22 marzo 2013, la Corte d'Appello di Milano, in accoglimento dell'impugnazione proposta da C.E. ed R.E. nei confronti della Banca Popolare di Sondrio s.c. a r.l. ed in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Milano n. 11542 del 29 settembre 2009, ha dichiarato la nullità, per la mancanza di un valido contratto quadro, delle operazioni di investimento effettuate il 18 novembre 1999 ed il 21 dicembre 1999 tra le parti per l'acquisto di obbligazioni "Argentina Eur 8,75% 1998/2003" ed ha conseguentemente condannato la Banca a restituire agli appellanti la somma complessiva di € 70.124,25, oltre interessi legali dal 21 settembre 2007 al saldo, nonché la somma di € 12.172,07, ottenuta a titolo di spese in forza della sentenza impugnata, oltre interessi legali dal 28 febbraio 2010 al saldo.

Ha condannato, altresì, gli appellanti a restituire alla Banca le obbligazioni argentine oggetto di causa ed ha posto le spese di ambedue i gradi del giudizio a carico dell'appellata.

La Corte d'Appello ha ribadito, a sostegno della sua decisione, che il contratto quadro è da redigersi in forma scritta a pena di nullità ex artt. 23 e 58 del T.U.F. ed è elemento essenziale per la validità di ogni operazione di investimento.

In causa risultava prodotto solo un modulo contrattuale, datato 25 gennaio 1994, predisposto dalla Banca e sottoscritto dai clienti, privo di ogni manifestazione di volontà negoziale della prima e della sottoscrizione del funzionario delegato, da ritenersi quale semplice proposta, ancorché corredata dalla dichiarazione prestampata "un esemplare del presente contratto ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarVi", a valere quale dichiarazione unilaterale ricognitiva dei soli clienti, inidonea a dar vita al contratto a forma scritta.
Iil contratto non poteva ritenersi concluso – a dire della Corte di merito - per adesione con la sola sottoscrizione del cliente o in forza del successivo ordine del cliente o delle successive comunicazioni della Banca prive di valenza negoziale, così come erano irrilevanti le manifestazioni di volontà desumibili da comportamenti attuativi.

Nè la banca si sarebbe potuta avvalere dell'orientamento (cfr. Cass. 22 marzo 2012 n. 4564; Cass. 24 marzo 2016 n. 5919) secondo il quale la produzione in giudizio del contratto da parte di chi non l'ha sottoscritto determina il sorgere del contratto valido, che avrebbe richiesto la produzione non solo della parte del cliente, ma anche di quella della Banca, e che comunque, intervenendo successivamente all'operazione di cui è causa, ne avrebbe confermato la nullità.

La Corte d'appello ha disatteso l'interpretazione del Tribunale, secondo cui la forma scritta vale a tutelare solo l'investitore, mentre analoghe ragioni di tutela non potrebbero ravvisarsi nella Banca, per cui l'investitore, che ha firmato, non avrebbe interesse a sollevare l'eccezione, rilevando che la ratio della certezza e ponderazione, sottesa alla forma scritta a pena di nullità, è riscontrabile anche nel contratto di negoziazione di strumenti finanziari; che questo non è un mero documento destinato ad informare il cliente delle condizioni che la banca intende utilizzare nei successivi acquisti, ma costituisce un vero accordo inteso a costituire e regolare tra le parti rapporti di carattere patrimoniale; che anche per la banca, la sola sottoscrizione del cliente è insufficiente a creare un valido titolo contrattuale.

Secondo il Giudice del merito, è ben possibile che il cliente, eccependo la nullità del contratto quadro, possa chiedere la nullità solo di alcune operazioni, essendo la sanzione di nullità specificamente prevista dalla legge, e rispondente a finalità di interesse generale, la regolarità dei mercati e la stabilità del sistema finanziario, da cui la facoltà legittima di agire in relazione ai singoli ordini, aventi autonoma valenza di negozi esecutivi del contratto quadro, e lo stesso carattere relativo della nullità esclude che l'investitore possa essere tenuto a dolersi anche di operazioni eseguite in buona fede e produttive di utili, difettando di interesse e anzi, ove questi dovesse scegliere tra agire per la nullità dell'intero rapporto o subire la violazione dell'intermediario, verrebbe meno lo stesso carattere protettivo della nullità.

La Corte territoriale ha respinto la richiesta della Banca di restituzione degli importi delle cedole maturate sui titoli, da ritenersi "frutti civili" dell'investimento, che, in difetto di prova contraria devono ritenersi ottenuti in buona fede dall'investitore.

La Banca Popolare di Sondrio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, a cui si sono opposti con controricorso C.E. ed E.R.

Il P.G. ha depositato le conclusioni scritte, ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, chiedendo la declaratoria di inammissibilità e in subordine, il rigetto del ricorso.

Le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Con ordinanza del 17 maggio 2017, la I sezione civile ha rimesso la causa al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite, in relazione alla questione di massima di particolare importanza ex art. 374 c.p.c., comma 2, che si pone in relazione al secondo motivo di ricorso, ove respinto il primo, già oggetto di precedente ordinanza di rimessione, per avere il giudice del merito disatteso la rilevanza dell'exceptio doli sollevata per paralizzare l'uso "selettivo" della nullità, ex art. 18 Eurosim, e per non avere quindi "valutato la contrarietà a buona fede della pretesa di far valere il difetto di forma del contratto quadro, per porre nel nulla non tutte ma solo alcune delle operazioni compiute".

Il primo presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso alle sezioni unite.

Le questioni giuridiche

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, dopo quasi un anno di attesa, in data 16 gennaio 2018, si è pronunciata sulla validità del contratto c.d. “monofirma”.

La Suprema Corte a Sezioni Uniti ha fatto proprio un “vecchio” scenario già delineatosi in passato (cfr. Cass. 22 marzo 2012 n. 4564; Cass. 24 marzo 2016 n. 5919) che sembrava, però essere stato messo “in soffitta” dalle recenti pronunce emesse proprio dagli ermellini.

In particolare, tra il 2016 ed il 2017, si era delineato un orientamento per il quale il contratto “monofirma” era da considerarsi nullo alla stregua dell'art. 23 T.U.F. e implicitamente dell'art. 117 TUB (cfr. Cass. 24 marzo 2016 n. 5919; Cass. 11 aprile 2016 n. 7068; Cass. 27 aprile 2016 n. 8395 e n. 8396; Cass. 19 maggio 2016 n. 10331; Cass. 3 gennaio 2017 n. 36 e Cass. 27 aprile 2017 n. 10447).

Le Sezioni Unite, si soffermano sulla ratio ispiratrice della norma di cui all'art. 23 T.U.F. (che a pena di nullità prevede che “i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti…”), stabilendo che trattasi di nullità per difetto di forma posta nell'interesse esclusivo del cliente, intesa ad assicurare a quest'ultimo, da parte dell'Intermediario, la piena indicazione degli specifici servizi forniti (la durata e la modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, le modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, la periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione ed altro come specificamente indicato), atteso che è l'investitore che deve essere messo in condizione di conoscere e di potere, all'occorrenza, verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto.

Le SS.UU. hanno chiarito, quindi, che se questa è la ratio della norma, il vincolo di forma da essa impostova inteso secondo quella che è la funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale della nullità: la specificità della disciplina consente, infatti, di scindere i due profili del documento come certezza della regola contrattuale e dell'accordo.

Ne consegue, pertanto, che alcuna rilevanza dovrà essere attribuita alla sottoscrizione del delegato della banca sul contratto quadro, quando questo è firmato dall'investitore, una copia gli è stata consegnata ed il contratto ha avuto esecuzione, rimanendo assorbito l'elemento strutturale della sottoscrizione dell'intermediario che, reso certo il raggiungimento dello scopo normativo con la sottoscrizione del cliente sul modulo contrattuale e la consegna di copia della scrittura in oggetto, non verrebbe a svolgere alcuna specifica funzione.

Il principio espresso dalle Sezioni Unite, pertanto, seppur riferito all'ipotesi di un contratto di intermediazione finanziaria, deve ritenersi applicabile anche ai contratti bancari, attesa la sostanziale identità di disciplina e di ratio di protezione del cliente degli artt. 23 T.U.F. e 117 T.U.B. a mente del quale i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti“.

Il pregio di tale decisione delle Sezioni Unite é, da un lato, di aver composto un contrasto sorto in seno alle sezioni semplici della Corte di legittimità sulla necessità o meno della sottoscrizione anche del funzionario di banca, che aveva indotto i giudici di merito ad adottare decisioni difformi, ma anche di aver giustamente posto in evidenzia, quale ulteriore requisito formale previsto dalla norma a pena di nullità, l'obbligo per la banca di consegnare al cliente una copia del contratto sottoscritto.

Le finalità di protezione del cliente, infatti, verrebbero frustrate se si ritenesse sufficiente per la banca raccogliere la sottoscrizione del cliente e dare esecuzione al contratto, omettendo di fornire a quest'ultimo copia dello stesso.

Conclusioni

La pronuncia delle Sezioni Unite sembrerebbe non lasciare spazio ad altre interpretazioni ma nel diritto italiano, in particolare nel diritto bancario, siamo stati abituati ad assistere a capovolgimenti interpretativi soprattutto da parte dei giudici di merito.

Una cosa è certa. La decisione delle Sezioni Unite comporterà una diminuzione del contenzioso che si sposterà sulla prova o meno dell'avvenuto assolvimento da parte della banca dell'obbligo di consegna del documento contrattuale al cliente e sull'assolvimento dei doveri informativi in capo all'Intermediario.

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