L'applicazione del Reg. n. 848/2015 alle procedure di crisi o di insolvenza italiane

21 Febbraio 2018

Il Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza (rifusione) – in vigore dal 26 giugno 2017 - (d'ora in poi: “Regolamento 848/2015” o “Regolamento”) trova applicazione alle procedure di insolvenza, comprese quelle provvisorie, relative a imprese, enti od organismi differenti da quelli indicati al secondo comma dell'art. 1.
L'ambito di applicazione del Regolamento 848/2015 e la rilevanza dell'allegato A

Il Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza (rifusione) – in vigore dal 26 giugno 2017 - (d'ora in poi: “Regolamento 848/2015” o “Regolamento”) trova applicazione alle procedure di insolvenza, comprese quelle provvisorie, relative a imprese, enti od organismi differenti da quelli indicati al secondo comma dell'art. 1. Si tratta, in particolare, di procedure:

pubbliche (considerando 12 del Regolamento) e, cioè, la cui apertura sia oggetto di pubblicità, in modo da consentire ai creditori di venire a conoscenza della procedura e di insinuare i propri crediti, garantendo così il carattere concorsuale della stessa e al fine di offrire ai creditori l'opportunità di contestare la competenza del giudice che ha aperto la procedura. Sono, pertanto, escluse le procedure a carattere riservato, in quanto il creditore o il giudice situati in altro Stato membro non possono essere al corrente dell'apertura delle medesime con conseguente impossibilità di riconoscerne gli effetti nell'ambito dell'Unione (come espressamente indicato nel considerando 13 del citato Regolamento;

(ii) concorsuali, e, cioè, che comprendono tutti o una parte significativa dei creditori di un debitore a condizione che, nel secondo caso, la procedura non pregiudichi i crediti dei creditori non interessati dalla procedura stessa (art. 2, comma 1, n. 1);

(iii) disciplinate dalle norme in materia di insolvenza ovvero che possano essere avviate in situazioni in cui sussiste soltanto una probabilità di insolvenza, e il cui scopo è di evitare l'insolvenza del debitore o la cessazione delle attività di quest'ultimo. Per le procedure disciplinate dalle norme in materia di insolvenza (così come definita al considerando 16 del Regolamento), il Regolamento trova applicazione a quelle in cui, a fini di salvataggio, ristrutturazione del debito, riorganizzazione o liquidazione: (a) un debitore è spossessato, in tutto o in parte, del proprio patrimonio ed è nominato un amministratore delle procedure di insolvenza; (b) i beni e gli affari di un debitore sono soggetti al controllo o alla sorveglianza di un giudice, oppure (c) una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali è concessa da un giudice o per legge al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori, purché le procedure per le quali è concessa la sospensione prevedano misure idonee a tutelare la massa dei creditori e, qualora non sia stato raggiunto un accordo, siano preliminari a una delle procedure di cui alle lettere a) o b).

Le procedure elencate nell'allegato A (tali norme trovano fondamento nel noto caso CGCE, caso C-116, Bank Handlowy w Warsazawie SA) sono: fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, accordi di ristrutturazione, procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore (accordo o piano), e liquidazione dei beni.

Esulano dalla presente trattazione le procedure di liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, accordi di ristrutturazione, procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore (accordo o piano), e liquidazione dei beni; come pure le sotto procedure ad esse relative.

Ad esempio, non si affronterà la questione se il Regolamento trovi applicazione a tutte le procedure di amministrazione straordinaria, ivi comprese quelle relative alle grandi imprese in crisi. Dubbio che sembra, peraltro, trovare risposta affermativa nella giurisprudenza della Corte di Giustizia e, in particolare, nel caso C-341/04 Eurofood.

Esse sono definite come procedure di insolvenza, anche se non presentano i caratteri di cui all'art. 1.1 del Regolamento (In tal senso v. Bariatti e altri, The Implementation of the New Insolvency Regulation Recommendations and Guidelines.Part 1. Scope of application. Pre-Insolvency / Hybrid proceedings, JUST/2013/JCIV/AG/4679, 27).

Pertanto, il Regolamento 848/2015 non trova applicazione alle procedure di insolvenza indicate nell'ambito di applicazione dell'art. 1.1 del Regolamento, non comprese nell'Allegato A, almeno fino a quando tale allegato non sia stato modificato all'esito di un procedimento legislativo ordinario dinanzi al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo, ai sensi dell'art. 294 TFEU, su iniziativa di uno Stato Membro che renda nota l'intervenuta riforma della normativa interna e l'introduzione di una nuova procedura di insolvenza che soddisfi i ricordati requisiti di cui all'art. 1.1. Non è chiaro, peraltro, se nel ricordato allegato debbano ritenersi compresi i sottotipi delle procedure di insolvenza elencate nell'allegato A, che soddisfino i requisiti ora ricordati se una procedura di insolvenza prevista dalla normativa di uno Stato membro e che soddisfi solo alcune delle sopramenzionate condizioni possa essere elencata nell'Allegato A.

A tali domande cercano di rispondere le riflessioni che seguono, dedicate ad alcune procedure di insolvenza e di crisi italiane menzionate nell'allegato A, in particolare, al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione. Alcune riflessioni verranno effettuate in merito alle convenzioni di moratoria e alla loro qualificabilità come procedure di insolvenza, ai fini dell'applicazione del Reg. n. 848/2015.

Procedure di crisi e di insolvenza italiane e allegato A

L'allegato A non indica, fra le procedure italiane: (i) il cosiddetto concordato preventivo prenotativo o in bianco; (ii) l'esecuzione del concordato preventivo; (iii) il concordato preventivo con continuità aziendale; (iv) gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari.

L'allegato A non menziona neppure altri strumenti di gestione della crisi disciplinati dal nostro ordinamento quali, ad esempio, i c.d. piani attestati di risanamento e la cosiddetta convenzione di moratoria, disciplinata all'art. 182-septies, commi 6 e 7, l. fall.

Va, pertanto, valutato se le procedure e gli strumenti di gestione della crisi ora indicati e non espressamente menzionate nell'allegato A possano essere qualificati come procedure di insolvenza, ai fini del Regolamento 848/2015, e, quindi, possano essere ricompresi in quelle esistenti ovvero possano essere inseriti nel medesimo allegato, a seguito della procedura legislativa di cui all'art. 294 TFEU sopra menzionata.

Le procedure e gli strumenti di gestione della crisi ora ricordati presentano tutti o alcuni dei requisiti di cui all'art. 1, paragrafo 1, del Regolamento.

In particolare essi:

(i) sono tutti basati sul r.d. n. 267/1942, e modifiche successive, che prevede “norme in materia di fallimento, accordi con i creditori, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa”, una legge relativa all'insolvenza e pensata esclusivamente in relazione a situazioni di insolvenza (in conformità al considerando 16);

(ii) possono essere avviati in situazioni di insolvenza o di probabilità di insolvenza (il cosiddetto stato di crisi, che, conformemente all'art. 161 l.fall., include lo stato di insolvenza), a fini di salvataggio, ristrutturazione del debito, riorganizzazione, in caso di insolvenza; ovvero al fine di evitare l'insolvenza del debitore o la cessazione di ogni attività imprenditoriale da parte di questi, in caso di probabile insolvenza;

(iii) alcune delle procedure e degli strumenti di gestione della crisi citati sono “concorsuali” nel senso indicato dall'art. 2(1) del Regolamento. In particolare, il concordato in bianco, il concordato preventivo con continuità aziendale, la procedura di moratoria preventiva e la procedura di esecuzione del concordato preventivo coinvolgono tutti i creditori del debitore; la procedura di moratoria preventiva al giudizio di omologa degli accordi di ristrutturazione e gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari coinvolgono una parte significativa dei creditori del debitore e non pregiudicano i crediti dei creditori non aderenti; le convenzioni di moratoria riguardano banche e intermediari finanziari;

(iv) sono fondate su una decisione di apertura di una procedura di insolvenza nel senso indicato dall'art. 2.7 Regolamento. In particolare, il concordato in bianco, il concordato preventivo con continuità aziendale, la procedura di moratoria preventiva al giudizio di omologa degli accordi di ristrutturazione, il giudizio di omologa degli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari in crisi sono fondati su una decisione del giudice; mentre la procedura di esecuzione del concordato preventivo è fondata su una decisione di un giudice, come definito dall'art. 2.6 Reg. 848/2015, di nominare un liquidatore giudiziale che, ai sensi dell'allegato B al Regolamento, è un amministratore di procedura di insolvenza.

Inoltre, il concordato in bianco; la procedura di moratoria preventiva; l'esecuzione del concordato preventivo; il concordato preventivo con continuità aziendale; e gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari sono soggetti a pubblicità, che viene attuata tramite iscrizione nel registro delle imprese in base a quanto previsto dalle rispettive discipline: i) per il concordato preventivo in bianco e con continuità aziendale art. 161, comma 5, l.fall; ii) per l'esecuzione del concordato preventivo l'art. 180 che prevede l'iscrizione nel registro imprese del provvedimento di omologa del concordato; iii) per moratoria preventiva ed accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari si applica l'art. 182-bis, comma 2, l. fall.

Possono, pertanto, essere considerate procedure “pubbliche”, secondo quanto previsto dall'art. 1.1 del Regolamento, al fine di consentire ai creditori di esserne a conoscenza e di far valere i loro crediti (per L'applicazione di tale requisito delle Convenzioni di moratoria, infra).

Una sospensione delle azioni esecutive individuali da parte dei creditori è concessa da un giudice (procedura di moratoria preventiva) o per legge (concordato in bianco; concordato preventivo con continuità aziendale; convenzione di moratoria, quest'ultima con effetti anche per i creditori dissenzienti), al fine di permettere le negoziazioni tre il debitore e i suoi creditori. Nelle procedure in cui tale sospensione è prevista, sono individuate adeguate misure di tutela della massa dei creditori, e, qualora l'accordo non sia raggiunto, tali procedure sono preliminari ad una delle procedure di cui ai punti (a) o (b) dell'art. 1 paragrafo 1 del Regolamento.

Alcune delle sopra menzionate procedure (concordato in bianco; concordato preventivo con continuità aziendale; esecuzione del concordato preventivo con cessione di beni) prevedono: lo spossessamento parziale del debitore, così come meglio descritto all'art. 2(3) del Regolamento; la nomina di un amministratore delle procedura di insolvenza, ai sensi dell'art. 2(5) del Regolamento e dell'elenco di cui all'Allegato B; e che, infine, il patrimonio e le attività del debitore siano soggetti al controllo o alla supervisione del Giudice, così come specificato all'art. 2(6)(i) del Regolamento.

Altre procedure (concordato in bianco e procedura di moratoria preventiva) sono aperte e si svolgono per un certo periodo di tempo su base provvisoria o temporanea, prima che un giudice emetta un provvedimento che confermi il prosieguo delle stesse su base non provvisoria (in conformità con il considerando 15).

Le procedure di insolvenza italiane ora citate e non elencate nell'Allegato A rientrano, totalmente o in parte, nell'ambito di applicazione del Regolamento, così come previsto all'art. 1; e possono, pertanto, essere qualificate come “procedure di insolvenza” ai fini del menzionato Regolamento.

Alcune perplessità sussistono con riguardo alle convenzioni di moratoria, come pure con riguardo ai piani attestati di risanamento per le ragioni che di seguito verranno meglio precisate.

I concordati stragiudiziali, gli accordi fondati su piani attestati ex art. 67, comma 3, lett. d) l.fall. e le cessioni di beni ai creditori ai sensi degli artt. 1977 ss. c.c. non sono procedure pubbliche né regolate da norme in materia di insolvenza. Pertanto, esse non rientrano nell'ambito di applicazione del Regolamento (in tale senso, Montella, L'ambito di applicazione del Regolamento 2015/848, in De Cesari – Montella, Il nuovo diritto europeo della crisi di impresa. Il Regolamento UE n. 2015/848 relativo alla procedura di insolvenza, Torino, 2017).

Le procedure di insolvenza che possono essere ritenute comprese nell'allegato A

Per le procedure qualificabili come sotto-procedure di alcune di quelle ricomprese nell'Allegato A, sulla base della legislazione italiana - applicabile alle procedure principali e secondarie con riferimento all'art. 7 e 35 del Regolamento - non ritengo necessaria una modifica dell'Allegato A.

Fra tali procedure vanno comprese, sulla base di quanto affermato da dottrina e giurisprudenza:

(i) le procedure di concordato in bianco (Cass. 31 marzo 2016, n. 6277; Cass. 14 marzo 2016, n. 4977; Cass. 14 gennaio 2015, n. 495. Tale interpretazione è conforme a Trib. Reggio Emilia, 6 marzo 2013, confermata da App. Bologna 25 giugno 2013, entrambe in Il caso. Per un'opposta interpretazione si veda App. Firenze 27 giugno 2016), di concordato preventivo in continuità aziendale (in tal senso v., recentemente, Corte di Giustizia Unione Europea 6 luglio 2017, causa C‑245/16; nello stesso senso App. Firenze 31 agosto 2015, in Il caso. Definiscono il concordato preventivo con continuità aziendale una tipologia speciale di concordato preventivo AA.VV., Diritto fallimentare. Manuale breve, Milano, 2017, 130 ss.)e di esecuzione del concordato preventivo che possono essere considerate vuoi come sotto-procedure vuoi come tipologie speciali di concordato preventivo;

(ii) le procedure provvisorie di moratoria preventiva (sulla natura cautelare del procedimento vedasi App. Milano 17 gennaio 2013, in Il caso. Con riguardo a tale argomento, tra gli altri,i Didone, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.fall.). Presupposti, procedimento ed effetti della anticipazione delle misure protettive dell'impresa in crisi, in Dir. fall. 2011, I, 23.) e gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari, che possono essere considerati come sotto-procedure della procedura degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Tale conclusione spiega, probabilmente, perché le procedure ora citate non siano state indicate nell'Allegato A durante la preparazione del Regolamento, pur potendovi essere ricomprese. Una conferma in tal senso può, del resto, essere reperita nell'art. 24.2(c) del Regolamento, che, con riguardo ai registri fallimentari (su questo tema si rinvia diffusamente a Corno, La disciplina europea ed italiana dei registri fallimentari, in questo portale il 22 marzo 2016), prevede, fra le informazioni da pubblicare in tali registri, “il tipo di procedura d'insolvenza aperta di cui all'allegato A e, se del caso, eventuali pertinenti sottotipi di tale procedura aperti a norma del diritto nazionale”. Tale disposizione ha trovato attuazione in Italia nell'art. 3, comma 3, d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv., con mod., in l. 30 giugno 2016, n. 119.

In ogni caso, e in attesa che trovino attuazione anche in Italia le disposizioni relative ai registri fallimentari, al fine di evitare dubbi in merito a tali procedimenti e alla applicabilità ai medesimi delle disposizioni del Regolamento, potrebbe essere opportuno che i giudici italiani aditi per l'apertura di tali procedure specifichino – unitamente alla natura di procedure principali o secondarie ai sensi dell'art. 4.1, secondo periodo del Regolamento - che le stesse sono sotto-procedimenti di procedure indicate nell'allegato A (in tale senso, v. Bariatti e altri, The implementation of the new insolvency Regulation Recommendation and Guidelines. Part 1. Scope of application. Pre insolvenc/Hybrid procedings, JUST/2013/JCIV/AG/4679), 31).

Gli strumenti di definizione della crisi di impresa non compresi nell'allegato A

Maggiori dubbi presentano, con riguardo alla comprensione nell'ambito di applicazione del Regolamento 848/2015, i c.d. piani di risanamento attestati e le convenzioni di moratoria ex art. 182-septies, comma 5, ss. l. fall., come di seguito verrà ora esposto.

I c.d. piani attestati di risanamento

I c.d. piani di risanamento attestati, disciplinati molto sinteticamente dall'art. 67, comma 3,lett. d) l.fall. nell'ambito della disciplina dell'azione revocatoria fallimentare, presentano alcuni dei requisiti di cui all'art. 1 paragrafo 1 del Regolamento.

In particolare:

(i) sono basati sul R.D. n. 267/1942, e modifiche successive, che prevede “norme in materia di fallimento, accordi con i creditori, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa”, una legge relativa all'insolvenza e pensata esclusivamente in relazione a situazioni di insolvenza (in conformità al considerando 16);

(ii) possono essere avviati in situazioni di probabilità di insolvenza, a fini di evitare l'insolvenza del debitore.

Tali piani possono possedere alcuni caratteri previsti dalla procedure disciplinate dal Regolamento.

In particolare, essi sono “concorsuali” nel senso indicato dall'art. 2(1) del Regolamento laddove siano posti a fondamento di intese e accordi almeno di dilazione, con alcuni creditori, di norma finanziari (si tratta, di norma, di piani fondati vuoi sulla riorganizzazione dell'impresa - ad es. cessione di beni non strategici o azioni dirette a contenere i costi di produzione - o anche nuove modalità di finanziamento, v., in tal senso, AA. VV., Diritto fallimentare (manuale breve), Milano, III ed., 2017, 68 e 2699), fermo restando che essi possono costituiti da atti unilaterali predisposti dall'imprenditore senza richiedere il consenso dei creditori. Sono soggetti a pubblicità e, pertanto, resi “pubblici”, secondo quanto previsto dall'art. 1.1 del Regolamento, al fine di consentire ai creditori di esserne a conoscenza e di far valere i loro crediti, solo ove il debitore, ragionevolmente su richiesta dei creditori coinvolti, proceda al loro deposito presso il Registro delle Imprese competente, così da certificarne l'anteriorità rispetto al fallimento e agli atti esenti da revocatoria.

I ricordati piani, tuttavia, non possiedono alcuni dei caratteri delle procedure di insolvenza disciplinate dal Regolamento. In particolare, essi non sono fondati su una decisione di apertura di una procedura di insolvenza nel senso indicato dall'art. 2.7 Regolamento; non comportano una sospensione delle azioni esecutive individuali da parte dei creditori; non comportano lo spossessamento parziale del debitore, così come meglio descritto all'art. 2(3) del Regolamento; non comportano la nomina di un amministratore delle procedura di insolvenza, ai sensi dell'art. 2(5) del Regolamento e dell'elenco di cui all'Allegato B; non comportano l'assoggettamento del patrimonio e delle attività del debitore al controllo o alla supervisione del Giudice, così come specificato all'art. 2(6)(i) del Regolamento; non comportano l'apertura di procedure per un certo periodo di tempo su base provvisoria o temporanea prima che un giudice emetta un provvedimento che confermi il prosieguo delle stesse su base non provvisoria (in conformità con il considerando 15).

Quanto precede induce a comprendere perché tali piani attestati – per quanto strumenti di gestione precoce della crisi di impresa, in linea con quanto previsto dalle istituzioni europee (sui rapporti fra la disciplina dei c.d. piani attestati e i principi contenuti nella Raccomandazione del 12 marzo 2014 della Commissione europea relativa alle ristrutturazioni precoci di imprese meritevoli e disciplina della seconda chance v. De Cesari, Il Regolamento 2015/848 e il nuovo approccio europeo alla crisi dell'impresa, in Fall. 2015) - non siano stati indicati nell'allegato A al Regolamento e, quindi, esulino dall'ambito di applicazione del medesimo.

Le convenzioni di moratoria: le ragioni della mancata comprensione nell'allegato A

La disciplina della convenzione di moratoria è stata introdotta nel nostro ordinamento successivamente al 26 giugno 2015, data di pubblicazione del Regolamento sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea. Di conseguenza, non è stato possibile considerare la sua inclusione nell'allegato A.

Per tale motivo, va valutato se essa comprenda i requisiti di cui all'art. 1.1 del Regolamento e, quindi, sia passibile di essere introdotta nell'allegato A all'esito del processo legislativo sopra ricordato.

La convenzione di moratoria non può essere qualificata come una versione "provvisoria" e "speciale" di una (o più) procedure già contemplata dall'Allegato A al Regolamento e, in particolare, degli accordi di ristrutturazione con banche o intermediari finanziari. In particolare, mentre la convenzione di moratoria è un accordo che, in effetti, nasce già autonomo e selettivo, intercorrendo tra il debitore e i soli creditori finanziari-bancari, l'accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari si inserisce in un ordinario accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall. (che è suscettibile di riguardare qualunque tipo di creditore), come parte interna del suo complessivo contenuto.

Al fine dell'applicazione del Regolamento, va valutato se la convenzione di moratoria disciplinata dall'artt. 182-septies, comma 5, ss. l. fall. - introdotta nel nostro ordinamento successivamente alla pubblicazione del Regolamento - possa essere qualificata come una procedura di insolvenza ai sensi del Regolamento e, quindi, se, all'esito di un processo legislativo ordinario dell'Unione europea, possa essere aggiunta alle procedure indicate nell'Allegato A.

La convenzione di moratoria soddisfa alcuni dei requisiti indicati all'art. 1.1 del Regolamento e, in particolare:

(i) deriva da un accordo fra le parti, con riguardo agli aderenti alla convenzione, mentre opera ex lege per i non aderenti, non appena ricevono la notifica dell'esecutività della stessa. Una verifica da parte del Giudice [intesa come autorità giudiziaria, secondo la definizione contenuta all'art. 2.6 i) del Reg. 848/2015; è discusso se il giudice competente sia individuato in base al COMI del debitore o secondo altri criteri legali inerenti ai creditori opponenti] è prevista nel caso cui sia proposta opposizione alla medesima convenzione da parte delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti, entro 30 giorni dal ricevimento della notifica della stipulata convenzione. Al termine di tale procedimento, il giudice emette un'ordinanza, che potrà essere impugnata entro 15 giorni dalla notifica (ai creditori non aderenti non potrà inoltre essere imposta l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Ai sensi di tale disposizione, non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati);

(ii) è efficace, anche per i non aderenti, per una durata stabilita dalle parti, caratteristica che la qualifica come “provvisoria”;

(iii) è funzionale ad incentivare le trattative con le sole banche e intermediari finanziari, i quali – solitamente – rappresentano una parte significativa dei creditori, partecipano ai negoziati e sono interessati o pregiudicati dai medesimi (secondo l'articolo 2(1) del Regolamento); e non pregiudica le azioni dei creditori non coinvolti nelle trattative.

La legge 19 ottobre 2017, n. 155, recante “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”, estende, all'art. 5, comma 1, lett. a) la disciplina delle convenzioni di moratoria ai creditori, anche diversi da banche e intermediari finanziari, rappresentanti almeno il settantacinque per cento dei debiti appartenenti ad una o più categorie, le cui posizioni giuridiche ed interessi economici siano omogenei, qualora essi partecipino alle trattative e si riservino il diritto di opposizione al caso in cui rilevino la malafede di controparte, la falsità dei dati, l'inadempimento dell'accordo o in caso in cui vi siano delle soluzioni che garantiscano un maggior soddisfacimento. Ciò potrebbe attribuire carattere “concorsuale” alla convenzione di moratoria, secondo quanto previsto dall'art. 2(1) del Regolamento;

(iv) è basata su “norme in materia insolvenza”, in conformità all'art. 1.1 del Regolamento;

(v) è solitamente utilizzata in situazioni in cui vi è solo una possibilità di insolvenza, per evitare il fallimento del debitore, la cessazione di ogni attività imprenditoriale e così salvare il debitore, in linea con l'art. 1.1, secondo paragrafo del Regolamento;

(vi) solitamente, quando non si raggiunge un accordo, la convenzione è preliminare ad una procedura di ristrutturazione dei debiti, di concordato preventivo ovvero di fallimento, menzionate ai alle lettere (a) o (b) dell'art. 1, paragrafo 1, del Regolamento.

La convenzione di moratoria ex art. 182-septies, comma 5, ss. l. fall., tuttavia non è pubblica, in assenza della possibilità di pubblicazione della medesima sul registro delle imprese o sul registro delle procedure di insolvenza, anche in osservanza dell'art. 24 del Regolamento; nè è basata su una decisione di apertura di una procedura di insolvenza nel senso indicato dall'art. 2.7 Regolamento.

La mancanza del requisito della pubblicità e del fondamento su una decisione di apertura induce, pertanto, ad escludere che la convenzione di moratoria possa essere qualificata come procedura di insolvenza ai sensi del menzionato art. 1.1 c) del Regolamento e, quindi, non appare passibile di essere inclusa nell'Allegato A, a seguito di un processo legislativo ordinario di modifica dell'attuale allegato.

Segue. L'efficacia sui non aderenti stranieri

La impossibilità di applicare l'art. 20 del Regolamento alla convenzione di moratoria in assenza della sua qualificabilità come procedura di insolvenza ai sensi del Regolamento induce a valutare se e su quali basi tale convenzione possa essere idonea a vincolare, ai sensi dell'art. 182-septies l.fall., banche e intermediari finanziari stranieri non aderenti.

La natura dell'accordo per la moratoria come convenzione induce a cercare la soluzione nelle norme di diritto internazionale privato e processuale, e, in particolare, quelle relative alle obbligazioni contrattuali (V. Eidemuller, What is an insolvency proceeding? ECGI Law Working Paper N° 335/2016, December 2016).

Come già ricordato, l'art. 182-septies, comma 5, ss. l. fall. rientra fra le disposizioni dettate dal legislatore italiano a favore della composizione concordata della crisi di impresa che fanno prevalere l'interesse di una maggioranza qualificata di creditori rispetto a quello di una minoranza tentata a tenere condotte opportunistiche ovvero a disinteressarsi del tentativo di soluzione della crisi. In quanto tale, la norma può essere ritenuta cruciale per la salvaguardia degli interessi pubblici della Repubblica Italiana, e, in particolare, per la sua organizzazione economica, non potendo tale interesse essere perseguito in maniera differente dalla norma di diritto straniero applicabile al rapporto fra le parti.

Ciò mi induce a ritenere che l'art. 182-septies, comma 5,. ss. l.fall. sia da qualificare come una norma di applicazione necessaria, ai sensi dell'art. 9 del Regolamento (EC) no 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (In tal senso Focarelli, Lezioni di diritto internazionale privato, Perugia, I ed., 2005, 74).

Per tale motivo l'art. 182 septies, comma 5, ss. l. fall. prevarrà sulla legge diversa da quella italiana applicabile al rapporto fra il debitore e la banca o l'intermediario finanziario dissenziente. Di conseguenza, tale banca o l'intermediario finanziario saranno vincolati nell'esercizio di eventuali diritti e azioni a tutela del proprio credito derivanti dal contratto stipulato con il debitore in crisi disciplinato da una legge differente (V. in tal senso CJUE (C‑184/12): United Antwerp Maritime Agencies (Unamar) NV contro Navigation Maritime Bulgare).

Ove, nonostante la valida stipula della convenzione, la banca o l'intermediario finanziario straniero dissenzienti agiscano sui beni del debitore, quest'ultimo:

(i) sarà legittimato a opporsi, dinanzi al giudice competente italiano, eccependo la esistenza di una convenzione di moratoria vincolante anche per i creditori dissenzienti ex art. 182-septies, comma 5, ss. l.fall., stante la natura di norma di applicazione necessaria della norma ora citata, prevalente sulla normativa applicabile al rapporto fra il debitore e il creditore dissenziente;

(ii) potrà opporsi dinanzi al giudice competente straniero, che dovrà, ai sensi dell'art. 9.3 del Regolamento Roma I citato, valutare l'applicabilità dell'art. 182-septies, comma 5, ss. l.fall., sulla base di concrete valutazioni attinenti al caso di specie (V. Mosconi – Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, Vol. I, Torino, V ed., 2012).

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