Utilizzo di materiale "usa e getta" superiore alla comune esperienza: dentista sotto la lente del Fisco

La Redazione
23 Febbraio 2018

Il professionista che usa una quantità notevole ed insolita di materiali di consumo rispetto al volume d'affari può essere denunciato dal Fisco ed essere, dunque, oggetto di un accertamento delle Entrate. La Corte di Cassazione con l'ordinanza del 21 febbraio 2018 n. 4168 esamina il caso.

È ragionevole presumere la leggittimità dell'accertamento che si basa su parametri presuntivi identificati nell'utilizzo di materiali di consumo, ovvero nel caso concreto è corretto considerare che per ogni prestazione odontoiatrica vi sia l'adozione di una certa quantità di materiale "usa e getta", onde tale elemento rappresenta un fatto noto capace anche di per sè solo di lasciare ragionevolmente e verosimilmente presumere il numero delle prestazioni effettuate ed i relativi ricavi.

In particolare è stato ritenuto che: "ai fini della ricostruzione del reddito, l'Ufficio può procedere ad accertamento di tipo analitico-induttivo, ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, con la verifica del consumo dei guanti monouso utlizzati dal contribuente per la sua attività di odontoiatra, dal momento che esiste una correlazione tra il materiale di consumo utilizzato e gl iinterventi sui pazienti".

Questo quanto espresso dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 4166/2018.

Il caso

La Corte ha rigettato il ricorso di un contribuente, medico odontoiatra, che aveva ricevuto un avviso di accertamento per IRPEF ed IRAP relativo all'anno 2015. Il professionista denunciava entro i parametri fissati dagli studi di settore, ma al Fisco, evidentemente, ciò non bastava, contestandogli dei ricavi in nero.

La necessità di verifiche sorgeva dalla natura sproporzionata del materiale utilizzato per l'espletamento delle prestazioni professionali per cure e gli interventi odontoiatrici. I guanti, materiale preso in considerazione dall'Amministrazione, elemento necessario per l'attività del medico, secondo il quale il quantitativo era stato determinato dall'Ufficio in modo del tutto arbitrario: superiore secondo la comune esperienza.

La Cassazione ha ritenuto così la correttezza della sentenza impugnata dal contribuente, statuendo la correttezza dell'accertamento espletato dall'Agenzia delle Entrate.

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