Piano del consumatore e termini di soddisfacimento del credito derivante da mutuo ipotecario

26 Febbraio 2018

Nel caso in cui il contratto di mutuo ipotecario abbia avuto regolare esecuzione, non è inammissibile il piano del consumatore che preveda la soddisfazione del credito ratealmente, alle scadenze previste originariamente nel piano di ammortamento.
Massima

Nel caso in cui il contratto di mutuo ipotecario abbia avuto regolare esecuzione, non è inammissibile il piano del consumatore che preveda la soddisfazione del credito ratealmente, alle scadenze previste originariamente nel piano di ammortamento.

Il caso

Il Tribunale di Milano affronta, e risolve in termini positivi, la questione dell'ammissibilità di un piano del consumatore in cui l'ammontare delle passività sia costituito da più crediti chirografari nonché da un credito prelatizio avente titolo in un contratto di mutuo ipotecario, sempre regolarmente adempiuto, e che prevede - oltre al pagamento dei crediti chirografari nella misura percentuale del 10%, mediante l'apporto di terzi – che il credito ipotecario non sia adempiuto immediatamente, o al massimo con una moratoria di un anno, ma che il debitore prosegua i pagamenti rateali, secondo le ordinarie scadenze contrattuali.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Nel provvedimento in rassegna, il cuore della decisione è rappresentato dalla disamina di una questione di particolare rilievo tanto dal punto di vista pratico quanto da quello teorico. Chi abbia un minimo di pratica di procedure da sovraindebitamento è ben consapevole di quanto sia frequente che tra le passività del patrimonio del debitore sovraindebitato vada annoverato il debito di un mutuo ipotecario contratto per l'acquisto della casa di abitazione o, talora, dell'immobile destinato alla sede dell'attività imprenditoriale o professionale. Anzi, assai spesso ciò che induce il debitore a cercare di addivenire alla soluzione della crisi è proprio l'avvio di procedure espropriative sull'immobile o quanto meno il timore che il creditore vi dia corso.

Nel caso esaminato, la fattispecie si caratterizza per un aspetto, per vero, infrequente: il ricorrente, pur essendo gravato di diversi altri debiti, aveva sempre onorato le rate di mutuo, che era dunque in regolare ammortamento. Poiché la proposta sottoposta all'omologazione del tribunale prevedeva che il debitore conservasse la proprietà della casa di abitazione e che il credito ipotecario fosse soddisfatto proseguendo il pagamento nei termini negoziali, e quindi mediante i pagamenti frazionali e secondo le scadenze originariamente pattuite, il tribunale esamina la questione se una simile proposta sia ammissibile. Più specificamente, la questione è se, nella procedura di piano del consumatore, debba farsi applicazione della regola, propria del concordato preventivo, secondo cui i crediti privilegiati debbono essere, d'ordinario, adempiuti all'omologazione, ovvero una volta che siano liquidati i beni su cui le prelazioni speciali gravano.

Il tribunale perviene alla soluzione positiva, dopo un esame dell'orientamento contrario, espresso in precedenti dello stesso ufficio e basandosi su un'argomentazione che sarà riferita ed esaminata infra.

Come sovente accade nelle decisioni in ordine all'omologazione di procedure da sovraindebitamento, il tribunale prende in esame più questioni; ma su alcune concentra la sua attenzione mentre altre restano sullo sfondo, prive di approfondimenti particolari, talora risolte senza sostanziale motivazione e talaltra trascurate de plano. Così, seppure risolto implicitamente in termini positivi, non si rinviene nella decisione cenno di sorta in ordine al tema dell'ammissibilità di procedure di piano del consumatore in cui il debitore conservi la proprietà di parte, rilevante, del suo patrimonio. In secondo luogo, circa la delicata questione della c.d. meritevolezza del debitore, se, cioè, il sovraindebitamento dipenda dall'aver il debitore assunto obbligazioni senza un'adeguata valutazione della propria capacità di adempierle, nel provvedimento si afferma che il debitore aveva sviluppato “una forma di ludopatia”, che lo avrebbe indotto a investire notevoli somme nei mercati finanziari, e quindi a contrarre sempre nuovi finanziamenti per far fronte alle perdite di capitale andatesi via via accumulando. Pare di potersi desumere che la condizione patologica (peraltro, in nessun modo delineata nella sua effettiva consistenza) costituirebbe causa giustificativa della condotta del debitore. Conclusione (e motivazione), in effetti, discutibili. Anche su tali questioni rimandiamo alle considerazioni che seguono.

Osservazioni

Va dato atto al tribunale di essersi assunto l'onere di una ricognizione dei precedenti giurisprudenziali (anche se soltanto di quelli dello stesso ufficio) in ordine al tema dell'ammissibilità di un piano del consumatore che non preveda l'immediata soddisfazione, all'omologa, delle ragioni del creditore ipotecario e di aver enucleato un fondamento normativo di certo non disprezzabile, principalmente invocando l'argomento che la disciplina delle procedure da sovraindebitamento non contiene alcun richiamo all'art. 55 l.fall. e alla regola per cui tutti i debiti anteriori s'intendono scaduti alla data dell'apertura della procedura. A tale riguardo, Il tribunale si è onerato di vagliare due disposizioni della legge speciale (l'art. 8, comma 4, e l'art. 9, comma 3-quater) frequentemente richiamate a sostegno della tesi contraria, per fornirne una lettura compatibile con la soluzione accolta.

La giurisprudenza appare effettivamente divisa, come la stessa decisione dà atto.

I possibili argomenti contrari alla tesi accolta dal tribunale di Milano sono i seguenti:

a) l'art. 8, quarto comma, prevede che i crediti privilegiati possano essere soddisfatti nel termine massimo di un anno, nel caso della procedura di accordo, in caso di continuità d'impresa, e, senza particolari condizioni, nella procedura di piano del consumatore; ne segue che non sarebbe legittimo differire la soddisfazione dei crediti ipotecari, prevedendone il pagamento secondo le scadenze del piano di ammortamento originario (ovvero, diversamente, comunque dilazionandolo nel tempo);

b) l'art. 9, comma 3-quater prevede la sospensione, di diritto, “ai soli fini del concorso”, del decorso degli interessi, in corso di procedura, tranne che per i crediti prelatizi, salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, c.c.; la sospensione o limitazione degli interessi per un tempo assai prolungato non pare compatibile con la regola della necessità di assicurare l'integrale soddisfazione dei creditori privilegiati;

c) ancorché la legge speciale non contenga richiamo all'art. 55, secondo comma, l.fall., la regola per cui tutti i crediti anteriori si considerano scaduti alla data dell'apertura della procedura si deve ritenere una regola generale delle procedure concorsuali, quale è, indubitabilmente, quella del piano del consumatore;

d) nel piano del consumatore, i creditori non sono ammessi a votare la proposta avanzata dal debitore; conseguentemente, qualsiasi limitazione dei loro diritti deve essere considerata con particolare rigore e non possono ammettersi se non quelle espressamente previste.

Gli argomenti a favore della tesi permissiva possono così elencarsi:

a) se la ratio delle procedure di composizione del sovraindebitamento, e del piano del consumatore in particolare, è, fondamentalmente, quella di consentire la liberazione del debitore e la riappropriazione delle sue capacità patrimoniali, le interpretazioni che ciò maggiormente consentano sono da preferirsi;

b) la norma dell'art. 8, quarto comma, relativa alla moratoria massima di un anno della soddisfazione dei creditori, si riferisce all'ipotesi in cui il piano preveda la liquidazione dell'immobile, non al caso della conservazione dell'immobile nel patrimonio del debitore;

c) parimenti, la sospensione del decorso degli interessi in pendenza di procedura si riferisce alla sola ipotesi in cui il bene sia liquidato;

d) l'art. 55, secondo comma, l.fall. non è richiamato dalla legge speciale del sovraindebitamento, e, pertanto, nulla esclude che i debiti non ancora scaduti possano essere soddisfatti secondo i termini e alle scadenze contrattualmente previsti.

Riservata al seguito la disamina degli argomenti a favore e contro, mette conto precisare che, obiettivamente, possono darsi ipotesi radicalmente diverse.

Così, se il contratto è già stato risolto, è evidente che il credito è immediatamente esigibile, e la questione se sia ammissibile un pagamento rateale si presenta in termini del tutto diversi rispetto al caso in cui il rapporto contrattuale sia proseguito regolarmente, ed il mutuo sia in perfetto ammortamento.

Del pari, se il debitore pretende di adempiere il suo debito riducendone l'ammontare, per nessun'altra ragione se non per quella dei limiti della sua capacità economica, è evidente che i termini della questione si pongono ben diversamente.

Infine, è parimenti evidente che eventuali accordi raggiunti tra il debitore e il creditore ipotecario, che rinegozino il rapporto, risolvono in radice ogni possibile questione circa il contenuto delle obbligazioni da adempiersi: il consenso del creditore elimina ogni problema.

Ciò precisato, il tema da esaminare, in sintesi, è se, astrattamente, sia possibile contemplare, nel caso in cui il contratto di mutuo sia stato sempre regolarmente onorato, la prosecuzione del rapporto alle scadenze e secondo gli importi rateali del contratto; negli altri casi (contratto risolto; adempimento parziale; etc.), certamente non pare compatibile con le regole della procedura ipotizzarne la soddisfazione se non con la moratoria massima di un anno.

Al riguardo, i riferimenti alla ratio dell'istituto non possono essere sufficienti per giustificare deviazioni rispetto ai principi e alle norme della procedura.

E, d'altro lato, se il diritto (procedurale) dei creditori (di approvare o meno la proposta) è limitato, ciò non significa che possano essere limitati anche i loro diritti sostanziali.

Certamente più centrale è la questione delle norme speciali in ordine alla moratoria massima di un anno del termine di pagamento dei crediti privilegiati e della sospensione del decorso degli interessi, fatte salve le speciali disposizioni del codice civile in ordine ai crediti prelatizi.

La tesi secondo cui tali due disposizioni non riguarderebbero il caso in cui il piano non preveda la liquidazione dell'immobile in tanto è plausibile, in quanto possa risolversi in termini negativi il quesito circa l'applicabilità alla procedura di piano del consumatore dell'art. 55, secondo comma, l.fall.

La tesi secondo cui la norma non è espressamente richiamata (a differenza di quanto disposto nella disciplina del concordato preventivo, ex art. 169 l.fall.) nella disciplina del piano del consumatore, se pure suggestiva, non sembra del tutto risolutiva.

Il tema, alla fin fine, può ricondursi a quello dell'ammissibilità della proposta che preveda il pagamento alle regolari, originarie, scadenze, di debiti non ancora scaduti, ancorché anteriori.

Che l'art. 55, secondo comma, l.fall. non sia applicabile non esclude che, per altra via, non debba pervenirsi ad escludere che sia ammissibile, in una procedura concorsuale, prevedere il pagamento dilazionato, di creditori, prelatizi e no.

E, per vero, più di un argomento pare militare in senso contrario.

Innanzi tutto, costituisce norma di diritto comune quella dell'art. 1186 c.c., a tenore del quale, ancorché il termine sia stabilito nell'interesse del debitore, esso si considera scaduto se il debitore è divenuto insolvente. Ora, è ben vero che il presupposto oggettivo della procedura di piano del consumatore è costituito dallo stato di sovraindebitamento, e che la nozione di questo non coincide con quella d'insolvenza, ma è altrettanto vero che la condizione d'“insolvente”, richiesta dall'art. 1186 c.c., è interpretata dalla giurisprudenza con maggiore ampiezza rispetto alla definizione d'insolvenza di diritto fallimentare, e ch'essa può consistere in una situazione di difficoltà pur temporanea; aggiungiamo che non è affatto necessario che tale condizione sia irreversibile: dunque si tratta di uno stato diverso e meno grave di quello richiesto come presupposto per l'apertura della procedura di fallimento, e ben compatibile con la nozione di “stato di sovraindebitamento”.

In secondo luogo, non va dimenticato che, pur con tutte le peculiarità del caso, la procedura di piano del consumatore è: 1) pur sempre una procedura concorsuale; 2) è conseguentemente soggetta alle disposizioni in tema di revoca e cessazione degli effetti del piano; 3) la stessa ha come finalità l'esdebitazione del debitore.

Tutte queste caratteristiche del piano del consumatore impongono di escludere che la procedura possa avere una durata prolungata che superi (grosso modo) il quinquennio; tanto, com'è noto, in ossequio alla regola della ragionevole durata dei procedimenti giudiziali, regola che più decisioni hanno ritenuto applicabile anche alla procedura di concordato preventivo, compresa la fase liquidatoria.

In secondo luogo, l'art. 14-bis della legge speciale dispone che può essere disposta la cessazione degli effetti del piano, su istanza di ciascun creditore, nel caso in cui non siano eseguiti i pagamenti previsti nello stesso, nel termine estremo di un anno dalla scadenza dell'ultimo pagamento contemplato nel piano, con previsione di conversione della procedura in quella di liquidazione del patrimonio del debitore. Orbene, prevedere un tempo di adempimento che può superare il decennio ed addirittura raggiungere durate ventennali o superiori, significa lasciare una procedura giudiziale in sospeso per tempi lunghissimi, e, soprattutto, frustrare la finalità della procedura di liquidazione del patrimonio cui i creditori perverrebbero a tale distanza di tempo che sarebbe di fatto escluso prevedere una qualsiasi soddisfazione dalla liquidazione del patrimonio del debitore.

Ed, infine, se scopo della procedura del piano (come di tutte le procedure da sovraindebitamento) è l'esdebitazione, come si concilia tale ratio con un piano di pagamenti in cui l'orizzonte temporale può arrivare a superare l'avvicendarsi di una generazione?

Le questioni aperte

Abbiamo trascurato un altro tema non secondario ai fini della soluzione della questione sottoposta: se sia ammissibile una procedura di piano del consumatore che non contempli l'integrale liquidazione del patrimonio del debitore, ma la conservazione in capo al ricorrente di uno o più beni (di regola, la casa di abitazione). Sul punto, la giurisprudenza di merito appare del tutto divisa. Il punto, che meriterebbe un'ampia disamina, risulta del tutto eluso.

In secondo luogo, non secondaria, in una procedura di piano del consumatore, è senz'altro la tematica della c.d. meritevolezza, con ciò intendendosi il superamento positivo, da parte del debitore, del giudizio in ordine all'esistenza o meno di una sua colpa nel formarsi dello stato di sovraindebitamento. Nella decisione, il tema specifico non appare trattato, quanto meno direttamente, ma solo per implicito, attraverso un cenno alla circostanza che il debitore avrebbe sviluppato una “forma di ludopatia”, senza approfondimenti di sorta circa l'eventuale rilevanza di stati patologici. E' un dato di fatto che un numero ragguardevole di situazioni di sovraindebitamento sono causate da disturbi vari, più o meno gravi; è sufficiente constatare che il debitore ha il vizio del gioco, per ritenere ammissibile la sua domanda di omologazione del piano del consumatore? Che cosa si richiede per assolverlo dalla colpa? Deve essere una patologia conclamata? A tal fine è necessario un giudizio di vizio parziale di mente, quale quello che consente, a norma dell'art. 415, secondo comma, c.c., l'inabilitazione del prodigo? Anche questi temi restano sostanzialmente sul tavolo, irrisolti.

Conclusioni

Il piano del consumatore è un istituto in cui, necessariamente, si scontrano esigenze e chiavi interpretative diverse e talora configgenti; da un lato, la finalità di consentire al debitore di liberarsi del gioco di un ammontare di debiti ch'egli non è in grado di soddisfare e che gli inibiscono la partecipazione alla vita economica; dall'altro, le ragioni dei creditori, cui il piano viene imposto senza ch'essi siano interpellati; ancora, da un lato, esigenze di protezione dei soggetti spesso economicamente più deboli e, dall'altro, principi e regole delle procedure negoziali di soluzione della crisi, con significative ricadute sulle finanze dei singoli creditori e sullo stesso andamento generale dell'economia. In tale complesso contesto, è chiaro che le soluzioni sono spesso difficili e scontano la diversità dell'approccio e delle chiavi di lettura. Anche il decreto del Tribunale di Milano in commento, indubitabilmente non privo di pregio per quanto attiene al tema, sinora ingiustamente non considerato in misura adeguata, dell'applicabilità dell'art. 55 l.fall. alle procedure da sovraindebitamento, non si sottrae all'andamento complessivamente ondivago della giurisprudenza.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In ordine all'ammissibilità di piani del consumatore che prevedano la soddisfazione dei crediti da mutuo ipotecario attraverso pagamenti rateali, diluiti nel tempo, vanno menzionati, a favore: Trib. Verona 20 luglio 2016, in Il caso, che ha omologato un piano del consumatore prevedente il pagamento di un credito derivante da un mutuo bancario (tra l'altro, per importo complessivamente inferiore al totale originario secondo le previsioni contrattuali) in ben 296 rate mensili e Trib. Napoli 21 ottobre 2015, in www.tribunalenapoli.it. Contra: Trib. Rovigo 13 dicembre 2016, in Unijuris(ma si vedano anche i precedenti citati nella stessa decisione in commento); Trib. Treviso 21 dicembre 2016, in Unijuris (che ha dichiarato inammissibile un piano del consumatore che prevedeva il pagamento dei debiti in 120 rate mensili); Trib. Asti 18 novembre 2014, in Il caso. In dottrina, Manente, Gli strumenti di regolazione della crisi da sovraindebitamento dei debitori non fallibili – Introduzione alla disciplina della L. 27 gennaio 2012, n. 3, dopo il c.d. “decreto crescita-bis”, in Dir. fall. 2013, nota 52 afferma che la questione circa la possibilità di dilazionare il pagamento dei crediti privilegiati va risolta secondo l'interpretazione data, sul tema, nel concordato fallimentare e nel concordato preventivo.

In ordine alla necessità di mettere a disposizione l'intero patrimonio del debitore, si segnalano: nel senso che non è necessario mettere a disposizione l'intero patrimonio: Trib. Pistoia 19 novembre 2014, in Il caso, con nota di T. Stanghellini, Forme di interazione tra procedure concorsuali: l'utilizzo di finanza esterna concordataria nella procedura di sovraindebitamento; nel senso che è inammissibile una procedura da sovraindebitamento in cui il debitore non mette a disposizione l'intero suo patrimonio: Trib. Treviso 21 dicembre 2016, cit.

Quanto all'inammissibilità di procedure da sovraindebitamento il cui piano preveda una durata superiore ai cinque anni: Trib. Treviso 21 dicembre 2016, cit.

Circa la questione della nozione d'insolvenza, ai sensi dell'art. 1186 c.c., cfr. Cass. 18 novembre 2011, n. 24330; Cass. 14 maggio 2008, n. 12126; Cass. 17 marzo 1978, n. 1343, in Giust. civ. Mass., 1978.

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