La competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale

26 Febbraio 2018

La Suprema Corte si è occupata di regolare la competenza tra sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale e tribunale ordinario.
Massima

Qualora il contratto di franchising preveda la concessione del diritto di utilizzazione del marchio registrato, tale mera previsione contrattuale è inidonea a fondare ex se la competenza della sezione specializzata nel caso in cui con la domanda attorea vengano dedotti fatti costitutivi della pretesa rispetto al cui accertamento non interferisce in alcun modo la verifica del regime di appartenenza ovvero di utilizzo del diritto di privativa o la violazione dello stesso (Regola la competenza e dichiara la competenza del Tribunale ordinario di Arezzo).

Il caso

Il giudice del tribunale ordinario di Arezzo, decidendo su di un ricorso proposto ex art. 702-bis c.p.c. da una società e relativo alla domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di franchising stipulato con un privato e, in via subordinata, all'accertamento della illegittimità del recesso effettuato da quest'ultimo senza giusta causa, con conseguente condanna al risarcimento del danno, rilevava d'ufficio la propria incompetenza per materia e in tal senso si pronunciava, ritenendo che la controversia spettasse alla competenza per materia della sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale, istituita presso il tribunale ordinario di Firenze, poiché la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di franchising, doveva ritenersi tra le materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza delle sezioni specializzate, poiché – nella fattispecie – con il contratto era stato concesso dal franchisor al franchisee anche l'utilizzo del marchio.

La questione

La Corte di cassazione si pronuncia nei sensi di cui in massima risolvendo la fattispecie sopra descritta. In particolare essa rileva che la domanda della società franchisor era basata sull'inadempimento del contratto per omesso pagamento del contributo di entrata, anche detto “fee” e sulla mancata apertura dell'agenzia nel termine fissato nel contratto. Non veniva, invece, in questione in nessun modo la questione relativa alla esistenza o alla validità del diritto di privativa né le modalità di indebito utilizzo dello stesso. A tal fine, secondo la Corte, non era dirimente la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento proposta dalla convenuta (che deduceva, senza allegare alcuna prova precostituita, che il recesso era giustificato dalla presenza di altro soggetto economico, non affiliato, che nello stesso settore commerciale usava analoga denominazione) per due ragioni:

- in primo luogo per il criterio generale posto dall'art. 10, comma 1, c.p.c., secondo cui le questioni di competenza devono essere verificate in limine litis, sulla base della domanda di parte attrice, senza che rilevino le contestazioni del convenuto;

- in secondo luogo per la utilizzabilità a tale fine delle sole prove costituite allegate agli atti introduttivi, per la necessità di non svolgere una apposita istruzione.

Le soluzioni giuridiche

Il principio esposto in massima può dirsi pacifico nella giurisprudenza della Corte. Infatti già nel 2008 si era precisato che non sussiste un rapporto di interferenza e, di conseguenza, non si ha competenza delle sezioni specializzate, solo quando la decisione sulla denunciata condotta anticoncorrenziale non richiede, neanche indirettamente, l'accertamento dell'esistenza di un diritto di proprietà industriale o intellettuale (Cass. civ., sez. I, 9 aprile 2008, n. 9167, in Riv. dir. ind., 2009, 4-5, II, 329 con nota di Filippelli, La concorrenza sleale interferente con i diritti di proprietà industriale e intellettuale alla luce dei recenti interventi della Corte di Cassazione).

Due anni dopo la Corte ha nuovamente precisato che in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell'art. 3 d.lgs. 27 giugno 2003 n. 168, si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale a tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenta come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Sicché la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale cd. pura, allorché la lesione dei diritti riservati non costituisca, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure in via incidentale nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza (in tal senso Cass. civ., sez. I, 18 maggio 2010, n. 12153, in Riv. dir. ind., 2010, 6, II, 482, s.m.).

Da ultimo la Corte ha affermato che si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Ne consegue che la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale cd. pura, in cui la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure in via incidentale, nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza. In particolare, nella fattispecie concreta, riguardante la violazione di un patto di non concorrenza tra due galleristi d'arte per avere uno di essi aperto la sua galleria a poca distanza dall'altro, la Corte ha riconosciuto una ipotesi di concorrenza sleale "pura", con la conseguente dichiarazione di competenza della sezione ordinaria del tribunale (Cass. civ., sez. VI, 23 settembre 2013, n. 21762; analogamente Cass. civ., sez. VI, 29 ottobre 2013, n. 24418).

Il principio è pacifico anche nella giurisprudenza di merito. Ad esempio si è specificato che spetta alla cognizione della sezione ordinaria la materia della cosiddetta concorrenza sleale pura, mentre spetta alla cognizione della sezione specializzata la concorrenza sleale cosiddetta interferente, che si ha in tutte le ipotesi in cui deve verificarsi se i comportamenti di concorrenza sleale dedotti interferiscono con un diritto di esclusiva relativo all'esercizio del diritto di proprietà industriale o del diritto di autore (Trib. Reggio Emilia, 25 settembre 2014).

Osservazioni

La pronuncia è condivisibile, oltre ad essere in linea con l'orientamento dominante delle sezioni semplici. Poiché, infatti, nella domanda attorea erano dedotti fatti costitutivi della pretesa rispetto al cui accertamento non influiva in alcun modo la verifica del regime di appartenenza o di utilizzo del diritto di privativa, ovvero la sua violazione, la competenza spettava al tribunale ordinario e non alle sezioni specializzate. Infatti, l'art. 134 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 non implica necessariamente un cumulo di domande che siano connesse in senso proprio o improprio, ma è sufficiente che la domanda proposta dall'attore richieda anche solo in via incidentale l'accertamento della esistenza, validità o lesione del diritto di privativa. Cosa che nella fattispecie non si è verificata.

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