Nessun rapporto contrattuale tra l'avvocato che chiede la notifica e Poste Italiane che la esegue su incarico dell'ufficiale giudiziario

Redazione scientifica
28 Febbraio 2018

In caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell'atto notificato a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 1228 c.c., nei confronti dei terzi risponde solo l'ufficiale giudiziario che dell'agente postale si è avvalso quale ausiliario.

Il caso. Il tribunale di Avellino rigettava la domanda di indennizzo proposta da un avvocato nei confronti della società Poste Italiane s.p.a., per il ritardo nella consegna dell'avviso di ricevimento relativo alla notifica effettuata a mezzo posta di atti giudiziari.

Contro tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato, il quale si duole che la Corte di merito abbia posto alla base della sua decisione «l'erroneo presupposto del difetto di legittimazione passiva di Poste Italiane s.p.a.».

Notifica a mezzo del servizio postale. Il servizio di notificazione si basa su di un mandato ex lege tra l'avvocato che richiede la notificazione e l'ufficio notifiche che presta il servizio; l'ufficiale giudiziario, ai sensi della legge n. 890/1982, può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti. Risulta, pertanto, evidente che tra l'ufficiale giudiziario e l'agente postale intercorra un rapporto sulla cui base l'agente, in qualità di ausiliario, adempie al suo incarico, ed è all'ufficiale giudiziario che l'agente postale deve rispondere. L'art. 6 l. n. 890/1982 prevede testualmente che il pagamento della indennità per lo smarrimento dei pieghi «è effettuato all'ufficiale giudiziario», il quale ne corrisponde l'importo «alla parte che ha richiesto la notificazione dell'atto, facendosene rilasciare ricevuta».

La responsabilità dell'ufficiale giudiziario. Dunque, in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell'atto notificato a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 1228 c.c., nei confronti dei terzi risponde solo l'ufficiale giudiziario che dell'agente postale si è avvalso quale ausiliario.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha ritenuto che correttamente il giudice del merito ha riconosciuto il difetto di titolarità passiva del rapporto in capo a Poste Italiane s.p.a.. Ha, pertanto, rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

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