Efficacia generale soggettiva dell’accordo aziendale e inapplicabilità ai lavoratori dissenzienti o aderenti al sindacato non firmatario

Daniela Fargnoli
01 Marzo 2018

L'accordo aziendale firmato solamente da alcuni sindacati ha efficacia generale soggettiva nei confronti di tutti i lavoratori, eccenzion fatta per coloro che aderiscono al sindacato non firmatario di quell'accordo e per i lavoratori dissenzienti. Questi possono agire per farne accertare l'inefficacia nei loro confronti; mentre la legittimazione del relativo sindacato potrebbe riconoscersi nel caso in cui si accertasse il carattere plurioffensivo delle minacce, rivolte ai lavoratori, di irrogare nei loro confronti sanzioni disciplinari per mancato rispetto dell'accordo.
Massima

L'accordo aziendale firmato solamente da alcuni sindacati ha efficacia generale soggettiva nei confronti di tutti i lavoratori, eccenzion fatta per coloro che aderiscono al sindacato non firmatario di quell'accordo e per i lavoratori dissenzienti. Questi possono agire per farne accertare l'inefficacia nei loro confronti; mentre la legittimazione del relativo sindacato potrebbe riconoscersi nel caso in cui si accertasse il carattere plurioffensivo delle minacce, rivolte ai lavoratori, di irrogare nei loro confronti sanzioni disciplinari per mancato rispetto dell'accordo.

Il caso

La segreteria provinciale di un sindacato agiva in giudizio contro Trenitalia S.p.a. lamentando la violazione dell'art. 28 St. Lav. e, dunque, la condotta antisindacale consistita nell'aver la società applicato l'accordo collettivo del 15 settembre 2009 (avente ad oggetto il c.d. ‘agente solo' che prevedeva un solo macchinista in cabina guida) anche ai lavoratori aderenti all'organizzazione ricorrente non firmataria del predetto accordo. Il ricorso veniva dichiarato inammissibile dal Tribunale di Pisa e rigettato nel merito dalla Corte di Appello di Firenze la quale riteneva non potersi considerare antisindacale la condotta denunciata. Ricorre avverso quest'ultima sentenza l'organizzazione sindacale le cui istanze vengono rigettate dalla Suprema Corte.

La questione

Molteplici sono le questioni affrontate da parte della Corte la quale, seguendo l'iter argomentativo prospettato dalla ricorrente, ha:

(i) evidenziato l'insussistenza della condotta antisindacale sulla quale i Giudici d'appello s'erano già pronunciati non incorrendo in alcuna omessa pronuncia. Ed invero, non sussiste violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza per violazione del principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato laddove la sentenza di merito, lungi dal non pronunciarsi sulla domanda proposta in giudizio (solo in tal caso potrebbe sussistere tale vizio) l'abbia, invece, interpretata in maniera difforme a quella proposta dal ricorrente. Ed infatti, costituendo l'efficacia soggettiva dell'accordo aziendale il presupposto della condotta denunciata come antisindacale, si verte in tema di diritti che coinvolgono le posizioni individuali sicché deve escludersi l'antisindacalità della condotta e, al contempo, la legittimazione ad agire dell'organizzazione sindacale non firmataria.

(ii) escluso l'applicabilità, nel caso di specie, della previsione contenuta nell'art. 8, comma 3, D.L. n. 138/2011, convertito in L. n. 148/2011;

(iii) ribadito l'efficacia vincolante anche degli accordi collettivi aziendali, eccezion fatta per i lavoratori iscritti ad associazione sindacale che abbia fatto valere dissenso avverso quell'accordo oppure che siano vincolati da separato e diverso accordo sindacale.

Le soluzioni giuridiche

(i) La legittimazione ad agire - Come è noto, l'art. 28 St. Lav. costituisce uno strumento di tutela inibitoria e repressiva avverso le condotte antisindacali che il legislatore ha, però, inteso attribuire solamente agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse. Tale selettiva individuazione dell'organismo legittimato ad agire è stata così prevista al fine di scongiurare la possibilità di minare la credibilità degli organismi nazionali dei sindacati in caso di esito negativo di accoglimento della doglianza prospettata. Tale opzione, è conforme al dettato costituzionale degli artt. 2, 3 e 39 Cost.: il requisito della nazionalità non svilisce la portata del procedimento di repressione per lavoratori e sindacati che possono sempre agire in via ordinaria (ex art. 414 c.p.c. ovvero ex art. 700 c.p.c.) a tutela dei propri diritti. Il requisito della nazionalità deve essere individuato valorizzando il dato della “effettiva e concreta organizzazione” dandosi rilievo non alla firma del CCNL ma alla capacità di imporsi come controparte contrattuale nella regolamentazione dei rapporti lavorativi (Cass. sez. lav., 12 gennaio 2011, n. 548); potendosi anche intendere il requisito di nazionalità in senso ponderato quando l'azione sindacale sia svolta a livello di categoria pur non coprendo l'intero territorio nazionale; tanto da non esigersi che l'associazione sia parte di una confederazione, né sia intercategoriale e nemmeno che si tratti di un sindacato maggiormente rappresentativo.

L'interesse ad agire nell'art. 28 - L'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) non postula necessariamente che il sindacato abbia ricevuto un danno dal comportamento indicato come antisindacale; ma l'accertamento della illiceità della condotta dichiarata antisindacale deve permettere di soddisfare un interesse concreto di ognuno dei sindacati operanti in quel determinato settore territoriale o aziendale e l'interesse persiste sino a quando gli effetti del comportamento datoriale censurato abbiano il carattere dell'attualità.

(ii) Portata retroattiva dell'art. 8, comma 3, D.L. n. 138/2011 - La sentenza nega la natura retroattiva dell'art. 8, comma 3, D.L. n. 138/2011 (conv. in L. n. 148/2011) per il quale le disposizioni dei contratti collettivi aziendali vigenti, approvati prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci verso tutto il personale delle unità produttive cui il contratto si riferisce, purché sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori. Nel caso dell'art. 8, comma 3 si è, invece, in presenza di una retroattività apparente atteso che esso prevede un meccanismo affinché i contratti aziendali (anche anteriormente stipulati) possano acquisire per il futuro efficacia erga omnes; ma non la nega per i fatti già verificatisi prima della sua emanazione e regolati da quegli stessi contratti aziendali.

(iii) Sulla efficacia dell'accordo collettivo aziendale - Posto che gli accordi collettivi aziendali hanno efficacia vincolante analoga a quella dei contratti nazionali in quanto atti di autonomia sindacale riguardanti una pluralità di lavoratori collettivamente considerati (Cass. sez. lav., n. 6695/1988; Cass. sez. lav., n. 2808/1984; Cass. sez. lav., n. 423/1984; Cass. sez. lav., n. 718/1983 e Cass. sez. lav., n. 300/1981) e destinati ad introdurre una disciplina collettiva uniforme dei rapporti di lavoro (sia pure limitatamente ad una determinata azienda o parte di essa - Cass. sez. lav., n. 3047/1985), la Corte ribadisce come la contrattazione aziendale possa derogare anche in peius il CCNL (eccezion fatta per i diritti quesiti), non operando l'art. 2077 c.c. che concerne solamente i rapporti tra contratto individuale e collettivo (Cass. sez. lav., n. 19396/2014 e Cass. sez. lav., n. 6516/2002).

Tuttavia, la generale efficacia soggettiva dei contratti collettivi aziendali non può essere estesa anche ai lavoratori che aderendo ad una organizzazione sindacale diversa da quella firmataria dell'accordo, ne condividano l'esplicito dissenso. Pertanto è illecita la pretesa del datore di lavoro di imporre le obbligazioni derivanti da quell'accordo a questi lavoratori, unici legittimati ad agire avverso quell'accordo (Cass. sez. lav., n. 10353/2004).

Osservazioni

Con la sentenza in esame la Cassazione si sofferma sulla valenza dell'efficacia soggettiva degli accordi collettivi aziendali anche nei confronti di lavoratori che aderiscano ad un sindacato che quell'accordo non ha firmato ovvero che (in ipotesi) siano vincolati ad un diverso e separato accordo sindacale.

Questa problematica ne introduce anche un'altra: se possa riconoscersi “in concreto” legittimazione ad agire, ai sensi dell'art. 28 St. Lav., all'organizzazione sindacale non firmataria di un accordo aziendale nel caso in cui assumano carattere plurioffensivo le minacce di sanzioni disciplinari indirizzate verso quei lavoratori che, in quanto iscritti a quel sindacato, si rifiutino di dar corso all'accordo.

L'accoglimento della tesi che riconosce a tali contratti una efficacia generalizzata nei confronti di tutti i lavoratori è stata mitigata dal principio secondo il quale, data la natura di diritto comune di tali contratti, questi devono ritenersi inefficaci nei confronti di coloro che siano iscritti alle associazioni sindacali non firmatarie ovvero che, anche se non iscritti, abbiano manifestato rispetto ad essi un esplicito dissenso.

E, se minori difficoltà possono apparire nei confronti di lavoratori appartenenti ad una organizzazione sindacale, diverso è stato il caso in cui si è dovuto esaminare il consenso individuale sia esso espresso o tacito: ed infatti, è stato ritenuto potersi correttamente applicare il contratto aziendale anche a coloro che, pur essendo non iscritti al sindacato, vi abbiano prestato implicitamente adesione anche per fatti concludenti (Cass. sez. lav., n. 2664/1992); finanche escludendosi la condotta antisindacale ove il lavoratore (pur iscritto all'organizzazione non firmataria) avesse manifestato, in maniera espressa, il suo assenso all'intesa. Di contro, l'applicazione dell'accordo agli iscritti al sindacato dissenziente non individualmente consenzienti è stata ritenuta violativa dell'art. 28 Stat. Lav. (Pret. Cosenza del 17 febbraio 1997; Pret. Bologna 5 maggio 1992).

Si tratta, dunque, di un tema di non poco conto e ciò anche in considerazione del fatto che come noto - e come, del resto ribadito anche dalla Suprema Corte - sfuggendo l'accordo aziendale all'applicazione dell'art. 2077 c.c. che concerne esclusivamente i rapporti tra contratto individuale e contratto collettivo, la contrattazione aziendale può derogare anche in peius (per i lavoratori) il contratto collettivo nazionale; eccezion fatta per i diritti quesiti inerenti prestazioni lavorative già rese.

Se è, peraltro, confermato che la legittimazione ad agire onde ottenere l'accertamento dell'inefficacia dell'accordo collettivo spetti esclusivamente ai singoli lavoratori, sembra tuttavia registrarsi un'apertura da parte della Cassazione la quale, in limine, riconosce la possibilità di riconoscere tale attribuzione anche all'organizzazione sindacale in caso di riconosciuto carattere plurioffensivo del comportamento datoriale teso a minacciare i lavoratori dissenzienti con sanzioni.

Pur non potendo la Corte pronunciarsi su tale questione (poiché non espressamente prospettata all'interno del ricorso dell'associazione sindacale) non è da escludersi il possibile riconoscimento dell'interesse ad agire anche dell'organizzazione, laddove venga prospettata e dimostrata la natura plurioffensiva di una ipotetica condotta che pur incidendo direttamente sulla posizione del singolo dipendente venga ad interferire nella sfera giuridica del sindacato con lesione dei suoi diritti strettamente collegati a quelli del dipendente.

Guida all'approfondimento

- G. Santoro Passarelli, Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Torino, 2014, pagg. 1839 e ss.;

-

A. Vallebona, Breviario di diritto del lavoro, Torino, 2005, pag. 163;

- M. Pedrazzola, Tutela penale dell'ordine del giudice e restaurazione dei diritti sindacali nell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1971, pag. 819.

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