Opposizione ex art. 615 c.p.c. e titolo esecutivo giudiziale
05 Marzo 2018
Massima
In sede di opposizione ad una esecuzione promossa sulla base di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, la contestazione del diritto a procedere all'esecuzione forzata può essere fondata su ragioni attinenti ai vizi di formazione del provvedimento fatto valere come titolo esecutivo solo quando questi ne determinino l'inesistenza giuridica, dovendo gli altri vizi del provvedimento e le eventuali ragioni di ingiustizia della decisione che ne costituiscano il contenuto essere fatte valere in sede di impugnazione del titolo. Il caso
In un giudizio di risarcimento danni, nella contumacia della stessa, la parte convenuta veniva condannata al pagamento di una determinata somma di denaro. Ricorreva per cassazione la parte soccombente deducendo l'invalidità della notifica dell'atto di impugnazione in secondo grado ed ottenendo, per l'effetto, inibitoria parziale, ex art. 373 c.p.c., nella misura di 2/3 della somma. Al contempo, la stessa pretesa danneggiante proponeva giudizio di querela di falso in via principale, con riferimento alle attestazioni contenute nella relata di notifica dell'atto di appello. Iniziata espropriazione forzata presso terzi ad opera delle parti attrici vittoriose in sede di gravame, entro i limiti di permanente esecutività del titolo, la debitrice contestava mediante opposizione all'esecuzione la carenza del credito essendo stata resa la sentenza di secondo grado in contumacia involontaria. Sia il giudice dell'esecuzione nella fase sommaria dell'opposizione, che il collegio in sede di reclamo rigettavano l'istanza di sospensione della procedura esecutiva, in ragione dell'inammissibilità nell'ambito dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta avverso un titolo esecutivo giudiziale di censure afferenti la validità dello stesso.
La questione
La questione esaminata dalla pronuncia in commento attiene al coordinamento, nell'ambito dei motivi di opposizione deducibili ex art. 615 c.p.c., ove l'esecuzione sia fondata su titoli di natura giudiziale, con il generale principio, dettato dall'art. 161 c.p.c. di conversione dei vizi di nullità degli stessi in motivi di gravame. Le soluzioni giuridiche
La decisione in esame ribadisce il consolidato orientamento per il quale nel giudizio di opposizione all'esecuzione promossa in base a titolo esecutivo di formazione giudiziale la contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata può essere fondata su ragioni attinenti ai vizi di formazione del provvedimento fatto valere come titolo esecutivo solo quando questi ne determinino l'inesistenza giuridica, dovendo gli altri vizi del provvedimento e le eventuali ragioni di ingiustizia della decisione che ne costituiscano il contenuto essere fatte valere, se ancora possibile, nel corso del processo in cui il provvedimento è stato emesso (v., tra le molte, Cass. civ., 18 febbraio 2015, n. 3277). Il tribunale precisa che, peraltro, nonostante la indubbia peculiarità della fattispecie esaminata, era stato già valutato in sede di gravame entro quali limiti poteva essere sospesa l'efficacia esecutiva del titolo azionato. Osservazioni
La decisione in commento è conforme all'interpretazione del sistema, correlata al combinato disposto degli artt. 161 e 615 c.p.c.. Invero, se mediante l'opposizione all'esecuzione può, tra l'altro, essere contestato il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata sotto il profilo dell'an e del quantum debeatur, in detta ipotesi è necessario distinguere, quanto al novero dei motivi deducibili in sede di opposizione all'esecuzione, tra titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali, poiché per le sentenze ed i provvedimenti emanati dall'autorità giudiziaria opera il principio di conversione dei vizi di nullità in motivi di gravame sancito dall'art. 161 c.p.c.: in altri termini, il vizio non potrà essere contestato in sede di opposizione all'esecuzione ma soltanto mediante impugnazione. La violazione della predetta regola da parte dell'opponente costituisce infatti causa di inammissibilità, e non di infondatezza, dell'opposizione, e come tale è rilevabile d'ufficio dal giudice anche in grado d'appello (Cass. civ., n. 26948/2014). Numerose le applicazioni di tale regola generale. Tra le più ricorrenti si segnala l'incontroverso assunto per il quale nel giudizio di opposizione all'esecuzione promossa in forza di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, il debitore esecutato non può contestare la correttezza o meno del titolo giudiziale negando il fondamento del diritto fatto valere nei suoi confronti per ragioni processuali o di merito che avrebbe dovuto far valere tempestivamente nel giudizio a opposizione a decreto ingiuntivo (Trib. Monza, sez. II, 27 novembre 2013). Inoltre, nel caso di esecuzione forzata intrapresa in forza di un decreto ingiuntivo, occorre distinguere tra l'ipotesi di deduzione dell'inesistenza della notificazione del titolo, che si verifica ogniqualvolta essa viene effettuata in luogo o a mano di persona privi di ogni tipo di relazione con l'ingiunto, e che comporterebbe senz'altro la necessità del ricorso al rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., e quella invece in cui se ne deduca la nullità, per la quale è esperibile soltanto il rimedio dell'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 c.p.c. entro il termine di cui al comma 3 (v., ex ceteris, Cass. civ., n. 1219/2014). Per altro, con l'opposizione al precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento, determinato a favore del figlio in sede di separazione, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, che devono essere dedotti nell'ambito del procedimento di modifica delle condizioni della separazione di cui all'art. 710 c.p.c. (Cass. civ., n. 20303/2014); il potere decisorio del giudice dell'opposizione al precetto, in sede di attuazione coattiva di statuizioni di contenuto non economico involgenti la prole minorenne, contenute nella sentenza definitiva di divorzio, è limitato all'accertamento negativo della sussistenza del diritto del precettante di procedere all'esecuzione forzata in riferimento al momento in cui essa è iniziata, senza poteri di incisione o modifica sull'azionato titolo e senza che possano essere valutate circostanze di fatto sopravvenute a detto momento, che, peraltro, se impedienti il risultato prescritto dal titolo esecutivo giudiziale, quand'anche nel superiore interesse del minore, andranno verificate non in sede di opposizione al precetto ma dal giudice dell'esecuzione, cui è devoluto anche il compito di stabilire le modalità attuative del titolo in questione (Cass. civ., n. 19344/2013). Tuttavia, possono essere fatte valere con l'opposizione all'esecuzione fondata su un titolo esecutivo giudiziale i vizi che non soggiacciono alla regola di cui all'art. 161 c.p.c. di conversione della nullità in motivi di gravame: ad esempio, può essere denunciata mediante opposizione all'esecuzione, oltre che l'inesistenza della sentenza, l'inidoneità della sentenza a fungere da titolo esecutivo, per l'assenza di carattere condannatorio, ovvero per essere la condanna solo generica (Cass. civ., n. 4723/1977), o emessa nei confronti di soggetto deceduto (Cass. civ., n. 11153/2002). Sotto altro profilo, anche se l'esecuzione si basa su un titolo giudiziale, l'opponente potrà far valere tutti i fatti successivi alla formazione del titolo, come, ad esempio, il pagamento della somma richiesta in sede esecutiva o la stipula di una transazione novativa con il creditore. In detta prospettiva è stato ad esempio affermato che poiché l'ordinanza di assegnazione resa dal giudice dell'esecuzione all'esito di un procedimento di pignoramento presso terzi, anche se non idonea al giudicato costituisce titolo esecutivo di formazione giudiziale che, munito di formula esecutiva, può essere a sua volta portato in esecuzione dal creditore assegnatario nei confronti del terzo pignorato, sicché legittimamente quest'ultimo si avvale dell'opposizione all'esecuzione ove intenda opporre al creditore assegnatario fatti estintivi o impeditivi della sua pretesa sopravvenuti alla pronuncia del titolo esecutivo ovvero per contestare la pretesa azionata con il precetto (Cass. civ., n. 11493/2015). |