La sopra indicata ordinanza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze di revoca del provvedimento presidenziale appare condivisibile, per i seguenti motivi.
L'art. 12, comma 10, D.Lgs. n. 546/1992, come da ultimo modificato dall'art. 9, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 156/2015, con effetti dal 1° gennaio 2016, dispone che nell'ambito del procedimento tributario si applichi l'art. 182 c.p.c.
Tale norma, modificata dall'art. 46, comma 2, L. n. 69/2009, dispone che il giudice verifichi la regolarità della costituzione delle parti, invitandole, quando occorra, a completare ovvero a regolarizzare gli atti e i documenti che riconosca come “difettosi”.
Già prima dell'espresso richiamo all'art. 182 c.p.c. introdotto, in seno all'art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, dal D.Lgs. n. 156/2015, era ritenuta pacifica l'applicazione di tale norma di rito all'ambito del processo tributario, avuto riguardo alla generale previsione ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992: il giudice tributario applica le norme del c.p.c., per quanto compatibili col processo tributario (v., in senso conforme, v. Agenzia delle Entrate, Circolare n. 17/E del 31 marzo 2010).
La ratio del riformato art. 182 c.p.c. trova fondamento nel tentativo di contenere i pregiudizievoli effetti legati al rigore procedurale circa i profili di nullità degli atti processuali, favorendo, così, l'accesso al merito delle controversie, in conformità al principio d'effettività della tutela giurisdizionale (M. Negri, Sub art. 182, in C. Consolo-M. De Cristofaro (a cura di), Codice di procedura civile commentato. La riforma del 2009, Milano, 2009).
In base all'art. 182 c.p.c., qualora il giudice rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza e/o autorizzazione, nonché un vizio che determini la nullità della procura, assegna un termine, perentorio, per la costituzione di colui cui spetti la rappresentanza e/o l'assistenza, previo rilascio delle necessarie autorizzazioni ovvero della procura alle liti.
Il rispetto del suddetto termine “sana”, in ogni caso, i vizi dell'atto: gli effetti, sostanziali e processuali, della domanda si producono, così, sin dal momento dell'originaria notificazione dell'atto introduttivo (per gli effetti di retroattività della norma, ed anche per i correlati possibili abusi: C. Consolo, Una buona “novella” al c.p.c.: la riforma del 2009 va ben al di là della sola dimensione processuale, in Corr. Giur. n. 6/2009).
Non è dunque lasciata al giudice alcuna opzione discrezionale: egli è tenuto a concedere alla parte un termine affinché possa sanare il vizio (A. Russo, Espressamente ammissibile nel processo tributario la sanatoria per vizi di rappresentanza, in Il fisco, n. 8/2016).
È peraltro evidente che ove il contribuente ometta, nel termine assegnato, di sanare la violazione, conseguirà la pronunzia di inammissibilità dell'atto. Il secondo comma dell'art. 182 c.p.c. fa espresso riferimento ai casi di “nullità” della procura.
Il vizio è quindi sanabile sole ove lo stesso sia correlato a profili di nullità dell'atto, non già qualora la procura sia inesistente (Cass. civ., Sez. un., 10 maggio 2006, n. 10706; in dottrina: G. Pagani, La rappresentanza del contribuente davanti agli Uffici: procura alle liti e problematiche connesse, in Il fisco, n. 31/2012).
Per inciso: ben diversa da quest'ultima fattispecie (procura inesistente, in presenza di ricorso sottoscritto dal difensore, cui consegue l'inammissibilità), la fattispecie che attiene a ricorso relativo a lite superiore ad euro 2.582,28 che sia sottoscritto direttamente dal contribuente, in assenza di procura conferita a difensore abilitato.
In quest'ultimo caso, il vizio è sanabile: il presidente dell'organo giudicante ordina al contribuente di munirsi di assistenza tecnica ai sensi di legge, entro un determinato termine; solo la mancata osservanza di tale termine da parte del contribuente genera l'inammissibilità del ricorso (Corte Cost., 13 giugno 2000, n. 189; Cass., Sez. un., 2 dicembre 2004, n. 22601; in dottrina: F. Pistolesi, Ulteriori considerazioni sul dibattuto tema della sottoscrizione del ricorso introduttivo del processo tributario, in GT-Riv. giur. trib., n. 9/2003).
Sotto altro profilo, l'art. 18, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992 sancisce con l'inammissibilità, esclusivamente, il ricorso che sia privo dell'indicazione della Commissione tributaria adita, del ricorrente e del proprio legale rappresentante, dell'ente nei cui confronti il ricorso sia proposto, dell'atto oggetto d'impugnazione, dell'oggetto della domanda, dei motivi.
Il ricorso è altresì inammissibile qualora lo stesso non sia sottoscritto dal difensore.
In questo quadro, la mancata sottoscrizione ai fini d'autentica della procura non può dunque che integrare solo una mera irregolarità, che l'art. 12, comma 10, D.Lgs. n. 546/1992 – come visto – consente di “sanare”, ricorrendo alle disposizioni ex art. 182 c.p.c.
Quanto sopra trova conferma nella giurisprudenza della Suprema Corte.
Secondo la Cassazione, infatti, la mancata autenticazione da parte del difensore della firma apposta dal contribuente sulla procura costituisce “mera irregolarità”, non determinando alcuna nullità dell'atto, sanzione non prevista dalla legge; d'altra parte, tale irregolarità non è idonea ad incidere sul raggiungimento dello scopo dell'atto, ovverosia la costituzione in giudizio del difensore ai fini della corretta instaurazione del processo tributario (Cass., civ. sez. V, 12 maggio 2010, n. 11446).
In senso conforme, secondo il Supremo Collegio: “la mancata certificazione, da parte del difensore, dell'autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso […] costituisce una mera irregolarità, che non comporta la nullità del mandato ad litem, poiché tale nullità non è comminata dalla legge né la predetta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto – individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato –, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l'autografia della firma non autenticata” (Cass., civ. sez. V, 27 gennaio 2012, n. 1166).
Del resto, secondo la Suprema Corte: “l'apposizione del mandato a margine del ricorso già redatto esclude ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore letterale dei termini usati nella redazione dell'atto, con la conseguenza che, in questi casi, il ricorso va dichiarato ammissibile, anche qualora la procura sia redatta in termini generici o siano stati utilizzati timbri predisposti per altre evenienze” (Cass. civ., sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23166).
Si richiama infine, sul punto, l'insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui l'art. 182, comma 2, c.p.c., come modificato dall'art. 46, comma 2, L. n. 69/2009, deve essere interpretato “nel senso che il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio, indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali” (Cass., Sez. un., 19 aprile 2010, n. 9217).