La Legge di Bilancio 2018 e la nuova disciplina del prestito sociale
08 Marzo 2018
Premessa
A distanza di poco più di un anno dalla pubblicazione da parte di Bankitalia del provvedimento 9 novembre 2016 in tema di raccolta del risparmio dei soggetti altri rispetto alle banche, il legislatore è intervenuto a regolare il prestito sociale. Le norme dai commi 238 al 243 dell'art. 1 L. n. 205/2017 (Legge di Bilancio) oltre a fissare due principi fondamentali, prefigurano l'adozione di un regolamento da parte del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR) e quindi un D.M. del Ministero dello Sviluppo Economico perché sia messo finalmente ordine alle modalità della raccolta (limiti e garanzie) così come le forme ed i modi del controllo. Già si è dato conto delle novità in tema di governance e di vigilanza delle società cooperative (si veda il precedente Focus, in questo portale: Legge di Bilancio 2018: la mini riforma in tema di governance e vigilanza sulle cooperative). Le novità in questo settore non finiscono però qui, perché il legislatore ha inteso inserire nel pacchetto di disposizioni di fine 2017 anche nuove norme in tema di prestito sociale. Quella del prestito sociale, anche definito prestito da soci, è una prassi inveterata nelle grandi cooperative del settore consumo, dove il prestito sociale costituisce la forma di finanziamento interno più rilevante, al punto da superare per ammontare lo stesso loro fatturato annuo. Ma anche nelle cooperative di produzione e lavoro la prassi in parola è stata ed è tuttora molto praticata. E non solo per ragioni di grande fidelizzazione del socio di cooperativa, che lo porta volentieri a finanziare la proprie cooperativa, ma anche per le misure fiscali che hanno spesso favorito l'instaurarsi di questo rapporto con il socio, altro rispetto a quello mutualistico in senso stretto. Il prestito sociale è contratto atipico con elementi del conto corrente, del mutuo e del deposito irregolare: esso si concreta in un deposito di denaro (per il quale sono fissati limiti individuali nell'ammontare massimo), originariamente effettuato “a vista” (oggi non più, per quanto infra si dirà) in cui depositi e prelievi vengono operati senza particolari formalità e procedure presso la sede legale o una o più sedi operative (punti di vendita delle cooperative di consumo). Le operazioni vengono annotate su un libretto (esente dall'imposta di bollo) oppure su una tessera magnetica e su di esse non si applicano commissioni. Proprio perché quella in parola è una forma di raccolta del risparmio, seppur all'interno della sola compagine sociale, ha trovato disciplina non nel codice civile bensì nel Testo Unico Bancario e in apposite delibere del CICR emanate ai sensi dell'art. 11 dello stesso testo normativo (da ultimo quella del 19 luglio 2005). In essa si prevedeva che la raccolta, se espressamente contemplata per statuto e disciplinata a mezzo apposito regolamento, doveva riguardare esclusivamente soci iscritti da almeno tre mesi, mentre l'ammontare dei prestiti non poteva eccedere il triplo del patrimonio risultante dell'ultimo bilancio approvato (tetto elevabile sino ad un quintuplo in presenza di particolari garanzie) oltre a misure rivolte a garantire la trasparenza delle operazioni a tutela dei soci e del risparmio in generale. Sono stati fissati tetti anche all'ammontare massimo del prestito accordabile da ogni singolo socio così come alla remunerazione (limite, imposto dalla legge tributaria, che non può superare di due punti e mezzo il rendimento dei buoni postali fruttiferi). Si aggiunga che la disciplina speciale riguardava unicamente le società con più di cinquanta soci. Lo stesso legislatore fiscale, in un'ottica di favore nei confronti di tali operazioni aveva nel tempo accordato una serie di misure agevolative, non di scarso momento. Il fenomeno, nel corso del tempo, ha quindi assunto proporzioni ragguardevoli che spesso hanno portato le cooperative ad eccedere nella raccolta, talvolta impiegata per finalità non del tutto coerenti con l'oggetto sociale. Il provvedimento di Bankitalia del 9 novembre 2016
Il 9 novembre 2016 Banca d'Italia era ulteriormente intervenuta attraverso la pubblicazione di un provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti altri rispetto alle banche che aggiornava la disciplina emessa ai sensi dell'art. 11 del T.U.B. e dalla deliberazione CICR del 19 luglio 2005. Il provvedimento, entrato in vigore il 1 gennaio 2017, a detta di Bankitalia, era finalizzato a rafforzare la tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche. In esso viene chiarito che la raccolta del risparmio consiste “nell'acquisizione di fondi con obbligo di rimborso” e che detta attività è vietata ai soggetti diversi dalle banche salve alcune deroghe per cui, ad esempio, non è considerata raccolta di risparmio quella presso “specifiche categorie di soggetti individuate in ragione di rapporti societari e di lavoro”. Il provvedimento si caratterizza per tre novità. Non viene richiesto alcun requisito ulteriore rispetto allo status di socio (diversamente dagli interpreti che sino a quel momento opinavano fosse necessaria l'iscrizione a libro soci da almeno tre mesi). Viene quindi fissato un preciso limite patrimoniale: la raccolta di risparmio presso i soci non può eccedere il triplo del patrimonio della cooperativa, tale dovendosi intendere “l'ammontare complessivo del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato”. Il provvedimento ribadisce, da ultimo, il divieto di raccolta a vista per i soggetti diversi dalle banche. In particolare, per impedire che il divieto possa essere aggirato, precisa che sono da considerarsi “a vista” non solo la raccolta rimborsabile su richiesta del depositante immediatamente o con preavviso inferiore a 24 ore ma anche quella per la quale è previsto un termine di preavviso più lungo se il soggetto che ha raccolto i fondi si riserva la facoltà di rimborsare il depositante contestualmente alla richiesta o prima della scadenza del termine di preavviso. Rafforzava inoltre la garanzie patrimoniali richieste alle cooperative che ricevono prestiti da soci per un ammontare complessivo superiore a tre volte il proprio patrimonio (e comunque entro il limite massimo di cinque volte); precisava i criteri per la determinazione dell'ammontare del patrimonio a tal fine ed introduceva maggiori obblighi di trasparenza per accrescere la consapevolezza dei risparmiatori sulle caratteristiche e sui rischi del prestito sociale. Le nuove disposizioni regolamentari di Bankitalia avevano poi indotto Legacoop ad emanare istruzioni operative in punto rimborso e modalità dello stesso (quanto a caratteristiche, modalità e forma). Sta di fatto che le vicende legate a due grandi cooperative dell'est del Paese (CoopCa e Coop Operaie di Trieste) che avevano provocato l'intervento di Bankitalia (si rammenta che la stessa pur avendo poteri di indirizzo non ha poteri di vigilanza sull'operato delle cooperative laddove queste si servano dello strumento del prestito sociale) avevano acceso i riflettori su oltre quattordici miliardi di risparmi degli italiani affidati alle grandi cooperative di consumo (dodici e mezzo soltanto alle società affiliate a LegaCoop) ed indotto il Governo ad intervenire secondo le seguenti linee direttrici esposte dal Vice Ministro dell'Economia ai primi di ottobre dello scorso anno alla Camera dei Deputati . In risposta ad un'interpellanza urgente presentata da alcuni deputati, aveva assicurato di essere impegnato nella definizione di una nuova disciplina tramite emendamenti da presentarsi al disegno di legge in discussione al Senato, Detta disciplina avrebbe comportato: a) limiti più severi alla possibilità di raccolta del prestito sociale in rapporto al patrimonio netto della cooperativa; b) obbligo di mantenimento di una parte del prestito raccolto in liquidità pari ad almeno il 30%; c) forme di garanzie per i soci e per assicurare a stabilità delle stesse società; d) previsione di obblighi di informazione, trasparenza e responsabilità in capo sia agli organi amministrativi che ai revisori; e) l'effettività della vigilanza ad opera del Ministero dello Sviluppo Economico. Il legislatore è intervenuto nella Legge di bilancio, questa volta con alcune disposizioni particolarmente mirate Anzitutto il comma 238 stabilisce una regola mai espressamente enunciata ma doverosa e cioè quella secondo cui le somme raccolte tra i soci devono essere funzionali al perseguimento dell'oggetto sociale, ex art. 2521 comma 3, n. 3 c.c. Ciò mira a reprimere, come avvenuto per il passato, operazioni di mera finanza, anche infra gruppo, che non portavano benefici di nessun genere allo sviluppo della cooperativa ma solo all'apparente rafforzamento finanziario della società (se non per altri fini non commendevoli). La legge parla anche di “scopi sociali” ma senza che l'espressione, evidentemente atecnica, possa incidere o integrare quella di oggetto sociale che è l'unica che abbia senso compiuto. Si potrebbe dire, con terminologia mutuata dall'economia, che il prestito sociale deve essere impiegato per la crescita e lo sviluppo della cooperativa e non per fini meramente speculativi. Forse l'espressione strettamente funzionale non è la più idonea: sarebbe stato più consequenziale ad una riforma che si muovesse lungo i binari del rigore che venisse fatto espresso riferimento al core business delle cooperative (siano esse di consumo ma anche di produzione e lavoro o agricole) Sempre in ordine alle caratteristiche del prestito non va sottovalutato che Bankitalia stabilisce che la raccolta deve avvenire con modalità diverse dall'emissione di strumenti finanziari e purché tale facoltà sia espressamente prevista per statuto e per prassi consolidata dello stesse società, sulla scorta di apposito regolamento. Il comma 239, invece, stabilisce che alle somme versate dai soci delle cooperative a titolo di prestito sociale non si applica l'art. 2467 c.c., per cui le somme versate per detto scopo non sono postergate rispetto alla soddisfazione di altri creditori così come avviene per il rimborso dei finanziamenti ordinari dei soci, operati a favore delle loro società. Così come non ci applica la seconda parte di detta norma che ne imporrebbe la restituzione se il rimborso venisse operato nell'anno precedente la declaratoria di fallimento. Trattasi di una disposizione che ha sollevato più di una critica sugli organi di stampa, ed in Parlamento perché presa sull'onda delle emozioni suscitate dai casi Banca Etruria, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Qualcuno ha sostenuto che l'emendamento, che ha dato corpo al comma 239, ha finito per tutelare i soci che affidano i propri risparmi in cooperativa come se fosse una banca ignorando che il prestito sociale non sarebbe risparmio ma capitale di rischio come tale da postergare per definizione e quindi da soddisfare solo dopo che siano statu soddisfatti dipendenti, fornitori e banche. In effetti vista dall'angolo visuale di Bankitalia, quello dei soci di società cooperativa è risparmio finalizzato a consentire lo sviluppo dell'impresa ma pur sempre risparmio e come tale il relativo credito non dovrebbe essere postergato rispetto alla soddisfazione di altri creditori (fornitori e banche). La materia peraltro è controversa e la norma così come concepita potrebbe suscitare dubbi di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 3. Il riferimento ad una norma, quale l'art. 2467 del codice civile, collocato nella disciplina della società a responsabilità limitata ma adesso applicabile ad ogni società cooperativa, indipendentemente dalla disciplina societaria di riferimento, sgombra il terreno da ogni perplessità, pur tenendo conto del fatto che gli interpreti sono per lo più dell'avviso che l'ambito di applicazione del principio fissato in detta norma si estenda anche alle società per azioni se non a tutte le società e quindi non solo alle società a responsabilità limitata. I limiti alla raccolta e le forme di garanzia
Il comma 240 affida al Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR) il compito di definire i limiti alla raccolta e le relative forme di garanzia. Nel formulare i limiti il Comitato dovrà attenersi ai seguenti criteri: a) prevedere che l'ammontare complessivo del prestito, una volta a regime, e quindi chiusosi il regime transitorio, non possa eccedere il triplo del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato; b) prevedere che nel periodo transitorio, il rispetto del limite predetto costituisca condizione per la raccolta di prestito ulteriore rispetto all'ammontare risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato; c) prevedere che ove l'indebitamente complessivo dei soci ecceda euro 300.000 e risulti superiore all'ammontare del patrimonio netto, l'ammontare generale dei prestiti sia coperto fino al trenta per cento da garanzie reali o personali o mediante la costituzione di un patrimonio separato previa iscrizione della delibera ai sensi dell'art. 2436 c.c. o mediate adesione della cooperativa ad uno schema di garanzia dei prestiti sociali che garantisca almeno il trenta per cento del prestito; d) delineare i più eclatanti obblighi di informazione e di pubblicità a cui sono tenute le società cooperative che ricorrono al prestito sociale in misura eccedente i limiti indicati poco sopra indicati; e) definire i modelli organizzativi e le procedure per la gestione del rischio che le società cooperative debbono adottare nei casi il cui il ricorso all'indebitamento verso i soci “assuma significativo rilievo in valore assoluto” o quando “ecceda del doppio il patrimonio netto”. Premesso che spetterà appunto al CICR di dar corpo a limiti e garanzie, va evidenziato che l'abbassamento della soglia massima di indebitamento va nel senso di una più prudenziale gestione del prestito senza, però, responsabilizzare adeguatamente amministrazione e collegio dei revisori, più di quanto la loro carica già non li responsabilizzi, mentre l'innalzamento della soglia delle garanzie che vanno prestate allorché l'indebitamento superi il patrimonio netto (e salvo valutare le modalità in concreto delineate dal CICR) opera nel senso di attenuare il rischio più di quanto non avvenga adesso, senza immobilizzare una parte del debito (trenta per cento) come inizialmente ipotizzato dal Governo. Non si comprende invero perché la maggior trasparenza ed i maggiori oneri pubblicitari dovrebbero scattare solo in caso di superamento della soglia di rischio. I buoi andrebbero controllati prima che escano dalla stalla e non quando si accingono ad uscire dalla medesima. Senza contare che misure di questo genere se non generalizzate finirebbero per creare il panico tra i soci anche in caso di accertato minore livello di rischio. La trasparenza e l'informazione rivolta ai soci, al mercato ed gli stakeholders dovrebbe essere piena e prescindere dalla soglia di rischio. Infine, il criterio di cui al punto e) ingenera altrettanta perplessità non solo e non tanto quando l'ammontare dell'indebitamento assuma “significativo rilievo in valore assoluto” posto che dovrà essere il CICR a dare contenuto alla definizione quanto piuttosto perché non si comprendono quali “modelli organizzativi” possano essere imposti insieme alle procedure per la gestione del rischio. Anche in questo caso meglio prevenire che tamponare o cercare di mettere in quarantena. Non sono state invece prese in considerazione altre soluzioni, alcune ancora più “impegnative” del tipo istituzione di un'autorità di vigilanza indipendente (come contenuto nel ddl depositato ad aprile 2017 da Sinistra Italiana, primo firmatario Giovanni Paglia) con l'obbligo di costituire un fondo di garanzia su base nazionale (al pari delle banche) oppure, così come proposto da Federconsumatori, quello di costituire un fondo di diritto privato ed indipendente riconosciuto da Banca d'Italia a cui le cooperative che intendono raccogliere prestiti siano tenute a partecipare versando una quota percentuale del prestito. Non è mancata un'iniziativa di Legacoop su basi evidentemente volontaristiche, che prevede di garantire il 30% della raccolta totale attraverso polizze, con obbligo di mantenere liquido altro trenta per cento. E' invece prevalsa la soluzione istituzionale, demandando al CICR il compito di individuare una sorta di regolamento a cui le cooperative che intendono raccogliere prestiti dai soci, sono tenute ad uniformarsi. Un impianto siffatto, seppur discutibile, presupponeva che vi fossero strumenti di controllo oggi di fatto assenti atteso che Bankitalia esercita la vigilanza solo sulle banche e non sulle società, sebbene non abbia mancato di sensibilizzare il mercato attraverso il provvedimento di fine 2016 che riguarda la raccolta del risparmio da parte di soggetti non bancari e quindi non solo i prestiti sociali ma anche, tra l'altro, la raccolta mediante strumenti finanziari, la raccolta nell'ambito dei gruppi, la raccolta delle società finanziarie ed il social lending. Del resto lo stesso Ministero per lo Sviluppo Economico, che esercita la vigilanza sulle società cooperative, è parso sin qui impreparato ad affrontare adeguatamente il problema quando occorrono competenze ed esperienza che vanno al di là dei semplici rispetto dei requisiti mutualistici. Il legislatore non ha inteso abbracciare la linea pro Bankitalia né quella dell'autorità indipendente (non solo costosa ma di difficile inquadramento nel sistema dei controlli preconizzato all'art. 45 della Costituzione): ha invece riservato al Ministero per lo Sviluppo Economico il compito di adottare entro sessanta giorni dall'adozione della delibera CICR un decreto in cui siano definite “le forme e le modalità del controllo e del monitoraggio” circa l'adeguamento e l'osservanza delle prescrizioni di cui alla lettera c) del comma 240; per poi introdurre all'art. 4 comma 1 del D. Lgs. 2 agosto 2002, n. 220 in tema di vigilanza, una lettera, successiva alla b), che affida al revisore di società cooperativa il compito tra l'altro di “accertare l'osservanza delle disposizioni in tema di prestito sociale” (lett. b-bis). Il Ministero dovrà quindi muoversi in un campo a lui non congeniale non solo per definire con DM le forme e le modalità del controllo ma anche per adeguatamente formare i revisori laddove gli stessi dovranno sindacare la correttezza delle operazioni delle società cooperative in punto prestito sociale. Probabilmente in questa delicata materia sarebbe stato opportuno che fosse chiarito che quanto meno per un periodo transitorio, il Ministero venisse affiancato da Bankitalia in una materia, quella del prestito sociale estremamente tecnica e border line rispetto alle attività strettamente bancarie. Nella consapevolezza comunque che Bankitalia non sarebbe stata attrezzata in prima persona a vigilare in un comparto, quello cooperativo, altrettanto peculiare (banche di credito cooperativo a parte che, come noto, sono assoggettate, proprio perché pacificamente banche, alla vigilanza del settore del credito). In conclusione
Ancora una volta, a distanza di poco più di un anno dall'intervento di Bankitalia, il legislatore, sulla scia delle polemiche giornalistiche della scorsa estate, ha dovuto por mano al tema del prestito sociale attraverso l'affermazione di due principi generali (quello in tema di stretta corrispondenza tra prestito sociale e politica di sviluppo della cooperativa e quello, politicamente contestato, in materia di postergazione) e la delega al CICR perché determini i limiti e le forme di garanzia nel rispetto di un quadro generale di riduzioni dei tetti massimi e di rafforzamento delle garanzie e tutela dei soci e più in generale del sistema. Prevedendo a mezzo DM forme e modalità del controllo (alias: vigilanza), oggi non espletato, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico anche attraverso la revisione cooperativa. Quanto simili strumenti siano efficaci è presto dirlo. V'è comunque la consapevolezza che il sistema potrà effettivamente funzionare, ed essere efficiente, se gli strumenti di autoregolamentazione e di garanzia su basi volontaristiche saranno sempre più sofisticati e conformi a principi di stabilità patrimoniale dell'ente che raccoglie il prestito. |