Azione di simulazione, revocazione straordinaria ed effetti della trascrizione delle domande giudiziali
14 Marzo 2018
Massima
Qualora si acquisti la proprietà di un immobile durante la pendenza di un giudizio di accertamento della simulazione intervenuta tra il proprio dante causa e un terzo, la sentenza definitiva di rigetto della domanda di simulazione ha effetto anche nei confronti del successore a titolo particolare, anche se non è stata parte del processo. Viene meno inoltre la permanenza degli effetti dell'annotazione della domanda di simulazione. L'eventuale successiva sentenza di revocazione straordinaria della prima sentenza è opponibile all'avente causa, in base ai limiti e ai presupposti dettati dall'art. 2652, comma 1, n. 9, c.c.. Il caso
Nel 2005 i proprietari di un'autorimessa, una coppia (I. C. e P. A.) e la loro parente A.C., convenivano in giudizio davanti al tribunale di Trento i due coniugi che occupavano l'immobile, al fine di far dichiarare l'inesistenza della titolarità di diritti a loro favore sulla cosa e far ordinare lo sgombero della stessa. Gli occupanti erano in particolare il figlio di I. C. e P. A. e sua moglie. Si chiedeva altresì il risarcimento dei danni derivanti dall'occupazione abusiva e la cessazione delle condotte di molestia e di turbativa all'esercizio del diritto di proprietà. I convenuti, dal canto loro, eccepivano il giudicato che si sarebbe formato nel giudizio possessorio instaurato nel 1990 davanti al tribunale di Trento per simulazione assoluta degli atti di donazione reciproca intervenuti tra le parti alcuni anni prima. Il tribunale nel 2010, in parziale accoglimento delle pretese attoree, accertava il diritto di nuda proprietà di A. C. e in conseguenza il suo diritto di servirsi di un accesso all'acqua, di erigere una parete divisoria nel locale, di installare una caldaia autonoma, di usufruire dell'accesso tramite il cancello e di provvedere alla manutenzione dell'impianto luci e dell'impianto citofonico. I giudici condannavano nel contempo i coniugi convenuti a mantenere aperta la valvola di alimentazione dell'acqua, a consentire di accedere alla caldaia comune e di usufruire del cancello di accesso, a demolire una baracca costruita sul suolo comune, nonché a rifondere le spese processuali. Tali convenuti impugnavano la sentenza ma la Corte d'appello di Trento nel 2012 ne respingeva le pretese. La Corte, in particolare, evidenziava come l'eccezione relativa all'intervenuto giudicato fosse alquanto generica, in quanto la titolarità del diritto di proprietà era stato già accertata in via definitiva dalla Corte di cassazione nel 2008 e alla luce del fatto che i procedimenti possessori non avrebbero potuto formare giudicato, in quanto caratterizzati da una causa petendi diversa da quella fatta valere in sede petitoria. La questione
Le parti soccombenti in secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione, al quale ha opposto un controricorso la parte non soccombente A. C.. In particolare, hanno lamentato il contrasto tra il giudicato relativo all'accertamento del diritto di proprietà sull'autorimessa e il giudicato relativo alla sentenza che dichiarava inefficace, per effetto della revocazione, la donazione simulata della particella fondiaria in questione. Si contestava nello specifico che l'edificio eretto da I. C. e P. A. su tale proprietà e trasferito poi ad A. C. nel 2000 fosse proprio inerente alla stessa particella che era stata oggetto della donazione in loro favore, dichiarata però simulata e quindi inefficace in via definitiva. Dal canto suo, A. C. ha presentato un controricorso con il quale ha eccepito come non le fosse opponibile la sentenza di revocazione, in quanto sarebbe succeduta nel diritto controverso, concernente il bene immobile, nelle more del procedimento, e in quanto la trascrizione del suo acquisto, avvenuta per intavolazione fondiaria, sarebbe stata preceduta dalla trascrizione di domanda giudiziale divenuta inefficace per mancata rinnovazione della trascrizione stessa. La controricorrente, inoltre, ha presentato un ricorso autonomo avverso l'altra pronuncia del 2012 della Corte d'appello di Trento per nullità della sentenza di revocazione, in quanto i giudici avrebbero ritenuto rituale la notificazione tardiva della citazione introduttiva del giudizio. Con la pronuncia impugnata la Corte aveva disposto la revocazione di una sentenza resa nel 1999 dalla stessa Corte, la quale aveva a sua volta respinto l'azione di simulazione di una donazione intercorsa nel 1982 tra il figlio e sua moglie da un lato e i genitori di lui dall'altro. La Corte d'appello nel 2012 aveva riconosciuto sussistenti le condizioni per la revocazione di tale sentenza e aveva dichiarato pertanto inefficace l'atto di donazione per simulazione assoluta. Il giudizio di revocazione era stato promosso dal figlio e dalla moglie nei confronti del padre di lui e degli eredi della defunta madre, a seguito del rinvenimento di una scrittura privata del 1982. Tale documento conteneva una controdichiarazione della donazione simulata stipulata dai genitori con un terzo ed era stato ritenuto rilevante e tempestivo dalla Corte d'appello, che pertanto nel 2012 aveva dichiarato la revocazione della precedente sentenza. Le soluzioni giuridiche
La Seconda Sezione della Corte di cassazione ha in primo luogo riunito i due ricorsi principali. Seppur aventi ad oggetto provvedimenti diversi, quello petitorio e quello di revocazione, la Corte ha evidenziato come vi fosse connessione tra le due pronunce, in quanto la decisione del secondo ricorso sarebbe stata determinante per la definizione del primo. Ha disposto pertanto la riunione dei procedimenti, in attuazione dei principi di economia, certezza e minor costo dei giudizi. Quanto al ricorso avverso la sentenza di revocazione, la Corte di cassazione lo ha ritenuto inammissibile. Ciò, in quanto la notificazione della sentenza sarebbe sì avvenuta oltre un anno dopo la pubblicazione, ma la ricorrente A. C. sarebbe stata priva di interesse e legittimazione a far valere la nullità in quanto l'unico erede della madre defunta al quale si sarebbe dovuto notificare nei termini sarebbe stato il figlio. Ad avviso della Suprema Corte, in particolare, l'atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa o parzialmente vittoriosa, può essere notificato ai sensi dell'art. 330, commi 2 e 3, c.p.c., sia personalmente ai singoli eredi, sia agli eredi in forma collettiva ed impersonale, a condizione che avvenga entro un anno dalla pubblicazione della sentenza, anche di revocazione. La violazione di tale termine, tuttavia, può essere fatto valere esclusivamente da chi provi la propria qualità di erede e la conseguente illegittima mancata conoscenza del processo, circostanza non sussistente invece nel caso di specie. L'inammissibilità del ricorso comporta inoltre, ad avviso della Seconda Sezione, l'inidoneità dello stesso a far venire meno il relativo giudicato formatosi sulla revocazione. La Corte di cassazione è così passata ad affrontare l'altro ricorso, dipendente dal primo e presentato dai soccombenti di primo e secondo grado. A questo riguardo, la Suprema Corte ha dovuto affrontare la questione relativa all'attitudine del giudicato di revocazione a fare stato anche nei confronti di A. C., in quanto avente causa di I. C. e P. A.. La Seconda Sezione in particolare ha sottolineato come A.C. avesse acquistato la particella edificatoria in questione prima del passaggio in giudicato della sentenza della Corte d'appello di Trento con la quale si era in prima battuta respinta la domanda di simulazione della donazione. A questo riguardo, i Giudici hanno evidenziato come la formazione del giudicato non sia impedita dall'esperibilità dei rimedi impugnatori straordinari tra i quali anche la revocazione straordinaria. Al contrario, si avrebbe un caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell'art. 101 c.p.c., anche a seguito del trasferimento di un diritto derivato come nel caso di specie, qualora non sia stata ancora resa una pronuncia incontrovertibile, di modo che la controversia sia ancora pendente. Ciò quindi, anche nel caso in cui l'evento traslativo sia avvenuto dopo la sentenza di appello, ma in pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione (v. Cass. civ., sez. II, 4 marzo 1993, n. 2666). Quest'ultimo, ad avviso della Suprema Corte, è proprio il caso dell'acquisto effettuato da A.C., intervenuto durante la pendenza della controversia e quindi relativo a un bene litigioso. Si applicherà pertanto alla fattispecie l'art. 111, comma 4, c.p.c., in base al quale la sentenza pronunciata nei confronti dell'alienante o del successore a titolo universale spiega i suoi effetti anche nei confronti del successore a titolo particolare, salve le norme sulla trascrizione. Questa clausola di salvezza consentirebbe in particolare di richiamare anche l'intavolazione nei libri fondiari laddove tale sistema sostituisca la trascrizione, come nel caso di specie. Pertanto, ad avviso della Corte di cassazione, il terzo acquirente che abbia intavolato il proprio diritto dopo l'annotazione di una delle domande di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c. è da considerare destinatario diretto della sentenza emessa nel relativo giudizio (v. Cass. civ., sez. II, 13 novembre 1979, n. 5890). Osservazioni
La Corte di cassazione, tuttavia, non è giunta a un accoglimento del ricorso sulla scorta della mera sussumibilità della fattispecie concreta nell'ambito di applicazione dell'art. 111 c.p.c.. Ha invece rigettato il ricorso, e ciò all'esito di un complesso e articolato iter logico-argomentativo. Ad avviso dei giudicanti, infatti, non è sufficiente invocare l'effetto del giudicato della sentenza di revocazione nei confronti di A.C., poiché l'eccezione di giudicato esterno richiede comunque ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., che si deducano nel dettaglio e in modo specifico gli atti e i documenti che giustifichino l'opponibilità dell'effetto preclusivo del giudicato formatosi nell'altro giudizio, così da consentire al Giudice di legittimità le indagini e gli accertamenti necessari. L'iter della Suprema Corte ha in particolare preso le mosse dal rapporto tra effetti dell'annotazione dell'iniziale domanda di simulazione e opponibilità del giudicato revocatorio. È stato infatti evidenziato anzitutto come il rigetto della domanda di simulazione avesse consolidato l'apparenza della titolarità del diritto dei danti causa I. C. e P. A.. La successiva sentenza di revocazione aveva tuttavia comportato la sostituzione del primo giudicato con il secondo e quest'ultimo diveniva quindi opponibile agli aventi causa, ovvero ad A. C.. Andrebbe tuttavia rilevata, ai sensi dell'art. 2668 c.c., la cancellazione degli effetti dell'annotazione dell'iniziale domanda di simulazione. Tali effetti, in questo senso, derivano dalla litispendenza e si esauriscono con il passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso sulla domanda trascritta. Quest'ultima, infatti, dà luogo a una mera prenotazione degli effetti che deriveranno dall'accoglimento della stessa. La trascrizione dell'iniziale domanda giudiziale rigettata nel merito con sentenza passata in giudicato, non può essere fatta valere nel successivo giudizio di revocazione straordinaria. Con riguardo al caso di specie, in particolare, l'art. 2652, comma 1, n. 9, c.c. sancisce la necessità di trascrivere le domande di revocazione straordinaria e prevede che qualora ciò avvenga dopo cinque anni dalla trascrizione della sentenza impugnata, sono salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. Come evidenziato in dottrina, l'art. 2652, comma 1, n. 9, c.c. disciplina il conflitto tra chi, da un lato, ha acquistato il diritto della parte vittoriosa nell'ambito di un giudizio definito con sentenza passata in giudicato e trascritta e, dall'altro, la controparte soccombente in quel giudizio, che poi impugni vittoriosamente la sentenza con la revocazione straordinaria. Tale conflitto è certamente delicato in quanto oppone il legittimo affidamento del terzo sul titolo del suo dante causa, titolo affidabile perché costituito da un giudicato, alla situazione della parte ingiustamente soccombente in quel giudizio oppure a quella del terzo avente causa ingiustamente pregiudicato. (A. Orestano, Le domande di revocazione e di opposizione di terzo, in E. Gabrielli, F. Gazzoni, Trattato della trascrizione – Volume II, 2014, Milano, p. 230). La norma si baserebbe dunque sul presupposto della anteriorità della trascrizione dell'atto di acquisto del terzo rispetto alla trascrizione della domanda proposta contro il suo dante causa e avrebbe la funzione di interrompere il nesso di dipendenza della situazione dell'avente causa, derogando al generale principio resoluto iure dantis. In questo senso, offrirebbe a chi ha acquistato diritti da chi è risultato vincitore in un processo la possibilità di non subire gli effetti della demolizione della sentenza prodotta dall'accoglimento di un'impugnazione straordinaria. Tali effetti, alla luce dell'assenza di un dies a quo certo per proporre l'impugnazione, potrebbero prodursi infatti anche a lunghissima distanza di tempo dalla formazione del giudicato (R. Vaccarella, Sulla trascrivibilità della domanda di opposizione di terzo ordinaria, in Judicium, settembre 2017, p. 2). La ratio di tale disposizione, rapportata al caso in oggetto, va dunque rinvenuta nell'attenuazione della retroattività reale della sentenza di accoglimento della revocazione straordinaria. Ciò, secondo la Corte di cassazione avverrebbe a tutela dei soggetti che hanno acquistato il proprio diritto successivamente al conseguimento di un giudicato favorevole al proprio dante causa, oppure ancora in pendenza del processo, come nel caso di specie. In conclusione, il ragionamento della Suprema Corte ha consentito di applicare tali coordinate sistemiche alla fattispecie in esame e di dedurre che, qualora avvenga un acquisto di un bene immobile in pendenza del giudizio di simulazione, la sentenza che lo conclude e che passa in giudicato avrà effetto anche nei confronti del successore a titolo particolare e farà venire meno la permanenza degli effetti dell'annotazione dell'iniziale domanda di simulazione. La successiva sentenza resa nel giudizio di revocazione straordinaria del primo giudicato, inoltre, sarà opponibile all'avente causa in questione, anche se non è parte necessaria di tale secondo giudizio, in base ai limiti e ai presupposti contemplati dall'art. 2652, comma 1, n. 9, c.c.. Nel caso in oggetto, dunque, l'acquisto concluso da A. C. sarebbe stato pregiudicato solo se la domanda di revocazione, presentata nel 2009, fosse stata invece annotata entro cinque anni dalla sentenza del 1999 che rigettava la domanda di simulazione, oppure prima dell'intavolazione dell'acquisto, oppure dopo i cinque anni dalla annotazione della sentenza impugnata e dopo l'intavolazione dell'acquisto dell'avente causa solo se non in buona fede. È proprio alla luce dell'interezza di tale iter argomentativo e del difetto di indicazione dei relativi atti e documenti che fondino l'opponibilità dell'effetto preclusivo, che la Corte di cassazione ha deciso pertanto di rigettare il ricorso.
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