Notificazione dell'atto di gravame presso il «domicilio digitale» del difensore esercente extra districtum

Sergio Matteini Chiari
16 Marzo 2018

La questione giuridica sottoposta all'attenzione della Suprema Corte nella sentenza in esame è stata quella di stabilire se fosse valida ed efficace la notificazione dell'atto di appello, avvenuta presso la cancelleria del giudice a quo ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934 anziché presso l'indirizzo PEC del difensore o della società appellata.
Massima

In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del «domicilio digitale», corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179/ 2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012), come modificato dal d.l. n. 90/2014 (conv. con modif. nella l. n. 114/2014), non è più possibile procedere - ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo.

Il caso

La società AAA ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza con cui il tribunale di ZZZ, in sede di gravame avverso sentenza di un Giudice di pace appellata dalla controparte con atto notificato presso la cancelleria del giudice a quo, l'aveva condannata al risarcimento dei danni subiti dall'appellante in occasione di sinistro stradale, causato da BBB, assicurato preso la ricorrente.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione che interessa in questa sede è stata quella di stabilire se fosse valida ed efficace la notificazione dell'atto di appello, avvenuta presso la cancelleria del giudice a quo ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934 anziché presso l'indirizzo PEC del difensore o della società appellata.

Le soluzioni giuridiche

La sezione VI della Suprema Corte, ribadendo pensiero recentemente espresso da altra sezione della stessa Corte, ha ritenuto invalida (nullità, non inesistenza) la notifica dell'atto di gravame in fase di merito eseguita nei confronti del procuratore della parte appellata presso la cancelleria del giudice a quo, pur non avendo tale procuratore, esercente extra districtum, provveduto ad eleggere domicilio nel luogo sede dell'autorità giudiziaria presso cui il giudizio era in corso.

Ciò sul duplice rilievo:

  • che, in virtù di recenti interventi normativi (art. 16-sexies d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n. 221/2012, introdotto ad opera dell'art. 52 del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014) è stata immessa nell'ordinamento la previsione del «domicilio digitale», e che tale norma, nell'ambito della giurisdizione civile (e fatto salvo quanto disposto dall'art. 366 c.p.c., per il giudizio di cassazione), impone alle parti la notificazione dei propri atti presso l'indirizzo PEC risultante dagli elenchi INI-PEC di cui all'art. 6-bis del d.lgs. n. 82/2005 (codice dell'amministrazione digitale) ovvero presso il ReGIndE, di cui al d.m. n. 44/2011, gestito dal Ministero della Giustizia, escludendo che tale notificazione possa avvenire presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, salvo nei casi di impossibilità a procedersi a mezzo PEC, per causa da addebitarsi al destinatario della notificazione;
  • che, essendo il disposto del suddetto art. 16-sexies entrato in vigore il 19 agosto 2014 e trovando esso immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla sua vigenza, in applicazione del principio (non derogato dalla stessa l. n. 114/2014 attraverso l'indicazione di una diversa specifica decorrenza della citata norma processuale) del tempus regit actum, la notifica in questione si sarebbe dovuta effettuare presso l'indirizzo PEC del difensore della parte appellata, risultandone consentita la notificazione presso la cancelleria (del giudice a quo) solo in caso di impossibilità della notifica via PEC, per causa imputabile al suddetto difensore.
Osservazioni

Precedentemente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014 (che ha introdotto l'art. 16-sexies nel d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n. 221/2012) – da fissare nel 25 giugno 2014 (e non nel 19 agosto 2014, come ritenuto in sentenza), essendo stata tale disposizione introdotta direttamente dal d.l. e non avendo subito modifiche ad opera della legge di conversione, quanto al domicilio del difensore erano valevoli le regole seguenti.

Stando alla lettera dell'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. nella l. n. 111/2011, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa deve essere indicato, fra l'altro, il «domicilio eletto presso il difensore».

Sino a tempi assai recenti, nei casi di mancata elezione di domicilio da parte dell'avvocato nel luogo sede dell'autorità giudiziaria presso cui il giudizio era in corso, venivano distinte due diverse fattispecie:

a) avvocato esercente il proprio ministero intra districtum, cioè nell'ambito della circoscrizione del tribunale di assegnazione e che non avesse eletto domicilio in tale luogo;

b) avvocato esercente il proprio ministero extra districtum, cioè al di fuori dell'ambito sub a) e che non avesse eletto domicilio in tale luogo.

Con riguardo al caso sub a), si riteneva che le notifiche potessero essere validamente eseguite solo nel luogo di domicilio effettivo del difensore, quale risultante dall'albo dell'Ordine professionale del luogo in cui il procuratore ufficialmente risiedeva in ragione del suo ufficio a norma degli artt. 10 e 17, comma 1, n. 7, r.d.l. n. 1578/1933, convertito nella l. n. 36/1934 (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2017, n. 920; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2016, n. 24956).

Con riguardo al caso sub b), veniva, invece, ritenuto applicabile il disposto dell'art. 82 r.d. n. 37/1934, conseguendone che la notifica si sarebbe dovuta eseguire presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente.

Secondo l'orientamento assolutamente prevalente, tale disposizione doveva ritenersi operativa sia con riguardo al giudizio di primo grado, sia con riguardo al giudizio di appello, giusta il riferimento generico all'«autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso», contenuto nella norma.

Di conseguenza, anche nel caso in cui il giudizio fosse in corso innanzi alla Corte d'appello e l'avvocato fosse iscritto all'Ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione fosse ricadente la sede della suddetta Corte, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest'ultima, avrebbe avuto l'onere di domiciliarsi nello stesso Comune sede della Corte (v., in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. L, 30 agosto 2016, n. 17415; Cass. civ., sez. III, 19 novembre 2015, n. 23662).

Ciò che segue è da ritenere valevole nell'attualità a far tempo dalle notifiche eseguite successivamente al 25 giugno 2014.

i) L'art. 125 c.p.c. ha subito molteplici modifiche, negli anni 2011 e 2014.

Con il d.l. n. 138/2011, conv. con modif. nella l. n. 148/2011 (art. 2, comma 35-ter), fra le incombenze da osservare nella stesura degli atti di prima difesa veniva inclusa l'indicazione dell'indirizzo di PEC.

Con l'art. 25 della l. n. 183/2011, a tale indicazione veniva aggiunta la locuzione «comunicato al proprio ordine».

Con sentenza 20 giugno 2012, n. 10143, le Sezioni Unite della Corte Suprema di cassazione statuirono che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale era in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934, dovesse conseguire soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c. (che, all'epoca, statuiva che, fra gli altri adempimenti, negli atti difensivi introduttivi dovesse essere indicato anche l'indirizzo di PEC comunicato dal legale al proprio Ordine), non avesse indicato l'indirizzo di PEC.

L'art. 125 c.p.c. è stato nuovamente rielaborato, ad opera dell'art. 45-bis, comma 1, del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014.

La modifica è consistita nella soppressione dell'obbligo di indicare negli atti di parte l'indirizzo di PEC del difensore.

La medesima fonte normativa ha, inoltre, aggiunto al d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n. 221/2012, l'art. 16-sexies, rubricato «Domicilio digitale», ove viene disposto che, salvo quanto previsto dall'art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di PEC, risultante dagli elenchi di cui all'art. 6-bis del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale – CAD), nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia.

L'art. 6-bis del CAD prevede l'istituzione, presso il Ministero per lo sviluppo economico, di un pubblico elenco denominato «Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti», realizzato a partire dagli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso gli ordini professionali.

ii) L'operatività del più volte citato art. 16-sexies è limitata ai giudizi di merito, venendo, nel relativo disposto, fatto salvo quanto previsto nell'art. 366 c.p.c..

Tale ultima norma (nel testo introdotto dalla l. n. 183/2011) dispone che, se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l'indirizzo di PEC, le notificazioni «gli sono fatte» presso la cancelleria della Corte di cassazione.

iii) La sentenza in commento ha fatto puntuale applicazione dei principi riportati nel precedente punto i), ribadendo quanto già affermato da Cass. civ., sez. III, 11 luglio 2017, n. 17048.

Nell'attualità, a seguito dell'introduzione del «domicilio digitale», il solo domicilio rilevante ai fini processuali e da ritenere «eletto» è quello corrispondente all'indirizzo di PEC che il difensore ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza.

Il disposto dell'art. 82 r.d. n. 37/1934 resta, dunque, applicabile nelle sole ipotesi in cui l'indirizzo di PEC non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.