Nata all'estero e poi diffusa negli anni settanta anche in Italia, la multiproprietà gode di una notorietà maggiore della sua effettiva diffusione nel nostro Paese, soprattutto a causa delle difficoltà di inquadramento giuridico che la proprietà immobiliare turnaria comporta in un ordinamento giuridico in cui vige il numero chiuso dei diritti reali. La recente emanazione di una specifica disciplina di tutela per l'acquirente di immobili in multiproprietà ha agevolato l'utilizzo di questo istituto giuridico.
Inquadramento
Nonostante la sua notorietà e una notevole diffusione soprattutto all'estero (e in misura invece minore anche in Italia), la multiproprietà costituisce un fenomeno giuridico e sociale che non ha radici antiche e per lungo tempo, nell'ordinamento giuridico italiano è rimasta priva di una apposita regolamentazione. La situazione è però cambiata negli anni novanta, dopo che è stata emanata in sede europea la prima disciplina sulle tutele per l'acquirente di immobili in multiproprietà poi recepita nella normativa italiana del 1998 che è confluita infine nel Codice del consumo.
Inoltre, la l. n. 220/2012 di riforma della normativa in materia di condominio ha integrato la precedente formulazione dell'art. 1117 c.c. sulle parti comuni esplicitandone l'applicabilità anche alla multiproprietà e alla proprietà turnaria in genere, mediante un, peraltro ambiguo, richiamo (così formulato: «Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico...»).
Origine della multiproprietà
La multiproprietà è nata e si è affermata in alcuni ordinamenti giuridici stranieri (soprattutto Francia e Stati Uniti) dove ha immediatamente riscosso un gran successo per quanto riguarda al mercato delle case per le vacanze, che costituisce l'unico canale a cui si può applicare; la multiproprietà non sarebbe infatti compatibile con l'acquisto di immobili ad uso abitativo (non periodico) oppure ad uso commerciale. Per effetto della multiproprietà l'acquirente di un immobile in multiproprietà diventa titolare di un diritto di proprietà turnaria sull'immobile; turnaria significa che il diritto può essere esercitato soltanto in determinati e specifici periodi dell'anno (di solito calcolati in settimane), in perpetuo per tutti gli anni a venire, vale a dire senza limite di tempo, così come succede per la proprietà tradizionale. Di conseguenza, a parte l'aspetto caratteristico che il diritto può essere esercitato soltanto per un periodo limitato e predeterminato dell'anno, i diritti del multiproprietario sono del tutto identici a quelli di qualunque altro proprietario e quindi l'immobile può essere venduto, può essere dato in locazione, può essere lasciato in eredità, ecc. e ciò avviene contenendo il suo costo di acquisto (che è ridotto rispetto al costo di acquisto dell'intero immobile, perché è proporzionato allo spazio di tempo in cui il diritto può essere esercitato, ogni anno, dal suo titolare e allo specifico periodo prescelto, minore o maggiore a seconda della stagione dell'anno), razionalizzando l'uso dell'immobile (che, al contrario di quello che accade per la maggior parte delle case per le vacanze, consente di essere utilizzato in maniera continuativa dai vari multiproprietari che si alternano nel corso dell'anno) e raggiungendo comunque l'obiettivo di incrementare l'economia turistica (dal momento che viene facilitato l'acquisto dell'immobile da parte di coloro che ne sono interessati, ma non dispongono del capitale necessario per l'acquisto pieno di un immobile oppure non intendono investirlo). Infine un ultimo vantaggio della multiproprietà è dato dal fatto che il prezzo di vendita contenuto di ogni appartamento consente ai venditori di multiproprietà di offrire il loro prodotto ad un mercato molto vasto.
In evidenza
Chi acquista un immobile in multiproprietà diventa titolare di un diritto di proprietà turnaria sull'immobile che può essere esercitato soltanto in determinati e specifici periodi dell'anno (di solito calcolati in settimane), in perpetuo per tutti gli anni a venire.
I tipi di multiproprietà: immobiliare, alberghiera e azionaria
La prassi commerciale ha conosciuto varie figure di multiproprietà, ma non tutte hanno avuto in concreto la stessa fortuna e la stessa diffusione.
La multiproprietà immobiliare (detta anche multiproprietà «condominiale») è la forma di multiproprietà più diffusa in Italia. Ciascun partecipante acquista unicamente una quota di un appartamento (già arredato e idoneo ad essere subito abitato) che fa parte di un complesso immobiliare; la quota acquistata gli attribuisce il diritto di usufruire dell'appartamento in perpetuo per gli anni a venire, ma solo in un determinato periodo dell'anno (una o più settimane). Il multiproprietario acquista inoltre una quota corrispondente alle parti comuni dell'edificio, che vengono gestite secondo le norme contenute in un regolamento di condominio predisposto dal venditore e allegato al contratto di compravendita.
La multiproprietà immobiliare è detta «aperta» quando il diritto di comproprietà è attribuito su un intero edificio oppure su un intero complesso edilizio e i partecipanti possono accordarsi fra di loro in modo da scambiarsi le unità dello stesso edificio oppure addirittura le unità situate in edifici diversi che fanno parte di una stessa rete.
La multiproprietà azionaria ha avuto scarsa fortuna e in questi ultimi anni è stata progressivamente abbandonata perché il diritto del multiproprietario è legato alle sorti e ai possibili problemi che può avere la società che gestisce l'operazione. Infatti si costituisce una apposita società che resta l'unica proprietaria dell'edificio e lo gestisce, mentre i multiproprietari acquistano le loro quote come azioni emesse dalla società.
La multiproprietà alberghiera, invece, ha avuto un notevole sviluppo in Italia. Ha per oggetto una unità immobiliare che si trova all'interno di una struttura alberghiera, ma, per il resto, non presenta ulteriori particolarità dal momento che utilizza lo schema della multiproprietà immobiliare (qualche volta è stato usato anche quello della multiproprietà azionaria).
La multiproprietà in Italia
La formula della multiproprietà è nata in alcuni paesi esteri durante gli anni sessanta per favorire l'acquisto delle seconde case destinate ai periodi di vacanza, in un mercato prima inesistente e che solo allora si stava aprendo e sviluppando; in Italia invece lo sviluppo della multiproprietà è stato più lento e la sua diffusione, sebbene abbia avuto inizio fin dagli anni settanta, si è realizzata davvero solo dopo un lungo periodo, in parte anche per le difficoltà di inquadramento e di regolamentazione giuridica che essa determina, dal momento che con la sua particolare conformazione, da una parte veniva a scontrarsi col sistema italiano del numero chiuso dei diritti reali e quindi sembrava inapplicabile, mentre, dall'altra parte costituiva un irrinunciabile banco di prova per i civilisti del nostro Paese interessati agli sviluppi del concetto di proprietà.
Natura giuridica della multiproprietà
Una dottrina davvero sterminata ha dettagliatamente esaminato i problemi della multiproprietà e sono così nate le seguenti teorie:
1) la multiproprietà come comproprietà: la multiproprietà costituisce una ipotesi di comproprietà caratterizzata da uno speciale accordo di godimento turnario e ad essa si applicano le norme dettate dalla legge in materia di comunione;
2) la multiproprietà come forma speciale di proprietà: sull'immobile sussiste non la contitolarità dello stesso diritto di proprietà, ma una pluralità di diversi e autonomi diritti di proprietà, distinti dall'oggetto che, dal punto di vista temporale, risulta sempre diverso;
3) la multiproprietà come proprietà temporanea: la multiproprietà deve essere inquadrata nell'ambito della proprietà temporanea, figura considerata implicita nel nostro ordinamento;
4) la multiproprietà come diritto reale atipico: la multiproprietà viene inquadrata decisamente come un diritto reale atipico la cui disciplina si desume, mediante l'analogia, sulla base delle norme dettate in tema di comunione, di condominio e di usufrutto, unitamente ad alcune regole proprie del nuovo istituto; altri propongono invece una applicazione “flessibile” del principio del numero chiuso dei diritti reali, nel senso che bisogna tenere conto della realtà socio economica del tempo e di tutte le circostanze e modalità dell'operazione compiuta dalle parti.
Le fonti della disciplina giuridica in Italia
Una disciplina specifica sulla multiproprietà è stata emanata in vari Stati, come la Francia e il Portogallo, fin dalla fase iniziale della sua diffusione. In Italia per lungo tempo sono rimaste ferme a tale stato alcune proposte di legge predisposte negli anni ottanta in materia di multiproprietà (progetto di legge Irti e disegno di legge Fontana), ma, affinché venisse emanata la prima disposizione di legge in materia, è stato necessario attendere la Direttiva comunitaria 94/47/CE emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell'Unione Europea in data 26 ottobre 1994 per la tutela dell'acquirente di immobili in multiproprietà, dopo lunga attesa recepita finalmente con il d.lgs. 9 novembre 1998, n. 427, il cui testo è stato successivamente trasfuso nel Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), in seguito modificato dall'art. 2 del d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79; il nuovo capo I del titolo IV del Codice del consumo è adesso rubricato «contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e contratti di rivendita e di scambio» (artt. 69/81-bis).
Per quanto riguarda le parti comuni, il nuovo art. 1117 c.c., modificato dalla legge di Riforma n. 220/2012, estende adesso la disciplina prevista per i beni e i servizi indicati nei n. 1), 2) e 3) - che, se non risulta il contrario dal titolo, sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio - anche ai proprietari che hanno soltanto un diritto a godimento periodico (così richiamando implicitamente la caratteristica della multiproprietà e della proprietà “turnaria” in genere).
Casistica
CASISTICA
Riserva della proprietà esclusiva delle parti comuni
La questione se il proprietario di un complesso turistico alberghiero, nel trasferire il diritto di godimento turnario dei singoli alloggi unitamente alla quota millesimale dei beni comuni, possa riservarsi la proprietà esclusiva di parti dell'edificio destinate a servizi comuni, vincendo la presunzione stabilita dall'art. 1117, n. 2), c.c, deve essere decisa esclusivamente in base alla lettura dei titoli (Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2013, n. 12082).
Trasferimento delle quote indivise
Non può essere accolta la domanda avente per oggetto una sentenza costitutiva, ai sensi dell'art. 2932 c.c., del trasferimento rispettivamente della nuda proprietà e dell'usufrutto da parte dei promissari acquirenti del diritto di godimento in multiproprietà relativo ad alcuni appartamenti facenti parte di complessi alberghieri posti in vendita da una società poi posta in liquidazione, sulla base di una lettera raccomandata successiva alla stipulazione dei contratti preliminari, in quanto l'oggetto dei preliminari differisce da quanto richiesto come oggetto della sentenza costitutiva, dal momento che l'obbligo di acquisto della proprietà piena o della comproprietà di quote indivise non è assimilabile all'acquisto di quote di nuda proprietà e usufrutto (Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2012, n. 8742).
Contratto preliminare di vendita di quota
L'istituto della multiproprietà immobiliare, che si caratterizza per il diritto di godimento turnario di un medesimo bene da parte di una pluralità di soggetti, richiede che sia in concreto individuata la quota di ciascun comproprietario come effettiva entità della partecipazione al godimento dell'alloggio; pertanto, poiché il contratto preliminare deve contenere tutti gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo, il preliminare avente ad oggetto una quota di multiproprietà deve recare l'indicazione della quota nella sua effettiva misura o, comunque, i criteri per la sua determinazione millesimale, incidendo tali elementi sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto del contratto ai sensi dell'art. 1346 c.c., e non risultando quindi sufficiente l'indicazione del solo periodo di godimento dell'immobile riservato al promissario acquirente (Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2010, n. 6352).
Adesione alle modificazioni della struttura
La multiproprietà immobiliare costituisce un'autonoma figura di diritto reale. La multiproprietà, al pari del condominio e della comunione, ancorché priva di soggettività giuridica, può essere parte in giudizio in persona del gestore, quale rappresentante dei “multiproprietari” nei rapporti esterni. La delibera assembleare della multiproprietà concernente radicali modificazioni della struttura e del funzionamento della multiproprietà richiede partecipazione e adesione di tutti i “multiproprietari” (App. Genova 29 settembre 2000).
Rappresentanza nell'assemblea
Nel caso di multiproprietà immobiliare trova applicazione l'art.67, comma 2 disp. att. c.c., per cui i comproprietari di ogni singola unità abitativa hanno diritto a un solo rappresentante dell'assemblea, designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente dell'assemblea (Trib. Bolzano 14 febbraio 2000).
Diritto di recesso
L'unilaterale predisposizione della clausola secondo cui al contratto si deve applicare la legge dello Stato estero in cui si trova è strumentale ad eludere le garanzie previste dal d.lgs. n. 427/1998, quando i contraenti sono italiani e il contatto viene concluso in Italia; e la clausola che esclude l'applicabilità del d.lgs. n. 427/1998 o è nulla, perché, per escludere l'applicabilità del d.lgs. n. 427/1998, le parti devono avere pattuito di disciplinare il contratto in base a legge diversa da quella italiana oppure comporta una eccezione convenzionale alla facoltà di opporre eccezioni che nascono dalla disciplina del d.lgs. n. 427/1998, che è a sua volta nulla ai sensi dell'art. 1341 c.c., quando non viene sottoscritta espressamente dall'aderente (Trib. Chiavari 12 luglio 1999).
Multiproprietà azionaria
Il conferimento dell'immobile nella società alla quale partecipano i soggetti che intendono ripartirsene il godimento rappresenta il dato caratterizzante della cosiddetta multiproprietà azionaria, la quale si distingue da quella immobiliare tipica per il fatto che non comporta l'attribuzione di un diritto reale in favore dei c.d. multiproprietari, i quali acquistano solo una quota del capitale della società proprietaria. Sicché, la violazione della menzionata obbligazione di conferimento assume connotati di indubbia gravità e giustifica di per sé la risoluzione del contratto; tenuto, altresì, conto che il mancato conferimento del bene toglie ai cosiddetti multiproprietari ogni possibilità di incidere sul regime di utilizzazione del bene e comporta un depauperamento delle loro quote di partecipazione che, pur non potendo essere configurate come quote di comproprietà dei beni sociali, sono ad essi strettamente correlati, essendo rappresentative di posizioni giuridiche riguardanti la loro utilizzazione collettiva per l'esercizio dell'attività comune (Cass. civ., sez. I, 4 giugno 1999, n. 5494).
Mutamento della destinazione d'uso della multiproprietà alberghiera
- L'attività alberghiera si caratterizza per il fatto di esprimersi attraverso offerte al pubblico dei servizi ad essa inerenti, di modo che, in caso di multiproprietà, non vi è destinazione alberghiera degli alloggi e dei servizi connessi, poiché il loro godimento discende esclusivamente dalla titolarità delle quote in cui è frazionato l'immobile. Pertanto, è abusivo il mutamento di destinazione d'uso da albergo a residenza ove il godimento delle singole unità immobiliari sia fissato in modo permanente ed esclusivo. Il rapporto di multiproprietà - presupponendo la turnazione dei proprietari, ossia il godimento dell'immobile limitato a taluni periodi dell'anno - non sussiste ove gli interessati abbiano acquistato il godimento delle singole unità immobiliari in maniera permanente ed esclusiva. L'abusivo mutamento di destinazione d'uso è condonabile a condizione che l'immobile sia stato completato funzionalmente entro l'1 ottobre 1983 (art. 31, comma 2, l. n. 47/1985); entro tale data, quindi, l'immobile, pur ancora privo di impianti e rifiniture di complementi e accessorie, deve già disporre delle opere indispensabili a renderne concretamente possibile un uso diverso da quello assentito (Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 1999, n. 592).
- Il mutamento della destinazione d'uso di un immobile, da albergo ad edificio residenziale apparentemente destinato a multiproprietà alberghiera in zona sottoposta a vincolo paesaggistico configura i reati di cui agli art. 20, lett. c), della l. n. 47/1985 e 1-sexies, della l. n. 431/1985 (Pret. Belluno-Pieve di Cadore 4 maggio 1993, n. 1061).
La Direttiva 85/577/CEE (sui contratti negoziati al di fuori dei locali commerciali) è applicabile alla multiproprietà in tutti i casi in cui, oltre all'immobile, viene acquistata anche la fornitura di servizi aventi un valore superiore a quello del diritto d'uso dell'immobile e l'emanazione successiva della Direttiva 94/47/CE, sull'acquisizione di diritti di godimento a tempo parziale su beni immobili, non comporta l'esclusione dell'applicabilità della Direttiva 85/577/CEE, perché nessuna delle due Direttive contiene disposizioni intese a escluderne la reciproca applicazione (Corte di Giustizia 22 aprile 1999 causa C423/97).
Differenza fra multiproprietà azionaria e multiproprietà immobiliare
Quando una società per azioni in base ad un rapporto nascente da convenzione con l'acquirente delle proprie azioni, autonomo dal (seppur collegato al) rapporto sociale cui dà vita tale acquisto, attribuisce al socio, verso un corrispettivo periodico e per un periodo di lunga durata coincidente con quello della società, il diritto personale di godimento dell'immobile e dei servizi comuni per una determinata frazione spazio - temporale (c.d. multiproprietà azionaria) tale attribuzione traendo vita non dallo status sociale ma dalla separata convenzione fra la società e il socio, non incontra il divieto posto dall'art. 2256 c.c. che impedisce al socio di servirsi del patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società, riferendosi il detto divieto all'ipotesi in cui l'utilizzazione di tali cose non trovi titolo diverso dallo status sociale. Nè, qualora con la concessione del suddetto diritto di godimento la società non esaurisca i propri fini sociali, per essere gli stessi comprensivi anche dell'esercizio di imprese (generalmente, turistico - alberghiere o di analoga natura, come nella specie) per la produzione di utili da ripartire tra i soci, può ritenersi insussistente lo scopo di lucro richiesto dall'art. 2247 c.c. Inoltre, non comporta rimessione del contenuto della prestazione all'arbitrio di una delle parti contraenti, la previsione contrattuale che affida la determinazione del corrispettivo dovuto per il godimento dell'unità immobiliare al consiglio di amministrazione della società, trattandosi di deliberazione soggetta al controllo dell'assemblea dei soci (che sono anche le controparti della suddetta convenzione) cui spetta di evidenziare eventuali errori nella ripartizione degli utili e degli oneri e di chiederne la correzione. Infine, pur essendo essenziale, per la configurabilità di un diritto personale di godimento, la limitazione dello stesso multiproprietà azionaria nel tempo, la sussistenza del requisito non può in tale ipotesi essere valutata alla stregua dell'art. 1573 c.c., inapplicabile nella indicata fattispecie, e deve considerarsi positivamente verificata quando la durata di tale diritto sia fatta coincidere, nella convenzione attributiva dello stesso, con quella della società (Cass. civ., sez. II, 10 maggio 1997, n. 4088).
Tutela in via d'urgenza
La posizione soggettiva del titolare di quota di multiproprietà immobiliare ha natura di diritto reale, cosicché è inammissibile l'esercizio dello ius ritentionis, trattandosi di una forma di garanzia concepibile con esclusivo riferimento ai diritti di credito. È illegittima per contrarietà con il divieto - di ordine pubblico - dell'autotutela la clausola di uno statuto di multiproprietà immobiliare che prevede il diritto della società affidataria della gestione dei beni e dei servizi comuni di impedire ai multiproprietari morosi l'uso delle unità abitative nei periodi rispettivi, facoltizzando la società medesima ad assegnarne il godimento a terzi. È tutelabile in via d'urgenza la posizione del multiproprietario minacciato da parte della società affidataria della gestione di privarlo del godimento dell'unità abitativa nel periodo di competenza nonché di concedere a terzi l'utilizzo dell'unità abitativa stessa nel medesimo periodo di competenza (Trib. Chiavari 3 settembre 1993).
Obbligo di rendiconto dell'amministratore
La multiproprietà di singole unità immobiliari nell'ambito di un complesso residenziale non importa alcuna deroga all'applicazione della disciplina sul condominio negli edifici per quanto afferisce alle parti e ai servizi comuni di utilità generale all'intero edificio, circa le quali si osserva pertanto la norma imperativa dell'art. 1129, comma 3, c.c. Di conseguenza il versamento all'amministratore di una somma pecuniaria a titolo di deposito cauzionale da parte dei multiproprietari, pur determinando in capo a questi ultimi solo un diritto alla restituzione del tantundem, comporta per l'accipiente il sorgere di un obbligo di rendiconto circa il denaro depositato: tale obbligo, pur non previsto dalla disciplina condominiale, rappresenta una specificazione dei doveri di diligenza del mandatario di cui l'amministratore condominiale è sottospecie. L'omesso adempimento di tale rendiconto e l'uso del denaro depositato uti dominus, uniti alla confusione contabile delle somme amministrate con le somme proprie, concretano gravi irregolarità ai sensi dell'art. 1129, comma 3, c.c. legittimanti la revoca dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria (Trib. Bolzano 9 agosto 1993).
Spese di gestione
Nelle multiproprietà immobiliari il promittente compratore è obbligato a contribuire alle spese di gestione del complesso se egli, pur prima della stipulazione del contratto definitivo, abbia acquisito il diritto all'uso turnario dell'alloggio promesso e dei relativi beni e servizi comuni; la responsabilità del medesimo non è esclusa per il fatto che egli non abbia usato l'immobile, dovendosi avere riguardo alla possibilità dell'occupazione e non all'occupazione effettiva; è altresì irrilevante ai fini dell'esclusione di tale responsabilità il fatto che il promittente compratore abbia manifestato, con lettera raccomandata diretta alla promittente venditrice, l'intenzione di risolvere il contratto preliminare senza poi richiedere la risoluzione stessa all'autorità giudiziaria (Trib. Bolzano 18 giugno 1993).
Disciplina applicabile
La cosiddetta multiproprietà può definirsi come contitolarità di concorrenti diritti di proprietà, quindi un condominio non avente carattere assoluto, in quanto oggetto di autolimitazione reciproca preventiva da parte dei multiproprietari; in quanto alla regolamentazione giuridica di siffatto condominio essa non può essere altro che quella prevista dalla legge per il condominio di edificio; conseguentemente, per il principio imperativo di cui all'art. 1138, ultimo comma, c.c. - allorché i condomini siano più di quattro - le disposizioni di legge sull'obbligatorietà della nomina dell'amministratore da parte dell'assemblea e la relativa durata massima per il periodo di un anno (art. 1129, 1° e 2° comma, c.c.) sono dichiarate inderogabili anche da regolamento contrattuale e tanto a pena di inefficacia (Trib. Napoli 21 marzo 1989).
Godimento turnario del bene in comunione
Il contratto con cui i partecipanti alla comunione convengono determinate modalità di godimento della cosa comune, è patto perfettamente lecito e compreso nel potere dell'autonomia negoziale, anche quando consista in una materiale assegnazione in godimento di parti della cosa comune; esso rimane pertanto negozio ad efficacia obbligatoria e non reale, non incidendo in alcun modo sulla titolarità di ciascuno dei compartecipi sulla cosa comune (Pret. Viareggio 4 dicembre 1981).
Guida all'approfondimento
Cervale, La proprietà “plurale”: un itinerario tra condominio e multiproprietà, in Rass. dir. civ., 2014, 358;
Canali, Nullità del preliminare di multiproprietà senza l'indicazione in millesimi della quota di comproprietà dell'unità immobiliare, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 107;