Antiriciclaggio e compravendita di immobile con pagamento del prezzo in bitcoin

19 Marzo 2018

Il Notariato ha pubblicato il Quesito Antiriciclaggio n. 3-2018/B relativamente alla compravendita di immobile con pagamento del prezzo, seppur determinato in euro, regolato in bitcoin chiedendo se tale operazione violi le norme in materia di limitazione all'uso del denaro contante (art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007) nonché quelle in materia di indicazione analitica dei mezzi di pagamento (art. 35, comma 22 del D.L. n. 223/2006).

Il Notariato ha pubblicato il Quesito Antiriciclaggio n. 3-2018/B relativamente alla compravendita di immobile con pagamento del prezzo, seppur determinato in euro, regolato in bitcoin, chiedendo se tale operazione violi le norme in materia di limitazione all'uso del denaro contante (art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007) nonché quelle in materia di indicazione analitica dei mezzi di pagamento (art. 35, comma 22, D.L. n. 223/2006).

Il Notariato espone una serie di riflessioni concludendo che: “ad ogni modo, sulla base di quanto osservato e considerato che in fattispecie come quella prospettata si pone un'oggettiva impossibilità di adempiere ai summenzionati obblighi antiriciclaggio, si suggerisce una valutazione circa l'opportunità di procedere ad effettuare una segnalazione di operazione sospetta”.

Orbene, la ricostruzione alla base di tale Quesito risulta contraddittoria e non conforme neanche ai documenti citati, oltre a non rispondere al quesito.

Si premette che non esiste e non può esistere una definizione condivisa e condivisibile del bitcoin in ambito giuridico legale per la portata innovativa non previsto dalle norme, con l'ulteriore avvertenza che le soluzioni individuate in un campo del diritto non possono essere estese agli altri.

Il bitcoin non è una valuta, né può esserlo: non per altro la stessa Corte di Giustizia lo definisce quale mezzo di pagamento, la cui funzione si esaurisce in se stesso, nozione aliena al concetto di contante o di titolo al portatore (definiti dall'art. 1 D.Lgs. n. 231/2007) e alla modalità di pagamento del corrispettivo (come richiesto dal D.L. n. 223/2006) e di conseguenza tali normative non si applicano ai pagamenti in bitcoin che quindi non possono essere violate.

Non per altro le due norme, pur interagendo tra loro, operano su piani diversi: una finalizzata a sanzionare l'illegittimo uso di denaro contante e l'altra è diretta a sanzionare la reticenza o la falsa indicazione delle modalità di pagamento del prezzo per rendere trasparenti le transazioni immobiliari.

A supporto di queste riflessioni, è agevole rilevare come il D.Lgs. n. 231/2007 definisca le valute virtuali, distinguendole dalle altre nozioni, con conseguente regime differenziato, come risulta dalla stessa normativa e come la BCE, in più riprese abbia rilevato come le valute virtuali non siano valute, ma qualche cosa di diverso e differente.

La logica conseguenza che ne emerge è che lo sviluppo del quesito non colga nel segno, cadendo nello stesso errore dell'Agenzia dell'Entrate: quest'ultima, infatti, equivoca il principio sancito dalla Corte di Giustizia, dato che in nessuna parte la Corte equipara la valuta virtuale alla valuta, bensì ne sancisce l'esenzione per l'applicazione del principio di neutralità.

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