Obbligazione fideiussoria e fallimento del debitore principale

21 Marzo 2018

In caso di fallimento del debitore principale, il debito garantito da fideiussione che non sia ancora scaduto, deve intendersi tale, ai sensi dell'art. 55, secondo comma, l. fall., alla data di dichiarazione del fallimento, con la conseguenza che da questa data decorre il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze contro il debitore, ai sensi dell'art. 1957, primo comma, cod. civ., per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore.
Massima

In caso di fallimento del debitore principale, il debito garantito da fideiussione che non sia ancora scaduto, deve intendersi tale, ai sensi dell'art. 55, secondo comma, l. fall., alla data di dichiarazione del fallimento, con la conseguenza che da questa data decorre il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze contro il debitore, ai sensi dell'art. 1957, primo comma, cod. civ., per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore.

In caso di fideiussione con pattuizione del beneficio di escussione, se il debitore principale fallisce, il creditore garantito, per evitare la decadenza dalla fideiussione prevista dall'art. 1957, primo comma, cod. civ., non potendo più assumere iniziative individuali deve proporre istanza di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale previsto dallo stesso art. 1957 cod. civ., decorrente dalla data di apertura della procedura concorsuale.

In caso di fideiussione senza beneficio di escussione, il creditore, esercitando la facoltà di scelta che è propria delle obbligazioni solidali, potrà promuovere le sue “istanze” indifferentemente nei confronti del debitore principale fallito (mediante domanda di ammissione al passivo fallimentare) ovvero nei confronti del garante (nelle forme ordinarie).

Il caso

La cessionaria di un credito nei confronti di una società a responsabilità limitata sottoposta a procedura fallimentare, agisce coattivamente nei confronti dei fideiussori della società. Costoro si oppongono, affermando che la cessionaria, prima di rivolgersi a loro, avrebbe dovuto coltivare le sue istanze creditorie nei confronti del debitore principale e che, non avendolo fatto, essa è decaduta dalla garanzia. La Corte di Cassazione si sofferma su tre punti fondamentali, trattati in modo parzialmente difforme dalla Corte d'Appello di Firenze (la cui sentenza viene pertanto cassata in alcuni punti):

1. Il momento di decorrenza del termine semestrale previsto dall'art. 1957 c.c. in caso di adempimento frazionato nel tempo;

2. L'applicazione dell'art. 55 l. fall. a tutte le obbligazioni del fallito, comprese quelle frazionate;

3. Il diverso onere che incombe sul creditore in caso di fideiussione con beneficio di escussione del debitore principale e fideiussione senza beneficio di escussione.

Il contesto di riferimento e i principi affermati

La pronuncia della Corte di Cassazione dà conto di una questione che presenta numerosi aspetti interessanti, sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, ma che non ha dato luogo, allo stato attuale, a dibattiti o querelle interpretative particolarmente vivaci.

Come è noto, la dichiarazione di fallimento priva il fallito della disponibilità dei propri beni, in virtù del principio della universalità oggettiva. Inoltre, e anche questo è pacifico, la pretesa del creditore, che, antecedentemente al fallimento, era rivolta all'ottenimento dell'adempimento del debitore, dopo la dichiarazione di fallimento viene assoggettata al concorso formale finalizzato alla ripartizione del ricavato dei beni liquidati secondo le regole del concorso sostanziale. La necessità di consentire a tutti i creditori del fallito di partecipare a parità di opportunità alla ripartizione del ricavato, determina allora la ratio dell'art. 55 secondo comma l. fall., che stabilisce che I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione di fallimento. Viene in questo modo fissata una regola relativa alla determinazione del tempo dell'adempimento nel fallimento che risulta, nel caso di specie (di vendita frazionata), collegata al principio generale sancito dall'art. 1186 c.c., a mente del quale il debitore decade dal beneficio del termine qualora sia divenuto insolvente o abbia diminuito per fatto proprio le garanzie che aveva dato o non abbia dato le garanzie che aveva promesso.

Se, dunque, è vero che l'art. 55 l. fall. determina la scadenza di tutti i debiti pecuniari del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, ne consegue che la regola è la medesima anche per i debiti il cui adempimento è frazionato nel tempo, e la Cassazione conferma tale conclusione.

La seconda questione è relativa all'esistenza di una garanzia fideiussoria a beneficio del debitore fallito e del rapporto tra scadenza del debito ex art. 55 l. fall. e obbligo del fideiussore ex art. 1957 l. fall. Si tratta, in sostanza, di chiarire da quale momento decorre il termine semestrale entro cui il creditore deve far valere le sue ragioni nei confronti del fideiussore. L'art. 1957 c.c., al fine di evitare che il fideiussore rimanga nell'incertezza derivante dal ritardo del creditore nell'escussione della garanzia, prevede che il primo rimanga obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il secondo abbia, entro sei mesi dalla predetta scadenza, proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia diligentemente coltivate.

Appurato che l'obbligazione di cui si trattava era scaduta al momento della dichiarazione di fallimento del debitore, ne deriva automaticamente che il creditore aveva, da quello stesso momento, la possibilità di coltivare il proprio credito, sia contro il debitore stesso, sia contro il fideiussore, e per fare ciò la legge gli consente sei mesi di tempo.

A questo punto la Suprema Corte deve affrontare l'ultima questione, ossia il contenuto dell'onere che grava sul creditore garantito per non perdere la garanzia (e soprattutto il credito).

Le alternative sono due: se le parti (debitore e creditore) hanno previsto espressamente il beneficio di escussione, il creditore dovrà agire nei confronti del debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione garantita, in base a quanto dispone il primo comma dell'art. 1957 c.c., a pena della perdita del diritto nei confronti del fideiussore. Se invece le parti non hanno stabilito nulla al riguardo, si parla di fideiussione solidale, e l'istanza giudiziale da proporre entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale potrà essere rivolta, a scelta del creditore, contro l'uno o l'altro dei condebitori solidali.

Il caso concreto e la soluzione offerta dalla sentenza in commento

Trasponendo le norme sopra analizzate al caso concreto, la Suprema Corte, con un processo di analisi che ripercorre anche il ragionamento compiuto dalla Corte d'Appello di Firenze, verifica in primo luogo che lo specifico rapporto fideiussorio non prevedeva il beneficio di preventiva escussione del debitore principale, ossia della s.r.l. fallita. Dunque, la cessionaria del credito garantito poteva tranquillamente limitarsi ad agire giudizialmente nei confronti dei fideiussori, naturalmente a condizione che le istanze da lei proposte ex art. 1957 c.c. primo comma rispettassero il termine di sei mesi dall'apertura del fallimento. Il ragionamento della Corte d'Appello, però, partiva dal presupposto che, trattandosi di un pagamento frazionato, il termine per l'esercizio dell'azione da parte della cessionaria non avesse nemmeno iniziato a decorrere. Considerando però, come già accennato, che in tale fattispecie si applica l'art. 55, comma 2 l. fall., la Cassazione si pronuncia in senso contrario al giudice di secondo grado e cassa con rinvio la sentenza d'Appello, per consentire la verifica della tempestività dell'iniziativa intrapresa dalla cessionaria del credito.

Osservazioni

Indubbiamente, il cardine normativo intorno a cui ruota tutta la questione affrontata nella sentenza in commento, è costituito dall'art. 55, comma 2, l. fall. Il principio in esso contenuto è intimamente collegato all'essenza della procedura fallimentare, e risponde ad un' esigenza di carattere organizzativo, posto che, nel momento in cui si apre una procedura esecutiva di tipo collettivo che si sostituisce integralmente ai procedimenti esecutivi di tipo individuale, è evidente che occorre considerare tutti i crediti come venuti a scadenza contemporaneamente, in modo da renderne omogeneo il trattamento, laddove, viceversa, si obbligherebbe il curatore ad effettuare quegli accantonamenti che sarebbero altrimenti necessari per non vulnerare il principio della par condicio ove si dovessero rispettare le diverse regole sulle scadenze fissate di volta in volta dalla disciplina sostanziale dei singoli rapporti obbligatori.

La distinzione poi, tra fideiussione con beneficio di preventiva escussione e senza beneficio di preventiva escussione, pone in rilievo un preciso onere, posto a carico del creditore in caso di fideiussione solidale, che voglia mantenere impregiudicato il proprio diritto alla garanzia fideiussoria, in quanto dal mancato rispetto dei termini previsti deriverebbe la decadenza del diritto alla garanzia. Si è tuttavia rilevato che una simile disposizione è posta ad esclusivo vantaggio del fideiussore, e pertanto che è possibile che costui rinunci preventivamente al beneficio derivatogli dal decorso dei termini suddetti.

Conclusioni

Vi è ancora un punto che forse varrebbe la pena di sottolineare, ma che non è stato trattato, nemmeno incidenter dalla Corte: ossia il problema delle possibili azioni esperibili dal fideiussore escusso nel caso di fallimento del debitore garantito, al fine del riconoscimento del proprio diritto di credito. Ricordiamo solo en passant che la disciplina relativa alle modalità di insinuazione nello stato passivo del fallimento del credito vantato dal fideiussore del debitore principale fallito è stata oggetto di un intervento da parte della stessa Cassazione, con la sentenza n. 903 del 17 gennaio 2008, alla luce della quale non è più condizione necessaria, al fine del riconoscimento del diritto di credito, la preventiva insinuazione tempestiva allo stato passivo del fallimento da parte del coobbligato fideiussore, nella forma dell'ammissione sotto condizione, con riserva di produrre in seguito la prova dell'avvenuto pagamento del credito garantito. La condizione sufficiente affinché il coobbligato possa partecipare al concorso insieme a tutti i creditori è ora rappresentata dall'avvenuta escussione.

Guida all'approfondimento

Cass., sez. Prima Civile, 18 agosto 2017, n. 20190 in materia di sorte del contratto di vendita a rate al momento della dichiarazione di fallimento dell'acquirente.

Cass., sez. Prima Civile, 17 gennaio 2008, n. 903, secondo cui il credito di regresso del fideiussore che abbia pagato integralmente il creditore dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale fallito ha natura concorsuale.

F. Lamanna, Commento all'art. 55 l. fall., in A. Jorio – M. Fabiani, diretto da, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006.

R. Madonna – S. Merz – P. Sguotti, Manuale pratico dei privilegi, delle prelazioni e delle garanzie, Cedam, 1999.

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S. Bonfatti, “Il coobbligato del fallito nel fallimento”, Giuffrè, 1989

G. F. Campobasso, “Regresso (azione di), in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXVI, 1991, 1 ss.

A. Nigro – M. Sandulli – V. Santoro (a cura di), La legge Fallimentare dopo la riforma, disposizioni generali fallimento, Tomo I – Artt. 1-83 bis, Giappichelli, 2012, 817 ss.

T. Manferoce, I diritti dei creditori e la nuova posizione del curatore nell'accertamento dello stato passivo, in La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, a cura di M. Fabiani – A. Patti, Giuffrè, 2006, 173

L. Panzani, Regresso del fideiussore nei confronti del fallito e fideiussione, in Fallimento, 1998, 1049

S. Sanzo, Gli effetti del fallimento per i creditori, in O. Cagnasso – L. Panzani, a cura di, Crisi di impresa e procedure concorsuali, Tomo I, Utet, 2016, 1075 ss.

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