Ordine di integrazione del contraddittorio nei «termini di legge»: si applica il termine a comparire di cui all'art. 163-bis
23 Marzo 2018
Il caso. Veniva proposto appello innanzi alla Corte territorialmente competente contro la sentenza del tribunale di Napoli con la quale l'appellante era stata condannata al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni. Nel giudizio di appello si costituivano gli eredi dell'appellata, deceduti nel corso del giudizio di primo grado, deducendo che anche F.P. era figlio dell'appellata. Conseguentemente la Corte d'appello disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'erede pretermesso, indicando i termini di legge quale termine entro il quale doveva avvenire la notifica. Nella successiva udienza la Corte, costato che il contraddittorio non era stato integrato nei confronti del litisconsorte, dichiarava inammissibile l'appello.
Litisconsorzio necessario. La soccombente ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 102, comma 2, art. 331, comma 2, e art. 163-bis c.p.c.. A parere della ricorrente, la Corte territoriale, nel pronunciare l'inammissibilità dell'appello per mancata integrazione del contraddittorio, non ha considerato di avere omesso di fissare un termine certo entro il quale provvedere alla notifica dell'integrazione del contraddittorio.
Ordine di integrazione del contraddittorio... Il Collegio ricorda sul punto come, «in tema di litisconsorzio necessario, ove l'ordine di integrazione del contraddittorio venga dato senza l'indicazione del termine finale per la notificazione dell'atto di integrazione, ma facendosi espresso riferimento ai “termini di legge” e fissandosi la nuova udienza ad una data tale da consentire il rispetto del termine per la comparizione, tale termine si può individuare in quello di cui all'art. 163-bis c.p.c., da desumersi in base alla data dell'udienza di rinvio» (v. Cass. civ., n. 26401/2009).
…nei «termini di legge». Nonostante, quindi, la questione sia stata decisa con precedenti difformi, i Giudici ritengono preferibile aderire all'indirizzo giurisprudenziale che tende a non vedere violata alcuna norma processuale in situazione dove il termine processuale sia ricavabile facendo riferimento alle norme processuali che regolano la chiamata in giudizio delle parti. Anche perché tale indirizzo trova conforto in una interpretazione del dato normativo costituzionalmente orientata ai sensi dell'art. 111, comma 2, Cost. (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. Un., n. 20604/2008).
Alla luce di tali considerazione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso. |