La questione dell'applicazione ratione temporis delle novelle del 2012 e del 2017, intervenute a riformare gli artt. 138 e 139 cod. ass., rileva sia in relazione ai sinistri stradali che in ambito di responsabilità medico-sanitaria. In questo contributo si sottolinea la irretroattività delle nuove versioni di tali articoli, soluzione imposta innanzitutto dall'art. 11, comma 1, prel.. Se in ordine a questa conclusione non dovrebbero nutrirsi dubbi, il quadro generale, tuttavia, è complicato da ..
Premessa: inoperatività dell'art. 138 cod. ass. e decadenza del Governo dalla delega legislativa
All'art. 1, commi 17 e 19, della cd Legge Concorrenza» (l. 4 agosto 2017, n. 124, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza») ha modificato gli artt. 138 e 139 cod. ass. in modo significativo (invero in peius per i danneggiati); tale provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2017 (S. G. n. 189); pertanto, ai sensi dell'art. 10, comma 1, delle preleggi, la novella legislativa è in vigore dal 29 agosto 2017 compreso.
Si pone così nuovamente la questione circa la determinazione dei sinistri interessati ratione temporis dalla predetta ennesima riforma della r.c.a.; peraltro, questo problema è oggi duplice, atteso che occorre comprendere se i “nuovi” artt. 138 e 139 cod. ass. - richiamati (nelle precedenti versioni) dapprima dall'art. 3 del decreto-legge del 13 settembre 2012 n. 158 (il «Decreto Balduzzi») e poi, con una norma di formulazione in parte diversa, dall'art. 7, comma 4, della legge 8 marzo 2017, n. 24 («Legge Gelli-Bianco») - svolgano effetti di qualche tipo sul versante dei danni da responsabilità medico-sanitarie e, nel caso di risposta positiva, ratione temporis in relazione a quali eventi avversi.
Ciò posto, innanzitutto va rilevato come attualmente, qualsiasi sia il campo considerato, non si prospettino questioni di sorta in merito all'applicazione ratione temporis della disciplina sul danno non patrimoniale da lesioni di non lieve entità recata dall'art.138 tanto nella sua formulazione antecedente quanto in quella odierna: infatti, molto semplicemente questo articolo, non essendo stata predisposta la tabella ivi prevista, rimane inoperativo. Come già nel “vecchio” art. 138 anche in quello “nuovo” (così come modificato dall'art. 1, comma 17, della legge n. 124/2017) la disciplina per la quantificazione del danno non patrimoniale da lesioni di non lieve entità è centrata sulla tabella unica nazionale per le menomazioni comprese tra dieci e cento punti; senza di questa i criteri di liquidazione sanciti dall'art. 138 non possono operare. Solo quando sarà emanata la tabella unica nazionale esso entrerà in funzione. L'art. 1, comma 18, della legge n. 124/2017 esplicita esattamente questo punto: «La tabella unica nazionale predisposta con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 138, comma 1, del codice delle assicurazioni private […], come sostituito dal comma 17 del presente articolo, si applica ai sinistri e agli eventi verificatisi successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto del Presidente della Repubblica».
Peraltro, per l'operatività dell'art. 138 si presenta la necessità di una nuova delega del Parlamento: infatti, il comma 1 del “nuovo” art. 138 ha fissato il termine di «centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione» per l'adozione del decreto del Presidente della Repubblica recante la tabella (termine già decorso senza l'intervento di proroghe); scaduto il predetto termine, il Governo non può più procedere legittimamente all'emanazione della tabella unica nazionale; questa, laddove emanata, risulterebbe illegittima.
A quest'ultimo riguardo va ricordato come l'art. 76 Cost. statuisca molto chiaramente che «L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti». In base a questa fondamentale norma sì in via eccezionale il potere legislativo può essere trasferito dal Parlamento all'Esecutivo, ma entro determinati paletti tra i quali, per l'appunto, il limite temporale: il potere può essere conferito soltanto «per tempo limitato»; scaduto tale termine il potere non può più essere validamente esercitato ed il decreto presidenziale eventualmente emanato in seguito verrebbe alla luce in violazione dell'art. 76 Cost. (cfr. Corte cost., 25 novembre 2004, n. 355; Corte cost. (Ord.), 18 ottobre 2002, n. 425; Corte cost., 10 dicembre 1981, n. 184).
Il rinvio della tabella unica ad un nuovo futuro intervento legislativo, ad ogni modo, pare costituire un'ipotesi realistica: la norma, così come modificata nel corso del suo iter parlamentare rispetto a quella di iniziativa governativa, è senz'altro lontana dai desiderata delle compagnie assicuratrici, le quali non avrebbero voluto rinvenire nel “nuovo” art. 138 né il richiamo (assolutamente evidente al comma 2) alle “tabelle milanesi”, né, quale criterio di redazione della tabella unica nazionale, la valorizzazione del danno morale quale pregiudizio distinto dal danno biologico.
Alla luce di quanto ora esposto, la presente disamina andrà allora a concentrarsi sull'art. 139 cod. ass.
Principi generali sulla gestione intertemporale delle norme in materia di tutela risarcitoria
Prima di entrare nel merito delle singole questioni, pare opportuno ricordare quanto stabilito a chiare lettere dal comma 1 dell'art. 11 («Efficacia della legge nel tempo») delle preleggi: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo».
Questo, come costantemente rilevato dalla Suprema Corte, costituisce un principio cardine, una regola generale dell'ordinamento e regola essenziale del sistema, la quale non può certo essere disapplicata con leggerezza.
Sulla base di tale principio la Cassazione ha costantemente sancito la sicura irretroattività delle novelle, che intervengono a fissare condizioni peggiorative per il risarcimento dei danni.
Viene in primis in rilievo la pronuncia Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11048, che, intervenuta in relazione ad un caso che presentava evidenti analogie con le disposizioni qui in disamina, ha affermato l'irretroattività delle tabelle, approvate con d.m. 3 luglio 2003, per la liquidazione del danno biologico relativo alle lesioni micropermanenti, di cui all'art. 5 della legge n. 57/2001: «Nel terzo motivo si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione in relazione al regime di calcolo del danno biologico e del danno morale, che il giudice di pace ha adottato secondo le vigenti tabelle del triveneto (con sentenza deliberata il 27 agosto 2003) e secondo il regime risarcitorio vigente al tempo del fatto dannoso (16 marzo 2002) e che il Tribunale di Verona ha modificato motu proprio applicando le tabelle micropermanenti adottate sulla base della L. n. 57 del 2001, art. 5, senza applicare alcun correttivo per le condizioni soggettive del danneggiato e così riducendo sia la voce danno biologico che quella del danno morale. Il motivo è fondato in punto di diritto: ed invero le tabelle mediche per la micropermanente sono state approvate per D.M. 3 luglio 2003, in vigore dal giorno 11 settembre 2003, data della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e senza effetto retroattivo. A partire da tale data viene così introdotto un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente (sino a 9 punti) in deroga al regime ordinario codificato dall'art. 2056 c.c., e con la previsione (introdotta da successiva novella n. 273 del 2002) del potere di correzione della stima del danno nella misura del 25%, così delimitando il potere di personalizzazione del danno, ampiamente sostenuto dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 194/1986) e dalla Corte di cassazione (incluso il punto 4.9 del preambolo sistematico delle SU 11 novembre 2008 nn. 26973 e 26974). […] Nulla impediva alle parti, anche in sede di appello, di concordare per la nuova (riduttiva) valutazione dei danni attraverso le tabelle ministeriali orientative, ormai vigenti al tempo della seconda decisione. Ma in mancanza di tale accordo spettava alla parte lesa esigere una valutazione equitativa personalizzata, e cioè una valutazione integrale del danno […].L'errore compiuto dai giudici di appello è dunque duplice. Da un lato hanno applicato retroattivamente un regime speciale, senza il consenso delle parti, e d'altro lato non hanno motivato in punto di personalizzazione in relazione alla tipologia della lesione ed alle condizioni soggettive personalizzanti, e così facendo hanno consapevolmente proceduto ad una riduzione di un importo più amplio, già deciso dai giudici del primo grado».
A medesima conclusione, sempre con riferimento alla tabella di cui all'art. 5 della legge n. 57/2001, è pervenuta Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2009, n. 11701.
Può, altresì, citarsi Cass. civ., sez. lav., 8 febbraio 2012, n. 1850, che, con riferimento alla responsabilità dello Stato per mancato recepimento di direttive comunitarie, ha stabilito il principio per cui la norma introdotta dall'art. 4, comma 43, della legge n. 183 del 2011, secondo la quale la prescrizione del diritto al risarcimento del danno soggiace al termine quinquennale exart. 2947 c.c. (invece che decennale exart. 2946 c.c.), vale soltanto per i fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore.
Parimenti la Cassazione ha statuito che i limiti alla responsabilità del vettore previsti dall'art. 1696, comma 2, c.c., come novellato dall'art. 10 d.lgs. 21 novembre 2005, n. 286, non trovano applicazione in relazione a fattispecie contrattuali perfezionate nei loro elementi e consumate nella loro esecuzione anteriormente all'entrata in vigore di tale ius superveniens (Cass. civ., sez. III, 6 agosto 2013, n. 18657).
Con riferimento allo iussuperveniens costituito dal nuovo testo della legge n. 300 del 1970, art. 18, come modificato dalla l. n. 92 del 2012, art. 1,comma 42, e che per certi tipi di licenziamenti prevede non più la tutela reintegratoria, ma una mera tutela indennitaria, la Cassazione ha affermato che «il principio dell'irretroattività della legge previsto dall'art. 11 preleggi fa sì che la nuova legge non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente e ancora in vita ove, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso» (Cass. civ., sez. lav., 9 gennaio 2014, n. 301).
Vero è che si rileva in diverse pronunce che l'irretroattività della legge rappresenta un principio generale dell'ordinamento non elevato, fuori della materia penale, a dignità costituzionale, sicché, qualora non ricada entro i limiti di cui all'art. 25, comma 2, Cost., il legislatore, con una espressa disposizione derogatoria, potrebbe stabilire che una determinata disposizione abbia effetto retroattivo (cfr. ex plurimis da ultimo: Cass. civ., sez. II, 29 febbraio 2016, n. 3926; Cass. civ., sez. lav., 15 marzo 2016, n. 5065; Cass. civ., sez. lav., 9 gennaio 2014, n. 301; Cass. civ., sez. III, 6 agosto 2013, n. 18657).
Però la giurisprudenza predetta ed anche reiteratamente la Consulta (cfr. fra le ultime Corte cost., 29 maggio 2013, n. 103 e Corte cost., 5 aprile 2012, n. 78) ha pure sottolineato quanto segue: sì non è precluso al legislatore di emanare «norme retroattive (sia innovative che di interpretazione autentica), purchè la retroattività trovi adeguata giustificazione nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU» (così Cass. civ., sez. lav., 15 marzo 2016, n. 5065, nonché Cass. civ., sez. III, 6 agosto 2013, n. 18657).
Proprio quest'ultimo richiamo alla giurisprudenza CEDU (ribadito anche dalla Consulta) conferma la necessità di considerare le conclusioni raggiunte dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nelle pronunce del 6 ottobre 2005 Draon c. Francia e Maurice c. Francia (entrambe riportate in http://www.echr.coe.int).
La Corte di Strasburgo era stata chiamata ad esprimersi sulla legge francese del 4 marzo 2002 n. 303 (la «Loi Kouchner», dal nome del suo promotore), intervenuta a restringere significativamente i margini della tutela risarcitoria nelle ipotesi di errata o ritardata diagnosi di malformazioni fetali. Nello specifico, tale legge, in netta rottura con la giurisprudenza del Conseil d'Etat e della Cour de Cassation, aveva ristretto il diritto dei genitori al risarcimento dei danni (pecuniari e non), circoscrivendolo ai soli casi di colpa grave dei sanitari («faute caractérisée») ed altresì escludendo la risarcibilità del danno patrimoniale per le spese derivanti in capo ai genitori per far fronte allo stato di invalidità del figlio malformato. Dei cittadini francesi, i quali al momento dell'entrata in vigore della legge già si trovavano in causa dinanzi ai giudici nazionali, rivolgendosi alla Corte di Strasburgo avevano lamentato come detta legge, avendo effetto retroattivo, interferisse in concreto con il loro diritto, già maturato, al risarcimento del danno patrimoniale e che, quindi, violasse l'art. 1 («Protezione della proprietà») del Protocollo n. 1addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali («1. Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. 2. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende»).
Orbene, la CEDU, affermando il principio per cui «le interferenze con il sereno godimento dei beni di un soggetto devono reggersi su un equo bilanciamento tra, da un lato, le esigenze dell'interesse generale della società e, dall'altro lato, le necessità della protezione dei diritti fondamentali dell'individuo», concluse nel senso che la legge in questione, avendo precluso con effetti retroattivi la risarcibilità, in capo ai genitori-danneggiati, di una voce di danno di primaria importanza, avesse privato i ricorrenti di un loro asse patrimoniale che legittimamente, stante gli orientamenti giurisprudenziali precedenti all'entrata in vigore della legge, potevano aspirare a conseguire in seno ai procedimenti già instaurati, con la conseguenza che essa violava il predetto art. 1 del Protocollo n. 1.
L'applicazione intertemporale dell'art. 139 in relazione ai sinistri stradali: questioni annesse e connesse
È alla luce del predetto principio generale della irretroattività che va esaminata l'applicazione nel tempo dell'art. 139 cod. ass.
Tanto in occasione della riforma del 2012 che in quella ultima del 2017 il legislatore non ha predisposto alcuna espressa norma in deroga al principio della irretroattività (se lo avesse fatto, si sarebbe imposta la questione della legittimità costituzionale di una siffatta disposizione).
Di conseguenza, al fine di scongiurare la violazione dell'art. 11 preleggi e delle norme costituzionali/CEDU innanzi menzionate s'impone l'adesione al seguente quadro:
la versione dell'art. 139 introdotta dalla legge n. 27/2012 dovrebbe operare esclusivamente per gli incidenti occorsi a far data dal giorno successivo alla pubblicazione di tale norma (cfr. art. 1, comma 2: «La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale») e, quindi, trovare applicazione per i sinistri stradali occorsi a far data dal giorno 25 marzo 2012 compreso al 28 agosto 2017;
l'art. 139, così come innovato dall'art. 1, comma 19, della legge n. 124/2017, dovrebbe trovare applicazione soltanto per gli incidenti stradali intervenutidal 29 agosto 2017 compreso.
La necessità di tenere ferma siffatta linea di demarcazione temporale va qui debitamente sottolineata. Infatti, le due versioni sonoprofondamente diverse: mentre l'art. 139 ante 2017 si riferiva nella sua lettera al solo «danno biologico», al contrario il “nuovo” art. 139 ha la pretesa (invero fraudolenta) di disciplinare l'intero «danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità» ed al comma 3 aggiunge che «l'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche» (da rilevarsi, però, quest'ultimo riferimento alle sole «lesioni fisiche», idoneo a sollevare diversi interrogativi); in pratica l'aspirazione (o, rectius, inganno) del “nuovo” art. 139 è di inglobare anche il danno morale tanto nei valori di base che nei margini per la personalizzazione del danno biologico-esistenziale, margini in diversi casi già insufficienti a permettere un adeguato ristoro per i profili relazionali.
Sennonché:
a) la riforma del 2017 non ha modificato i parametri monetari alla base della tabella, pertanto rimasti invariati; questi furono determinati nel 2001 (nello specifico, dall'art. 5, comma 2, lett. a e lett. b, della legge 5 marzo 2001, n. 57) assumendosi a riferimento (fra l'altro con considerevoli ribassi) i valori normalmente riconosciuti dalle tabelle di formazione pretorile (Roma, Milano, Torino, ecc.) per il solo danno biologico, permanente e temporaneo, di base, nella giurisprudenza dell'epoca personalizzabile in via autonoma rispetto alla liquidazione del danno morale;
b) inoltre, il legislatore del 2001 si determinò espressamente a tenere il danno morale fuori dalla norma in questione (cfr. amplius M. BONA, Corte costituzionale n. 235/2014: cestinatela!, in Ridare.it 29 ottobre 2014), peraltro riferendo la personalizzazione degli importi tabellari al solo danno biologico (così l'originario comma 4: «il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato»; così, pure, il comma 4 come riscritto dall'art. 23, comma 3, della legge 12 dicembre 2002, n. 273: «L'ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 2 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato»).
Dunque, mentre il “vecchio” 139 lasciava spazio a scenari risarcitori della componente del danno morale ulteriori rispetto a quelli determinati dall'applicazione dei parametri di cui alla tabella ministeriale e dalla loro contenuta ed eventuale personalizzazione (la Consulta del 2014 ha reso un precedente manifestamente fallace), il “nuovo” 139 ingloba a viva forza anche il danno morale (solo, però, da lesioni fisiche) dentro il limite massimo di un quinto, che, per l'appunto, prima si riferiva esclusivamente alla personalizzazione dei riflessi biologici e (per effetto del ritocco incostituzionale apportato dalla riforma del 2005) di quelli esistenziali.
È, allora, del tutto evidente come in relazione alla liquidazione dei danni non patrimoniali da lesioni di lieve entità cagionati da sinistri occorsi a far data dal 29 agosto 2017 si pongano questioni diverse così come problemi di incostituzionalità ulteriori rispetto a quelli già prospettabili con riferimento alla precedente versione del 139.
Ciò posto, il quadro innanzi tracciato relativamente all'applicazione intertemporale delle versioni dell'art. 139 è purtroppo complicato da una serie di rilevanti questioni, fra le quali emergono le seguenti due:
1)(ir)retroattività del requisito dell'accertamento strumentale;
2)valori monetari discordanti tra la legge concorrenza ed il DM di aggiornamento.
Segue. L'accertamento strumentale: applicazione ratione temporis alla luce di Cass. civ., n. 1272/2018
La prima questione, che si è già posta in relazione alla riforma del 2012, è per l'appunto quella relativa alla effettiva irretroattività o meno del (almeno in apparenza) requisito/filtro risarcitorio dell'accertamentostrumentale, introdotto nel 2012 - (N.B.) in palese violazione dell'art. 77 Cost. (questione da non sottovalutare in relazione ai sinistri assoggettati alla legge n. 27/2012) - e confermato dalla l. n. 124/2017.
Innanzitutto, va rilevato come sul punto il “nuovo” art. 139 non sia in tutto e per tutto sovrapponibile alla versione precedente: il legislatore del 2017, infatti, ha parzialmente abiurato tale requisito in favore dell'accertamentovisivo con riferimento alle «lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni» (… il che, di fatto, rimette ai medici legali la determinazione di quali lesioni siano oggettivamente riscontrabili e, quindi, risarcibili anche se non accertate strumentalmente); al contempo ha pure relegato la condizione in disamina al solo risarcimento del danno biologico permanente; infatti, l'art. 1, comma 30, lett. b), della l. n. 124/2017 ha abrogato il comma 3-quater inserito dalla l. n. 27/2012 all'art. 32 del d.l. n. 1/2012, recante la seguente norma: «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all'articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione».
Chiaramente la versione del 2017 detiene una portata selettiva minore rispetto alla precedente disposizione; di quanto sia minore tale discrimine è un dato destinato a rimanere affidato alla ridda di convegni, scritti e sentenze dei prossimi anni. Sta di fatto che sussiste fra le due versioni una differenza rispetto alla quale potrebbe porsi in effetti una questione di applicazione intertemporale.
In tutta evidenza la soluzione del problema non dovrebbe divergere da quella rinvenuta con riferimento alla riforma del 2012; sennonché proprio in relazione a quest'ultima si sono venute a stagliare risposte contrapposte che necessitano ancora di trovare una soluzione condivisa.
In un suo scarno obiter dictum inserito nella sentenza n. 235/2014 la Consulta aveva affermato come le novità introdotte dalla legge n. 27/2012 sul piano dell'accertamento strumentale trovassero applicazione anche «ai giudizi in corso (ancorché relativi a sinistri verificatisi in data antecedente alla loro entrata in vigore)». La Consulta aveva sorretto tale conclusione con affermazioni lapidarie decisamente sorprendenti: le restrizioni introdotte nel 2012, secondo la Consulta, non sarebbero state «attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto», comportando esse unicamente «la necessità di un “accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente» e «la possibilità anche di un mero riscontro visivo, da parte del medico legale, per la risarcibilità del danno da invalidità temporanea».
A parte tale disarmante osservazione relativa al danno biologico temporaneo (come potrebbe, infatti, un medico legale riscontrare “visivamente” a distanza di anni, in sede di CTU, un'invalidità temporanea???), la Consulta mostrò così di ignorare la natura sostanziale del filtro probatorio posto dal legislatore (sul punto si rinvia a M. BONA, Corte costituzionale n. 235/2014: quale impatto sulla prova del danno biologico ex legge n. 27/2012?, in www.ridare.it, Focus del 13 novembre 2014).
La Corte costituzionale reiterò poi questa sua singolare presa di posizione in una successiva ordinanza n. 242/2015, tuttavia ivi limitandosi ad un immotivato rinvio al precedente obiter dictum ed incorrettamente riportando una circostanza inveritiera, ossia che nel 2014 già avesse giudicato la limitazione associata all'accertamento strumentale come rispondente a criteri di ragionevolezza (cfr. M. BONA, Lesioni di lieve entità ed accertamenti strumentali: la Consulta ignora questioni di costituzionalità manifestamente fondate, in Resp. Civ. Prev., 2016, n. 2, 473-475).
Di diverso avviso è stata una parte della giurisprudenza di merito, che (cfr. così, per es., Trib. Bologna, Sez. III, 30 maggio 2014, in www.plurisonline.it) ha rilevato la «natura sostanziale ed irretroattiva» delle norme introdotte con la legge n. 27/2012 sulla base di questi rilievi: «riguardo alla natura delle norme in materia di prove civili, la maggioritaria giurisprudenza di legittimità ritiene che quelle che disciplinano l'assunzione dei mezzi di prova, contenute nel codice di rito, siano senza dubbio processuali, mentre quelle “poste dal codice civile in materia d'onere della prova e di ammissibilità ed efficacia dei vari mezzi probatori attengono al diritto sostanziale” (Cass. civ., n. 1247/2000, rv. 533484; così anche Cass. civ., n. 8810/2003, rv. 563820 e Cass. n. 4225/2007, rv. 595653)»; «stante il silenzio del legislatore – che non ne ha espressamente sancito la retroattività – deve comunque ritenersi che “in conseguenza del principio generale di irretroattività della legge, dettato dall'articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, l'eventuale retroattività di una legge o di altra fonte normativa di grado inferiore deve risultare da una espressa o quanto meno non equivoca dichiarazione del legislatore, dovendosi ritenere, in caso di incertezza, che la norma non disponga che per l'avvenire e non abbia quindi effetto retroattivo” (Cass. n. 1379/2003, rv. 560134)».
Quest'ultima conclusione appare ineccepibile. Però essa lascia intatto il problema dell'applicazione del richiamo all'accertamento strumentale per i sinistri successivi all'entrata in vigore della legge n. 27/2012.
Altra giurisprudenza è pervenuta, dunque, ad una diversa soluzione, quella - tralasciandosi la questione pregiudiziale del contrasto della norma con l'art. 77 Cost. - più conforme ad una lettura ragionevole e costituzionalmente accettabile. In particolare, al fine di salvare la norma da censure di incostituzionalità si è sostenuta un'interpretazione della novella del 2012 opposta a quella poi abbozzata dalla Consulta nella sentenza n. 235/2014 e nell'ordinanza n. 242/2015, ossia si sono attribuiti al richiamo all'accertamento strumentale «natura “psicologica” e contenuto “declamatorio-esortativo”» (le espressioni fra virgolette sono tratte da M. ROSSETTI, Il quesito medico legale dopo la riforma dell'art. 139 Cod. ass., in Danno resp., 2013, 934); pertanto, si è addivenuti ad una lettura costituzionalmente orientata per cui, non potendosi imporre delle “prove diaboliche” ai danneggiati, la formula «accertamento clinico strumentale obiettivo» rappresenta nient'altro che una sintesi esplicativa, in senso rafforzativo, del requisito dell'«accertamento medico-legale» della lesione, quest'ultimo concetto implicando che il medico legale faccia ricorso a tutti i percorsi accertativi dettati dalla sua criteriologia tra i quali anche, laddove in concreto effettuato sul danneggiato, l'«accertamento strumentale» (cfr. amplius M. BONA, Micropermanenti e «prove diaboliche»: tra Cassazione e Consulta chi ha ragione?, in Responsabilità civile e previdenza, 2017, n. 1, 144-166, nonché, in sintesi, M. BONA, Micropermanenti: la Cassazione contro prove “diaboliche” e/o inutili, in Ridare.it, Focus del 9 Febbraio 2017).
A quest'ultima lettura, tale da rendere innocua e, quindi, accettabile l'eventuale retroattività della nuova disposizione, è pervenuta non solo parte (invero maggioritaria) della giurisprudenza di merito (cfr. ex plurimis: Trib. Padova, 20 ottobre 2016, n. 2892, in Resp. civ. prev., 2017, n. 1, 143; Trib. Venezia, sez. II, 13 giugno 2016, n. 1536, ined.; Trib. Treviso, sez. I, 20 gennaio 2016, in www.plurisonline.it; Trib. Padova, sez. II, 29 settembre 2015, ibidem; Giud. Pace Roma, sez. VI, 9 giugno 2015, n. 25091, in www.unarca.it; Trib. Padova, sez. II, 23 gennaio 2015, in www.plurisonline.it; Trib. Bologna, Sez. III, 8 gennaio 2015, n. 192, in www.unarca.it; Giud. Pace Imola ex Budrio, 12 novembre 2014, ibidem; Trib. Padova, Sez. II, 6 novembre 2014, in www.plurisonline.it; Giud. Pace Civitanova Marche, 28 luglio 2013, n. 152, e Giud. Pace Torino, 24 maggio 2013, n. 3463, entrambe in Arch. circ. sin., 2013, 1053; Giud. Pace Padova, 22 novembre 2012, n. 1443, in www.unarca.it; Giud. Pace Treviso, 11 ottobre 2012, n. 744, ibidem), ma anche la Suprema corte.
Il riferimento è in primo luogo a Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2016, n. 18773, che per l'appunto ha chiaramente interpretato il comma 3-ter ed il comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. n. 1/2012 nel senso di essere entrambi latori della «necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”» e, in tale prospettiva, di esplicare entrambi, «senza differenze sostanziali tra loro», «i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, nè unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)».
Ancora più esplicita in quest'ultima direzione è la più recente pronuncia Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2018 n. 1272, che, confermando l'approdo del 2016, ha sancito il principio (fra l'altro tale da ammontare a ratio decidendi e non già a mero obiter dictum come nel precedente intervento): «l'art. 139, comma 2, […], nel testo modificato dall'art. 32, comma 3-ter, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, inserito dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l'accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l'unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l'esame clinico strumentale». Condivisibilmente la Corte ha sottolineato che l'accertamento medico-legale «non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza».
Anche con specifico riferimento al caso della distorsione del rachide cervicale la Cassazione ha sì rilevato come in tale fattispecie l'accertamento «clinico strumentale» costituisca «con ogni probabilità» uno «strumento decisivo» per le risposte demandate al CTU, tuttavia rimanendo fermo «il ruolo insostituibile della visita medico legale e dell'esperienza clinica dello specialista».
Ciò che può lasciare perplessi della sentenza n. 1272/2018 è semmai la seguente ricostruzione intertemporale ivi tracciata in relazione all'accertamento dei postumi da distorsione del rachide cervicale. Secondo la Cassazione occorrerebbe distinguere fra sinistri occorsi prima dell'entrata in vigore della legge n. 27/2012 (cioè sino al 24 marzo 2012 compreso) ed incidenti verificatisi dopo tale data; soltanto con riguardo a questi ultimi i medici di pronto soccorso avrebbero principiato a condurre sistematicamente accertamenti radiografici della patologia in questione. In breve, per la Suprema Corte relativamente agli incidenti occorsi prima del 25 marzo 2012 non sarebbe possibile attribuire alcuna portata selettiva all'accertamento strumentale della distorsione del rachide cervicale, poiché si finirebbe con il «porre a carico dell'infortunato un onere probatorio inesistente» (cioè esami non disposti normalmente dai sanitari di pronto soccorso). Viceversa per i sinistri successivi, fermo restando il ruolo (eventualmente pure risolutivo) dell'accertamento clinico condotto dal medico legale, si dovrebbe assumere la disponibilità, da parte dei danneggiati, di accertamenti strumentali. Sennonché, a livello di linee guida, raccomandazioni e protocolli sul ricorso alla diagnostica per immagini nulla, in realtà, è cambiato negli ospedali dopo la l. n. 27/2012: esattamente come avveniva prima della riforma del 2012 l'effettuazione di accertamenti radiografici ed altri accertamenti assimilabili in relazione all'ipotesi di distorsione dei rachide cervicale rimane affidata alla disponibilità (limitata) delle singole strutture ospedaliere ed alla discrezionalità dei medici di pronto soccorso. Le ultime linee guida, elaborate dall'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, risalgono al 2004 («Linee guida nazionali di riferimento per la Diagnostica per immagini») e non sono state affatto riviste per effetto della riforma del 2012. Esse non impongono ai medici di pronto soccorso di procedere con accertamenti radiografici dinanzi a riferiti dolori cervicali successivi ad un trauma stradale (ll che appare pure condivisibile attesa l'assenza di strette esigenze terapeutiche). Dunque, non pare che sia fondato sostenere che per i danni da distorsione del rachide cervicale da sinistri occorsi a decorrere dal 25 marzo 2012 la prova dell'accertamento strumentale sia divenuta possibile mentre prima non lo sarebbe stata. Forse dal 2012 in avanti alcuni medici e reparti di pronto soccorso, pur non sussistendo necessità terapeutiche, hanno sviluppato una maggiore propensione al ricorso alla diagnostica per immagini in relazione ai pazienti che lamentino “colpi di frusta”. Nulla di più. Peraltro, rimane aperta la questione di quanto siano risolutivi ed affidabili le evidenze provenienti dalla diagnostica per immagine, laddove l'ispezione tradizionale del periziato da parte del medico legale può risultare decisamente più illuminante: in relazione all'ispezione gli studi attestano che la riproducibilità tra diversi osservatori è buona nel distinguere soggetti sani da pazienti affetti da dolore cervicale. Del resto, i medici-legali posseggono un certo qual know-how per l'individuazione di simulazioni.
Determinazione dei valori monetari di base: il continuum tra decreti ministeriali
Una seconda questione, come si accennava innanzi, riguarda la previsione, da parte del “nuovo” art. 139, divalori monetari discordanti sia da quelli previsti dall'ultimo d.m. del 17 luglio 2017 (pubblicato sulla G.U. n. 196 del 23 agosto 2017 e con effetti decorrenti dal mese di aprile 2017), che, in linea con i precedenti aggiornamenti ministeriali e, quindi, con i valori iniziali recati dall'art. 5 della legge n. 57/2001,ha rivalutato il valore del primo punto di danno biologico permanente in euro 803,79 ed in euro 46,88 l'importo per ogni giorno di inabilità assoluta, siadal precedente d.m. del 19 luglio 2016 (pubblicato sulla G.U. del 13 agosto 2016, n.189), che prevedeva 790,35 euro per il primo punto di i.p. e 46,10 per ogni giorno di i.t.t.. Il “nuovo” art. 139, infatti, reca per il danno permanente un valore per il primo punto di i.p. pari a 795,91 euro (lungi dall'essere coerente con i predetti decreti, ma evidentemente tale da rappresentare un tentativo, peraltro errato, di rivalutazione dell'importo originario di 674,68 euro ) e per il danno biologico temporaneo l'importo di 39,37 euro per ogni giorno di inabilità assoluta (ossia la somma originaria senza rivalutazione).
Ciò posto e dovendosi scongiurare autentiche ingiustizie dinanzi ad un palese abbaglio del legislatore, non può che condividersi la conclusione per cui le fuorvianti indicazioni monetarie recate dal “nuovo” art. 139 non siano tale da interrompere la sequenza di valori che va dalla versione originaria di questa disposizione (l'art. 5, legge n. 57/2001) al d.m. del 2003 e si sospinge fino al d.m. 2017 (cfr. amplius, a sostegno della soluzione qui caldeggiata, D.SPERA, L'art. 139 cod. assicurazioni sostituito dalla Legge Concorrenza: il gran pasticcio dei valori monetari, in Ridare.it, Focus del 24 ottobre 2017). Una diversa interpretazione non potrebbe che comportare l'incostituzionalità della norma, in tal caso per il fatto di svilire irrazionalmente la tutela risarcitoria del diritto alla salute e, sempre senza logica, per il comportare inaccettabili discriminazioni fra danneggiati.
Regime intertemporale del richiamo alle tabelle, di cui agli artt. 138 e 139, nelle controversie in materia di responsabilità medico-sanitaria
L'art. 3, comma 3, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (in Gazz. Uff. del 13 settembre 2012, n. 214), comma rimasto invariato in sede di legge di conversione (legge 8 novembre 2012, n. 189, pubblicata in Gazz. Uff. 10 novembre 2012, n. 263), aveva introdotto la seguente disposizione: «Il danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 […], eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all'attività di cui al presente articolo».
Inconfutabile è che tale disposizione rinviasse materialmente all'art. 139 nella sua nuova versione (cioè così come modificata dalla legge n. 27/2012), pur potendosi dubitare dell'esportabilità in ambito di danno biologico da attività medico-sanitarie del filtro dell'accertamento strumentale (introdotto dal legislatore adducendosi ragioni relative, in via esclusiva, alla r.c.a.).
Ferme restando le questioni pregiudiziali di legittimità costituzionale sollevabili avverso tale disposizione della «Legge Balduzzi» innanzitutto ai sensi dell'art. 77, comma 2, Cost. (cfr. M. Bona, La responsabilità medica civile e penale dopo il decreto Balduzzi, Santarcangelo di Romagna, 2013, 63 e ss.), questioni tuttora rilevanti per i sinistri da esse toccati, il principio generale della irretroattività della legge avrebbe dovuto imporre l'operatività del comma 3 dell'art. 3 (passaggio ai criteri di cui agli artt. 138 e art. 139) soltanto per i sinistri sanitari occorsi a far data dal 14 settembre 2012 (ossia dalla data di entrata in vigore del decreto legge non avendo la disposizione subito modifiche in sede di conversione).
Questa impostazione è stata da ultimo avvallata dalla Corte di Appello di Milano, la quale, con riferimento all'errata esecuzione di interventi, eseguiti nel 2008, da parte di un medico chirurgo odontoiatra e stomatologo, ha riformato la sentenza di primo grado laddove aveva dato applicazione retroattiva alla tabella ministeriale per il danno biologico da lesioni micropermanenti di cui all'art. 139 cod. ass. (App. Milano, sez. II, 18 aprile 2016, n. 1491, in www.ridare.it).
In particolare, del tutto correttamente alla luce dell'art. 11 preleggi la Corte di Appello si è così espressa a favore della irretroattività: «Il Tribunale ha ritenuto di fare riferimento alle tabelle di cui al D.M. 20.06.2014 redatto in esecuzione del disposto dell'art. 139 d.lgs. n. 209/2005, applicando quindi la disciplina delle cd. "micropermanenti"», sennonché «tale normativa non è applicabile al caso di specie, posto che l'art. 3 comma 3 l. n. 189/2012[…] non ha efficacia retroattiva, e quindi, secondo il principio generale indicato nell'art. 11 delle preleggi, si applica alle sole vicende successive alla sua entrata in vigore».
A sostegno di questa esatta conclusione la Corte territoriale milanese ha pure ricordato l'impossibilità di dare luogo ad una applicazione retroattiva in via analogica: «Si tratterebbe comunque di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica». In relazione a tale ultimo rilievo la Corte di Appello ha giustamente richiamato le consolidate indicazioni provenienti dalla Suprema corte (cfr., ex plurimis, fra le ultime Cass. civ., sez. VI-2, 5 maggio 2015, n. 8946), ribadite anche con riferimento all'art. 139 [cfr. Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408, che per l'appunto ha affermato la necessità di fare riferimento ai valori inclusi nella tabella elaborata dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano in difetto di previsioni normativecome l'art. 139, norma eccezionale e valevole per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti; cfr., altresì, Cass. civ., sez. lav.,, 7 luglio 2015, n. 13982: «per i postumi di lieve entità non connessi alla circolazione varranno dunque i criteri di cui al paragrafo successivo, indipendentemente dalla gravita dei postumi (inferiori o superiori al 9%), e non quelli posti dall'art. 139 del codice delle assicurazioni»; l'assoluta eccezionalità dell'art. 139, peraltro, è stata sottolineata anche da Corte Cost., 16 ottobre 2014, n. 235].
Ciò illustrato e passando ad esaminare la questione dell'applicazione intertemporale della novella del 2017, va sottolineato quanto segue:
l'art. 7, comma 4, della legge 8 marzo 2017, n. 24 («Legge Gelli-Bianco») recita quanto segue: «Il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private […],integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo»;
questa disposizione, dunque, ricalca pressoché integralmente la precedente del 2012; tuttavia, balzano agli occhi due differenze sostanziali: in primo luogo la l. n. 24/2017 ha sancito, come del tutto opportuno, l'operatività del rinvio agli artt. 138 e 139 in relazione anche alle strutture sanitarie e non già soltanto ai medici, come previsto dalla «Legge Balduzzi»; in secondo luogo è stato soppresso, rispetto alla formulazione del 2012, l'aggettivo «biologico» (tuttavia, si noti come la specificazione «non patrimoniale», ora contenuta nei “nuovi” artt. 138 e 139, non sia stata affiancata nella «Legge Gelli-Bianco» al lemma «danno»);
allorquando approvato (marzo 2017), l'art. 7, comma 4, rinviava senza dubbio all'art. 138-versione 2005 ed all'art. 139-versione 2012, essendo il «DDL concorrenza» intervenuto soltanto successivamente.
Quest'ultimo punto è fondamentale, giacché il «DDL concorrenza»:
ha ritoccato l'art. 138 significativamente in peius per i danneggiati, ciò al dichiarato «fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori» (così il comma 1 del “nuovo” art. 138), dunque per ragioni strettamente connesse alla r.c.a.;
soprattutto, per quanto qui d'interesse, sul versante dell'art. 139, come si è già illustrato al § 3, ha costretto il danno morale entro il danno biologico (tabellato/personalizzabile nel limite del quinto) sulla base di scelte politiche esclusivamente concepite per la RCA. e collimanti con indicazioni provenienti dalla sentenza del 2014 della Consulta, anche queste ultime rese adducendosi una serie di peculiarità della r.c.a. lungi dall'essere ravvisabili nel campo della r.c. medico-sanitaria (ci si riferisce in primis alle previsioni, da parte della «Legge Gelli-Bianco», dell'assicurazione obbligatoria e dell'azione diretta, previsioni che in nessun modo realizzano un sistema assimilabile a quello operante nella r.c.a. e, peraltro, non ancora completate attesa la mancata emanazione dei decreti attuativi).
Orbene, posto che l'art. 7, comma 4, della «Legge Gelli-Bianco», in assenza di disposizioni ad hoc, è entrato in vigore il 1 aprile 2017 (ossia quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, S.G., n. 64 del 17 marzo 2017), si pone il seguente dilemma con riferimento all'art. 139 (unica norma per ora operativa, cfr. supra § 1): dal 29 agosto 2017 (giorno in cui è entrato in vigore il «DDL Concorrenza») il rinvio operato dall'art. 7 della legge n. 24/2017 all'art. 139 va inteso nel senso di un richiamo, a sfavore dei danneggiati, a tale articolo nella sua ultima versione?
Se il rinvio recato dall'art. 7 dovesse intendersi nel senso di un riferimento incondizionato agli artt. 138 e 139 in qualsivoglia loro formulazione successiva alla «Legge Gelli-Bianco» ed a prescindere dalla ratio legis a giustificazione delle modifiche, si legittimerebbe l'estensione automatica ai pazienti danneggiati di ridimensionamenti risarcitori eppure voluti e motivati dal legislatore (e/o avvallati dalla Consulta) unicamente con riferimento ai sinistri stradali e sulla base di bilanciamenti congeniati in relazione a specifiche situazioni relative al sistema della RCA.
In altri termini, l'accoglimento della tesi del rinvio automatico, da parte del comma 4 dell'art. 7 della «Legge Gelli-Bianco», all'art. 139 così come riscritto dal «DDL concorrenza» (con conseguente applicazione di quest'ultima versione ai sinistri medico-sanitari occorsi dal 29 agosto 2017), imporrebbe la considerazione di questioni - senz'altro non manifestamente infondate - di incostituzionalità di tale rinvio in bianco: infatti, sia con riferimento ai valori tabellari che alla fase della personalizzazione degli stessi, si prospetterebbe al contempo un'immotivata discriminazione, a sfavore dei primi, fra danneggiati da sinistri medico-sanitari e altre categorie di danneggiati non assoggettati alla disciplina speciale per la r.c.a. (per es., un infortunato sul lavoro o la vittima di un'insidia) così come un'ingiustificata assimilazione dei pazienti danneggiati alle persone lese da incidenti stradali tale da recare ridimensionamenti della tutela risarcitoria senza le contropartite offerte, secondo taluni, dal legislatore ai secondi.
Quale interpretazione del rinvio operato dalla l. n. 24/2017 all'art. 139 cod.ass.
A fronte delle prospettive e criticità illustrate al § 4, nonché in ragione del noto dovere di condure interpretazioni costituzionalmente conformi, è del tutto legittimo sostenere la seguente impostazione: con il richiamo all'art. 7, comma 4, di cui alla legge n. 24/2017, così come già con la «Legge Balduzzi», il legislatore non ha affatto inteso andare oltre il richiamo alle «tabelle» medico-legali ed a quelle monetarie previste per il danno biologico dagli artt. 138 e 139; in altri termini, l'art. 7, comma 4, della legge n. 24/2017 rinvia esclusivamente alle «tabelle» per la valutazione medico-legale e la quantificazione del danno biologico di cui agli artt. 138 e 139, non già a tutte le altre disposizioni recate da questi ultimi (limitazioni risarcitorie, costrizione della liquidazione del danno morale entro gli spazi già angusti per la personalizzazione del danno biologico-esistenziale, filtro dell'accertamento strumentale, ecc.), pertanto, in questa prospettiva, con sostanziale irrilevanza del passaggio dell'art. 139 dalla versione 2012 alla formulazione 2017 e, pertanto, con azzeramento dei predetti dilemmi sul versante dell'applicazione del “nuovo” art. 139 alla r.c. medico-sanitaria.
A supporto di queste conclusioni si ha innanzitutto come la lettera del comma 4 dell'art. 7, in assenza di precisazioni contrarie da parte del legislatore, sia assolutamente chiara: ivi, infatti, si stabilisce che il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria e/o dall'esercente la professione sanitaria «è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139, […] integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo». Manifesto è come la disposizione rinvii alle «tabelle» sul danno biologico da i.p., non già agli artt. 138 e 139, nella loro interezza; inoltre, il comma 4 dell'art. 7 evoca la «procedura» di cui al comma 1 dell'art. 138 (ricorso allo strumento del decreto del Presidente della Repubblica per l'apprestamento della normativa delegata) ed i «criteri» (non già i limiti) unicamente all'espresso fine di consentire l'applicazione delle tabelle a «fattispecie da esse non previste».
Questa lettura trova conferma, pur non essendo ciò di per sé dirimente, nella Scheda di lettura n. 400 (novembre 2016) «Dossier del Servizio Studi sull'A.S. n. 2224-A “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”», redatto dal Servizio Studi dl Senato, ove si precisa quanto segue: «Il comma 4 del presente articolo 7 - comma inserito dalla 12a Commissione del Senato - conferma che il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle (integrate, ove necessario, secondo la procedura ed i criteri richiamati dal medesimo comma 4) previste ai sensi della disciplina per il risarcimento dei danni biologici nell'àmbito dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti». Così ancora il predetto Dossier: «La norma è già prevista dall'art. 3, comma 3, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189». Da notarsi è come né dalla discussione in seno alla 12ª Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato né dal dibattito in sede di Assemblea Generale emergano indicazioni tali da mettere in discussione l'interpretazione letterale qui caldeggiata. Anzi, va debitamente sottolineata la seguente presentazione operata dal relatore On. Gelli in occasione della terza lettura avanti la Camera e, più specificatamente, durante la seduta n. 751del 19 gennaio 2017 della Commissione Affari sociali (XII): «Il comma 4 dell'articolo 7 – introdotto dal Senato – prevede i criteri per la determinazione del danno in ambito sanitario, facendo riferimento alle tabelle di cui agli articoli 138 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità) e 139 (Danno biologico per lesioni di lieve entità) del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005». Orbene, è inequivocabile da questa rappresentazione resa dal relatore Gelli - invero l'unica riconducibile direttamente al legislatore ad illustrare la norma in disamina - come il comma 4 rinvii esclusivamente alle tabelle r.c.a. sul danno biologico, sic et simpliciter.
Pare, poi, doveroso ricordare come il rinvio agli artt. 138 e 139, in ambito di responsabilità medico-sanitaria sia stato mutuato dalla «Legge Balduzzi» la quale, come recitava il titolo del d.l. n. 158/2012, recava «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute». Poiché la tutela della salute si attua anche attraverso la tutela risarcitoria di tale bene non è ipotizzabile che il legislatore abbia inteso ridimensionare tale tutela oltre il richiamo, già tale da comportare un ribasso dei risarcimenti, alle tabelle di cui agli artt. 138 e 139.
Peraltro, tutto ciò dovrebbe pure indurre ad escludere il richiamo, da parte della disciplina in materia di responsabilità medico-sanitaria, ai parametri monetari indicati dall'art. 139, per l'invalidità temporanea.
Ciò evidenziato, vale la pena rimarcare come, comunque, ogni eventuale influenza - qualsiasi essa sia al di là della valenza dei parametri monetari di cui alla tabella per il danno biologico da i.p. - dell'art. 139 sul versante della tutela risarcitoria dei danneggiati da attività mediche e/o sanitarie non possa che risultare circoscritta al solo ambito delle lesioni personali suscettibili di accertamento medico-legale, cioè ai soli casi in cui si tratti di risarcire una menomazione dell'integrità psicofisica: infatti, vero è che la «Legge Gelli-Bianco» rinvii alle «tabelle», di cui all'art. 139, per «il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria […] e dell'esercente la professione sanitaria» (dunque, apparentemente per ogni tipo di violazione dei diritti dei pazienti); però è anche indubitabile come le «tabelle» medico-legali e monetarie per la r.c.a. abbiano per oggetto le sole menomazioni dell'integrità biologica; a quest'ultimo riguardo sì il “nuovo” art. 139, come già notato, ha la pretesa, del tutto inedita, di disciplinare non solo più il «danno biologico», ma l'intero «danno non patrimoniale»; però, la rubrica dell'art. 139 è chiara: esattamente come in precedenza, questo articolo disciplina soltanto il risarcimento «per lesioni di lieve entità», laddove per lesione si intende (comma 2) la «lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale»; del resto, l'art. 139 pone quale condizione di base per la risarcibilità del danno in questione l'accertamento medico-legale di una lesione dell'integrità psicofisica; pertanto, il rinvio all'art. 139, operato dalla «Legge Gelli-Bianco», non può che essere intenso, come già il richiamo da parte della «Legge Balduzzi», nel senso di riguardare solo ed esclusivamente i danni discendenti da lesioni della sfera biologica del paziente; altrimenti, incorrendosi in evidenti questioni di legittimità costituzionale, si finirebbe per rendere irrisarcibili tutti quei pregiudizi che sì possono scaturire da attività medico-sanitarie senza, tuttavia, discendere da menomazioni dell'integrità psicofisica (per es.: il danno non patrimoniale da diagnosi di patologia inesistente; il pregiudizio morale da omessa acquisizione del consenso informato; il danno da «wrongful birth»; ecc.).
Conclusioni e tabella riassuntiva: il prezzo di riforme settoriali
Si sono susseguite ben cinque versioni della norma recata dapprima dall'art. 5 l. n. 57/2001 e poi dall'art. 139, sempre ponendosi questioni di legittimità costituzionale e di interpretazione lungi dall'essersi risolte (grazie pure alla complicità della Consulta) ed in gran parte approdate anche nell'ultima formulazione della disposizione.
Inoltre, passando da una versione all'altra il legislatore ha costantemente colto l'occasione per introdurre modifiche in peius per i danneggiati giustificandole sulla base di asseriti compromessi fra, da un lato, diritti inviolabili delle persone lese e, dall'altro lato, (per lo più indimostrati) generici interessi economici delle assicurazioni per la r.c.a., bilanciamenti (invero di dubbia valenza) difficilmente replicabili in altri settori della r.c. (per es. quella medico-sanitaria).
Il risultato finale di questo percorso è quello sotto gli occhi di tutti: invece di semplificare, rendere certa e soprattutto uguale per tutti i danneggiati la tutela risarcitoria dell'integrità psicofisica, dal 2001 in avanti il legislatore, per assecondare i desiderata delle compagnie assicuratrici, ha complicato enormemente il sistema risarcitorio, sino al duemila indirizzato, invece, verso approdi ben diversi, ossia verso la creazione, per via giurisprudenziale, di un modello uguale per tutti i danneggiati a prescindere dal tipo di incidente, con tabelle medico-legali e monetarie da 1 a 100% di I.P. prive di solchi artificiali fra lesioni di lieve entità e lesioni di non lieve entità. Invero, se non fosse intervenuta la legislazione settoriale per la r.c.a., oggi, con ogni probabilità, applicheremmo le tabelle milanesi a tutti i settori ed a tutti i danneggiati, senza dover affrontare tutte le questioni oggi ricorrenti.
In questo quadro è inevitabile che anche il tema dell'applicazione ratione temporis delle diverse versioni dell'art. 139 sia intricato e si sovrapponga a numerose altre questioni interpretative. Tuttavia, il riferimento imprescindibile all'art. 11 preleggi perlomeno dovrebbe condurre a distinguere nettamente fra le fasi riportate nella seguente tabella riassuntiva.
APPLICAZIONE RATIONE TEMPORIS DELL'
ART. 139 COD. ASS.
Versioni della disciplina speciale r.c.a. per le lesioni di lieve entità
R.C.A.
R.C. MEDICO-SANITARIA
1
art. 5 legge 5 marzo 2001, n. 57
sinistri da 11 settembre 2003
a 31 dicembre 2005
inapplicabile in via analogica
2
art. 5 legge 5 marzo 2001, n. 57 come modificato da art. 23, comma 3, legge 12 dicembre 2002, n. 273
sinistri da 11 settembre 2003
a 31 dicembre 2005
inapplicabile in via analogica
3
art. 139 cod. ass.
(versione 2005)
sinistri da 1° gennaio 2006 a 24 marzo 2012
inapplicabile in via analogica
4
art. 139 cod. ass.
(versione 2012)
sinistri da 25 marzo 2012 a 28 agosto 2017
sinistri da 14 settembre 2012 a 28 agosto 2017 oppure, negandosi il rinvio automatico a successive riforme dell'art. 139, anche dopo tale data
5
art. 139 cod. ass.
(versione 2017)
sinistri da 29 agosto 2017
sinistri da 29 agosto 2017 oppure, negandosi il rinvio automatico a successive riforme dell'art. 139, inapplicabile con conseguente operatività della versione 2012
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Sommario
Premessa: inoperatività dell'art. 138 cod. ass. e decadenza del Governo dalla delega legislativa
L'applicazione intertemporale dell'art. 139 in relazione ai sinistri stradali: questioni annesse e connesse
Segue. L'accertamento strumentale: applicazione ratione temporis alla luce di Cass. civ., n. 1272/2018
Regime intertemporale del richiamo alle tabelle, di cui agli artt. 138 e 139, nelle controversie in materia di responsabilità medico-sanitaria
Quale interpretazione del rinvio operato dalla l. n. 24/2017 all'art. 139 cod.ass.