Carenze omissive nell'attività investigativa: nessuna responsabilità della polizia giudiziaria
27 Marzo 2018
IL CASO Un avvocato conviene in giudizio un maggiore dei Carabinieri ed il Ministero dell'Interno per ottenere il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., lamentando che era stata trasmessa alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria un'informativa a suo carico con riferimento all'ipotesi di reato ex art. 416-bis c.p. in assenza dei necessari accertamenti e approfondimenti investigativi. Il procedimento penale a carico dell'attore, infatti, aveva dimostrato la sua totale estraneità. Il Tribunale di Reggio Calabria accoglie la domanda risarcitoria ravvisando la sussistenza di una condotta colposa rilevante ai fini della responsabilità ex art. 2043 c.c., per aver omesso gli approfondimenti investigativi sui fatti oggetto della delega investigativa, escludendo però sia che tale ipotesi potesse integrare il reato di abuso d'ufficio, difettandone il dolo, sia che potesse integrare il reato della diffusione di notizie a mezzo stampa, dal momento che l'informativa era stata solo depositata presso la cancelleria del Tribunale.
SUPERFICIALITÀ DELLA SEGNALAZIONE E CARENZE INVESTIGATIVE La Corte d'Appello riforma la decisione di prime cure, deducendo che, non essendo integrato il reato di calunnia, anche la denuncia non avrebbe potuto condurre alla responsabilità precedentemente ipotizzata. L'avvocato ricorre dunque in Cassazione sulla base di due motivi, denunciando l'errata applicazione dei criteri di imputazione della responsabilità ex art. 2043 c.c., ipotizzabile anche per la colpa: il convenuto avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile per la superficialità della segnalazione e per le carenze omissive nell'attività investigativa, che avevano colposamente leso diritti morali fondamentali.
I POSSIBILI PREGIUDIZI La Suprema Corte, esaminando la censura in relazione alla deduzione di violazione degli artt. 2043 c.c. e 28 Cost., premette che due sono le tipologie di possibile pregiudizio in rilievo. Il primo pregiudizio concerne la diffusione esterna dell'addebito posto in correlazione con l'omissione degli atti d'indagine. La Cassazione afferma che è stata pacificamente esclusa ogni ipotesi di illecito, a partire dalla diffamazione a mezzo stampa: essendo riservati gli atti di indagine, l'informativa era stata trasmessa solo al procuratore della Repubblica.
OMISSSIONE COLPOSA Il secondo pregiudizio riguarda invece il coinvolgimento, evitabile con una condotta corretta, in un procedimento penale di particolare gravità. La Cassazione afferma che nel caso di specie si tratta di omissione colposa ed è insussistente il nesso causale, ricordando che la condotta posta in essere dal convenuto, al di fuori dei casi dolosi quali la calunnia, «risulta assorbita dall'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale».
PRINCIPIO DI DIRITTO La Cassazione rigetta il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «la colposa omissione dello svolgimento di indagini delegate alla polizia dall'autorità giudiziaria per l'accertamento di responsabilità penali non può costituire autonoma fonte di responsabilità civile dell'agente o ufficiale delegato nei confronti di terzi, poiché l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone alla condotta in parola, escludendo la configurabilità di un nesso causale con il danno eventualmente subito da chi si afferma leso dall'omissione, fermo restando il regime di responsabilità inerente al titolare del suddetto organo».
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