La chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario tra chiamato e parti originarie?
27 Marzo 2018
Massima
La chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., sicché l'attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello oltre che il responsabile anche il garante. Il caso
AAA e BBB convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di XXX, CCC (notaio) e DDD, instando per la declaratoria della risoluzione per inadempimento di un atto di compravendita rogato da CCC, nel quale DDD aveva garantito la libertà del cespite da pesi, mentre l'immobile era risultato gravato da un pignoramento immobiliare ritualmente trascritto da terzi, nonché per la loro condanna in via solidale al pagamento della somma corrispondente al prezzo della compravendita, e delle rate del mutuo contratto, nonché al risarcimento dei danni. Sia CCC che DDD si costituivano in giudizio, CCC chiamando in causa varie imprese di assicurazione della sua responsabilità civile, per esserne manlevato nei limiti a ciascuna ascrivibili in virtù delle stipulate polizze assicurative. Le imprese di assicurazione si costituivano in giudizio, sollevando contestazioni sia sulla manleva sia sul rapporto principale. All'esito della procedura, il tribunale adito dichiarava la risoluzione del contratto di compravendita ravvisando una grave inadempienza di DDD e lo condannava alle restituzioni richieste; rigettava, invece, la domanda risarcitoria, pur ravvisando una condotta di CCC di inadempimento del rapporto di prestazione d'opera intellettuale; quanto alle spese giudiziali, ne onerava DDD e compensava le spese fra le altre parti, salvo quanto al rapporto fra CCC e una delle imprese di assicurazione, giacché già posta in liquidazione coatta amministrativa al momento della chiamata in causa. La sentenza veniva appellata in via principale dagli originari attori nei confronti del solo CCC, con riguardo alla statuizione che aveva negato la condanna al pagamento «della somma in restituzione ed al risarcimento del danno». CCC resisteva, contestando la sussistenza del proprio inadempimento e la fondatezza dell'avverso appello ed eccepiva la mancata notificazione dell'impugnazione alle imprese di assicurazione, da effettuare, a suo avviso, ai sensi dell'art. 332 c.p.c.; concludeva chiedendo in via principale il rigetto dell'appello avversario e in via subordinata accertarsi il concorso di responsabilità degli appellanti ai sensi dell'art. 1227 c.c. nella causazione del preteso danno; in via ulteriormente subordinata svolgeva appello incidentale riguardo alla propria condanna alle spese nei confronti dell'impresa assicurativa in liquidazione coatta amministrativa. La Corte di appello adita disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le imprese assicuratrici, a norma dell'art. 331 c.p.c.. L'ordine rimaneva inevaso. In sede di decisione, la Corte di merito disattendeva l'eccezione dell'appellato di improcedibilità del gravame per la mancata ottemperanza all'ordine di integrazione del contraddittorio, reputando che trattandosi di cause scindibili, per essere quella prospettata un'ipotesi di garanzia impropria, l'integrazione si sarebbe dovuta eseguire a cura della parte direttamente interessata, cioè quella garantita, onde, in mancanza, la violazione de qua doveva ritenersi priva di ogni effetto e, ritenuta la parziale fondatezza dell'azione risarcitoria nei confronti di CCC, in riforma della sentenza di primo grado, lo condannava al pagamento di somma per tale titolo, oltre accessori. CCC proponeva ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza gravata. Gli originari attori resistevano con controricorso. La questione
La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione che interessa in questa sede è stata quella di stabilire se la chiamata in garanzia (nella specie: «impropria») determinasse un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., con il conseguente obbligo dell'appellante di evocare nel giudizio di appello oltre che il responsabile anche i garanti. La soluzione giuridica
A parere della Suprema Corte, laddove l'(originario) attore proponga appello in via principale riguardo al rigetto della sua domanda di risarcimento del danno, deve introdurre il gravame evocando oltre che il responsabile anche e necessariamente il garante. E ciò indipendentemente dal fatto che nel precedente grado vi sia stata pronuncia sulla causa di garanzia. In conformità a quanto statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 24707/2015 (i cui paragrafi 9.2 e 9.3 sono stati riportati per esteso), la Suprema Corte, posto che l'intento delle Sezioni Unite era stato quello di sottolineare, in un caso di chiamata in garanzia dell'assicuratore per la responsabilità civile, che «implicazione necessaria minimale della chiamata di un terzo in garanzia è l'estensione del giudizio sul rapporto principale al terzo, sicché quel rapporto diventa da decidere nel contradditorio, oltre che delle parti di esso, del terzo», ha ribadito che«si realizza sempre in tale senso un litisconsorzio necessario di natura processuale fra i tre soggetti». Conseguendone che, in ogni caso in cui abbia luogo la chiamata in causa del terzo garante, poiché l'effetto della stessa è quello di estendere il contraddittorio sulla domanda principale anche a quest'ultimoe, derivandone, quindi, che la decisione su di essa deve essere pronunciata anche nei suoi confronti, «se la domanda stessa viene rigettata ed impugna l'attore,egli deve necessariamente, avendo la chiamata realizzato un litisconsorzio necessario processuale, evocare in giudizio anche il garante. La relazione fra le cause è di inscindibilità per tale ragione e, se il garante non viene attinto dall'impugnazione dell'attore della causa principale, trova applicazione necessariamente l'art. 331 c.p.c.»; restando irrilevante che il garante abbia contestato la fondatezza della domanda principale (circostanza, comunque, verificatasi nel caso di specie). Osservazioni
i) L'art. 106 c.p.c. individua due differenti presupposti della chiamata di terzi in causa, quello costituito dalla «comunanza di causa» e quello costituito da un rapporto di garanzia. Con il termine «garanzia» si fa riferimento al fenomeno in base al quale un soggetto (il garantito) ha, per legge o per titolo negoziale, il diritto ad essere tenuto indenne, ad opera di un altro soggetto (il garante), dal pregiudizio economico o giuridico che possa derivargli dalla soccombenza nei confronti della controparte nella causa in cui sia stato «coinvolto». Il soggetto garantito può identificarsi sia - ed è questo il caso che ordinariamente si verifica - con la parte convenuta nella causa principale, sia con la parte attrice nella medesima causa. Nel caso di specie, autore della chiamata è stata la parte convenuta. Mediante la chiamata in garanzia, il terzo viene evocato in causa affinché risponda in luogo del chiamante, oppure affinché sia condannato a rispondere di quanto il chiamante sarà tenuto eventualmente a prestare all'altra parte, oppure affinché su di lui vengano a prodursi le eventuali conseguenze negative a carico del chiamante in una causa promossa per ottenere il pagamento di una somma a titolo, ad esempio e così è occorso nel caso concreto, di risarcimento del danno o di restituzione.
ii) A seconda del fatto giuridico assunto a fondare il rapporto di garanzia, la giurisprudenza di legittimità ha sempre distinto, almeno sino a tempi recenti, per vari effetti sul piano processuale, tra garanzia cd. «propria» e garanzia cd. «impropria». Si ha garanzia «propria» quando domanda principale e domanda di garanzia abbiano lo stesso titolo ovvero ricorra una connessione oggettiva (identità di oggetto, cioè del petitum, e identità di titolo, cioè della causa petendi) delle due domande oppure quando siaunico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella accessoria (v., ex multis, Cass. civ., sez. L, 16 aprile 2014, n. 8898). La garanzia «impropria» ricorre nelle ipotesi in cui il chiamante tenda a riversare su di un terzo le conseguenze del proprio inadempimento o comunque della lite in cui è coinvolto, in base ad un titolo diverso ed autonomo/indipendente da quello assunto a fondare la domanda principale, oppure in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto (v., ex multis, Cass. civ., sez. L, 16 aprile 2014, n. 8898). É il caso, ad esempio, in cui venga proposta domanda di risarcimento del danno a seguito di fatto illecito e il convenuto chiami in giudizio, per esserne manlevato, il proprio assicuratore – categoria in cui rientra il caso di specie.
iii) Il tema della rilevanza e degli effetti della distinzione tra garanzia «propria» e garanzia «impropria» nelle fasi di impugnazione, anche ai fini dell'applicazione dell'art. 331 c.p.c. (disciplina del litisconsorzio nelle fasi di gravame), è stato oggetto di ampio dibattito in dottrina e di contrasti in giurisprudenza. Secondo l'orientamento prevalente presso il Giudice di legittimità, nelle fasi di impugnazione, l'ipotesi di inscindibilità delle cause e quindi di litisconsorzio necessario processuale doveva (si utilizza l'imperfetto, dovendo tale orientamento ritenersi superato in forza dell'intervento delle Sezioni Unite di cui appresso) ritenersi configurabile unicamente nei casi di chiamata in garanzia «propria», instaurandosi, in tal caso, fra domanda principale e domanda di garanzia, quanto meno un vincolo di dipendenza (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2012, n. 17482). Viceversa, nel casodi chiamata in causa in garanzia «impropria», l'azione principale e quella di garanzia, essendo fondate su due titoli diversi, con l'assunzione da parte del chiamato della posizione di interveniente adesivo dipendente, venivano ritenute distinte e scindibili (v. Cass. civ., sez. VI, ord. 28 aprile 2014, n. 9369). Tuttavia, a tale regola venivano riconosciute eccezioni in considerazione delle posizioni assunte dalle parti nel giudizio a quo e/o degli esiti dello stesso: a) Qualora il chiamato (in manleva) non si fosse limitato a resistere alla domanda del chiamante, ma avesse contestato anche l'esistenza e la validità dell'obbligazione di quest'ultimo verso l'attore, in fase di gravame veniva ritenuta ricorrere una situazione di pregiudizialità-dipendenza tra cause e dunque di inscindibilità tra la causa principale e quella di garanzia (con i conseguenti obblighi di integrazione del contraddittorio), mentre le due cause venivano ritenute scindibili laddove il chiamato si fosse limitato a contestare l'obbligazione di garanzia (v., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20552). b) Nei casiin cui, in un giudizio risarcitorio, la garanzia «impropria», fosse stata fatta valere dal responsabile mediante chiamata in causa del proprio assicuratore», veniva ritenuta instaurarsi una situazione di litisconsorzio processuale per dipendenza di una causa dall'altra, determinante, nella fase di impugnazione, l'inscindibilità delle cause a norma dell'art. 331 c.p.c. (v. in tal senso, Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2007, n. 19364). c) Inscindibilità delle cause veniva riconosciuta anche nel caso di allargamento delle domande oggetto del giudizio, vale a dire nel caso in cui l'attore originario avesse proposto una nuova domanda verso il chiamato in causa, postulando la sua responsabilità alternativa o concorrente rispetto a quella del convenuto originario. Veniva ritenuta configurarsi, in tal caso, una fattispecie di litisconsorzio necessario processuale «successivo», con la conseguenza dell'inscindibilità delle cause in sede di impugnazione (v. Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5444).
iv) A seconda del ricorrere dell'ipotesi di garanzia «propria» o di quella di garanzia «impropria», sono state offerte, sino a tempi recenti, soluzioni differenti, sul piano della qualificazione del litisconsorzio processuale nelle fasi di impugnazione, se necessario (art. 331 c.p.c.) oppure facoltativo (art. 332 c.p.c.). Sullo specifico tema della rilevanza e degli effetti della distinzione fra le due specie di garanzia più volte ricordate, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Corte Suprema di cassazione. Chiamate a stabilire se la sentenza, ottenuta in appello dal terzo chiamato in garanzia (un assicuratore di responsabilità civile ex art. 1917, comma 4, c.c.) la quale aveva escluso la sussistenza del rapporto principale (il danno da risarcire all'attore), si potesse estendere anche al garantito non appellante (nella specie limitatosi a proporre appello incidentale, dolendosi per il mancato accoglimento di una sua domanda riconvenzionale, senza dissociarsi dal gravame proposto dall'assicuratore), con sentenza 4 dicembre 2015, n. 24707, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che «in caso di chiamata in causa in garanzia dell'assicuratore della responsabilità civile, l'impugnazione - esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che abbia accolto sia la domanda principale, di affermazione della responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento del danno, sia quella di garanzia da costui proposta - giova anche al soggetto assicurato, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, indipendentemente dalla qualificazione della garanzia come propria o impropria, che ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell'applicazione degli artt. 32, 108 e 331 c.p.c., dovendosi comunque ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di estendere l'efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell'accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia, invece, allargato l'oggetto del giudizio, evenienza, quest'ultima, ipotizzabile allorché egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda l'accertamento dell'esistenza del rapporto di garanzia ed, eventualmente, l'attribuzione della relativa prestazione». In sintesi, i principali «arresti» della Suprema Corte, che presentano interesse in questa sede, sono stati i seguenti: a) la distinzione tra garanzia «propria» ed «impropria», non essendo assistita da alcunché sul piano normativo, conserva un valore meramente descrittivo ed è priva di conseguenze giuridiche; b) la chiamata in garanzia - ininfluente restando la suddetta distinzione - dà luogo, in sede di gravame, ad un litisconsorzio processuale necessario, stante il nesso di pregiudizialità-dipendenza esistente tra domanda principale e domanda di garanzia;
v) Il pensiero espresso dalle Sezioni Unite ha prodotto effetti immediati. La sentenza in commento ha affermato che la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ai sensi dell'art. 331 c.p.c., sicché l'attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello oltre che il responsabile anche il garante. Con altra sentenza, di poco precedente, il Supremo Collegio ha anche affermato - ribadendo puntualmente l'opinione espressa dalle Sezioni Unite - che, nel caso di chiamata in garanzia, l'impugnazione del terzo chiamato avente per oggetto il rapporto principale giova anche al soggetto garantito, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, dovendosi ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto di estendere nei confronti del terzo chiamato l'efficacia soggettiva dell'accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia chiesto, nell'effettuare la chiamata, l'accertamento dell'esistenza del rapporto di garanzia e l'attribuzione della relativa prestazione (v. Cass. civ., sez. VI, ord., 11 settembre 2017, n. 21098). |