Valore dell'immobile perito
27 Marzo 2018
Posto che l'art. 1128 c.c. pone due diverse regolamentazioni in relazione alla precisa quantità della struttura distrutta (uguale o superiore ai tre quarti oppure inferiore a tale frazione), qual è il metodo di calcolo da seguire per determinare il valore dell'immobile perito?
Nel silenzio dei giudici di legittimità, l'unica pronuncia, peraltro di merito, rinvenuta in argomento, è Trib. Benevento 19 agosto 1950, secondo cui, nel calcolo del valore della parte perita di un immobile, non deve tenersi conto del valore del suolo su cui l'edificio era stato costruito. La dottrina, che si è incaricata di individuare l'esatta modalità pratica, ha enucleato sostanzialmente due metodi per calcolare il valore delle parti dell'edificio distrutte: o rapportare il valore delle parti distrutte dell'edificio con quello delle parti superstiti, allo scopo di verificare se il valore delle prime è il triplo del valore delle seconde, oppure, rapportare il valore dell'intero edificio ante perimento con il valore dell'edificio post perimento, al fine di verificare se il valore della parte superstite raggiunga un quarto del valore originario. Il problema della considerazione, o meno, del valore del suolo nel calcolo del valore della parte sopravvissuta registra, però, due tesi contrapposte che equamente si dividono il campo (per la negativa, si confrontino Visco e V. Rizzi - L. Rizzi,mentre per la tesi positiva militano Guidi e Nobile) Parimenti, è controverso se si debbano considerare anche le spese di ricostruzione (così Peretti Griva, contra Salis); anche se tale distinzione si riferisce soltanto ad alcuni elementi di valutazione rispetto ad altri, in realtà, la norma de qua, parlando di perimento dell'edificio superiore ai tre quarti del suo valore, richiede prima di tutto una stima attuale dell'edificio, come se non fosse crollato, e poi della parte rimasta, e solo così si potrà valutare se la rovina sia superiore o inferiore alla soglia indicata dal legislatore codicistico (in tal senso, Branca). Il comma 3 dell'art. 1128 c.c. dispone, inoltre, che “l'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste”, sicché tale indennità non potrebbe essere impiegata, nonostante la delibera assembleare (adottata a maggioranza), per altri scopi, come non potrebbe essere divisa tra i condomini, essendo questa - unitamente alle altre sopra indicate - una delle manifestazioni del favor del Legislatore per la ricostruzione dell'edificio perito. Al contrario, nel caso di accordo unanime dei condomini, con cui questi ultimi abbiano espressamente e definitivamente rinunciato alla ricostruzione - la quale configura un diritto soggettivo di ciascun compartecipante - l'indennità de qua ben potrebbe subire una diversa destinazione e, in particolare, potrebbe essere ripartita pro quota tra i condomini stessi. Nel caso di rinuncia a partecipare alla ricostruzione e cessione di diritti ai sensi del comma 4 dell'art. 1128 c.c., si ritiene (Peretti Griva) che il cedente non potrebbe percepire la sua quota-parte di detta indennità, vincolata alla suddetta ricostruzione, conservandosi, anche in questo caso, la destinazione della somma alla ricostruzione delle parti comuni; ovviamente, nel caso di cessione, la quota-parte dell'indennità assicurativa non potrebbe non rientrare nella valutazione del valore (e quindi, del corrispettivo) di quanto ceduto. Infine, per alcuni (Salis), la destinazione particolare della somma la renderebbe immune da eventuali azioni esecutive da parte dei creditori, nel senso che i diritti ipotecari e privilegiati si potrebbero far valere solo sulla parte di indennità non impegnata per la ricostruzione o sul prezzo della cessione. |