Accisa carburante non pagata: non tutte le operazioni possono essere stimate come illecite
28 Marzo 2018
Come stimare la quantità di benzina sulla quale, falsificando i documenti di trasporto, un'azienda non ha pagato l'accisa? Il Giudice cautelare, secondo quanto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza depositata ieri, 27 marzo 2018, n. 14044, dovrebbe agire in base alle conversazioni intercettate, stimare in base al mezzo di trasporto utilizzato, la quantità di prodotto accertata sulla base di viaggi diversi, ma conclusi con il sequestro del prodotto… non può, invece, stimare aprioristicamente che tutte le operazioni fossero illecite.
In pratica, nel caso in esame, gli imputati avevano messo in piedi un continuo flusso di prodotti energetici sottoposti ad accisa caratterizzato dall'indicazione, sui documenti di trasporto, di una sostanza diversa del prodotto trasportato (spacciando olio lubrificante, non sottoposto ad accisa, al posto di gasolio da autotrazione). Le indagini erano partite dopo che un camion era stato fermato e il contenuto sequestrato.
Il Tribunale aveva inizialmente richiesto che, affinché fosse comprovata l'illiceità delle operazioni, in relazione ad ognuna di esse i documenti di trasporto dovessero aver indicato un altro prodotto sottratto agli oneri fiscali previsti per il gasolio; in seguito, tuttavia, per calcolare l'imposta evasa rispetto alla quale commisurare il profitto del reato, ha ritenuto che tutte le operazioni relative all'importazione dei prodotti energetici fossero illecite.
La Corte di Cassazione, chiamata a rivalutare il caso, ha affermato che il delitto di associazione per delinquere «è idoneo a realizzare profitti illeciti sequestrabili […] in via del tutto autonoma rispetto a quelli conseguiti attraverso i reati-fine perpetrati in esecuzione del programma di delinquenza e la cui estrazione è agevolata dall'esistenza di una stabile struttura organizzata e dal comune progetto criminale, con la precisazione che la determinazione del profitto confiscabile corrisponde alla sommatoria dei profitti conseguiti dall'associazione nel suo complesso per effetto della consumazione dei singoli reati». È quindi necessario che il giudice cautelare dia espressamente conto dei criteri utilizzati per il calcolo del profitto confiscabile.
«Sotto tale aspetto, le ordinanze impugnate risultano viziate per violazione di legge – hanno precisato i Giudici – laddove, limitandosi ad affermare la mancanza di prova circa il quantum, difettano in maniera assoluta di motivazione sull'eventuale sindacato circa i criteri di calcolo utilizzati per la determinazione del profitto confiscale, perché delle due l'una: o il giudice cautelare, pur in mancanza di sequestri del prodotto illecitamente commerciato, ha proceduto a determinare, in maniera logica ed adeguata, il profitto confiscabile […] oppure ha determinato il profitto confiscabile in maniera illogica e senza tenere conto di tutte le evidenze disponibili e, allora, la misura cautelare non può ritenersi legittimamente emanata». |