Caduta a causa di tombino visibile: non sempre la condotta del danneggiato è negligente o imperita

Redazione Scientifica
29 Marzo 2018

La mera percepibilità del pericolo può non essere sufficiente a convertire la condotta del danneggiato in condotta imprudente che assorbe ogni incidenza causale. Un pericolo può essere manifesto ma al tempo stesso non evitabile; pertanto il fatto che il danneggiato non eviti un pericolo manifesto non comporta la qualifica di imprudenza della sua condotta.

IL CASO Un uomo cade dalla bicicletta a causa di un tombino non segnalato e si rivolge al Tribunale di Bolzano per ottenere dal Comune il risarcimento dei danni patiti. Il Giudice di prime cure accoglie il ricorso ma la Corte d'appello di Trento accoglie l'appello della PA, affermando che il tombino era visibile e dunque agilmente evitabile, e che il sinistro doveva essere attribuito solo all'imprudenza dell'infortunato. Il ciclista ricorre dunque in Cassazione, sulla base di due motivi.

PROVA DEL CASO FORTUITO EX ART. 2051 C.C. Con il primo motivo il ciclista censura la sentenza impugnata sotto il profilo dell'onere probatorio. La corte territoriale, pur non avendo mai messo in discussione il fatto che il danneggiato avesse dimostrato il nesso causale tra la buca ed i danni riportati, aveva addossato su di lui l'onere della prova del caso fortuito, quando la sua esistenza doveva invece essere dimostrata dal custode, in violazione dunque degli artt. 1227, 2051 e 2697 c.c.

ERRORE DELL'ONERE PROBATORIO La Corte considera fondato il motivo e riconosce che la corte territoriale ha effettivamente errato nel gravare sul danneggiato l'onere della prova del caso fortuito, a fronte di una mera generica allegazione del custode della strada della possibilità di una manovra per evitare il tombino senza pericoli. Spetta al custode dimostrare che la caduta deriva dal caso fortuito, «includendo anche la condotta imprudente/negligente del ciclista, ovvero se questi aveva la possibilità di attuare concrete manovre ostative della caduta senza incorrere in nessun altro rischio.

CASO FORTUITO NON PROVATO La Corte sottolinea che il giudice di prime cure aveva argomentato come il caso fortuito, integrato nella omissiva condotta del ciclista, non potesse ritenersi provato, dal momento che non era stata dimostrata l'impossibilità per il ciclista di subire pericoli ulteriori sterzando improvvisamente verso il centro della carreggiata come prospettato dal custode.

MERA PERCEPIBILITÀ DEL PERICOLO La Corte ricorda inoltre che in ogni caso la condotta colposa del danneggiato non può essere idonea ad integrare il caso fortuito (ex multis, vedi Cass. civ. n. 9547/2015), poiché «la mera percepibilità del pericolo può non essere affatto sufficiente a convertire la condotta del danneggiato in condotta imprudente che assorbe ogni incidenza causale. Un pericolo può essere manifesto ma al tempo stesso non evitabile; pertanto il fatto che il danneggiato non eviti un pericolo manifesto non comporta la qualifica di imprudenza della sua condotta».

La Cassazione ritiene che il semplice fatto che il tombino fosse visibile non renda automaticamente evitabile la caduta del ciclista; accoglie il motivo, assorbe il secondo e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Trento.

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