Interferenze tra la disciplina concorsuale e le norme sui diritti industriali

Benedikt Neuburger
Magali Contardi
29 Marzo 2018

Il presente articolo tenta di delineare almeno un embrionale coordinamento tra la disciplina fallimentare e quella industriale, esaminando e cercando di dirimere frequenti criticità nelle relative interferenze, con connessi rischi di decadenze dei diritti in questione. L'analisi comprende brevi cenni sulle soluzioni adottate nell'ambito europeo, sia per i marchi dell'unione europea, che per i brevetti europei.
Premessa

I diritti di proprietà industriale, tra cui il marchio e il brevetto, assumono una rilevanza strategica per l'impresa, rappresentando strumenti fondamentali ai fini del proficuo svolgimento dell'attività economica ed anzi costituendo sovente alcuni tra i cespiti di maggiore valore all'interno del complesso aziendale. In tal senso, le interferenze tra le procedure fallimentari e le privative industriali, seppur non ampiamente trattate dalla dottrina, risultano di particolare interesse alla luce delle criticità e comunque delle implicazioni pratiche che determinano, al fine di assicurare la massima valorizzazione degli asset immateriali, sia nella prospettiva di liquidazione dell'impresa, che di continuazione dell'attività.

Assodato il carattere patrimoniale dei diritti di proprietà industriale (nella specie, di un marchio o un brevetto) e dunque la loro idoneità ad essere appresi alla massa patrimoniale fallimentare, l'analisi dottrinaria si è prevalentemente preoccupatadi illustrare le modalità con cui le privative industriali giá registrate entrano in contatto con la procedura fallimentare, senza interrogarsi su quale sia la sorte delle domande di registrazione, ovvero di brevettazione, pendenti al momento della dichiarazione di dissesto del richiedente.

Al riguardo, nella legge fallimentare il rapporto tra i diritti di proprietà intellettuale e la procedura fallimentare è regolato in modo espresso soltanto da due disposizioni: l'art. 83 e l'art. 108-ter l.fall.

La prima norma, connessa per lo più agli aspetti di diritto sostanziale, disciplina gli effetti del fallimento dell'editore sul contratto di edizione, contenendo un esplicito rinvio alla legge sul diritto d'autore. La seconda, collegata invece a vicende di tipo procedurale, disciplina le modalità di vendita dei diritti sulle opere d'ingegno, sulle invenzioni industriali e sui marchi, rinviando anch'essa alla relativa legge speciale.

Tuttavia, vi sono alcune vicende connesse alla specificità dei diritti derivanti da un marchio o un brevetto, la cui disciplina andrà piuttosto ricercata nel Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.), anche se tali vicende non possono assolutamente essere ignorate in sede di fallimento, sia per l'influenza economica dei relativi diritti, sia perché talvolta da esse dipende l'esistenza stessa del diritto sul bene immateriale. Si pensi, ad esempio, alla procedura per registrazione o brevettazione delle privative che impongono l´adempimento di formalità in termini stretti, a pena di decadenza della domanda.

È noto, infatti, che, ai sensi dell'art. 2 del c.p.i., i diritti di proprietà industriale quali il marchio o il brevetto hanno la qualifica di beni registrati, in quanto essi non esistono se non in quanto siano stati iscritti nel relativo registro, per cui la decadenza della domanda di registrazione e/o brevettazione dovuta alla mancata prosecuzione delle medesime può determinare intuibili conseguenze negative sull'attivo fallimentare, specie se riferita all'attivo economicamente più rilevante dell'azienda in dissesto.

Ne deriva che l'interferenza tra la disciplina fallimentare e quella dei diritti di marchio e brevetto crea problematiche di ordine pratico, relative alla necessità di conciliare gli aspetti di diritto sostanziale e procedurale dei brevetti e i marchi, con gli aspetti procedurali connessi alla vicenda fallimentare.

Fallimento, diritti di marchi o brevetti registrati e domande in corso

È noto che la dichiarazione di fallimento produce molteplici effetti, sostanziali e processuali, che investono il fallito, i suoi creditori e i terzi che hanno intrattenuto rapporti col fallito.

Relativamente agli effetti patrimoniali nei confronti del fallito, ai sensi dell'art. 42 l. fall., questi viene privato, alla data di dichiarazione di fallimento, dell'amministrazione e della disponibilità dei beni che compongono il suo patrimonio al momento dell'apertura della procedura.

Pertanto, nel caso in cui i diritti di proprietà e di utilizzo di un marchio o di un brevetto siano rimasti in capo all'imprenditore dichiarato fallito, essi vengono assoggettati al c.d. pignoramento fallimentare. Ciò significa che il titolare perde la disponibilità del marchio o del brevetto, che passa al curatore, quale amministratore del patrimonio fallimentare, il quale è tenuto alla diligente conservazione in vista del successivo realizzo (Cass., s.u., 25/09/2014, n. 11170).

Certamente tale effetto di spossessamento non si traduce, tuttavia, in una perdita della proprietà, in quanto il fallito resta titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare.

Peraltro, in ossequio al carattere di beni registrati dei diritti derivanti da un marchio o un brevetto, saranno appresi nell'attivo fallimentare soltanto quei titoli che siano stati registrati e/o brevettati presso l'Ufficio Italiano Marchi e Brevetti (UIBM) in epoca antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento.

Corollario di ciò è, inoltre, che nell'ipotesi in cui il titolare di un marchio o un brevetto non ancora fallito abbia provveduto a cederli ad un terzo e questo non abbia provveduto, prima della dichiarazione di fallimento, ad adempiere gli obblighi pubblicitari di registro presso l'UIBM, tale acquisto del terzo dall'imprenditore ancora in bonis è inopponibile al successivo fallimento del dante causa. Infatti, a tenore dell'art. 45 l. fall. “le formalità necessarie per rendere opponibile gli atti a terzi, se compiuti dopo la dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori”.

Tale soluzione è stata peraltro confermata dalla giurisprudenza, che ha più volte ribadito “l'inopponibilità del trasferimento del marchio al fallimento della società cedente è subordinata alla trascrizione dell'atto di cessione presso l'ufficio brevetti in data anteriore alla dichiarazione di fallimento. Al terzo acquirente dal fallimento non può essere opposta la cessione del diritto sul marchio che risulti inopponibile al fallimento per trascrizione presso l'ufficio brevetti avvenuta solo dopo la data di dichiarazione di fallimento” (Trib. Roma, Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale, 02/07/2010, Sez. Spec. P.I. 2010, 1, 415. Conforme: Tribunale Torino, 27/02/1992, Giur. it. 1993).

Per mero dovere di completezza, occorre menzionare altresì che la regola dell'assoggettamento alla procedura si applica non solo ai beni, ma anche ai rapporti giuridici contrattuali (nello specifico, licenze) in forza dei quali l´imprenditore in bonis concede in godimento a terzi privative industriali, oppure quei rapporti in forza dei quali l´imprenditore in bonis si trovava nell´utilizzo di privative industriali concesse da terzi in godimento.

Le vicende sopra illustrate sono accomunate dalla circostanza che vertono tutte su un diritto di marchio o brevetto già registrato o brevettato, ovverosia rilasciato dall'UIBM in seguito alla conclusione dell'iter di concessione disciplinato dal c.p.i. e perciò, senza dubbio, oggetto di apprensione da parte della procedura fallimentare.

Diversa è invece la sorte delle domande di registrazione, ovvero di brevettazione, in corso al momento della dichiarazione del fallimento, per le quali è infatti chiara l'esistenza di interessi in campo non omogenei: da una parte, quello del ceto creditorio di soddisfare le proprie ragioni di credito, minimizzando i rischi di pregiudizi e, dall'altra, l'interesse del richiedente della privativa che, sebbene spesso sia caratterizzato da un contenuto eminentemente patrimoniale, può consistere anche nell'interesse di natura personale ad essere riconosciuto quale autore di un'invenzione.

Alla luce di questi interessi contrapposti, le problematiche connesse alla sorte delle domande in corso al momento del dissesto dell'impresa possono identificarsi, da un lato, nella possibile mancanza di interesse per il fallimento all'acquisizione delle privative industriali di cui alle domande in corso e, dall'altro, nei rischi connessi alla specificità della procedura di concessione nell'ipotesi, contraria, di volontà nella coltivazione di tale domande da parte della curatela.

Invero, la prosecuzione di una domanda di brevetto o di marchio in corso al momento della dichiarazione di fallimento può determinare un elevato costo per la procedura fallimentare, che talvolta può indurre la curatela a desistere, specie se il bene immateriale ha una scarsa o ridotta prospettiva di sfruttamento economico. Inoltre, come si è anticipato, la prosecuzione di una domanda di brevettazione e/o di registrazione comporta anche rischi connessi alla complessità della specifica procedura prevista per la concessione dei relativi diritti, che il curatore fallimentare dovrà ben saper valutare, onde evitare di incorrere in decadenze irrimediabili dei diritti in questione.

Merita ricordare che la rinuncia alla brevettazione operata dal curatore fallimentare (sia essa tacita o espressa) comporterebbe il venir meno del requisito di novità per tale invenzione (art. 46 c.p.i.), di guisa che sarebbe precluso al fallito, una volta tornato in bonis, richiedere la brevettazione per la medesima invenzione.

Analoghe considerazioni valgono per la decisione di brevettare, o meno, un'invenzione di cui il fallito sia l'autore e rispetto alla quale egli non abbia ancora depositato domanda alcuna: in assenza di specifiche disposizioni di legge, è doveroso chiedersi se debba ritenersi che una siffatta scelta spetti agli organi fallimentare (primazia della ratio fallimentare) ovvero se essa spetti comunque all'autore dell'invenzione, ancorché fallito (primazia della ratio industriale). Occorre infine chiedersi se il fallito, in mancanza di prosecuzione della registrazione e/o brevettazione da parte del curatore, possa richiedere autonomamente la concessione della privative (si veda infra, punto III).

La rinuncia all'acquisizione del marchio o del brevetto in corso di registrazione o brevettazione

A norma dell'art. 42, comma 2 l. fall. lo spossessamento si estende, inoltre, anche ai beni che pervengono al fallito durante il fallimento, di guisa che è agevole ritenere che un diritto di marchio o di brevetto possa sopravvenire nell'attivo fallimentare, per esempio, a seguito della conclusione di una domanda di registrazione o brevettazione avviata prima della dichiarazione di fallimento. Ciò, ovviamente, sempre che il curatore non abbia rinunciato, previa autorizzazione del comitato di creditori, ad acquisirli qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.

In effetti, ai sensi dell'art. 42, comma 3 l. fall., il curatore ha la facoltà di rinunciare, previa autorizzazione del comitato dei creditori, all'acquisizione dei beni che pervengano al fallito durante la procedura, allorché i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presunto valore di realizzo dei medesimi.

Dunque, data l'inscindibilità delle utilità che si ottengono da tali beni dalle passività sostenute per l'acquisto, i beni sopravvenuti al fallimento non sono acquisiti ipso iure, bensì occorre un'espressa manifestazione di volontà del curatore in tale senso, preceduta da una valutazione comparativa tra costi e ricavi, onde accertare la convenienza dell'acquisto.

Da ciò deriva che agli organi fallimentari (nello specifico, al curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori) spetta ogni valutazione anche relativamente alla convenienza di portare a termine l'iter di concessione di domande di privativa industriale, in termini di costi-benefici, con riferimento al reale valore di sfruttamento, non soltanto in merito al singolo bene, ma anche in relazione alla eventuale vendita in blocco dell'azienda.

A titolo meramente esemplificativo e certamente non esaustivo, costituiscono costi per la registrazione, come tali riconducibili ai debiti della massa, le tasse di concessione governativa, le spese per i bolli, i diritti di segreteria, nonché per le lettere di incarico, oltre che le spesse professionali e quelle per la conservazione delle privative industriali; i ricavi vanno invece considerati secondo il presumibile valore di realizzo dei diritti medesimi.

In particolare, i benefici saranno visibilmente maggiori rispetto ai costi allorché sia stato disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero l'iter di concessione sia ormai prossimo al completamento residuando soltanto marginali formalità; saranno sensibilmente minori laddove l'apprensione dell'impresa sia avvenuta soltanto in una prospettiva liquidatoria, atteso che le privative, in seguito al fallimento, potrebbero vedere sensibilmente ridotta la loro portata economica.

La decisione di mancata acquisizione sarà quindi giustificata, se antieconomica, in quanto pregiudizievole, attesa la ratio della procedura fallimentare, volta al miglior soddisfacimento degli interessi del ceto creditorio.

In modo analogo, nell'ipotesi in cui un'invenzione potenzialmente brevettabile sia nel patrimonio dell'imprenditore in bonis ma solo “di fatto” (non accompagnata da relativa domanda), la dottrina ritiene che spetti comunque agli organi fallimentari decidere se procedere alla domanda di brevetto, o meno, stante la spiccata natura patrimoniale della privativa. Secondo questa dottrina, infatti, pur essendo l'invenzione il risultato di un'attività personale dell'autore, essa si riverbera in effetti patrimoniali, di guisa che spetta al fallimento non solo il diritto patrimoniale derivante dalle invenzioni brevettate, ma anche il diritto all'ottenimento del brevetto.

A favore di questa tesi depone la circostanza che, in ossequio alla doppia natura dei diritti derivanti dall'invenzione (patrimoniali e non patrimoniali), pur potendo l'autore (dichiarato fallito) avere un interesse personale a non brevettare, tale interesse non costituisce espressione di un diritto soggettivo alla “non brevettazione”.

Secondo una parte della dottrina, nell'ipotesi in cui il curatore non decida tra l'acquisizione o l'abbandono dei beni (nella specie, immateriali di marchio o brevetto), può crearsi una situazione di “stallo” pregiudizievole, analoga a quella che si presenta quando il curatore non opta fra lo scioglimento o subentro nei rapporti preesistenti, circostanza che abilita il terzo a porre in mora il curatore affinché adotti una soluzione (art. 72, comma 2, l. fall.).

Parimenti, anche per i beni sopravvenuti, si deve ritenere che il curatore possa essere invitato ad assumere una definitiva determinazione e che lo strumento sia quello della messa in mora, affinché il giudice delegato fissi un termine entro il quale esercitare l'opzione.

Resta, infine da osservare che, laddove i beni sopravvenuti rimangano esclusi dal patrimonio fallimentare, essi vengono a far parte del patrimonio personale del fallito ed è quindi da ritenersi che su di essi si possano esercitare le azioni cautelari ed esecutive, in deroga al disposto dell'art. 51 l. fall. Tuttavia, appare difficile ipotizzare una situazione in cui un bene (nello specifico, un'invenzione), non economicamente conveniente per il fallimento, possa risultare “interessante” per il singolo creditore.

La prosecuzione delle domande in corso: cenni sulla sospensione della procedura di concessione in seguito della dichiarazione di fallimento nell'ambito della Convenzione Europea sui Brevetti. Lacune della normativa nazionale: possibile ricorso all'analogia

Analizziamo ora l'ipotesi in cui, invece, gli organi fallimentari ritengano opportuno acquisire la privativa industriale in prospettiva di una vendita proficua, idonea a soddisfare gli interessi del ceto creditorio.

Laddove la scelta sia per la prosecuzione delle domande, si è sopra affermato che il curatore dovrà ben conoscere l'iter di concessione della privativa (disciplinato dal c.p.i.), onde assicurare l'effettiva acquisizione del bene nel patrimonio dell'imprenditore.

Merita all'uopo evidenziare che l'ipotesi in esame (ovvero di dichiarazione di dissesto del richiedente di una privativa industriale) è stata specificatamente prevista nell'ambito della Convenzione sui brevetti Europei del 1973, dinnanzi all'Ufficio dei Brevetti Europei (UBE), nonchè dinnanzi all'Ufficio dell'Unione Europea per la Proprietà Industriale (EUIPO) (si veda, infra punto V), ma non nel diritto nazionale italiano, nonostante non sia infrequente il fallimento di un'impresa avente procedimenti di concessione ancora in corso.

L'analisi della Convenzione è di grande interesse, poiché può certamente accadere che l'imprenditore in bonis abbia depositato una domanda di brevetto europeo e, entro il periodo di priorità di cui all'art. 4 dell'Accordo di Parigi, una domanda nazionale, oppure abbia depositato un brevetto europeo e successivamente richiesto la validazione in Italia, di guisa che la successiva dichiarazione di fallimento produrrebbe effetti diversi sull'iter di concessione, a seconda della fase in cui si trova la domanda (ovverosia, dinanzi all'Ufficio Brevetti Europei o all'UIBM).

In particolare, la regola 142, comma 1, lett. b del Regolamento di Esecuzione della Convenzione sul Brevetto Europeo (RE CBE 2000), sotto la rubrica “interruzione della procedura”, dispone che la procedura dinanzi all'Ufficio Europeo dei Brevetti si interrompa “se il richiedente o il titolare del brevetto europeo è giuridicamente impedito di proseguire la procedura a causa di un azione intentata contro i suoi beni”.

Continua la norma “Se l'Ufficio europeo dei brevetti conosce l'identità della persona abilitata a proseguire la procedura nei casi di cui al paragrafo o b), esso indirizza a questa persona, ed eventualmente alle altre parti, una notificazione nella quale è indicato che la procedura sarà ripresa alla scadenza di un termine da stabilire”.

E' dunque prevista la ripresa della procedura di brevetto alla scadenza di “un termine da stabilire”, sempre che l'Ufficio conosca l'identità della persona abilitata a proseguire la procedura (nella specie, il curatore fallimentare).

Come emerge dai documenti preparatori (Travaux Préparatoires) del sottocomitato del gruppo di lavoro sul regolamento di esecuzione della Convenzione sul Brevetto Europeo, la ratio della norma è quella di evitare l'eventuale perdita di diritti allorché il richiedente (del brevetto) sia impedito nel gestire le sue attività, senza, tuttavia, dilazionare eccessivamente il procedimento di brevettazione.

Sulla scorta di questo approdo, costantemente la Commisioni dei Ricorsi dell'Ufficio Brevetti Europei (Board of Appeal”, acronimo inglese “BoA”) ha ribadito che il criterio decisivo perché l'interruzione del procedimento di brevettazione ai sensi della R. 142, comma 1, lett. B RE CBE abbia luogo è, infatti, che l'azione contro i beni del fallito sia tale da rendere giuridicamente impossibile per il medesimo di continuare con il procedimento di brevettazione, a seguito di azioni esecutive collettive intraprese nei suoi confronti” (si vedano, decisioni J 11/98, J 11/95).

In proposito, i seguenti esempi possono essere utili a chiarificare la portata applicativa della predetta affermazione.

Da una parte, con decisione J 26/95, la Commissione dei Ricorsi non ha condiviso l'assunto del richiedente secondo cui la procedura di brevettazione doveva ritenersi interrotta, in seguito all'apertura nei suoi confronti di un procedimento di “reorganization”, ex Sezione 11 del Codice dell'insolvenza US. La Commissione è giunta a tale conclusione prendendo le mosse dalla circostanza che, stante la natura dei procedimenti ex Sezione 11 del Codice dell'insolvenza US (finalità compositiva della crisi), il richiedente, ancorchè interessato da un'azione contro i suoi beni, non veniva impedito di continuare nell'amministrazione e disposizione dei predetti beni.

Dall'altra, con decisione J 10/94, la Commissione ha ritenuto come una situazione analoga a quella di essere “giuridicamente impedito di continuare con il procedimento di brevettazione” l'ipotesi di un richiedente il quale, a seguito di un'azione contro i suoi beni (nella specie, un ordine emesso da un Tribunale francese volto a “bloccare” tutti i conti bancari del richiedente), non aveva a sua disposizione alcun bene residuo per eseguire il pagamento delle tasse di manutenzione del brevetto in corso di brevettazione.

Ciò mette in rilievo, infatti, che se il richiedente del brevetto è ex lege o de facto impedito di continuare con la brevettazione, essa viene interrotta, indipendentemente dalla definizione di tale azione.

Ulteriore conseguenza è che le procedure di riorganizazzione e/o di composizione della crisi non causano l'interruzione del procedimento di brevettazione dinnanzi l'Ufficio Brevetti Europei, perché tali azioni non impediscono al richiedente di continuare nell'amministrazione dei suoi beni. Pertanto, deve concludersi che il concodato preventivo, gli accordi di ristrutturazione e altre procedure compositive della crisi non siano idonee ad interrompere il procedimento di brevettazione ai sensi della R. 142, comma 1, lett. B RECBE.

Una volta interrotta la procedura di brevettazione, a mente del comma 4, R. 142 RE CBE, “ i termini in corso alla data di interruzione del procedimento, eccettuati il termine di presentazione della richiesta di esame e il termine di pagamento delle tasse annuali, ricominciano a decorrere per intero dal giorno della ripresa della procedura. Se questo giorno cade nei due mesi che precedono la scadenza del termine previsto per la presentazione della domanda di esame, questa richiesta può ancora essere presentata entro un termine di due mesi a decorrere da detto giorno”.

Sembrerebbe, dunque, che la ratio della disposizione sia quella di ritenere che tutti i termini siano interrotti, compresi i termini per il deposito della domanda ed il pagamento delle relative tasse, l'esame della domanda, la concessione, ricorsi, nonché il pagamento delle tasse annuali.

Tuttavia, deve al riguardo precisarsi che l'interruzione non si riflette, ad esempio, sul periodo di opposizione di nove mesi (periodo concesso ai terzi per presentare validamente opposizioni alla concessione del brevetto), anche se il procedimento orale per l'opposizione può iniziare solo dopo la cessazione della causa di interruzione. Parimenti, il periodo previsto per la pubblicazione della domanda (diciotto mesi) non è soggetto a interruzione alcuna, anche perché tale incombente non necessita di un impulso di parte (è l'Ufficio che cura la pubblicazione).

La norma (R. 142, comma 4 RE CBE) detta però una disciplina differenziata con riferimento al calcolo dei termini, a seguito della ripresa del procedimento di brevettazione, in relazione a due specifici incombenti che il richiedente deve adempiere all'interno della procedura di concessione di un brevetto: la domanda di esame e il pagamento delle tasse per il rinnovo (aventi cadenza annuale).

Nel primo caso, il termine per la presentazione della domanda di esame viene sospeso dalla data di interruzione del procedimento, riprendendo a decorrere da quando l'ufficio riceve comunicazione circa la persona legittimata a continuare con il procedimento, nella specie il curatore fallimentare. Il periodo di tempo già maturato prima dell'interruzione viene a sommarsi con quello che inizia a decorrere nuovamente. Nel caso in cui prima dell'interruzione fossero decorsi oltre quattro mesi dalla pubblicazione della domanda di brevetto, il termine di nuova decorrenza non potrà essere inferiore a due mesi (R. 142, comma 4 RE CBE).

Nel secondo caso, laddove il termine per il pagamento delle tasse di manutenzione del brevetto scada durante il periodo interrotto, viene sospeso fino alla data di ripresa del procedimento. Anche in questo caso il periodo di tempo già maturato prima dell'interruzione viene a sommarsi con quello che inizia a decorrere nuovamente.

In realtà, avuto riguardo delle loro conseguenze in ordine al calcolo dei termini, in entrambe le ipotesi si dovrebbe più propriamente parlare di sospensione più che di interruzione del procedimento.

Come si è già premesso, non esiste una analoga disciplina circa gli effetti del fallimento sul procedimento di concessione di una privativa industriale dinanzi l'UIBM (sia per validazione di un brevetto europeo ovvero che si tratti di una domanda nazionale), né tali effetti sono stati ampiamente affrontati dalla dottrina nazionale.

A conferma di ciò, non si registrano, alla data odierna, tra le decisioni dell'UIBM casi di interruzione del procedimento dovute al fallimento del richiedente.

Il vuoto legislativo dovrà, pertanto, essere colmato o mediante il ricorso all'applicazione analogica della normativa appena menzionata (laddove possibile), ovvero mediante il ricorso ai principi generali vigenti sia nella disciplina fallimentare che in quella industriale, cercando di coordinare le relative disposizioni.

In tal senso, come si è più volte evidenziato, per effetto dell'art. 42 l. fall. il debitore è spogliato della disponibilità dei suoi beni patrimoniali, che passano all'amministrazione del curatore. Dalla perdita della capacità processuale per effetto dello spossessamento (art. 42 l. fall.), nonché dalla necessità che i giudizi pendenti siano proseguiti nei confronti del curatore (art. 43, comma 1, l. fall.), è verosimile desumere l'interruzione ipso iure dei processi pendenti nei confronti dell'imprenditore fallito.

In base a questi principi, si può concludere che, dichiarato il fallimento, de jure condendo il procedimento di brevettazione è interrotto fino a che il curatore non dichiari la volontà di proseguirlo e si sostituisca al richiedente fallito, dovendo invece escludersi l'interruzione del procedimento in fasi procedurali in cui l'UIBM procede d'ufficio (come nell'ipotesi della redazione del rapporto di ricerca o l'esame sostanziale)..

Cenni sulla sospensione della procedura di concessione in seguito della dichiarazione di fallimento nell'ambito del Regolamento sul marchio Europeo. Lacune della normativa nazionale: possibile ricorso all'analogia

Ad una analoga conclusione si può addivenire nell'ipotesi in cui la privativa, la cui domanda sia pendente al momento del fallimento, abbia ad oggetto un marchio.

In effetti, come per i brevetti, gli effetti del fallimento sul procedimento di registrazione dei marchi sono stati oggetto di una specifica previsione nell'ambito della procedura di concessione dinnanzi all'European Union Intellectual Property Office (EUIPO).

All'uopo, occorre sottolineare le differenze fondamentali tra il procedimento dinanzi all'EUIPO (marchi) e quello dinanzi all'Ufficio Brevetti Europei (UBE, brevetti): con il primo viene concesso al richiedente un titolo unitario “europeo”, valevole in tutti gli Stati Membri dell'Unione Europea, mentre il secondo richiede pur sempre la successiva “validazione” in almeno uno degli Stati Membri della Convenzione.

Pertanto, possibili “interferenze” tra il fallimento del richiedente in Italia e procedimento di registrazione del marchio potranno verificarsi se il richiedente abbia depositato ab origine un marchio dell'Unione Europea, ovvero se l'abbia depositato nel periodo di priorità di cui all'art. 4 dell'Accordo di Parigi, ovvero ancora nell'ipotesi di conversione del marchio dell'Unione Europea in marchio nazionale.

Non vi sarà, per contro, interferenza alcuna se l'imprenditore (rectius: il fallito) fosse titolare esclusivamente di marchi nazionali.

Resta, inoltre, da evidenziare che, stante lo spiccato carattere extraterritoriale del marchio europeo, potrebbero senz'altro sorgere questioni di insolvenza transfrontaliera. In tale ipotesi, il regolamento sull'insolvenza transfrontaliera stabilisce espressamente che la sola procedura di insolvenza nella quale un marchio dell'Unione europea può essere incluso è quella avviata nello Stato membro nelcui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (c.d. COMI).

Ciò brevemente premesso, occorre quindi affrontare il problema dell'influenza del fallimento (dichiarato in Italia) del richiedente di un marchio dell'Unione Europea in tale procedimento di registrazione.

Orbene, l'art. 106, comma 1, lett. b del Regolamento sul marchio dell'Unione Europea (1001/2017 RMUE) riporta quasi letteralmente la disciplina sull'interruzione del procedimento di brevettazione del brevetto Europeo poc'anzi esaminata. La norma, infatti, dispone che: “La procedura dinanzi all'Ufficio è interrotta […] b) se il richiedente o il titolare del marchio UE si trova nell'impossibilità giuridica di proseguire il procedimento dinanzi all'Ufficio a causa di un'azione intentata contro i suoi beni”.

Poichè il termine utilizzato dalla norma è “insolvenza” e non già “fallimento”, la possibilità di interrompere il procedimento deve ritenersi applicabile a tutte quelle procedure collettive in cui il proprietario viene spogliato delle facoltà di amministrazione e disposizione dei beni interessati nella procedura, indipendentemente della loro denominazione.

La ratio della norma è, dunque, quella di tutelare i diritti di proprietà del richiedente o del titolare del marchio, di cui questi non ha più la disponibilità giuridica dal momento dell'apertura del fallimento e fino al momento in cui viene nominato un curatore o fiduciario che continuerà quindi a rappresentare la parte ai sensi della legge.

Infatti, il procedimento dinanzi l'Ufficio prosegue non appena sia stabilita l'identità della persona che ha titolo per proseguirlo (art. 106, comma 2, RMUE).

La disciplina si completa con le disposizioni stabilite all'art. 72, comma 3 del Regolamento delegato sul marchio dell'Unione Europea n. 2017/1430 (RDMUE), il quale, sempre analogamente a quanto previsto per la ripresa della procedura di concessione di un Brevetto Europeo, dispone che: “Se l'Ufficio è informato circa l'identità della persona facoltizzata a proseguire dinanzi ad esso la procedura, comunica a questa persona ed eventualmente alle altre parti che la procedura sarà ripresa alla scadenza di un preciso termine”.

Ne consegue che l'Ufficio (EUIPO) dichiarerà l'interruzione della procedura di registrazione di un marchio dell'Unione Europea solamente in quei casi in cui il richiedente non sia in grado di proseguire il procedimento, poiché non legittimato a disporre dei propri beni (e, pertanto, laddove l'Ufficio assuma che questi non può prendere iniziative dinanzi all'Ufficio, quali il ritiro, la rinuncia, il trasferimento, la partecipazione a procedimenti inter partes, ecc. ) e si applica fintanto che venga nominato un curatore che continuerà, quindi, a rappresentare la parte di fronte all'Ufficio (ovviamente, laddove la scelta del curatore fosse stata per la continuazione della procedura).

A conferma di ciò, con decisione R 676/ 2012-4 la Commissione dei Ricorsi dell'EUIPO ha confermato la ricevibilità di un ricorso presentato dal richiedente interessato da una procedura di insolvenza, ai sensi di legge, in uno degli Stati membri (nella specie, Germania), la cui validità era stata contestata dall'opponente sul presupposto che, per effetto della dichiarazione di dissesto, il richiedente del marchio non era piú legittimato a disporre dei propri beni e perció, a far data da tale dichiarazione, il curatore sarebbe stato l'unico soggetto legittimato a formulare il ricorso in questione. Nella specie, la Commissione, dopo aver presso atto che il ricorso era stato presentato dal richiedente con il consenso del curatore, è giunta alla conclusione che, malgrado vi fosse in corso una procedura di insolvenza, nella specie, non ricorreva nessun motivo giuridico che impedisse al richiedente di proseguire con la registrazione.

Tuttavia, l'interruzione della procedura non avviene automaticamente, bensì richiede una dichiarazione della parte (ovvero del suo rappresentante) circa l'intervenuta dichiarazione di insolvenza, nonchè una decisione dell'Ufficio in tal senso, che avviene soltanto laddove l'Ufficio riscontri la ricorrenza di tutti i presupposti di legge per dichiarare l'interruzione del procedimento di registrazione.

In particolare, con la decisione R 468/2011-4 del 30/11/2012 la Commissione dei Ricorsi ha precisato che incombe alle parti del procedimento interessato dall'insolvenza informare l'Ufficio del fatto dell'insolvenza e, laddove necessario, nominare un curatore nei confronti del quale il procedimento deve essere continuato. Secondo quanto statuito dalla Commissione, in mancanza di tale notifica, l'Ufficio non ha motivi per effettuare ulteriori ricerche circa la pendenza, o meno, di processi negli Stati Membri.

Inoltre, con la richiesta di interruzione della procedura di registrazione, il richiedente (o il suo rappresentante) è tenuto ad informare l'Ufficio circa l'identità della persona del curatore legittimata a continuare nel procedimento. Infatti, chiariscono le Direttive concernenti l'esame del marchio dell'UE, se il rappresentante fornisce tali indicazioni, l'Ufficio continuerà a corrispondere con il curatore e non si verificherà nessuna interruzione del procedimento. Tuttavia, di fronte a termini perentori per il richiedente e non ancora scaduti, l'Ufficio provvederà a concedere nuovamente tali termini (nella loro intera estensione originaria), in modo tale che il procedimento venga interrotto ma, immediatamente, riavviato.

Per contro, se non venissero fornite informazioni dettagliate relative all'identità dell'eventuale curatore, l'Ufficio dichiarerà interrotto il procedimento, fintanto che non riceva le dovute informazioni, in presenza delle quali il procedimento riprenderà a partire da una data fissata dall'Ufficio.

Circa gli effetti dell'interruzione, ai sensi dell'art. 72, comma 3 RDMUE, alla data di interruzione della procedura i termini in corso nei riguardi del richiedente o del titolare del marchio dell'Unione Europea ricominceranno a decorrere per intero dal giorno della ripresa del procedimento, eccettuato il termine di pagamento dei diritti di rinnovo. Per esempio, se il richiedente avesse avuto ancora dieci giorni per presentare osservazioni al momento del fallimento, l'Ufficio concederà un nuovo termine di due mesi per la presentazione di tali osservazioni.

Sempre in maniera analoga a quanto sopra evidenziato in materia di brevetti, anche per i marchi non esiste alcuna previsione normativa nazionale circa gli effetti del fallimento sul procedimento di concessione pendente.

È necessario quindi rinviare alle considerazioni sopra espresso circa la necessità di colmare il vuoto legislativo mediante il ricorso all'applicazione analogica della normativa poc'anzi menzionata (laddove possibile), ovvero mediante il ricorso ai principi generali vigenti nella disciplina fallimentare ed in quella industriale.

Ne consegue che, anche in ordine al procedimento davanti all'UIBM, si può concludere che, dichiarato il fallimento del richiedente del marchio, il procedimento di registrazione debba, de jure condendo, ritenersi interrotto fino a che il curatore non dichiari la volontà di proseguirlo e si sostituisca al richiedente fallito.

Cenni di diritto comparato: l'esperienza tedesca

Evidenziate le lacune normative nell'ambito del diritto italiano, che rendono necessario (nonchè opportuno) il ricorso all'analogia, é proficuo analizzare, ancorchè brevemente, il trattamento delle domande di registrazione e/o brevettazione di fronte all'intervenuta dichiarazione di insolvenza del richiedente in altre giurisdizioni europee, nella specie, quella tedesca.

Nell'ordinamento giuridico tedesco l'insolvenza è disciplinata dall'Insolvenzordnung (InsO) del 1999 che, sostituendo la legge fallimentare (Konkursordnung), la procedura esecutiva concorsuale (Gesamtvollstrecjungsordnung) e la legge sul concordato preventivo (Vergleichsordnung), ha introdotto un modello unitario di regolamentazione dell'insolvenza.

L'Insolvezöffnungverfahren, ovvero il procedimento di apertura dell'insolvenza, inizia con la domanda di apertura e si conclude con la decisione dell'autorità giudiziaria (Insolvenzgericht), che può decidere di aprire la procedura o, in assenza dei presupposti, di rigettare l'istanza. Questo periodo transitorio (tra la presentazione della domanda e la decisione giudiziale) viene denominato nel diritto tedesco come vorläufiges Insolvenzverfahren ed è volto a consentire la verifica circa la ricorrenza dei presupposti formali e sostanziali per l'avvio della procedura concorsuale, sia la valutazione dello stato patrimoniale del debitore (in particolare, se questi sia patrimonialmente in grado almeno di coprire i costi della procedura).

In questa fase, l'autorità giudiziaria può adottare tutti i provvedimenti che appaiano necessari al fine di prevenire variazioni nella situazione patrimoniale del debitore pregiudizievoli per i creditori (§ 21 c. 1. InsO). Inoltre, l'autorità giudiziaria può nominare un curatore provvisorio (Vorläufiger Verwalter), che può imporre divieti al debitore di compiere atti di disposizione dei beni interessati, o interdire ai creditori la possibilità di dar corso a procedure di esecuzione forzata nei confronti del debitore stesso.

In ogni caso, è facoltà discrezionale del Tribunale dell'insolvenza accordare al curatore provvisorio i summenzionati poteri, ovvero trasferirgli l'amministrazione dei beni del debitore (curatore provvisorio “forte”). Laddove il curatore non goda, infatti, di queste prerogative, si parlerà di curatela “debole” e in tal caso sarà il Tribunale, secondo l'occorrenza, a dettagliare tutte le operazioni e gli obblighi cui il curatore si dovrà attenere.

Una volta verificata la ricorrenza dei presupposti per l'apertura della procedura concorsuale, il Tribunale fallimentare, sulla scia della valutazione operata dal curatore provvisorio, pronuncia una sentenza dichiarativa, con la quale formalmente dà inizio alla procedura di insolvenza (Eröffungsbeschluss). La sentenza contiene altresì la nomina del curatore assumendo, di regola, il curatore provvisorio la veste di curatore definitivo.

Inoltre, con l'apertura della procedura di insolvenza, ai sensi dell'art. §80 InsO., vengono trasferiti i poteri di amministrazione e di disposizione dei beni già costituenti il patrimonio del debitore in capo al curatore.

Parimenti a quanto accade nel diritto italiano, dal momento dell'apertura della procedura di insolvenza tutte le procedure esecutive promosse dai creditori nei confronti del debitore sono vietate e comunque inefficaci (§89 InsO). Ulteriore conseguenza è la perdita delle facoltà di amministrazione e di disposizione dei beni, che passa dal debitore al curatore fallimentare, a far data dalla dichiarazione della procedura; di conseguenza spetta altresì al curatore fallimentare la legittimazione processuale attiva e passiva del soggetto interessato dal concorso, in relazione ai beni assoggettati alla procedura.

Infine, giova rilevare che rientra tra gli obblighi del curatore definitivo quello di redigere una relazione circa la capacità commerciale ed economica del debitore e prospettare un piano di insolvenza volto al risanamento dell'azienda, ovvero alla sua liquidazione, che dovrà essere sottoposto all'approvazione dell'adunanza dei creditori (§ 159 InsO).

Peraltro, la legge tedesca conferisce al curatore un'ampia discrezionalità circa le modalità di realizzazione dei beni già facenti parte del patrimonio del debitore al fine di procurare la maggiore liquidità possibile in capo alla procedura, potendo questi liberamente alienare i beni dell'azienda senza alcun vincolo (anche attraverso la vendita all'asta) e senza dover ricorrere all'autorità giudiziaria per essere autorizzato.

Queste didascaliche premesse in ordine alla procedura di insolvenza nell'ambito del diritto tedesco, sono ovviamente strumentali ai fini dell'analisi degli effetti della dichiarazione di insolvenza sulle domande relative alle privative industriali (marchi e brevetti) in corso al momento dell'avvio della predetta procedura.

In tal senso, è chiaro che, al pari di quanto già visto per l'Italia, i marchi e i brevetti di cui il soggetto dichiarato insolvente risulti titolare, saranno assoggettati anche nel diritto tedesco alla procedura collettiva.

In effetti, come si è poc'anzi riferito, se il Tribunale dell'insolvenza dichiara l'apertura della procedura, il debitore viene spogliato della facoltà di amministrazione e di disposizione dei beni interessati dalla procedura, compresi i diritti di marchio e dei brevetti registrati, così come i diritti di godimento relativi a un marchio e un brevetto. Tali diritti, ai sensi dell'art. §80 InsO, passano al curatore dell'insolvenza, che sostituisce il debitore sia nell'amministrazione che come parte nei giudizi che riguardino i beni del debitore.

La facoltà di amministrazione del curatore rispetto ai beni del soggetto dichiarato insolvente si estende, inoltre, anche alle procedure di registrazione e brevettazione pendenti dinanzi al Deutches Patent und Markenamt (DPMA), ovvero l'Ufficio Brevetti e Marchi Tedesco.

In effetti, il curatore fallimentare ha il compito di esaminare e decidere se continuare una procedura di brevettazione/registrazione per preservare, o meno, la potenziale privativa industriale. Tale scelta, come si è già più volte affermato, non verrà operata nell'interesse del debitore/richiedente, bensì nell'interesse del ceto creditorio, nella prospettiva di massimizzare i profitti ricavabili dalla procedura concorsuale.

Si è visto, altresì, come questo compito non sia semplice, poiché richiede un bilanciamento tra la capacità patrimoniale dell'insolvente per affrontare i costi della procedura di registrazione/ brevettazione, con le prospettive di profitto che dalle privative possano trarsi (sia nell'ipotesi di vendita, che di continuazione dell'attività di impresa).

Tale bilanciamento è talvolta difficile da conciliare con i tempi di cui alla procedura di brevettazione/ registrazione, che spesso richiedono l'assunzione di decisioni in tempi ristretti, nonché l'adempimento di termini perentori.

In tal senso, nemmeno nel diritto tedesco il testo della legge sui marchi o quello sui brevetti prevedono una disciplina puntuale circa le modalità di prosecuzione dell'iter di concessione delle privative industriali, nel caso in cui il richiedente sia impedito nel proseguire la procedura a seguito dell'avvio di una procedura di insolvenza.

Ciò ha portato la dottrina e i practitioners tedeschi a ricercare una soluzione in via analogica, ovvero ricavata dal coordinamento tra le disposizioni delle leggi sul marchio e il brevetto con quelle del Inolvenzordnung.

In particolare, gli artt. §99 PaG e §82 MarkenG sanciscono il principio secondo cui, relativamente ai procedimenti dinnanzi al Tribunale Federale dei Brevetti (Bundespatentgericht, BpatG), si applicano le disposizioni del codice di procedura civile (Zivilprocessordnung, ZPO) per tutto quanto non specificamente disciplinato.

Il riferimento si applica, secondo la sua testuale formulazione, ai soli procedimenti dinanzi al BPatG, mentre per le procedure dinanzi all'Ufficio Brevetti e Marchi Tedesco (DPMA), non vi è alcun riferimento corrispondente alle disposizioni del codice di procedura civile.

Per effetto del rinvio operato dalle norme tedesche sui marchi e brevetti alle disposizioni del codice civile, la dottrina fa leva sul contenuto dell'art. §240 ZPO (che prevede, l'interruzione della procedura dei procedimenti pendenti dinanzi ai tribunali civili, allorquando sia stata avviata una procedura di insolvenza nei confronti di una delle parti del giudizio), per concludere circa l'interruzione dei giudizi pendenti relativi a un marchio o un brevetto, in ragione dell'avvio di una procedura di insolvenza nei confronti del titolare.

A conferma di quanto detto, la Corte Federale di Cassazione tedesca (BGH), con la sentenza BGH, GRUR n. 394/1995, ha dichiarato, ai sensi dell'art. 240 ZPO, l'interruzione di una procedura relativa alla dichiarazione di nullità di un brevetto pendente dinanzi il BpatG, in considerazione dell'avvio di una procedura di insolvenza nei confronti di una delle parti del giudizio

Sulla scorta di tale conclusione, alcuni autori si sono interrogati circa la possibilità di applicare la regola (art. §240 ZPO) analogicamente anche ai procedimenti pendenti dinanzi all'Ufficio Brevetti e Marchi Tedesco (DPMA).

Secondo questi autori la risposta non può che essere positiva, poiché la sussistenza dei requisiti per il ricorso all'analogia deriva dalla forte similitudine dei procedimenti giudiziali con quelli di concessione di un marchio o di un brevetto dinanzi al DPMA.

In effetti, la ratio dell'art. §240 ZPO è quella di accordare al curatore dell'insolvenza un lasso di tempo sufficiente affinché possa valutare l'opportunità di proseguire un processo o meno, senza dover correre il rischio di incorrere nella perdita dei diritti. Questa ratio ricorre anche nei procedimenti dinanzi al DPMA, per cui il divario normativo sarebbe da considerare ingiustificato, laddove non fosse possibile ricorrere all'applicazione analogica del summenzionato articolo.

Nonostante le ragioni che spingono la dottrina a propendere per l'estensione del disposto di cui all'art. 240 ZPO anche ai procedimenti dinanzi al DPMA, la prassi tedesca, sia giurisprudenziale che dell'Ufficio Marchi e Brevetti (DPMA), non si è mostrata pacifica al riguardo, adottando piuttosto soluzioni in senso opposto.

In tal senso, giova dare conto della sentenza del 11/03/2008, ZB 5/07 (Sägeblatt) emessa dalla Corte Federale di Cassazione (BGH), con la quale il X Senat della BGH ha annullato la decisione resa dal BPatG che, applicando analogicamente l'art. §240 ZPO ai procedimenti dinanzi al DPMA, aveva disposto la sospensione del termine per il pagamento delle tasse annuali di mantenimento di un brevetto. Per giungere ad una siffatta conclusione, la Corte ha fatto leva sulla diversità di natura delle norme coinvolte. Nello specifico, la Corte aveva evidenziato che il pagamento delle tasse di rinnovo è un presupposto sostanziale per l'esistenza del diritto stesso, posto dalla legge sui brevetti, mentre, per contro, l'art. §240 ZPO si riferiva agli aspetti procedurali di quei diritti sostanziali.

A seguito di ciò, il Presidente dell'Ufficio Brevetti e Marchi Tedesco (DPMA) ha emesso una risoluzione (Mitteilung n. 20/08), affermando la non applicabilità dell'art. §240 ZPO ai procedimenti dinanzi al DPMA, al fine di uniformare la prassi dell'Ufficio al disposto della sentenza “Sägeblatt” poc'anzi illustrata.

Tale decisione non è stata, tuttavia, accolta positivamente da molti interpreti tedeschi, che vedono nell'interruzione della procedura, ai sensi dell'art. §240 ZPO, lo strumento legale idoneo a tutelare gli interessi del titolare della privativa industriale dichiarato insolvente.

Nell'ambito dei marchi, le soluzioni adottate dalla giurisprudenza sono oscillanti.

In effetti, mentre per quanto riguarda la sospensione del termine del pagamento delle tasse di rinnovo di un marchio, la giurisprudenza (si veda, BPatG, Sentenza del 28.05.2008, n. 28 W (pat) 215/07) si è mantenuta ferma nell'affermare la non applicazione analogica dell'art. §240 ZPO, non altrettanto è stato fatto per i procedimenti volti alla cancellazione di un marchio. In quest'ultima ipotesi, il Bungespatentgerich ha ritenuto applicabile la norma in questione, attesa la presenza di contraddittorio all'interno di tale procedura, assimilabile quindi ai giudizi civili.

Pertanto, nell'ambito del diritto tedesco, non parrebbe possibile ritenere interrotta la procedura di brevettazione o di registrazione delle domande di un marchio o un brevetto pendenti al momento dell'avvio di una procedura fallimentare, laddove il termine si riferisca al pagamento delle tasse per il rinnovo o manutenzione delle relative privative. Analoga soluzione si applicherebbe nel caso di procedimenti senza contradditorio, c.d. ex parte (es. la domanda di esame ovvero il rapporto di ricerca). Laddove, invece, i termini delle procedure siano connessi a procedimenti caratterizzati dalla presenza di contraddittorio, c.d inter partes (es., cancellazione, opposizione), sarebbe possibile applicare analogicamente la regola di cui all'art. §240 ZPO, stante l'evidente similitudine del procedimento dinanzi al DPMA con quello civile.

In conclusione

In conclusione, laddove al momento della dichiarazione di dissesto vi siano ancora pendenti domande di registrazione di un marchio o di brevettazione, si impone la necessità di coordinare le disposizioni facenti parte della disciplina industriale e fallimentare, al fine di scongiurare decadenze nei diritti di proprietà industriale.

Il panorama è più confortante nell'ambito della registrazione (dinanzi all'EUIPO) o di brevettazione (dinanzi all'UBE), poiché sia la Convenzione sui Brevetti Europei, che il Regolamento Europeo sul Marchio dell'Unione Europea apprestano uno strumento legale al richiedente impossibilitato di continuare nei relativi procedimenti di registrazione in ragione dell'avvio di una procedura collettiva nei suoi riguardi, consistente nella possibilità di dichiarare l'interruzione dei relativi procedimenti. Tuttavia, non mancano problemi di interpretazione giuridica, legati alla circostanza che, malgrado la similitudine del testo normativo, UBE e EUIPO hanno adottato nella sostanza prassi discostanti.

La situazione è invece meno confortante nell'ambito nazionale (procedimenti dinanzi all'UIBM), poiché non è stata espressamente prevista la possibilità di interrompere il procedimento di fronte all'intervenuto fallimento del richiedente. Tale vuoto normativo impone al richiedente (o curatore), le cui domande di registrazione e brevettazioni pendano al momento della dichiarazione di dissesto, di ricorrere all'interpretazione analogica; la possibilità di ritenere interrotto il procedimento di registrazione e brevettazione, di fronte all'impossibilità giuridica di agire del richiedente, a causa dell'avvio di una procedura fallimentare nei suoi confronti, deriva dal combinato disposto degli artt. 42, comma 1, l.fall (perdita della capacità processuale), 42, comma 3, l.fall (facoltà di rinunciare all'acquisizione) e 43, comma 1, l.fall (i giudizi pendenti devono proseguire nei confronti del curatore).

Nel tentativo di delineare una soluzione per il trattamento della sorte delle domande pendenti, di fronte all'intervenuta dichiarazione di insolvenza, potrebbe valutarsi la soluzione accolta dall'esperienza tedesca.

Guida all'approfondimento

EUROPEAN PATENT OFFICE, Travaux Préparatoires EPC 1973, Regola 90.

In dottrina sul tema: FORMIGGINI A., Il fallimento e i diritti sui beni immateriali, Riv.dir. civ., II, Cedam, Padova, 1956; FRANCESCHELLI R.M, Trattato di Diritto Industriale, Parte Generale, Volume secondo, Giuffré, Milano, 1960; GUGLIELMUCCI L., G. Diritto Fallimentare, quinta edizione Giappichelli, Torino, 2012; SCHULTE, R., Patentgesetz mit EPÜ, Ed. Carl Heymanns Verlag, Köln 2014; UBERTAZZI L. Commentario Breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e Concorrenza, quinta edizione, Cedam, Padova, 2012; ZANICHELLI V., La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008.

Sulla natura giuridica dello spossessamento si veda : NIGRO A., VATTERMOLI D., Diritto della crisi delle Imprese. Le procedure concorsuali, Terza edizione, Il Mulino, Bologna, 2014

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