Le principali questioni sull'ammissibilità di un piano del consumatore individuale o c.d. “di gruppo”

Elisabetta Russo
30 Marzo 2018

Viene depositata presso il Tribunale di Novara una proposta congiunta di composizione della crisi da sovraindebitamento ai sensi dell'art. 12-bis L. n. 3/2012 da parte di un nucleo familiare composto da due coniugi e il figlio. Il piano prevede il versamento periodico di rate corrisposte mediante lo stipendio mensile e la pensione dei genitori per un periodo di quattro anni, in assenza di ulteriori garanzie.
Il caso

Viene depositata presso il Tribunale di Novara una proposta congiunta di composizione della crisi da sovraindebitamento ai sensi dell'art. 12-bis L. n. 3/2012 da parte di un nucleo familiare composto da due coniugi e il figlio. Il piano prevede il versamento periodico di rate corrisposte mediante lo stipendio mensile e la pensione dei genitori per un periodo di quattro anni, in assenza di ulteriori garanzie.

Il Tribunale, vagliati i requisiti formali e sostanziali, dichiara inammissibile la proposta sotto più profili, primo tra tutti, l'assenza di idonea divisione delle masse attive e passive dei patrimoni dei proponenti quale indefettibile presupposto per l'accoglimento di un piano del consumatore c.d. di gruppo. Le ragioni di tale diniego riposano, inoltre, nell'assenza di alcun apporto da parte del figlio, impossidente e inoccupato, con la conseguente assunzione da parte dei genitori di tutti i debiti “familiari”, cointestati e non.

Ulteriori profili di inammissibilità del piano riguardano: l'assoluta incapienza dei redditi ai quali non si accompagna la prestazione di alcuna valida garanzia; la durata del piano dilazionata in quattro anni, anche per i creditori privilegiati non integralmente soddisfatti, in violazione dell'art. 8, comma 4, l. n. 3/2012; la lesione del principio della garanzia patrimoniale generale di cui all'art. 2740 c.c., nella parte in cui non prevede la messa a disposizione di tutti i beni dei debitori in favore del ceto creditorio; l'assenza del requisito della meritevolezza degli istanti.

Proposta impugnazione ex art. 12-bis, comma 5, l. n. 3 /2012, il collegio, pur condividendone alcuni dei motivi, rigetta il reclamo, rilevando l'inammissibilità di un piano di gruppo privo di una puntuale distinzione delle masse attive e passive dei patrimoni dei proponenti, che preveda il pagamento ad opera soltanto di alcuni istanti di debiti facenti capo ai restanti, non accompagnato da idonea attestazione in ordine al valore dei beni oggetto di garanzia, e infine, del tutto carente sotto il profilo della c.d. meritevolezza.

Le questioni giuridiche e le possibili interpretazioni

a) ammissibilità di un piano che preveda l'offerta parziale del patrimonio del debitore

I due provvedimenti brevemente richiamati impongono una riflessione su diverse tematiche sollevate dalla l. n.3/2012 con riferimento alla procedura di cui all'art. 12-bis.

In merito al contenuto del piano, occorre domandarsi se, per garantire l'adempimento delle obbligazioni del debitore, sia necessario cedere ai creditori il patrimonio integralmente.

Sul punto, si sono distinte due tesi contrapposte: una, più restrittiva (accolta dal giudice reclamato), che ritiene che laddove non vengano offerti tutti i beni del debitore risulterebbe inevitabilmente lesa la garanzia patrimoniale sancita dall'art. 2740 c.c.; una seconda, sostenuta da altra giurisprudenza di merito, alla quale si allinea il Tribunale di Novara, di contrario avviso.

In favore di quest'ultima, che si ritiene maggiormente condivisibile, possono essere svolte alcune considerazioni.

Innanzitutto, non appare convincente il primo argomento richiamato nel decreto collegiale fondato sul dato testuale dell'art. 8, che nel prevedere la soddisfazione dei creditori “attraverso qualsiasi forma”, in analogia alla disciplina dettata in materia di concordato preventivo dall'art. 160 l.fall., fa riferimento ai mezzi di soddisfacimento dei creditori (quali: cessione di beni e di crediti, accollo, datio in solutum, etc.) e non anche alla quantità dei beni offerti come, invero, sembra sostenersi in seno al provvedimento di impugnazione.

Può dirsi, invece, che la garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. trovi nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento una facoltà di deroga che si giustifica alla luce della ratio ispiratrice dell'intera disciplina. Lo scopo di siffatta legislazione è quello di contemperare l'interesse del creditore all'esatto adempimento, con quello del sovraindebitato alla ristrutturazione della propria esposizione debitoria complessiva. In particolare, il legislatore, con il piano del consumatore, riservando tale meccanismo alla persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha voluto porre un freno a quelle posizioni debitorie occasionate dal cosiddetto credito al consumo e allineare la legislazione italiana alle direttrici degli ordinamenti extra nazionali in materia di sovraindebitamento, senza, tuttavia, che tale opportunità si traducesse in uno strumento volto ad aggirare la normativa civile preesistente.

Riferendoci all'oggetto della garanzia di adempimento delle obbligazioni del debitore, è necessario richiamare l'art. 7 della l. n. 3/2012 nella parte in cui prevede che “i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione”.

Tale norma nella misura in cui consente la falcidia di beni o diritti oggetto della causa di prelazione, da un lato, costituisce una deroga al principio della garanzia patrimoniale, dall'altro, ben si concilia con il disposto di cui al secondo comma dell'art. 2740 c.c. laddove ammette limitazioni della responsabilità nei casi previsti dalla legge.

È bene ricordare, invero, che la deroga di cui si è detto è soltanto potenziale, in quanto la norma per rendere ammissibile la falcidia, onera l'organismo di composizione della crisi di depositare una relazione con lo scopo di illustrare ai creditori e al Tribunale il valore di mercato realisticamente ricavabile a prezzi di realizzo in caso di liquidazione.

Ulteriori strumenti predisposti per effettuare detta valutazione consistono nelle diverse tipologie di criteri che vanno adottati a seconda dei beni e diritti da stimare e che variano anche in considerazione della procedura adottata, nonché del tipo di prospettiva liquidatoria. Nell'alveo di tale valutazione, sicuramente non va trascurato il fattore temporale, dovendosi necessariamente tenere conto dei tempi richiesti dalla liquidazione; per tale ragione, la stima dovrà essere effettuata con riferimento non al momento attuale, ma a quello in cui il valore verrà presumibilmente realizzato.

Se il legislatore ha espressamente derogato al principio di cui all'art. 2740 c.c. in materia di crediti muniti di privilegio, a maggior ragione può ritenersi che tale deroga abbia, nell'ambito della procedura di cui all'art. 12 bis l. n. 3/2012, portata generale, consentendo, dunque, di propendere per la conclusione che non è condizione necessaria per l'ammissibilità della proposta di piano l'offerta in favore dei creditori di tutti i beni del debitore sovraindebitato. Tale rilievo, non solo ben si concilia con la già menzionata ratio perseguita dal legislatore, ma può essere ricavato implicitamente dal disposto degli artt. 14 ter e ss. l. n. 3/2012 che prescrivono in modo inequivocabile la liquidazione di tutti i beni del debitore. Tale esplicita menzione si giustifica, anche in questo caso, in ragione della ratio della liquidazione, che trova maggiore affinità con la procedura fallimentare in quanto finalizzata prevalentemente alla tutela del ceto creditorio diversamente, invece, dal piano che, più similmente al concordato preventivo, contempera tale esigenza con il già richiamato interesse del debitore alla composizione della crisi con liberazione e ristrutturazione della propria posizione.

Queste considerazioni di carattere generale devono necessariamente essere calate all'interno del caso concreto, ove sarà necessario valutare la fattibilità della proposta tenendo sempre presente il valore di realizzo dell'alternativa liquidatoria e soprattutto verificare che i beni offerti, pur rappresentando una porzione del patrimonio del debitore, siano idonei a realizzare il menzionato bilanciamento di interessi. Inoltre, se tale valutazione nella procedura di accordo di composizione della crisi viene rimessa al ceto creditorio che è chiamato ad esprimere la propria posizione mediante il voto, nel caso del piano del consumatore è demandata al giudice che svolgerà, quindi, un'attenta quanto profonda indagine anche sul comportamento dell'istante.

b) l'ineluttabilità delle garanzie

Sempre con riferimento al contenuto del piano, l'altra questione lambita dai due provvedimenti in esame si riferisce alla prestazione di garanzie quale presupposto di ammissibilità di qualunque proposta presentata al giudice.

Anche in questo caso, appare condivisibile la pronuncia del collegio che non ravvede la necessarietà di una garanzia per la fattibilità di un piano i cui strumenti di pagamento consistono nello stipendio e nella pensione, che, in qualità di crediti futuri, non aggiungono alcun fattore di rischio ulteriore rispetto all'alea propria di questo tipo di credito.

In senso conforme a tale giudizio, è appena il caso di ricordare che gli artt. 7 e 9 della l. n. 3/2012, contenenti gli elementi in assenza dei quali non può procedersi all'omologazione del piano, si riferiscono alle “eventuali garanzie”, consentendo quindi la formulazione di piani del tutto privi di queste ultime e ricollegando la necessità della loro prestazione alle ipotesi in cui in assenza sarebbe impossibile valutare la fattibilità del piano, essendo gli strumenti di soddisfacimento dei creditori del tutto incerti.

c) l'ammissibilità di un piano c.d. di gruppo

Ulteriore questione trattata dal Tribunale di Novara e che costituisce il punto nodale della proposta, attiene all'ammissibilità del piano di gruppo presentato dagli istanti.

Sebbene la legge n. 3/2012 nulla disponga sul punto, tanto la dottrina, quanto la giurisprudenza si sono interrogate sulla proponibilità di un piano c.d. di gruppo nell'ambito della procedura di sovraindebitamento.

Si è guardato innanzitutto alla disciplina prevista in materia di concordato preventivo. Diverse pronunce della Suprema Corte hanno declinato tale possibilità adducendo la lesione della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. come risultato inevitabile della fuoriuscita dal patrimonio del debitore di beni destinati al soddisfacimento di crediti altrui con il conseguente pregiudizio dei creditori personali.

Recentemente la Cassazione ha confermato tale posizione affermando che “l'attuale sistema del diritto fallimentare, in particolare per quanto attiene al concordato preventivo, non conosce il fenomeno, non dettando alcuna disciplina al riguardo” (Cass. 20559/2015) e che in ogni caso elemento imprescindibile è l'autonomia della masse attive e passive (Cass. n. 19014/2017).

Coerentemente all'identità di ratio che accomuna il concordato con il piano del consumatore, può, allo stato, in assenza di un'espressa previsione di legge sul punto, ritenersi astrattamente ammissibile una proposta unitaria, ma basata su distinti piani collegati, e sempre nel rispetto delle particolarità proprie della procedura di sovraindebitamento.

Alla luce di tali peculiarità, la proponibilità di siffatta proposta di gruppo dovrà essere subordinata al rispetto di condizioni, tanto di natura soggettiva, quanto oggettiva.

In riferimento alle prime, imprescindibile è il possesso della qualifica di consumatore di ciascuno dei proponenti: tutti quanti dovranno avere contratto obbligazioni non riferibili all'attività commerciale, imprenditoriale o artigianale eventualmente svolta, assicurando, pertanto, il rispetto dei requisiti di accesso comuni alle procedure di cui alla l. n. 3/2012.

Per quanto attiene, invece, all'aspetto contenutistico, la proposta dovrà necessariamente distinguere le masse attive e passive del patrimonio di ciascun consumatore.

Il fenomeno che si vuole evitare è il pregiudizio delle ragioni dei creditori personali dei proponenti che verrebbero lese dalla fuoriuscita dal patrimonio del proprio debitore di beni destinati al soddisfacimento dei creditori degli altri componenti del gruppo. Tale conseguenza risulterebbe, infatti, in evidente spregio del principio della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c., nonché delle regole della cristallizzazione dei debiti e dell'autonomia patrimoniale che permeano trasversalmente tutte le procedure concorsuali alle quali possono equipararsi quelle di cui alla l. n. 3/2012 , come confermato nel testo della riforma ad oggi redatto.

Se da un lato viene riconosciuta al sovraindebitato la possibilità di elaborare una proposta mediante la quale soddisfare anche parzialmente i propri creditori e con le modalità ritenute più opportune, quindi offrendo qualsiasi mezzo e soltanto parte delle proprie sostanze, tale libertà non può spingersi sino al punto di determinare la confusione tra i patrimoni dei singoli istanti; per tale ragione, la presentazione di una proposta di gruppo è ammissibile, allorquando l'impianto collettivistico si riferisca, piuttosto che al contenuto, all'aspetto procedurale convogliando all'interno di un unico procedimento le istanze di più debitori appartenenti, come nel caso di specie, allo stesso nucleo familiare, e soprattutto allorquando i diversi soggetti siano debitori solidali e/o proprietari di beni in comunione.

Occorre, comunque, che ciascun proponente partecipi attivamente al soddisfacimento dei propri creditori con mezzi personali (ovvero offerti da terzi), anche nell'ipotesi in cui si tratti di debiti in solido con altri familiari.

Infatti, nel caso in cui la proposta non preveda la liquidazione di un bene cointestato, l'effetto esdebitatorio sarà limitato al debitore in solido offerente, non estendendosi, invece, al familiare cointestatario che non offra nulla ai creditori, e ciò in forza dell'art. 12-bis, comma 3, nella parte in cui sancisce che “l'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso”.

Le esigenze generali di semplificazione ed economicità delle procedure perseguite nella legge delega n. 155/2017 per la riforma delle discipline della crisi dell'impresa e dell'insolvenza, hanno spinto a consentire la presentazione di un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento per i membri di una stessa famiglia, a condizione, tuttavia, che le masse attive e passive rimangano distinte.

d) la falcidia dei crediti privilegiati e la moratoria

Introducendo il quarto tema di indagine relativo alla possibile falcidia dei creditori privilegiati, mentre il provvedimento collegiale del Tribunale di Novara riferisce il difetto di ammissibilità del piano all'inattendibilità della relazione dell'OCC, il giudice monocratico lo incentra, invece, sulla violazione dell'art. 8, comma 4, della l. n. 3/2012.

Le due decisioni sembrano rispecchiare gli orientamenti formatisi in merito a detta norma: se il giudice monocratico dimostra di aderire all'indirizzo favorevole ad un'interpretazione restrittiva della disposizione in forza della quale si ammette un pagamento dilazionato oltre l'anno purché il credito venga soddisfatto mediante la liquidazione del bene sul quale insiste la prelazione, il collegio, invece, abbraccia una tesi meno rigida ammettendo, oltre alla moratoria, un pagamento dilazionato in più anni anche nell'ipotesi in cui il bene sia escluso dal piano.

Il Tribunale, richiamando il contenuto dell'art. 7 della l. n. 3/2012 nella parte in cui dispone che “i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione (…)”, passa ad analizzare il profilo del contenuto necessario dell'attestazione del professionista.

L'articolo richiamato ripropone, sostanzialmente, la disciplina prevista in materia di concordato preventivo con riferimento all'analisi prescritta al professionista, tenuto alla relazione di cui all'art. 161, comma 3, l.fall., quale condizione stessa di ammissibilità della procedura.

La norma onera, infatti, l'organismo di composizione della crisi di depositare una relazione attestativa con il fine ultimo di rendere edotti i creditori e il Tribunale del valore di mercato realisticamente realizzabile in caso di liquidazione.

Ancora più influente allo scopo di valutare la convenienza e la sostenibilità della falcidia è l'individuazione dei criteri di valutazione dei beni e dei diritti che vanno scelti diversamente in relazione alla tipologia di procedura adottata. Il legislatore, non prevedendo alcuna indicazione sul punto, ha lasciato un ampio margine di valutazione al professionista designato.

La giurisprudenza di merito (Trib. Napoli, 21.10.15), muovendo dall'insegnamento delle Sezioni Unite in materia di concordato preventivo (sent. n. 1521/2013), ha ritenuto che l'atto dell'OCC “è definibile come rappresentativo non di fatti, ma espressivo di una prognosi di esito positivo corredato da un adeguato supporto motivazionale”, sottolineando “la necessità di adeguare l'impostazione teorica alla peculiarità della procedura di sovraindebitamento ed in particolare, al caso in esame nel quale si è in presenza di un consumatore che non chiede l'accordo, ma l'omologazione del Piano”.

In definitiva, aderendo a quanto affermato nel provvedimento collegiale, per il vaglio di ammissibilità del piano appare necessaria un'attestazione dell'OCC che, in relazione al caso concreto, offra tutti gli elementi necessari per determinare, sia pure con una valutazione prognostica, il probabile effettivo valore di mercato del bene oggetto di garanzia, ovvero il concreto soddisfacimento del creditore garantito nell'ipotesi di liquidazione del bene anche al fine di evitare “un inammissibile sovvertimento dell'ordine dei privilegi con violazione dell'art. 2741 cod. civ.”.

e) il giudizio sulla meritevolezza

Da ultimo, il collegio dichiara l'inammissibilità del ricorso atteso il giudizio negativo in ordine alla meritevolezza degli istanti poiché hanno assunto obbligazioni nella consapevolezza della probabile incapacità di potervi adempiere, e soprattutto, guardando al reddito dell'intero nucleo familiare; tale circostanza va valutata alla luce dell'art. 12-ter, comma 3, legge n. 3/2012, nella parte in cui dispone che l'organo giudicante accerti l'assunzione dei debiti del consumatore in relazione alle proprie capacità patrimoniali.

Si tratta, come a più riprese osservato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, di un “accertamento in negativo”, all'esito del quale il giudice ritiene che quello prospettato sia un caso di sovraindebitamento “incolpevole”. In questo concetto possono sicuramente rientrare tutti i casi in cui il consumatore rimanga vittima di un'evenienza economica avversa o di uno sfortunato accadimento che ha inciso in modo imprevedibile sulla sua capacità reddituale, e che dovrà, ad ogni modo, documentare accuratamente.

Sul piano contenutistico, l'organo giudicante dovrà domandarsi se il consumatore abbia assunto le proprie obbligazioni nella ragionevole consapevolezza di poterle adempiere. In questa prospettiva, il giudice dovrà compiere una valutazione che si spinge ben oltre la verifica dell'assenza di atti in frode ai creditori e che sarà ancora più pregnante e rafforzata nel caso in cui la procedura scelta sia quella di cui all'art. 12 bis della legge n. 3/2012, non dovendo la proposta essere sottoposta al voto dei creditori.

Sin dall'entrata in vigore del testo normativo, la dottrina ha tentato di individuare i parametri di diligenza da seguire nel giudizio di meritevolezza, onde scongiurare, da un lato, il rischio di un'interpretazione troppo stringente che porti a ritenere inammissibile qualsivoglia proposta che non nasca da accadimenti sopravvenuti ed imprevedibili, dall'altro, un accesso troppo ampio e, quindi, svincolato alla procedura che determini la sistematica violazione del principio della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c..

Detta valutazione, rilevante ai fini dell'ammissibilità del piano, impone al giudice di prendere in considerazione tutte le informazioni fornite, in modo da avere una visione chiara e completa della condotta complessiva del debitore e delle ragioni che hanno causato il sovraindebitamento.

La meritevolezza va valutata mediante il ricorso al criterio della prognosi postuma, ossia accertando in concreto ed ex ante (id est, al momento dell'assunzione delle singole obbligazioni) la capacità di adempimento del consumatore, tenuto conto della complessiva esposizione debitoria, nonché della capacità reddituale non solo attuale ma parametrata all'intera durata del rapporto, tenendo in considerazione il coefficiente probabilistico di sopravvenienza di circostanze che incidano in negativo su detta capacità (ad esempio, riduzione delle entrate a seguito di pensionamento).

L'attitudine del debitore all'adempimento, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale di Novara, deve essere parametrata alla situazione reddituale dell'intero nucleo familiare al momento dell'assunzione dell'obbligazione, potendo legittimamente influire sulla capacità di pagamento del consumatore la disponibilità di altre fonti di sostentamento provenienti dalla famiglia, potendo allo stesso modo comprometterla la loro improvvisa cessazione (es. licenziamento o morte del coniuge).

Tali considerazioni trovano conferma nel testo della riforma, sia laddove si indica espressamente il reddito dell'intero nucleo familiare come parametro della valutazione in ordine alla capacità del debitore (al netto di quanto necessario al mantenimento della sua famiglia), sia allorquando è prevista come causa di inammissibilità del piano la determinazione della situazione di sovraindebitamento “con grave colpa”, quest'ultima da intendersi come la prevedibilità dell'impossibilità di adempiere l'obbligazione già al momento del suo sorgere.

Guida all'approfondimento

In dottrina, fra molti, S. De Matteis e N. Graziano, Casi e Questioni di sovraindebitamento; R. Bocchini, Profili civilistici della disciplina del sovraindebitamento del consumatore; Antonio Caiafa, Diritto della crisi delle imprese, il fallimento e le altre procedure concorsuali; Di Marzio-Macario-Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovra indebitamento; E. Pellecchia, dall'insolvenza al sovraindebitamento. Interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti; E. Pellecchia, Composizione delle crisi da sovraindebitamento: il “piano del consumatore” al vaglio della giurisprudenza, in Diritto civile contemporaneo. In giurisprudenza, cfr. Trib. di Napoli, 21 ottobre 2015; Trib. di Cagliari, 11 maggio 2016; Trib. di Monza, 4 maggio 2016; Trib. di Napoli, 27 ottobre 2016; Trib. Palermo, 31 gennaio 2017.

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