La clausola di earn-out nell’aumento di capitale

Giancarlo Maniglio
03 Aprile 2018

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano (massima n. 170 del 7 novembre 2017) ha ritenuto applicabile all'aumento di capitale sociale una clausola tipica di un SPA (sale and purchase agreeement): la clausola di earn-out.

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano (massima n. 170 del 7 novembre 2017) ha ritenuto applicabile all'aumento di capitale sociale una clausola tipica di un SPA (sale and purchase agreeement): la clausola di earn-out.

Accade, infatti, che nei contratti di cessione di aziende o di partecipazioni societarie compaiano clausole di rettifica del prezzo di vendita per effetto delle quali il corrispettivo subisce una variazione, in aumento o in diminuzione, in funzione di prestabiliti obiettivi economico-patrimoniali e/o finanziari futuri, quali, ad esempio, il MOL, il fatturato, etc. Tali clausole vengono spesso applicate nei casi in cui il venditore continui a gestire la società oggetto di compravendita anche nei periodi successivi al trasferimento dell'azienda.

Il medesimo principio si è ritenuto applicabile anche all'aumento di capitale sociale a pagamento con conferimento di bene in natura, prevedendo, al momento della deliberazione, che in un momento successivo alla sottoscrizione, al verificarsi di determinati presupposti (es: risultati economici dell'azienda conferita o della società) vengano attribuite al conferente un numero di azioni superiore rispetto a quelle emesse al momento della conclusione del contratto di sottoscrizione.

Pertanto, a seguito della medesima delibera di aumento di capitale sociale si potrà avere una prima emissione di azioni derivante dalla normale sottoscrizione e liberazione dell'aumento da parte del socio e una seconda emissione di azioni a titolo di earn-out subordinata al verificarsi di determinati presupposti e scadenza di un determinato termine, sempre a favore del medesimo socio.

La massima prosegue, distinguendo a seconda che la società abbia in circolazione azioni con valore nominale espresso o prive del valore nominale (o con valore nominale inespresso).

Nel primo caso la relazione di stima del bene in natura (ex art. 2343 o art. 2343-ter c.c.) dovrà attestare che il valore di quanto conferito sia almeno pari all'ammontare dell'aumento di capitale sociale comprendente anche l'importo derivante dall'earn-out.

Nel secondo caso, invece, la deliberazione potrebbe disporre la sola variazione del numero di azioni di compendio dell'aumento di capitale, mantenendo fermo l'importo dell'aumento di capitale (con conseguente riduzione della parità contabile delle azioni precedentemente emesse), senza necessità della ulteriore «copertura» da parte della relazione di stima.

La differenza tra azioni con o senza valore nominale è rilevante anche con riferimento alla valutazione di eventuali perdite di periodo ex artt. 2446 e 2447 c.c. che avendo, eventualmente, eroso tutte le riserve, potrebbero impedire, in caso di azioni con valore nominale espresso, l'adozione della seconda delibera di aumento di capitale sociale, destinato ad essere coperto da quella parte della perizia che avesse compreso l'importo dell'earn-out.

In caso di azioni prive del valore nominale, invece, venendo meno la correlazione tra i tre parametri (capitale sociale, numero azioni e valore nominale) si determinerebbe solamente un aumento del numero delle azioni senza l'aumento del capitale sociale.

La massima, infine, ritiene possibile prevedere, già al momento della delibera di aumento di capitale sociale, la possibilità da parte del sottoscrittore di ottenere un numero di azioni superiore rispetto a quelle assegnate subordinatamente però al verificarsi di condizioni “soggettive” inerenti ciascun sottoscrittore, premiando, eventualmente, la sua fedeltà alla società ovvero la mancata alienazione delle azioni per un determinato periodo di tempo (c.d. bonus shares).

In entrambi casi (aumento con earn-out o con bonus shares) la commissione società del consiglio notarile di Milano precisa che, in caso di aumento di capitale sociale con esclusione del diritto di opzione ai sensi dell'art. 2441, comma 6, c.c., la relazione degli amministratori e il parere di congruità del collegio sindacale (rinunciabili con il consenso unanime dei soci) indipendentemente dalla circostanza che le azioni abbiano o non abbiano valore nominale, dovranno comunque prendere in considerazione, da un lato, il numero massimo di azioni da emettere, comprensivo di earn out o bonus shares, e dall'altro l'intero controvalore in natura (earn out) o il prezzo (bonus shares) complessivamente destinato a liberare l'aumento, così restando adeguato il prezzo di emissione anche al caso della più elevata, eventuale, emissione azionaria.

Un aspetto da considerare è se le azioni a titolo di earn-out o bonus shares devono avere le medesime caratteristiche di quelle già emesse a seguito della prima delibera o possono essere dotate particolari prerogative (si pensi alle azioni postergante nelle perdite, privilegiate, riscattabili etc.)

La massima fa riferimento ad “azioni ulteriori”, lasciando aperta la possibilità che vengano emesse anche azioni di categoria speciale. Riterrei, pertanto, che nulla osti a che l'assemblea preveda che le azioni da emettere a titolo di earn-out o di bonus shares abbiamo delle caratteristiche diverse rispetto a quelle già emesse a seguito della prima delibera di aumento di capitale sociale, prevedendo, per esempio l'assegnazione di azioni con senza diritto di voto o con voto limitato a particolari argomenti ovvero in caso contrario azioni privilegiate nella ripartizione di utili.

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