Concordato con continuità aziendale e contratti con la pubblica amministrazione

Fabio Signorelli
04 Aprile 2018

Dal coordinamento della disciplina fallimentare e di quella dei contratti pubblici si può affermare che nel concordato con continuità aziendale, nella fase c.d. in bianco, i contratti stipulati rimangono sospesi fino all'intervenuta autorizzazione del tribunale, mentre nella fase post ammissione i contratti già stipulati proseguono nella loro esecuzione se il piano è accompagnato da un'attestazione sulla conformità del contratto al piano e sulla ragionevole capacità di adempimento dello stesso.
Massima

Dal coordinamento della disciplina fallimentare e di quella dei contratti pubblici si può affermare che nel concordato con continuità aziendale, nella fase c.d. in bianco, i contratti stipulati rimangono sospesi fino all'intervenuta autorizzazione del tribunale, mentre nella fase post ammissione i contratti già stipulati proseguono nella loro esecuzione se il piano è accompagnato da un'attestazione sulla conformità del contratto al piano e sulla ragionevole capacità di adempimento dello stesso.

Per il caso in cui s'intendano stipulare nuovi contratti o partecipare a nuove procedure di affidamento, nella fase c.d. in bianco, l'impresa, il cui ricorso per concordato preventivo con continuità aziendale sia accompagnato da un'adeguata disclosure sulle linee del piano, può partecipare a nuove procedure d'affidamento, previa autorizzazione del tribunale, che dovrà raccogliere il parere dell'organo commissariale il quale è tenuto ad esprimere un giudizio sulla convenienza per il ceto creditorio della partecipazione alla procedura pubblica, mentre nella fase post ammissione è necessario, di regola, richiedere l'attestazione di un professionista sulla conformità del contratto al piano e sulla ragionevole capacità di adempimento del debitore nonché l'avvalimento a tutela non solo della pubblica amministrazione ma anche dell'impresa stessa e soprattutto del suo ceto creditorio.

Il caso

Una società operante, in piena continuità aziendale, nelle costruzioni di infrastrutture pubbliche e private, avendo presentato un concordato prenotativo ed essendo ancora pendenti i termini per il deposito del piano concordatario, chiedeva con urgenza l'autorizzazione, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall., a stipulare contratti di affidamento a seguito di aggiudicazione definitiva di una serie di commesse pubbliche ed alla prosecuzione di tutte le attività già intraprese con riferimento alle procedure competitive relative alle gare in relazione alle quali era sorto contenzioso con altro partecipante alla medesima procedura. Il Tribunale, dopo aver compiuto un'analitica ricognizione delle norme fallimentari e di quelle relative al codice dei contratti pubblici, spesso in contrasto fra loro, ha proposto una lettura congiunta e coordinata delle predette normative, offrendo una soluzione giurisprudenziale che tiene conto dei postulati normativi del codice degli appalti e dei principi normativi della legge fallimentare, negli ultimi anni particolarmente attenta a garantire strumenti di negoziazione e composizione della crisi aziendale, finalizzati alla valorizzazione ed al mantenimento della continuità aziendale.

La questione e le soluzioni giuridiche

Innanzitutto il Tribunale, enumerando, sinteticamente, i provvedimenti legislativi che hanno portato alla codificazione del concordato con continuità aziendale mediante l'introduzione degli artt. 186-bis e 182-quinquies, unitamente alle modifiche apportate all'art. 182, comma 5, l. fall., che consentono una cessione dell'azienda in qualsiasi fase della procedura, valorizzando i principi direttivi della ormai famosa legge-delega per la riforma delle discipline della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui alla L. 19 ottobre 2017, n. 155 ed, in particolare, l'art. 6, lettera i) (“… integrare la disciplina del concordato con continuità aziendale, prevedendo (…) che tale disciplina si applichi anche nei casi in cui l'azienda sia oggetto di contratto d'affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato”), prende decisa posizione a favore dell'orientamento giurisprudenziale che considera compatibile l'affitto d'azienda con la continuità aziendale, ritenendo l'affitto d'azienda sempre come strumento-ponte decisivo per garantire provvisoriamente la continuità dell'impresa, preservandone i valori sia sotto l'aspetto produttivo che sociale al fine di cederla a terzi (per un'attenta disamina delle opposte correnti di pensiero secondo le quali i) continuità aziendale e affitto d'azienda si porrebbero in rapporto di reciproca esclusione perché il concordato con continuità aziendale implica una sopportazione del rischio d'impresa che farebbe capo al solo affittuario, ii) – in senso diametralmente opposto – l'attività imprenditoriale non cessa ma anzi prosegue in modo non dissimile dalla allocazione dell'azienda in via definitiva, considerando irrilevante il soggetto che la conduce).

Passando all'analisi comparata delle norme fallimentari e di quelle previste dal codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50) il Tribunale precisa che queste ultime trovano applicazione con riferimento alle procedure e ai contratti per le quali i bandi di gara o avvisi con cui si indìce la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore, ossia il 19 aprile 2016.

Poiché l'analisi delle singole norme giuridiche interessate e il loro coordinamento sono stati fatti in modo chiaro ed esemplare nel decreto in commento e, comunque, riassunte nelle due massime in epigrafe, sarà sufficiente, per quanto possibile e compatibilmente con ragioni di spazio, soffermarsi sul ragionamento logico-giuridico per scegliere un'opzione piuttosto che un'altra, avendo bene in mente che il Tribunale ha inteso ricercare la migliore soluzione possibile per tutelare, da un lato, la continuità aziendale di imprese in crisi, senza perdere di vista il principio fondamentale della tutela dei creditori concorsuali e, dall'altro, l'interesse pubblico all'esecuzione dell'opera nel rispetto dei principi di economicità, efficacia e tempestività, come previsto dall'art. 4 codice appalti.

Bisogna andare con ordine.

1) Per quanto concerne i contratti in corso con la pubblica amministrazione nella fase in bianco, la lettura coordinata dell'art. 186-bis, comma 3, primo periodo, l. fall. e art. 110, comma 4, codice appalti, suggerisce che i predetti contratti non si risolvano ma rimangano sospesi fino all'autorizzazione del Tribunale (e non del giudice delegato, in forza del rimando all'art. 169-bis) e la loro esecuzione comunque avvenuta in assenza di tale autorizzazione possa essere considerata efficace, salva successiva ratifica del tribunale medesimo.

2) Per i contratti in corso con la pubblica amministrazione nella fase post ammissione, la lettura coordinata dell'art. 186-bis, comma 3, secondo periodo, l. fall. e dell'art. 110, comma 3, lett. b), codice appalti, permette di affermare che i contratti già stipulati proseguono nella loro esecuzione se il piano è accompagnato da un'attestazione sulla conformità del contratto al piano e sulla ragionevole capacità di adempimento dello stesso, e di tale continuazione potrà beneficiare anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano stati trasferiti. Il Tribunale precisa di ritenere l'attestazione di conformità quale giudizio di coerenza della prosecuzione del contratto rispetto al piano concordatario, con particolare riferimento alla correlazione tra prosecuzione e flussi dalla stessa generati, mentre per ragionevole capacità di adempimento l'insussistenza di ragioni ostative alla capacità del debitore di far fronte alle obbligazioni assunte nei confronti della stazione appaltante. Armonizzando la previsione di cui all'art. 110, comma 3, lett. b), codice appalti, il Tribunale non ritiene necessaria l'autorizzazione del giudice delegato, essendo questa immanente nel provvedimento di ammissione del concordato preventivo da parte del Tribunale, il cui compito è appunto quello di effettuare un'analisi motivazionale tecnico-logica-giuridica coerente e corretta dell'attestazione del professionista incaricato.

3) In relazione alla partecipazione a nuove procedure nella fase in bianco, il Tribunale, dopo aver precisato che nonostante il codice degli appalti (art. 110) nulla preveda in proposito, si pone in consapevole contrasto con l'orientamento della giurisprudenza amministrativa che riteneva ostativa all'assegnazione degli appalti la circostanza che l'impresa non fosse stata ancora ammessa al concordato, ma si trovasse, appunto, nella fase in bianco (Cons. Stato, 14 gennaio 2014, n. 101; T.A.R. Roma, 4 giugno 2014, n. 5901, in Foro amm., 2014; T.A.R Valle d'Aosta, 18 aprile 2013, n. 23, in Foro amm., 2013). Il decreto in commento, infatti, valorizza nuovamente le prospettive di risanamento aziendale sottese alla ratio della (nuova) previsione legislativa di cui all'art. 186-bis, comma 4, l. fall., nella convinzione che un'implicita sua abrogazione andrebbe in assoluta controtendenza rispetto al trend giurisprudenziale e all'atteggiamento di favore per soluzioni negoziate della crisi incentrate sulla conservazione dell'impresa (Cons. Stato, 27 dicembre 2013, n. 6272; T.A.R. Trento, 24 maggio 2017, n. 179, in Foro amm., 2017; Trib. Trento, 30 gennaio 2017, in questo portale, 9 marzo 2017), per tacere del fatto che nessuna norma del nuovo codice degli appalti abroga espressamente il predetto art. 186-bis, comma 4, l. fall.. Dunque, il Tribunale di Bolzano giunge alla conclusione che nella fase preconcordataria o in bianco, l'impresa, il cui ricorso per concordato preventivo con continuità aziendale sia accompagnato da un'adeguata disclosure sulle linee del piano, può partecipare a nuove procedure d'affidamento, previa autorizzazione del Tribunale, che dovrà raccogliere il parere dell'organo commissariale il quale è tenuto ad esprimere un giudizio sulla convenienza per il ceto creditorio della partecipazione alla procedura pubblica.

4) Infine, per quanto concerne la partecipazione a nuove procedure nella fase post ammissione, dalla comparazione delle norme di cui all'art. 186-bis, comma 5, l. fall., all'art. 110, comma 3, lett. a) e art. 110, commi 4 e 5 codice appalti, emerge che la normativa sugli appalti pubblici appare certamente meno rigorosa di quella fallimentare, posto che l'avvalimento è imposto solo nei due casi specifici di cui al comma 5 del predetto art. 110 codice appalti (e comunque su richiesta facoltativa dell'ANAC), mentre non è prevista l'attestazione del professionista, richiamata dall'art. 186-bis, comma 5, l. fall.. Il Tribunale di Bolzano, ribaditi i principi sottesi al decreto in parola, e cioè la valorizzazione della continuità aziendale in uno con la tutela del ceto creditorio e l'interesse pubblico, ritiene di dover condividere la tesi più rigorosa, ovverossia la necessità della relazione del professionista e dell'avvalimento, motivandola solamente con la necessità di rispetto dei postulati dettati dalla legge fallimentare che, in quanto lex specialis,prevarrebbe senz'altro sul codice degli appalti, non senza aver fatto notare che sia la relazione del professionista sia l'avvalimento sono considerati entrambi baluardi non solo a tutela della pubblica amministrazione ma anche dell'impresa stessa e, soprattutto, del suo ceto creditorio, che in tal modo non potrà essere esposto a richieste di risarcimento danni, sempre di natura prededucibile.

Quale considerazione conclusiva, il Tribunale fa giustamente notare che, una volta terminata la procedura di assegnazione di cui all'art. 32 codice appalti, è necessario verificare se per dare esecuzione al contratto stipulato con la pubblica amministrazione sono necessarie ulteriori autorizzazioni rispetto a quelle raccolte nella procedura di partecipazione, secondo lo schema già tratteggiato, come nello specifico caso di partecipazione a procedure di assegnazione nella fase in bianco ed esecuzione del contratto nella fase post ammissione, proponendo un ultimo schema riassuntivo al quale, per brevità, si rimanda.

Infine, il Tribunale, sciogliendo un ultimo dubbio interpretativo relativo all'applicabilità del delineato quadro normativo all'affitto d'azienda con riferimento all'art. 186-bis l. fall. che contempla solo la cessione d'azienda o il suo conferimento in società di nuova costituzione, muovendo dalle disposizioni contenute nell'art. 106, comma 1, lett. d), n. 2, codice appalti, che riguarda l'ipotesi di mutamento del contraente privato in una serie praticamente onnicomprensiva d'ipotesi, e coordinandole con l'art. 2558 c.c. che prevede la regola della successione dei contratti anche in caso d'affitto d'azienda, giunge alla conclusione di ritenere applicabile il subentro da parte dell'affittuario alla partecipazione ed esecuzione dei contratti con la pubblica amministrazione, sempre che quest'ultimo soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione dello stesso codice degli appalti pubblici. Non v'è dubbio alcuno che quest'ultimo e, in particolare, l'art. 106 in parola, sia non solo maggiormente coerente con la disciplina del codice civile in tema di modifiche societarie, ma in sintonia con il nuovo corso relativo alle vicende del contratto pubblico e apertura di una procedura concorsuale a carico del concorrente.

In conclusione

Il decreto del Tribunale di Bolzano in esame risulta certamente interessante sia per l'analisi comparatistica tra lex specialis fallimentare e codice dei contratti pubblici sia per l'accuratezza delle soluzioni giurisprudenziali offerte nel tentativo di portare ad unità normative tra loro ontologicamente diverse e, spesso, fonte di contrasti giurisprudenziali. Il risultato, coerente sul piano interpretativo, è altrettanto condivisibile nel metodo, perché scevro da forzature e funambolismi, risultando una efficace sintesi volta, come già detto, alla valorizzazione della continuità aziendale, alla tutela del ceto creditorio e dell'interesse pubblico.

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