Smarrimento della cartella clinica: le conseguenze ricadono sul medico e sulla struttura sanitaria
05 Aprile 2018
IL CASO I genitori di una minore convengono dinnanzi al Tribunale di Pinerolo l'Azienda Ospedaliera e due medici per chiedere il risarcimento dei danno patrimoniali e non patrimoniali ritenendo che a causa della non conformità ai criteri di diligenza professionale del loro operato , oltre a non essersi risolta la patologia di mal occlusione dentale della figlia, era conseguito un peggioramento della sua condizione clinica. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello rigettano la domanda attorea ritenendo non provato il nesso eziologico tra le varie terapie cui la minore era stata sottoposta ed il peggioramento del suo quadro clinico, ritenendo che tale obbligo probatorio incombesse sulla paziente. Il mancato assolvimento dell'onere probatorio risultava confermato dalla CTU espletata che non aveva fornito alcuna risposta ai quesiti posti in giudizio a causa dell'assenza di significativi riscontri documentali idonei ad orientare le indagini.
LO SMARRIMENTO DELLA DOCUMENTAZIONE CLINICA I genitori della danneggiata ricorrono dunque in cassazione, sulla base di quattro motivi, deducendo in particolare che la corte aveva errato nel non prendere in considerazione un fatto decisivo per il giudizio con riferimento a nesso causale, ossia lo smarrimento della documentazione clinica relativa alle terapie somministratele. La difettosa tenuta della cartella clinica non poteva assolutamente risolversi in suo danno, anche in considerazione del fatto che il giudice di prime cure aveva ordinato ex art. 210 c.p.c. l'ordine di esibizione della cartella clinica sia all'Azienda sanitaria che alla danneggiata, ordine che era però rimasto “senza esito”.
ONERE DEL MEDICO LA CORRETTA TENUTA DELLA CARTELLA CLINICA La Suprema Corte esamina congiuntamente i motivi e li dichiara fondati. In accoglimento dell'indirizzo prevalente dichiara che qualora non sia possibile giovarsi delle annotazioni contenute nella cartella clinica, gli effetti debbano essere addossati al professionista, conferendo alle omissioni di tenuta della cartella il valore di nesso eziologico presunto (Cass. civ. n. 11316/2003), oppure ravvisando un inesatto inadempimento, perché è obbligo del medico controllare completezza ed esattezza delle cartelle cliniche e dei referti allegati (Cass. civ. n. 1538/2010).
CONSENTITO IL RICORSO ALLE PRESUNZIONI La Corte ricorda che la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra condotta colposa e patologia accertata, ma consente il ricorso alle presunzioni, «come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell'onere della prova e al rilievo che assume a tal fine il già richiamato criterio della vicinanza della prova, e cioè la effettiva possibilità per l'una o per l'altra di offrirla» (Cass. civ., Sez. Un., n. 577/2008).
CIRCOSTANZA DI FATTO L'incompletezza della cartella clinica può dunque essere ritenuta una circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un nesso causale tra operato del medico e danno patito dal paziente. A questo fine si rileva però necessario «sia che l'esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa dell'incompletezza della cartella, sia che il medico abbia comunque posto in essere una condotta idonea a causare il danno» (Cass. civ. n. 12218/2015) incombendo sulla struttura sanitaria e sul medico la dimostrazione che non sia loro imputabile alcun inadempimento, o comunque che non sia stato causa del danno. Su di loro incombe il rischio della mancata prova. La Corte accoglie dunque il ricorso e rinvia gli atti alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione.
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