La nuova stagione della contrattazione decentrata
05 Aprile 2018
Breve excursus storico
La contrattazione aziendale o altrimenti detta “decentrata” nel nostro Paese ha trovato applicazione limitata a beneficio di una forte centralizzazione della contrattazione collettiva. La copertura ad ”ombrello” offerta dai CCNL ha assicurato standard minimi di trattamento economico e normativo nei vari settori produttivi. In altri termini, la gestione centralizzata del costo del lavoro ha consentito la pace sociale e politiche di sviluppo economico che potevano permettere incrementi salariali disgiunti da effettivi incrementi di produttività.
Tuttavia, a partire dall'inizio della grande crisi del 2008 le parti sociali sono intervenute sulla struttura della contrattazione collettiva allo scopo di favorirne il decentramento a favore della contrattazione aziendale per “rilanciare la crescita della produttività e quindi delle retribuzioni reali”, come recita il punto 3 dell'accordo interconfederale del 15 aprile 2009, che ha dato attuazione all'accordo quadro di riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009.
Anche nei successivi accordi interconfederali del 28 giugno 2011 e del 10 gennaio 2014 vi sono rimandi alla contrattazione aziendale per le “materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale di categoria” per arrivare sino ad ipotesi autonome, rispetto al contratto nazionale, in cui, con il contratto aziendale, si possono definire intese modificative delle disposizioni del contratto nazionale che riguardano “la prestazione lavorativa, gli orari e l'organizzazione del lavoro” per “gestire situazioni di crisi o interventi significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell'impresa". La situazione attuale
La recente “Carta delle relazioni industriali” di Federmeccanica invita le parti a muovere il confronto sindacale su tutta una serie di temi dal centro alla periferia, laddove vi si legge: “Se un tempo le imprese avevano una grande autonomia decisionale rispetto ai processi organizzativi, in primis sul lavoro, in virtù di una struttura verticale che poco risentiva delle contaminazioni esterne, oggi non è più così. La richiesta di prodotti sempre più personalizzati, le pressioni sempre più forti della competitività internazionale, le potenzialità offerte dalla tecnologia e l'ampliamento delle gamme di prodotti e servizi, rendono necessari nuovi modelli organizzativi. Modelli dinamici che abbiano nella prossimità il loro baricentro e nella flessibilità la propria leva operativa. Non possiamo immaginare di rispondere a una domanda sempre nuova con una organizzazione del lavoro uguale per tutte le imprese del settore. Tematiche come quelle degli orari di lavoro, delle modalità delle prestazioni, della mobilità interna e professionale devono poter essere gestite in termini rispondenti alla necessità di far fronte a esigenze diverse e mutevoli in tempi rapidissimi. All'interno di una cornice nazionale deve quindi muoversi un livello aziendale agile e aperto, che possa consentire alle imprese e ai lavoratori di sprigionare quella creatività indispensabile per affermarsi sul mercato. In questo scenario i moderni assetti contrattuali devono produrre un reale collegamento tra salari e produttività. Perché questo accada è necessario che gli incrementi salariali si determinino in azienda, ovvero là dove si produce la ricchezza”.
Il successivo “rinnovamento” del CCNL Metalmeccanico sottoscritto da Federmeccanica ed Assistal con Fim, Fiom e Uilm il 26 novembre 2016, ha sancito per quest'ultimo la diversa funzione di assicurare condizioni economiche e sociali inderogabili per tutti i dipendenti, mentre al contratto aziendale viene demandato il compito di prevedere normative in grado di cogliere le esigenze specifiche e distribuire la ricchezza solo quando si è prodotta. Per indirizzare in modo efficace la contrattazione di secondo livello verso questa direzione, viene introdotta una regola generale di assorbibilità, che incentiva il riconoscimento di incrementi retributivi variabili, mentre disincentiva gli incrementi fissi e quelli di natura individuale.
Sulla base di questa regola, gli incrementi individuali e quelli collettivi aziendali di natura fissa concordati dal 1° gennaio 2017 saranno assorbiti dagli eventuali incrementi dei minimi tabellari riconosciuti sulla base del contratto nazionale.
ll livello contrattuale aziendale acquista un ruolo rilevante anche sui temi dell'informazione e consultazione e della partecipazione dei lavoratori, per l'avvio delle iniziative sperimentali che dovranno essere attivate sulla base degli indirizzi formulati a livello nazionale da una commissione appositamente istituita dal nuovo accordo. Il livello aziendale avrà, inoltre, un ruolo importante per la gestione di tutti quei contratti di lavoro flessibile che, per espressa previsione del D. Lgs. n. 81/2015, possono essere disciplinati dai contratti di secondo livello. Viene confermata la centralità degli accordi aziendali anche sul tema dell'orario di lavoro: l'organizzazione dell'orario plurisettimanale spetta alle aziende, che avranno solo l'onere di esperire un esame congiunto con le rappresentanze sindacali unitarie e di concordare le modalità di recupero.
Anche in alcuni Paesi Europei si conferma questa tendenza alla “decentralizzazione” della contrattazione. Dati di fonte CEEMET (la Federazione Europea che riunisce le varie associazioni datoriali delle imprese metalmeccaniche) confermano come ad esempio in Danimarca i contratti collettivi nazionali in generale fissano esclusivamente i salari minimi dei dipendenti, mentre gli incrementi sono negoziati a livello aziendale. Stessa cosa avviene in Finlandia dove il legislatore promuovendo la competitività dei costi ed il miglioramento della produttività necessari alla competitività aziendale sul mercato, ha assecondato il principio della distribuzione della ricchezza in sede aziendale qualora prodottasi. Solamente nell'ipotesi residuale di un mancato accordo aziendale è previsto un incremento automatico delle retribuzioni pari all'1,1% (per l'anno 2018) a cui va sommato un ulteriore 0,5% a discrezione del datore di lavoro per un totale di 1,6%. In Germania con specifico riferimento al settore metalmeccanico, l'accordo con cui i “colletti bianchi” negoziano con “Unionen”, la più grande controparte del settore, gli incrementi salariali, non prevede alcun incremento bensì un rimando alla contrattazione aziendale che dovrà stabilirli sulla base delle performances prodotte in sede locale. Anche qui se non verrà raggiunto alcun accordo in sede aziendale è previsto un meccanismo automatico di incremento retributivo pari al 2% annuo sino al 31 marzo 2020. Infine in Francia la Nuova Riforma del Lavoro ha offerto maggiori spazi alla contrattazione aziendale affermando il principio secondo il quale l'accordo aziendale prevale sul contratto collettivo “settoriale”. In particolare a quest'ultimo vengono rimandate una serie di materie definite, come ad es. la regolazione dell'orario di lavoro, la regolamentazione delle forme di previdenza ed assistenza sociale, le pari opportunità, la regolamentazione dei contratti a tempo determinato etc. solo nell'ipotesi di assenza di un contratto aziendale che regoli dette materie. Le prospettive future
Ad avviso di chi scrive, l'avanzamento dei processi di digitalizzazione, unitamente ad un auspicabile sviluppo di forme e modalità di partecipazione dei lavoratori, offrirà una nuova visione del ruolo delle relazioni industriali perché considera che il modello del lavoratore/massa, caratterizzato da mansioni standardizzate e poca flessibilità nelle competenze, limitate a quelle routinarie, sarà sempre più marginale e destinato ad essere sostituito in larga parte dallʼautomazione grazie all'avvento delle novità apportate da Industry 4.0.
La nuova figura del lavoratore sarà caratterizzata da elevate competenze costruite attraverso percorsi formativi e lavorativi individuali e da flessibilità nei compiti e nelle mansioni. Si può quindi intuire che una struttura della contrattazione che privilegia il livello nazionale potrà non essere la più adatta a rappresentare le esigenze del lavoratore e dellʼimpresa nellʼIndustry 4.0 che meglio si sposano con una contrattazione decentrata a livello aziendale. La dimensione di contrapposizione probabilmente non sarà più la relazione dialettica dominante, in quanto non vantaggiosa per nessuno degli obiettivi delle parti. In questa dinamica si può immaginare altresì l'apertura dello spazio per una dimensione partecipativa delle relazioni industriali da sviluppare a livello aziendale, caratterizzata dallʼindividuazione del buon andamento dellʼimpresa come obiettivo comune ad entrambe le parti dove sarà necessario evolvere sempre più dal concetto di “retribuzione garantita”, e da mansioni fisse e rigidamente definite. In questo senso appare precorritrice ed innovativa l'esperienza sviluppata nell'ambito di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza che ha sottoscritto con Cgil, Cisl, Uil intese, sia per il territorio di Milano che per quelli di Monza e Brianza e Lodi in applicazione dell'Accordo Interconfederale 14 luglio 2016; quest'ultimo ha infatti previsto la possibilità di accordi territoriali per realizzare premi di risultato in aziende prive di rappresentanza sindacale (RSU o RSA), che, qualora rispondenti ai requisiti previsti dalla legge, possono altresì beneficiare delle agevolazioni fiscali. Dette imprese potranno quindi fare riferimento alle citate intese per l'istituzione di premi di risultato, con la possibilità di conversione in welfare aziendale e di usufruire dei benefici fiscali e contributivi previsti dalla Legge di Stabilità 2016 per questo tipo di erogazioni. I premi possono essere definiti per accordo in sede associativa con le OOSSLL ovvero anche decisi unilateralmente dall'impresa e da essa comunicati ai lavoratori, ad un apposito Comitato Sindacale di valutazione, nonché alla DTL (Direzione Territoriale del Lavoro). Il Comitato sindacale di valutazione, composto da un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni firmatarie dell'accordo territoriale, ha il compito di valutare (nel senso di esprimere valutazioni e non pareri vincolanti) sia la conformità dei premi ai contenuti dell'accordo territoriale, sia il grado di attuazione. Si tratta di un'importante innovazione per la diffusione di una logica di premi legati a risultati incrementali finalizzati a obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione che può contribuire al miglioramento della situazione economica delle imprese (in particolare quelle di piccola dimensione dove spesso è assente una rappresentanza sindacale) nonché del potere di acquisto dei lavoratori.
In conclusione si può affermare che diviene fondamentale, in una prospettiva di relazioni industriali condivise e partecipative in cui si rimettono al centro del confronto produttività delle imprese e redditi da lavoro, collaborazione e condivisione dei risultati nell'impresa, la qualità degli attori sociali.
Ad avviso di chi scrive sarà importante diffondere e consolidare questa cultura delle Relazioni Industriali sviluppando in modo particolare le competenze e le conoscenze necessarie per lo svolgimento di un ruolo di rappresentanza sindacale adeguato ai tempi attuali, allo scopo di incentivare una contrattazione aziendale coerente con le scelte nazionali e le specificità del settore in cui opera l'azienda. |