La responsabilità del curatore fallimentare per il reato di omesso versamento Iva

Ciro Santoriello
06 Aprile 2018

La vicenda da cui origina la decisione in commento offre l'occasione per riflettere su un tema che si affaccia di frequente nella prassi ovvero chi sia il soggetto penalmente responsabile per i reati tributari in tema di omesso versamento delle ritenute d'acconto o degli acconti Iva. Il problema ha ragione di porsi in quanto entrambi i predetti illeciti sono reati a consumazione istantanea ...
Massima

In tema di omesso versamento di ritenute certificate, in caso di dichiarazione di fallimento, con nomina del curatore fallimentare intervenuta prima del termine ultimo per effettuare il versamento Iva il legale rappresentante della società tenuto ad adempiere all'obbligo di versamento deve identificarsi nel curatore fallimentare e non nel precedente amministratore il quale perciò non può rispondere del relativo illecito penale, se non quale extraneus

Il caso

In un procedimento penale si contestava a un imprenditore la violazione dell'art. 10-bis d.lgs. 74 del 2000 in relazione all'omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta mod. 770, ritenute alla fonte relativi a emolumenti, risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti. Condannato in entrambi i gradi di merito, l'imputato innanzi alla Corte di cassazione evidenziava come la società di cui lui era amministratore e in relazione al quale era stato commesso l'illecito tributario, fosse, al momento in cui andava operato il versamento del tributo, fallita; orbene, posto che il reato di omesso versamento delle ritenute si consuma al momento della scadenza del termine annuale e considerato che a quella data, come detto, la società di cui l'imputato era legale rappresentante era stata dichiarata fallita, non vi era ragione per attribuire la responsabilità dell'illecito ad un soggetto che non aveva più la disponibilità delle somme che si sarebbero dovuti versare all'erario.

La questione

La vicenda da cui origina la decisione in commento offre l'occasione per riflettere su un tema che si affaccia di frequente nella prassi ovvero chi sia il soggetto penalmente responsabile per i reati tributari in tema di omesso versamento delle ritenute d'acconto o degli acconti Iva.

Il problema ha ragione di porsi in quanto entrambi i predetti illeciti sono reati a consumazione istantanea, che si perfezionano con il mancato versamento per un ammontare superiore a € 150.000 dell'imposta dovuta entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale (Cass. pen., Sez. unite, 28 marzo 2013, n. 37425, Favellato). In ragione di ciò la Cassazione, in precedenti occasioni, ha affermato che, avendo i reati in discorso carattere istantaneo e, dunque, perfezionandosi alla scadenza del termine di legge, l'apertura di una procedura concorsuale, in epoca successiva alla scadenza del debito erariale, è irrilevante ai fini dell'affermazione della responsabilità penale del rappresentante legale (Cass. pen., Sez. III, 16 dicembre 2015, n. 3541, Faranda) ma non si rinvengono precedenti con riferimento all'ipotesi in cui l'apertura della procedura concorsuale con conseguente spossessamento dalle mani precedente amministratore preceda il momento consuntivo del reato ovvero sia antecedente alla scadenza del termine di versamento dell'imposte (nella decisione viene citato un precedente – Cass. pen., Sez. III, 29 ottobre 2014, n. 5921, Galeano – ma lo stesso è decisamente inconferente rispetto al tempo in esame posto che la massima della suddetta decisione afferma che «non risponde del reato di cui all'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per difetto dell'elemento soggettivo, il liquidatore di società che, a fronte di istanza di fallimento già presentata anteriormente alla scadenza del termine per il pagamento dell'imposta, ometta di adempiere l'obbligazione tributaria nel legittimo convincimento, erroneo quanto alla circostanza fattuale del non ancora intervenuto fallimento, che il versamento violi la regola della par condicio creditorum di cui agli artt. 51 e 52 della legge fallimentare e integri, a determinate condizioni, il reato di bancarotta preferenziale»).

Le soluzioni giuridiche

Nella decisione in commento, la Cassazione perviene alla ineccepibile conclusione secondo cui qualora la procedura concorsuale, con nomina dei relativi organi da parte dell'autorità giudiziaria, intervenga prima dell'insorgenza dell'obbligo di versare le imposte e della scadenza per provvedervi, il soggetto tenuto a tale adempimento vada individuato (non nell'originale amministratore ma) nel curatore o nell'organo allo stesso equiparato, con una possibile responsabilità penale per il reato di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. 74 del 2000 del primo soggetto – ovvero dell'originario amministratore della persona giuridica – solo a titolo di concorso in qualità di extraneus nel reato (è da supporre) commesso dal curatore.

Insomma, leggendo questa decisione, assai frettolosamente motivata, parrebbe doversi concludere che secondo la Cassazione quando il termine della scadenza per il pagamento delle imposte interviene allorquando la società è stata dichiarata fallita o comunque sottoposta a procedura concorsuale, il relativo reato tributario derivante dall'omesso versamento del tributo debba essere riferito al titolare della procedura concorsuale, sia esso il curatore o il commissario giudiziale.

Osservazioni

Se davvero quella esposta da ultimo è la tesi sostenuta nella decisione, allora occorre essere molto critici nei confronti della stessa.

In primo luogo, essa si rivela insostenibile in termini generali, valevoli tanto per il reato di omesso versamento degli acconti Iva che delle ritenute d'acconto. La giurisprudenza infatti da tempo insegna che con riferimento ai reati di cui agli artt. 10-bise 10-ter d.lgs. 74 del 2000 «la situazione di colui che non versa l'imposta si risolve in una condotta, cosciente e volontaria, la quale, in modo progressivo, si articola, in un primo momento, con il mancato accantonamento delle somme trattenute e successivamente con l'omesso versamento mensile secondo le cadenze prevista dalla normativa tributaria ed infine con la prosecuzione della condotta omissiva fino al termine ultimo fissato dalla normativa penale»; insomma, secondo la Corte di legittimità, l'imprenditore, quando paga i suoi dipendenti o riceve le somme a titolo di Iva, deve contestualmente accantonare le somme da versare al fisco creando così la riserva economica per adempiere il suo obbligo tributario e di conseguenza, il mancato versamento del dovuto alla scadenza è ingiustificabile perché l'impresa le somme da versare al fisco le ha sicuramente ottenute.

È evidente, però, che con riferimento al curatore non può essere mosso un rimprovero avente a oggetto la porzione di condotta relativa al mancato accantonamento delle somme da destinare al pagamento del fisco, sicché la circostanza lo stesso non abbia pagato le imposte per mancanza di liquidità non è sufficiente a contestargli alcun illecito penale proprio perché la mancanza di liquidità non è conseguenza di una sua scelta ma dipende dal comportamento del precedente amministratore.

In secondo luogo, le conclusioni cui sembra pervenire la Cassazione in ordine alla responsabilità penale del curatore illeciti fiscali sono particolarmente non corrette con particolare riferimento all'omesso versamento delle ritenute di acconto.

All'uopo, è bene precisare che, nonostante la lettera della legge utilizzando l'espressione chiunque possa far pensare altrimenti, il reato in discorso è un reato proprio, potendo essere commesso solo dal sostituto d'imposta, quale soggetto legittimato in via esclusiva ad effettuare le ritenuta, a rilasciare la relativa certificazione ed a versare all'Erario quanto dovuto (in questo senso MASTROGIACOMO, cit., 90). La risposta al quesito inerente la possibile responsabilità del curatore va quindi individuata verificando se tale soggetto possa o meno essere inserito nel novero dei possibili soggetti attivi del reato.

Prima di affrontare in via diretta il tema, è bene individuare quali siano le ipotesi in cui un singolo soggetto, in virtù della sua posizione, sia obbligato a operare la ritenuta alla fonte.

Tali ipotesi sono agevolmente desumibili sulla base delle prescrizioni di cui al d.P.R. 600 del 1973 e, in particolare di quelle contenute nel Capo III di tale fondamentale testo normativo. In tale sede, l'obbligo di ritenuta è prescritto laddove vengano erogati: 1) redditi dei dipendenti (art. 23 d.P.R. 600/1973); 2) redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente secondo quanto dispone l'art. 50 del d.P.R. 917 del 1986 (art. 24 d.P.R. 600/1973); 3) redditi di lavoro autonomo e altri redditi (art. 25 d.P.R. 600/1973); 4) provvigioni inerenti rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e di procacciamento degli affari (art. 25-bis, d.P.R. 600/1973); 5) interessi e redditi di capitale (art. 26 d.P.R. 600/1973); 6) dividendi (art. 27 d.P.R. 600/1973); 7) compensi per avviamento commerciale e contributi degli enti pubblici (art. 28 d.P.R. 600/1973); 8) compensi ed altri redditi corrisposti dallo Stato (art. 29 d.P.R. 600/1973); 9) premi e vincite.

In tali circostanze, dunque, il soggetto che procede all'erogazione della somma deve operare sull'importo da corrispondere al singolo beneficiario del guadagno una ritenuta rappresentativa della (totale o parziale a seconda dei casi) somma che quest'ultimo deve versare all'Erario. In particolare, secondo quanto prescrive sempre il d.P.R. 600 del 1973, sono tenuti ad operare tale ritenuta: 1) le società, gli enti e le associazioni ed i condomini (art. 23 d.P.R. 600/1973); 2) le persone fisiche che esercitano imprese commerciali o agricole o arti e professioni (art. 23 d.P.R. 600/1973); 3) le regioni, le province i comuni e gli altri enti pubblici (art. 28 d.P.R. 600/1973); 4) l'amministrazione posta e gli istituti di credito (art. 26 d.P.R. 600/1973); 5) le amministrazioni dello Stato (art. 29 d.P.R. 600/1973).

Con riferimento alla fattispecie penale in discorso, inoltre, per individuare, nell'ambito delle strutture complesse, chi sia la persona fisica penalmente responsabile in caso di omesso versamento delle ritenute operate, occorre rifarsi all'art. 1 del decreto legislativo 74 del 2000, che indica, alle lett. c) ed e), come in relazione ad illeciti tributari commessi in relazione all'attività di persone giuridiche o enti e soggetti gestiti in forma associata, del reato risponda chi riveste la qualifica di amministratore, liquidatore o rappresentante.

Fatti questi brevi cenni introduttivi è possibile risolvere il quesito che interessa.

La risposta, riteniamo, debba essere assolutamente negativa e ciò tanto in relazione ai compensi corrisposti o vantati da professionisti, prestatori d'opera e lavoratori dipendenti nei confronti dell'impresa fallita, sia per i crediti vantati da professionisti e prestatori d'opera – consulenti, avvocati ecc. – nei confronti della massa fallimentare per incarichi ricevuti dal giudice delegato, nonché infine per gli stessi compensi al curatore.

In primo luogo, non inconferente pare il richiamo alla lettera dell'art. 23, comma 1, d.P.R. 600 del 1973, che non ricomprende in alcun modo il curatore fra i soggetti tenuti ad operare la ritenuta d'acconto dell'imposta sui redditi di lavoro (per questa osservazione SOANA, 100).

In secondo luogo, va considerato come da sempre la dottrina e la giurisprudenza (ex multis, Cass. civ., Sez. I, 8 settembre 1986, n. 5476; Cass. civ., Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606; Cass. civ., Sez. I, 13 gennaio 1996, n. 237) hanno escluso l'assoggettabilità a ritenuta dei compensi corrisposti al curatore e dal curatore, affermando che tale organo, anche nell'apprensione e gestione dei beni fallimentari, non è dante causa del fallito, agendo in sostituzione dei creditori interessati alla ricostruzione delle loro garanzie patrimoniali, con la conseguenza che il potere di amministrazione conferito al curatore dell'art. 31 della legge fallimentare è radicalmente diverso da quello in precedenza esercitato dall'imprenditore, ponendosi come momento di una procedura esecutiva e complessa.

È evidente come, anche dopo la reintroduzione della fattispecie di omesso versamento delle ritenute di acconto, queste conclusioni non debbano in alcun modo mutare di segno. La posizione del curatore, infatti, alla luce dei compiti e delle responsabilità a lui attribuite non può essere in alcun modo accostata a quella dei soggetti titolari, ex art. 23 d.P.R. 600 del 1973, dell'obbligo di versamento di trattenuta, né il rapporto che il curatore instaura con i dipendenti dell'impresa fallita può farsi rientrare in alcuna delle fattispecie considerate dagli artt. 23 e seguenti del medesimo d.P.R. 600 del 1973.

Solo in una ipotesi al quesito in parola è forse possibile rendere una risposta diversa. Parte della dottrina ritiene infatti che il curatore sia tenuto ad operare le ritenute d'acconto sui compensi pagati in caso di esercizio provvisorio dell'impresa, giacché in tali ipotesi egli eserciterebbe una vera e propria attività di gestione (In giurisprudenza, Cass. civ., Sez. I, 14 settembre 1991, n. 9606; Cass. civ., Sez. I, 29 dicembre 1995, n. 13156; Trib. bari – Gip, 23 novembre 1994, Fortunato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1995, 608): a nostro parere, però, anche nel caso di specie il curatore mantiene la sua qualifica di pubblico ufficiale e la sua attività è senz'altro connotata da un carattere pubblicistico, sì da svincolarsi dall'attività imprenditoria del fallito e da non essere perciò gravata dai medesimi adempimenti fiscali.

Guida all'approfondimento

ANNI, Mancanza nel curatore della qualità di sostituto d'imposta, in Fallimento 1996, 483; CADOPPI, I reati del curatore e dei suoi ausiliari, in Commentario Scialoja-Branca, a cura di BRICOLA, GALGANO, SANTINI, Bologna – Roma 1984, 165;

CAPUTI, Il nuovo delitto di omesso versamento di ritenute certificate, in Il Fisco, 2004, 39, 6620

DE COMPADRI F. – DE COMPADRI F., Il curatore fallimentare, Milano 1995, 48

MASTROGIACOMO, Il nuovo delitto di omesso versamento di ritenute certificate, in Il Fisco, 2004, 39, 6713;

QUATRARO – D'AMORA, Il curatore fallimentare, Milano 1999, 1152

SANTORIELLO, I reati del curatore, Padova 2002, 286

SOANA, Omesso versamento di ritenute certificate, in Rass. Trib. 2005, 90;

VERRI, Finanziaria 2005: è di nuovo reato l'omesso versamento di ritenute certificate, in Il Fisco, 2004, 40, 14598;

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