Crisi d’impresa, procedure di allerta e Non Performing Loans
10 Aprile 2018
Premessa
L'Indagine sul credito bancario nell'area Euro relativa al quarto trimestre del 2017 e sulle prospettive per il primo trimestre del 2018, pubblicata da Banca d'Italia il 23 gennaio 2018, evidenzia un, seppure modesto, aumento del cd. “Indice di restrizione dell'offerta di credito”, sia alle imprese sia alle famiglie. Per quanto è d'interesse per questo scritto, va dunque preso atto che il credito alle imprese rimane razionato, anche se la stessa Indagine mette in luce come, in entrambi i casi, l'aspettativa per il successivo trimestre – dunque, il primo del 2018 – è nel senso di un ammorbidimento delle condizioni applicate dalle banche all'offerta di credito. Sempre riguardo alle imprese, la domanda di credito proveniente dalle stesse è ancora in aumento (lo è, quasi ininterrottamente, dal secondo trimestre del 2012, con una sola flessione di rilievo tra il 2015 ed il 2016). La richiesta di credito delle imprese è principalmente connessa all'esigenza di finanziare gli investimenti fissi, le scorte e il capitale circolante, ed in minor parte connessa ad operazioni di fusione, acquisizione e ristrutturazione degli assetti societari; per contro, è in continua diminuzione la richiesta di credito diretta al rifinanziamento, alla ristrutturazione e alla rinegoziazione del credito.
In questa situazione macro-economica, che vede contrapporsi bisogno di credito bancario e contenimento dell'offerta creditizia, si collocano due gruppi di provvedimenti che voglio esaminare e mettere in correlazione tra loro per capire se essi possano giovare all'offerta di credito alle imprese in crisi, oppure invece la ostacolino e, in ultima analisi, se essi possano favorire o intralciare il sistema delle procedure di allerta che è uno degli assi portanti della progettata riforma fallimentare. Mi riferisco anzitutto, da un lato, alla riforma delle procedure concorsuali (resasi necessaria sia dalla Raccomandazione n. 2014/135/UE, sia dalla recente emanazione del Regolamento europeo sull'insolvenza transfrontaliera - Regolamento UE 15414/15) attuata con la L. 19 ottobre 2017, n. 155 “Delega al Governo per la riforma della disciplina della crisi d'impresa e dell'insolvenza”, che conferisce all'Esecutivo il potere di adottare uno o più decreti legislativi per riformare le procedure concorsuali, il sistema dei privilegi e delle garanzie e la disciplina della composizione delle crisi da sovrindebitamento (L. 27 gennaio 2012, n. 3 Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento); e, dall'altro, alle Linee Guida per le banche sui crediti deteriorati (NPL), emanate da Banca Centrale Europea nel marzo 2017, seguite dal recentissimo Addendum to the ECB Guidance to banks on Non-Performing Loans dell'ottobre 2017 e dalle Linee Guida di Banca d'Italia per le banche Less Significant in materia di gestione dei crediti deteriorati, dirette alle banche di minori dimensioni.
Quanto a questi ultimi tre provvedimenti, destinatari dei quali sono solo le banche, giova premettere come essi siano diretti a stimolare l'attenzione delle stesse sulle esposizioni ritenute con probabilità inadempienze (unlikely to pay), imponendo loro di tenere un approccio di “early warning” – ossia, di precoce individuazione delle stesse attraverso un altrettanto subitaneo riconoscimento della condizione di difficoltà finanziaria del debitore – e “forward looking”, ossia mirante ad individuare, grazie ai dati raccolti, le future ed attese perdite. La spinta da oggi ancor più richiesta al sistema bancario verso una precoce individuazione dei segnali di allerta; l'approccio prospettico richiesto; la sottoposizione della banca inadempiente a misure di vigilanza potrebbero, ragionevolmente, aumentare la possibilità che una posizione di debito venga più facilmente segnalata al sistema come inadempienza probabile, a tutto danno delle imprese. La riforma delle procedure concorsuali: tratti essenziali
La Riforma del diritto fallimentare auspicata dalla legge delega si è incentrata sui seguenti punti:
L'istituzione di un obbligo di allertare l'organo amministrativo circa ogni circostanza capace di compromettere la continuità aziendale (sono escluse da tale disciplina le grandi imprese, i gruppi di società e le imprese quotate in mercati regolamentati) risponde, evidentemente, alla scelta di spingere le imprese sane che si trovino in condizioni di difficoltà finanziaria a ristrutturarsi in una fase precoce per evitare l'insolvenza e proseguire l'attività, come recita la Raccomandazione n. 2014/135/UE, e fa leva sulla responsabilizzazione degli organi di controllo interno per quanto riguarda l'informativa contabile, in particolar modo quella riguardante le poste contabili maggiormente soggette a discrezionalità e più inclini alla falsificazione: si pensi, ad esempio, al magazzino o ai crediti. Le procedure bancarie di allerta e i nuovi criteri di gestione degli NPL
Nel marzo del 2017 BCE ha indirizzato alle banche una sorta di “sistemazione” delle migliori prassi in tema di “crediti deteriorati” (anche detti Non-Performing Assets, NPA), intesi come la somma delle esposizioni deteriorate e delle garanzie escusse.
Sono considerati crediti deteriorati quelli che soddisfano entrambi o anche uno solo dei seguenti criteri:
Nonostante l'attenzione sia rivolta particolarmente ai crediti deteriorati, ogni esposizione è compresa nell'ambito del provvedimento, dunque anche quelle non deteriorate (in bonis), a condizione che presentino un elevato rischio di deterioramento. Tra queste ultime vi rientrano le esposizioni sotto osservazione (“watch-list”) e quelle in bonis che siano state oggetto di concessioni (“forborne”). L'obiettivo del provvedimento è di rendere omogenea ed efficiente la gestione di tali esposizioni e di ridurne in modo sensibile l'ammontare nei bilanci delle banche. Esso deve essere inteso come uno “strumento di vigilanza” diretto a chiarire le aspettative dell'autorità creditizia competente (Banca centrale europea per le banche significative; Banca d'Italia per quelle meno significative) riguardo all'individuazione, gestione, misurazione e cancellazione degli NPL in settori non disciplinati o specificamente trattati da fonti normative (la più importante delle quali, a livello europeo, è il Regolamento di Esecuzione UE n. 680/2014 della Commissione, del 16 aprile 2014, che stabilisce norme tecniche di attuazione sulle segnalazioni degli enti ai fini di vigilanza; si veda, altresì, EBA, Final draft implementing Technical Standards on Supervisory reporting on forbereance and non-performing exposures under article 99(4) of Regulation EU No 575/2013 del 25 luglio 2013).
Il provvedimento di Banca Centrale Europea in esame s'indirizza agli enti creditizi significativi, sottoposti a vigilanza diretta della BCE nell'ambito del Meccanismo di Vigilanza Unica, mentre quello di Banca d'Italia a quelli di minor dimensione ed importanza. Entrambi riconoscono espressamente l'importanza del criterio di proporzionalità nell'applicazione delle sue previsioni in funzione della complessità operativa di ciascuna banca. Essi non hanno natura di atto normativo (il nome stesso di Linea Guida lo mette in luce) e non possono dunque dirsi, in senso stretto, vincolanti per i suoi destinatari. Questo significa che, sempre a stretto rigore, la banca che non lo rispettasse non potrebbe per ciò solo essere sanzionata. Ciò detto, si chiarisce però (a p. 6 delle Linee Guida di BCE per le banche significative; per quelle meno significativo, il recepimento del principio di proporzionalità emerge con sufficiente certezza da quanto riportato a pagina 2 del documento di Banca d'Italia) che le Autorità di vigilanza competenti “possono tuttavia richiedere alle banche di illustrare e motivare qualsiasi scostamento rispetto al loro contenuto”, e si aggiunge che “il regolare processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Preview and Evaluation Process, SREP) dell'MVU tiene conto di queste Linee Guida; in caso di non conformità possono intervenire misure di vigilanza”.
Il provvedimento di BCE è molto più elaborato e complesso di quello di Banca d'Italia e, pertanto, ad esso farò riferimento per la sua maggiore capacità di mettere in luce l'articolazione del pensiero della Vigilanza riguardo al tema degli NPL. Esso contiene indicazioni relative:
Tra gli indicatori di allerta riguardanti il debitore, ricordiamo i seguenti: i) aumento dei livelli di debito e garanzia reale in altre banche; ii) esposizioni scadute o altre categorie di esposizioni deteriorate in altre banche; iii) default del garante; iv) debito censito in centrale rischi privata; v) azione legale; vi) fallimento; vii) variazione della struttura societaria (fusioni, riduzione del capitale); viii) rating esterni assegnati e relative tendenze; ix) altre informazioni negative riguardanti i principali clienti/controparti del debitore/fornitore; x) tendenza negativa del rating interno; xi) assegni non pagati; xii) variazione significativa del profilo di liquidità; xiii) leva finanziaria delle passività (ad esempio capitale proprio/totale passività inferiore a 5% o 10%); xiv) numero di giorni scaduto; xv) numero di mesi di eventuale utilizzo dello scoperto/superamento dello scoperto; xvi) utili al lordo delle imposte/ricavi (ad esempio, rapporto inferiore pari all'1%); xvii) perdite continue; xviii) eccesso prolungato dello sconto di carta commerciale; xix) fondi propri negativi; xx) ritardo nei pagamenti; xxi) calo del fatturato; xxii) riduzione delle linee di credito relative a crediti commerciali; xxiii) riduzione inattesa di linee di credito inutilizzate; xxiv) tendenza negativa del punteggio comportamentale; xxv) tendenza negativa del rating o della probabilità di default.
Questo profilo della vicenda della gestione degli NPL s'intreccia poi intensamente con il tema delle “misure di concessione”, perché per individuarle adeguatamente occorre identificare in fase precoce i segnali di possibili difficoltà finanziarie future del debitore; alla valutazione delle riduzioni di valore e alla cancellazione degli NPL e, infine alla valutazione delle garanzie immobiliari. Conclusioni
Dato quanto detto fin d'ora, appare chiaro che condizione indispensabile per il successo del nuovo sistema teso a fare emergere tempestivamente la crisi è che i sistemi di allerta interna aziendale siano impostati su metodiche di rilevazione degli indicatori di criticità omogenee a quelle di allerta bancaria (EWI) o, almeno, non troppo diverse da quelle.
Tale obiettivo non può dirsi garantito dalla sola previsione dell'obbligo, in capo alle banche, di informare l'organo di controllo delle variazioni o revisioni negli affidamenti, quando disposte. In molti casi, infatti, tale comunicazione potrebbe preludere allo scivolamento dell'impresa verso una condizione d'irreversibilità della crisi, se non perfino esserne la causa adeguata. Un'attenta lettura dell'art. 17, poi, mette in chiaro che alla banca non è chiesto di cooperare per la riuscita del tentativo di precoce risanamento che l'attento debitore volesse intraprendere, fino al punto, magari, di rinunciare a tutelare il proprio credito in via giudiziale. Invero, ivi si afferma che l'obbligo informativo posto in carico all'istituto di credito è chiamato a contribuire alla “tempestività” delle segnalazioni all'organo amministrativo da rendersi, a cura dell'organo di controllo, quando questo riscontri “fondati indizi della crisi”. Nulla di più, come si evince anche dall'assenza di previsioni normative tese a “congelare” il normale potere della banca–creditrice di tutelare i propri diritti. Vi è da aggiungere poi che, con somma probabilità, la banca adempirà a quest'obbligo pensando che esso potrà produrre l'effetto di spingere il debitore a presentare domanda di costituzione dell'organismo di composizione della crisi (art. 19 Organismo di composizione della crisi della legge delega) e, a stretto seguire, di domandare la concessione delle “misure necessarie per condurre a termine le trattative in corso” (art. 23 Misure protettive della legge delega). Le ricadute macro-economiche dell'aggravamento delle condizioni di tutela del credito bancario sono note a tutti e da tutti condivise. Che, esse, siano oggi, dopo l'emanazione dei provvedimenti di Banca centrale europea e Banca d'Italia, ancor più sentite di prima è una delle ragioni di questo mio intervento. Ma non posso non segnalare che la giusta scelta del legislatore di non penalizzare il credito bancario ha finito, ingiustamente, per avvantaggiare il creditore-banca rispetto agli altri perché esso sarà quello che – grazie alla possibilità di eludere la rete di confidenzialità che avvolgerà il procedere dell'organismo di composizione della crisi (ripeto la mia convinzione che la segnalazione all'organo di controllo che alle banche viene imposta dall'art. 17 funge, nel contempo, per stare al tema, da early warning a vantaggio della stessa banca, che potrà presumere la prossima attivazione del tentativo di composizione della crisi) - riuscirà a prevenire gli effetti delle misure di protezione.
Ritornando al tema della omogeneità/disomogeneità delle procedure di allerta, è vero che impresa e banca condivideranno solo i dati provenienti dalle cosiddette “fonti esterne”; e che la banca userà, quali indicatori di allerta, anche dati non pertinenti al debitore ma al suo settore di appartenenza, ossia dati tendenzialmente trascurati dall'impresa e sottovalutati, almeno in genere, dagli organi di controllo.
Se, però, esaminiamo la gran mole d'indicatori di allerta provenienti da “fonti interne” e utilizzabili dal sistema bancario, ci rendiamo conto che ciò che distingue l'impresa debitrice dalla banca non è tanto il tipo di dati a disposizione – riguardando essi lo stesso debitore e, dunque, dovendo esso esserne a conoscenza ben prima della banca – quanto la loro aggregazione, elaborazione e, specialmente, direzione di utilizzo, perché nella banca, più che nel debitore, quei dati sono letti in chiave prospettica (ed ancor più lo sarà nel futuro) e sono interpretati in modo funzionale alla regola di prudente gestione, che non indirizza in ugual modo l'azione dell'impresa commerciale. È dunque alto, ma non auspicato, il rischio di mismatch tra i due sistemi, con un'attivazione di EWI da parte della banca prima della rilevazione dello stato di crisi infra-aziendale, così come il contrario. Se ciò è vero, resta ferma l'importanza – da anni segnalata dai più attenti osservatori dei rapporti banca-impresa ma, nei fatti, scarsamente coltivata - che migliori la qualità e la tempestività delle informazioni che le imprese elaboreranno, da accompagnarsi alla oramai litanica affermazione dell'esigenza di una graduale riduzione della centralità del finanziamento bancario a favore di un maggiore ricorso al mercato dei capitali. |