Omesso versamento INPS: il dolo deve sussistere al momento della condotta omissiva

La Redazione
11 Aprile 2018

I Giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 aprile 2018 n. 15786, hanno affermato che in caso di omesso versamento delle ritenute, il dolo sussiste al momento della condotta omissiva e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni commesse da altri.

In caso di omesso versamento delle ritenute, il dolo sussiste al momento della condotta omissiva e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni commesse da altri. È quanto hanno affermato i Giudici della Corte di Cassazione con la sentenza del 9 aprile 2018 n. 15786. La sentenza traeva origine dall'omissione dei versamenti all'INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti di un'azienda.

Secondo il ricorrente, la Corte d'Appello non avrebbe tenuto in considerazione la grave crisi di liquidità nella quale versava la società al momento dei fatti; situazione, però, evidenziata dalla stessa Corte in quanto «complessivamente verosimile alla luce dell'attuale contesto economico». Inoltre, il ricorrente evidenziava di essere un socio accomandatario: deteneva una quota di partecipazione in seguito alla morte del padre ma non si occupava della gestione della società.

Se il primo motivo di ricorso è parso ai Giudici generico (il dolo di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali è ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione economica difficile, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute all'erario) non così il secondo motivo, che è parso fondato.

Infatti, secondo la Corte, «l'obbligo del versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti grava nelle imprese collettive sul soggetto che secondo il tipo e l'organizzazione ha la responsabilità dell'impresa stessa o della singola unità produttiva». Nel caso in esame, l'imputato ricopriva la carica di socio accomandatario: la Corte territoriale aveva dedotto la sussistenza del dolo sulla base che egli fosse rimasto inerte di fronte alle violazioni contributive. «Si tratta di una motivazione errata – hanno concluso i giudici – in quanto il dolo, con riferimento al reato in esame, deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell'avviso di accertamento dell'INPS».

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