La riduzione d'ipoteca può essere chiesta in via d'urgenza
13 Aprile 2018
Massima
Qualora sia richiesta in via giudiziale la riduzione d'ipoteca per restrizione dei beni sui quali è avvenuta l'originaria iscrizione, è ammissibile il ricorso alla tutela in via d'urgenza, poiché siffatta riduzione - per un verso - non integra un'ipotesi di cancellazione parziale, essendo per converso riconducibile ad una vicenda modificativa del diritto reale di garanzia, e - per altro verso - esige la mera pronuncia con il provvedimento conclusivo del giudizio instaurato, che non necessariamente deve assumere la forma della sentenza, ben potendo identificarsi con l'ordinanza che definisce i procedimenti cautelari anticipatori. Il caso
Il giudice rimettente ha sollevato l'incidente di costituzionalità nell'ambito di un procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. con il quale il ricorrente ha richiesto, in via d'urgenza, la riduzione dell'ipoteca iscritta su plurimi immobili per un valore sproporzionato rispetto all'effettiva entità del credito garantito, anch'esso sub iudice in ragione della pendenza del relativo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Sicché il nodo giuridico affrontato dalla pronuncia in commento riguarda l'ammissibilità della tutela in via d'urgenza, per effetto dell'attivazione dello strumento cautelare atipico e residuale regolato dall'art. 700 c.p.c., allo scopo di ottenere la riduzione dell'ipoteca iscritta su determinati immobili, in ragione della notevole sproporzione tra il valore commerciale di questi ultimi e l'ammontare del credito garantito. Ove si ritenesse che anche la riduzione d'ipoteca, per restrizione ad alcuni dei beni sui quali l'ipoteca è stata all'origine iscritta, costituisca una forma di cancellazione, seppure parziale, gli artt. 2877, comma 2, e 2884 c.c. impedirebbero che, nel caso di cancellazione per riduzione, il giudice possa disporla con provvedimento cautelare d'urgenza, anziché all'esito di sentenza passata in giudicato. Nel caso in cui, per converso, si annoverasse la fattispecie della riduzione d'ipoteca per restrizione nell'ambito di una categoria a sé stante, qualitativamente eterogenea dalla cancellazione, gli articoli evocati non si applicherebbero e, all'esito, non sarebbe precluso il ricorso alla tutela cautelare. La questione
Segnatamente, il giudice a quo ha posto le seguenti questioni: se gli artt. 2877, comma 2, e 2884 c.c., nella parte in cui richiedono che anche la riduzione delle ipoteche per restrizione dell'iscrizione ad una parte soltanto dei beni gravati debba essere disposta con sentenza passata in giudicato, in base all'assunto secondo cui anche tale ipotesi di riduzione integrerebbe una forma di cancellazione, sia pure parziale, delle ipoteche, violassero a) l'art. 3 Cost., sul presupposto che le disposizioni censurate avrebbero determinato un'irragionevole disparità di trattamento con la disciplina della riduzione del pignoramento di cui all'art. 496 c.p.c., nel caso di sproporzione tra valore dei beni pignorati e importo delle spese e dei crediti da soddisfare, riduzione quest'ultima che può essere disposta con ordinanza ove sia avviato il processo esecutivo; nonché con la disciplina dell'inefficacia del provvedimento cautelare di cui all'art. 669-novies, comma 3, c.p.c., che prevede l'inefficacia del provvedimento cautelare ove nel giudizio di merito sia accertata con sentenza, anche non passata in giudicato, l'inesistenza del diritto a cautela del quale la misura interinale è stata emessa, sicché, a fronte della sovvertibilità degli atti che diano esecuzione ad una cognizione cautelare-sommaria per effetto di una cognizione piena di segno contrario, anche se non passata in cosa giudicata, l'attuazione di una non cognizione, qual è la mera volontà di iscrizione del creditore ipotecario, sarebbe stata sovvertibile solo mediante la res iudicata; b) l'art. 24 Cost., sul presupposto che l'esclusione dell'ammissibilità del procedimento cautelare per ottenere la riduzione delle ipoteche avrebbe privato il debitore avente diritto di una tutela rapida ed efficace avverso gli eventuali abusi posti in essere dal creditore ipotecario, venendo così esposto ai pregiudizi che possono discendere dall'iscrizione ipotecaria, come l'impossibilità di vendere nelle more i beni aggrediti, oltre che agli atti emulativi del creditore, volti a differire l'esito definitivo del giudizio. Analoghi dubbi di costituzionalità ha espresso sul punto in dottrina A. Ronco, Distonie tra cautele processuali ed extraprocessuali: in tema di restrizione e cancellazione di ipoteca, in Giur. It., 1996, pag. 10 (nota a sentenza).
Le soluzioni giuridiche
Con la sentenza n. 271 del 14 dicembre 2017 la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal tribunale di Padova in ordine agli artt. 2877, comma 2, e 2884 c.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., i quali rispettivamente stabiliscono che «Se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese del giudizio sono a carico del soccombente […]» e che «La cancellazione deve essere eseguita dal conservatore quando è ordinata con sentenza passata in giudicato […]», ritenendo, alla luce dell'interpretazione prevalente delle due disposizioni, che non sia precluso il ricorso alla tutela cautelare d'urgenza per ottenere, con provvedimento avente la forma di ordinanza, la riduzione delle ipoteche iscritte sui beni del debitore. In primo luogo, la Corte costituzionale ha disatteso l'eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha addebitato al rimettente l'omesso esperimento del tentativo di interpretazione della disposizione denunciata in modo conforme a Costituzione. Infatti, il giudice a quo – nel premettere che la definizione del procedimento cautelare ante causam instaurato davanti a sé sarebbe dipeso dall'interpretazione degli artt. 2877, comma 2, e 2884 c.c. – non ha mancato di prospettarsi, e di verificare, la possibilità di una lettura costituzionalmente orientata di tali disposizioni ed ha ritenuto di escluderla: soluzione, questa, la cui condivisibilità o meno attiene al merito (e cioè alla fondatezza o non), ma preclude, evidentemente, la chiesta declaratoria di inammissibilità delle questioni in esame. È stata altresì superata la possibile declaratoria di inammissibilità in ordine al profilo che segue. Quand'anche vi fosse stata adesione alla tesi fatta propria dal rimettente, secondo cui la riduzione per restrizione si sarebbe tradotta in una forma di cancellazione parziale, e - per l'effetto - si fosse reputato che anche tale fattispecie di riduzione avrebbe presupposto il passaggio in giudicato della sentenza che l'avesse disposta, in ogni caso, l'estensione all'istituto della riduzione d'ipoteca della disciplina del procedimento cautelare uniforme, per come strutturato, sarebbe potuta avvenire unicamente mediante un intervento legislativo opportunamente modulato e non certo attraverso una pronuncia additiva della Corte. Così questa Corte ha delibato in ordine alla mancata estensione all'istituto della trascrizione delle domande giudiziali della disciplina del procedimento cautelare uniforme (Corte cost., sent., 6 dicembre 2002, n. 523). Al contempo, il Giudice delle leggi ha implicitamente escluso la manifesta infondatezza delle questioni sollevate, in ragione dell'eterogeneità degli istituti richiamati in chiave comparativa. Infatti, la riduzione del pignoramento è disposta all'interno del processo esecutivo e non ha natura cautelare. Allo stesso modo l'inefficacia sopravvenuta dei provvedimenti cautelari anticipatori, all'esito dell'accertamento nel giudizio a cognizione piena dell'inesistenza del diritto a cautela del quale la misura è stata concessa, costituisce un esito necessitato della natura strumentale dei provvedimenti cautelari, a fronte della verifica demandata al giudizio di merito: non può continuare a produrre effetti una misura cautelare, qualora nel giudizio di merito sia accertato che il diritto cautelato non ricorre. Ma ciò non può essere posto in comparazione con la necessità che l'iscrizione d'ipoteca avvenuta sulla scorta di un titolo, eventualmente di natura giudiziale, possa essere ridotta solo a seguito di una sentenza passata in giudicato. Sicché le differenti discipline sarebbero giustificate da un'evidente diversità delle fattispecie regolate (Corte cost., ord., 25 ottobre 2017, n. 222). Per altro verso, i tertia comparationis evocati dal rimettente neanche corrispondono ad un principio generale, rispetto al quale la disciplina denunciata rivesta un carattere ingiustificatamente derogatorio, come è invece necessario ai fini del giudizio sulla violazione del principio di eguaglianza (Corte cost., sent., 7 luglio 2015, n. 132). Nel merito, la Corte non ha condiviso la premessa esegetica da cui muoveva il rimettente, ritenendo, in adesione alla prevalente dottrina e giurisprudenza di merito, che fosse più persuasivo l'orientamento di segno contrario, secondo cui è arbitraria l'estensione in via analogica di una norma dettata per la «cancellazione», qual è l'art. 2884 c.c., all'ipotesi – ontologicamente e funzionalmente diversa – della «riduzione» di ipoteca. Infatti, ad avviso del Giudice delle leggi, la riduzione non è equiparabile né all'estinzione né alla cancellazione dell'ipoteca, poiché nella riduzione non è contestato il credito né il diritto alla garanzia o all'iscrizione, ma esclusivamente la sproporzione tra garanzia, credito e beni cauzionati, cui si pone appunto riparo attraverso una rettifica dell'iscrizione, cioè con una mera modifica, quantitativa e oggettiva, del diritto, che comunque persiste, mentre con l'estinzione ha fine il diritto reale di ipoteca prima esistente e con la cancellazione è negato in radice l'an del diritto all'iscrizione. Ha aggiunto la Corte che sono eterogenei anche gli effetti dell'annotazione sul pubblico registro a margine dell'iscrizione, poiché mentre l'annotazione della cancellazione si risolve in una forma di pubblicità negativa, che ha la funzione di eliminare la pregressa pubblicità relativa all'iscrizione dell'ipoteca, l'annotazione della riduzione non si traduce in una forma di pubblicità e non postula l'insussistenza, totale o parziale, del vincolo, ma è per contro funzionale alla riconduzione dell'ipoteca, in ordine alla somma per la quale è stata iscritta ovvero in ordine ai beni sui quali è stata accesa, alla quantità necessaria a soddisfare la garanzia del credito, senza pregiudicare il debitore oltremisura. E, in tal senso, già risalenti pronunzie della Corte di legittimità hanno precisato l'oggetto dell'azione di riduzione, inteso soltanto a stabilire i limiti di estensione della garanzia (Cass. civ., sez. I, 5 dicembre 1970, n. 2556; Cass. civ., sez. III, 20 maggio 1969, n. 1766). Inoltre, la Consulta ha chiarito che il riferimento alla «sentenza», locuzione adoperata nel censurato art. 2877 c.c., rubricato «Spese della riduzione», non è preclusivo della possibilità di ordinare la riduzione con provvedimento cautelare, avente la forma dell'ordinanza, poiché detta espressione deve essere piuttosto intesa come “provvedimento conclusivo del procedimento”, indipendentemente dalla forma in concreto da esso assunta. E su questa linea assume rilievo la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, relativa all'art. 96 c.p.c., sulla responsabilità processuale aggravata, ritenuto applicabile, ed applicato, anche nei procedimenti che si concludono con ordinanza, come i procedimenti cautelari, benché quella norma (al pari dell'art. 2877 c.c.) richiami testualmente la «sentenza» (per tutte, Cass. civ., sez. III, 3 settembre 2007, n. 18533). Ha concluso, pertanto, la Corte nel senso che le disposizioni denunciate sono interpretabili, e dalla prevalente giurisprudenza di merito già sono dunque correttamente interpretate, in modo compatibile con i parametri evocati, nel senso che la riduzione dell'ipoteca possa essere disposta anche con provvedimento cautelare avente la forma dell'ordinanza. Dal che consegue che le disposizioni di legge censurate non possono essere dichiarate illegittime sol perché suscettibili di essere interpretate in contrasto con i precetti costituzionali, essendo possibile attribuire ad esse un significato che le renda conformi a Costituzione. Osservazioni
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate sono state dichiarate infondate per erroneità del presupposto interpretativo, cui aveva fatto riferimento il giudice a quo. Infatti, le censure avverso gli artt. 2877, comma 2, e 2884 c.c., come delineate dal rimettente, sono state basate - per un verso - sull'equiparazione della riduzione dell'ipoteca per restrizione ad una particolare fattispecie di cancellazione, seppure parziale, con la conseguente applicazione dell'art. 2884 c.c., che subordina l'esecuzione, da parte del conservatore, dell'ordine di cancellazione al previo passaggio in giudicato della corrispondente pronuncia ovvero all'emissione di altro provvedimento definitivo a cura delle autorità competenti, e - per altro verso - sulla necessità che la riduzione fosse disposta all'esito dello svolgimento di un processo a cognizione piena, necessità ricavabile dalla circostanza che l'art. 2877, comma 2, c.c. si riferisce all'ordine di riduzione “con sentenza”. Sennonché, ad avviso della Consulta, tale lettura non tiene conto sia della regolamentazione separata della riduzione delle ipoteche, a fronte della disciplina dedicata dal codice civile alla cancellazione, sia della oscillante giurisprudenza, specie di merito, formatasi sul punto, un consistente filone della quale ritiene che la riduzione d'ipoteca per restrizione integri una mera rettifica dell'eccedenza d'iscrizione, e non una forma di cancellazione parziale, sicché nessun ostacolo si frappone alla disposizione della riduzione con provvedimento d'urgenza, considerato che il richiamo dell'art. 2877, comma 2, c.c. all'ordine di riduzione con sentenza non è certo preclusivo della possibilità di ordinare la riduzione con provvedimento cautelare, avente la forma dell'ordinanza, poiché la locuzione “sentenza” deve essere piuttosto intesa come “provvedimento conclusivo del procedimento”, indipendentemente dalla forma in concreto da esso assunta. Allo stesso modo, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, l'istituto della responsabilità processuale aggravata è applicabile anche nei procedimenti che si concludono con ordinanza, tra cui i procedimenti cautelari (Cass. civ., sez. III, 3 settembre 2007, n. 18533; Cass. civ., Sez. Un., 19 dicembre 1988, n. 789), benché l'art. 96, comma 1, c.p.c. richiami testualmente la “sentenza”. Ebbene, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, ben avrebbe potuto concludere il giudice a quo per la qualificazione della riduzione d'ipoteca per restrizione quale ipotesi di rettifica d'iscrizione, essendo la stessa intesa soltanto a stabilire i limiti di estensione della garanzia e, dunque, incidendo sul quantum e non sull'an dell'iscrizione, con la conseguente ammissibilità della tutela cautelare (Cass. civ., n. 1766/1969). Ne consegue che, pur ritenendo che il giudice a quo abbia comunque esperito un tentativo di interpretazione adeguatrice, sebbene muovendo da premesse non corrispondenti al diritto vivente, le questioni sollevate sono state dichiarate infondate, in ragione di una pronuncia interpretativa di rigetto, poiché il nostro ordinamento regola separatamente la riduzione per restrizione dell'ipoteca e la cancellazione, sicché nessun ostacolo normativo inibisce la disposizione della riduzione con provvedimento cautelare anticipatorio, in ragione: a) della non applicabilità alla riduzione dell'art. 2884 c.c.; b) della non decisività del richiamo dell'art. 2877, comma 2, c.c. alla sentenza, non essendo tale richiamo significativo della preclusione della riduzione con ordinanza cautelare.
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