PEC non consegnata per “casella piena” del destinatario: legittima la comunicazione con deposito in cancelleria

Redazione scientifica
16 Aprile 2018

Il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest'ultimo, in ragione dell'inadeguata gestione dello spazio per l'archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi, sicché legittima l'effettuazione della comunicazione mediante deposito dell'atto in cancelleria.

Il caso. Un contribuente proponeva ricorso in Cassazione contro la decisione della CTR della Toscana che aveva respinto il suo ricorso contro le cartelle di pagamento notificate dall'Agenzia delle entrate. Il giudizio, con ordinanza interlocutoria, veniva rinviato a nuovo ruolo per l'integrazione del contraddittorio.

Notifica delle comunicazioni alle parti. Il Collegio evidenzia che nessuna delle parti ha adempiuto all'ordine di integrazione del contraddittorio, nonostante l'ordinanza della Corte sia stata ritualmente notificata alle parti.

Infatti, risulta che la ricevuta telematica della comunicazione all'Agenzia delle entrate riporta la dicitura “avvenuta consegna”; invece, la ricevuta della comunicazione telematica al contribuente riporta il contenuto: “…è stato rilevato un errore (…) casella piena. Il messaggio è stato rifiutato dal sistema”. A fronte di tale impossibilità, però, la comunicazione è stata effettuata, il giorno stesso, mediante deposito in cancelleria.

“Casella piena” del destinatario? Rituale la comunicazione con deposito in cancelleria. Nel caso di specie, osservano i Giudici, la mancata consegna telematica è derivata dalla “casella piena” del destinatario, conseguenza dell'inadeguata gestione, da parte del titolare dell'utenza, della posta elettronica. Si tratta di ambito che rientra nella diretta ed esclusiva sfera di azione del destinatario a cui, dunque, va riferita la causa della mancata consegna del messaggio in via telematica, sicchè è rituale la comunicazione nelle forme del deposito in cancelleria, ai sensi dell'art. 16, comma 6, del d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012, come modificato dall'art. 47 del d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014.

In virtù della ritualità delle comunicazioni alle parti e della mancata ottemperanza all'ordine di integrazione del contraddittorio, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

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